Armi
Le armi usate dai briganti sono fucili, pistole, pugnali,
scure (1) ed altre armi improprie: "Assicuro", confessa Rosa D'Ascoli
(2), druda del brigante Pasquale Di Tore, che "quando uscivano si
dirigevano verso Calitri, che erano a piedi ed armati a fucile di doppia canna,
revolver e due pistole ciascuno, che tutti portavano in vita una cinta dove
tengono l'oro e che il loro capo è Calarullo figlio". Ovviamente le armi
vengono sottratte ai cittadini. Infatti verso le due di notte (ore italiane) del
29 settembre 1861, circa 30 briganti armati assalgono la masseria di Giovanni Di
Guglielmo di Andretta e 10 di essi entrano nella masseria e rubano due fucili
con i relativi accessori (3), vestiti e sequestrano anche il proprietario (4).
Si recano quindi dai fratelli Filippo e Michele Di Guglielmo, nella stessa
contrada, e rubano due cavalli, del valore di 40 ducati ognuno (5), e due
"schioppi". Si dirigono poi
A Bisaccia,
in una notte di agosto, 12 briganti a cavallo, assalgono la casa di
Le armi
necessitano anche di munizioni. Perciò in gennaio, "un giorno che cadde
Anche la forza governativa non sempre, però, dispone di
armì sufficienti ed efficienti. Infatti i militi rinunciano, più volte, ad
inseguire i briganti non solo per "la
La mattina
del 29 novembre 1862, nelle prime due ore del giorno, la Guardia
Dopo poche
ore rientrati in paese il Colicchio venne passato per
le armi alla presenza del Maggiore Brero qui di passaggio. Pria di morire lo
stesso fece alla nostra
A Calabrittto sei briganti, di cui 4 armati di fucile e 2
di scure, sequestrano, a circa un chilometro dall'abitato Pasquale Sozio, Orazio
Del Quercio e Giuseppe de Mattia, mentre sono occupati a custodire le loro
mandrie, e li conducono sulle montagne. "E poiché il Sozio cercava colla
fuga di scappare dalle mani dé malviventi, questi gli facean fuoco addosso,
riducendolo cadavere".
E, ancora, otto briganti a cavallo si presentano nella
casa rurale di Lorenzo Ciccone, nel luogo detto Befara, nel Comune di Villanova
del Battista e, con violenza, si fanno aprire la porta. Due malviventi entrano e
chiedono conto di un fucile e di una pistola che appartenevano al brigante
"presentato" Baviello Carmine. Alla risposta negativa di Ciccone i
malviventi lo picchiano e lo minacciano "di vita e d'incendio".
Perquisiscono minutamente la casa e sequestrano il figlio Francesco
"ingiungendo al Lorenzo di ammanire la somma di £ 2725, e tenerla pronta
ad ogni loro richiesta".
(1)
A circa un chilometro dall'abitato di Calabritto sei briganti, dei quali 4
armati di fucile e 2 di scure, sequestrano Sozio Pasquale, Del Quercio Orazio e
De Mattia Giuseppe, "nell'atto che custodivano le loro mandrie,
conducendoli sulle montagne. E poichè il Sozio cercava colla fuga di scappare
dalle mani dé malviventi, questi gli facean fuoco addosso, riducendolo
cadavere".
(2)
D'Ascoli Rosa di Andretta, figlia di Margherita Terlizzi, di anni 17,
brigantessa, è la druda del brigante Di Tore Pasquale, soprannominato
Callarullo, Callarulo, Caldarulo, Colarulo, Ortone (quest'ultimo appellativo
deriva dal nome della madre:Arcangiola Ortone). Rosa resta tra i briganti dal 29
agosto al 21 settembre data dell'arresto. Rosa d'Ascoli, nell' interrogatorio
rivolto dalle autorità dopo l'arresto, tenta di far credere che è stata
portata e trattenuta dai briganti con inganno. Essa viene arrestata nella
masseria di D. Decio Ripandelli, già Mauro, poco lontana dal paese con Grazia
Di Salvo (già condannata a 18 anni di reclusione per ferite (e conseguente
morte) inflitte a Giuseppe Gallo) e Giampietro Accocella: Di Salvo e Accoccella,
madre e figlio, sono accusati di aver nascosto Rosa. Il P.M. chiede per D'Ascoli
7 anni di reclusione, con le attenuati per l'età, e 15 anni di lavori forzati
per gli altri 2 . Il Tribunale Militare condanna: Rosa a tre anni di reclusione,
all'interdizione legale e solidamente alla rifusione delle spese; Di Salvo
Grazia e Giampietro Acocella a sette anni di reclusione, all'interdizione legale
e alle spese.
(3)
Un fucile è del guardiano Luigi Di Salvo.