Vicari

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Vicari è un comune della provincia di Palermo che dista dal capoluogo circa 50 km. Le possibilità di accesso al paese sono la statale Pa-Ag e l’antica statale Pa-Ct. E’ collegato ai comuni limitrofi mediante strade provinciali. La sua popolazione è di 3200 abitanti, detti vicaresi.

Addossato sul lato occidentale del monte S. Angelo, è un comune montano a 750 metri sul livello del mare. Il suo territorio, con una superficie di 60.000 mq, confinante con Ciminna, Mezzojuso, Campofelice di Fitalia, Lercara, Roccapalumba e Caccamo, è caratterizzato da un’altitudine variabile tra i 200 e i 900 metri s.l.m.

A circa 4 km dal paese, nella vallata chiamata “Pianotta di Vicari” scorre il fiume S. Leonardo, che sfocia nelle acque del golfo di Termini Imerese.

Vicari è un paese prevalentemente agricolo. Nel suo territorio si coltivano la vite, il frumento, la fava, l’ulivo, il mandorlo. Altre fonti di reddito sono rappresentate dalla zootecnia e dall’artigianato, riferito in particolare all’edilizia e alla lavorazione del legno e del ferro[1].

Il nome originario del paese è citato da parecchi storici in vari documenti. In latino è Vicaris, Biccaris, Biccarum; in greco Boikos, Bico; in arabo Bekara, Baqqaraq[2].

I vari popoli che l’hanno abitato e dominato hanno lasciato delle tracce dando nome alle cose ed ai luoghi. Ad esempio: “Brivaneggia” (Burgonecis o borgo della morte, località dove si crede si giustiziassero i malfattori) o “Kammi” (fonte d’acqua) d’origine araba.

Qualunque sia l’origine del nome, tutte queste denominazioni corrispondono in italiano a boaro o vaccaro. Secondo alcune scoperte archeologiche, il più antico insediamento sarebbe d’origine greca. Nelle campagne del paese e nella cittadina sono state scoperte delle tombe con reperti di ceramica e di creta, alcuni datate, secondo Antonio Salinas[3], al III secolo a.C.

I primi elementi certi e i primi documenti ci portano alla dominazione araba. Le prime incursioni arabe in Sicilia risalgono al 652. Nel 902, anno della caduta di Taormina, la Sicilia appartenne interamente agli arabi. Nell’881 il castello era esistente quando Kassan devastò le campagne di Bekara[4].

Nel 1061 la Sicilia cadde sotto il dominio Normanno. Molti arabi decisero di convertirsi al cristianesimo per sfuggire alle continue persecuzioni e si unirono alle popolazioni originarie del posto. Così fecero anche i musulmani di Castronovo, Cammarata e di Vicari[5], cosicché continuarono a vivere tranquillamente in quei paesi conservando usi, costumi e tradizioni della razza saracena.

A Vicari rimangono tuttora evidenti segni di questa presenza nel linguaggio, nei nomi, nella toponomastica e nell’urbanistica dell’abitato più antico: il quartiere “Terravecchia”.

Dal 1295 al 1392 Vicari è sotto il dominio della famiglia dei Chiaramonte: essa si prodigò soprattutto ad aprire nuove strade e migliorare le condizioni del castello.

Esso sorge su una rocca di circa 8.000 metri quadri di base e si sviluppa su una superficie di circa 6.000 metri quadri. Vi si entrava attraverso un vestibolo d’ingresso con tre porte che immetteva in un cortile interno, attorno al quale erano dislocati gli alloggi dei soldati, le stanze dei servi, le scuderie, i magazzini e le celle carcerarie. Nella parte superiore vi erano gli alloggi del Signore, difesi da torri.

Il castello è stato di grande importanza perchè in esso fu ucciso Giovanni di S. Remigio, Giustiziere di Palermo e di val di Mazara, ministro di Carlo d’Angiò[6],

Dopo i Chiaramonte il paese di Vicari fu dominato da varie signorie: i Valguarnera, i Ventimiglia, gli Alliata.

La Contea di Vicari fu istituita, per privilegio di Filippo II di Spagna, nel 1556. Il primo Conte di Vicari fu Vincenzo Bosco Principe della Cattolica.

Nel 1740, esauritosi il ramo della famiglia Bosco, la Contea di Vicari fu ereditata da Giuseppe Bonanno Filangeri e del Bosco, Principe della Cattolica.

Il nuovo barone Francesco Antonio Bonanno Borromeo ebbe l'investitura della Contea di Vicari nel 1781 e la conservò fino al 1797, anno in cui gli subentrò il figlio Giuseppe Bonanno Branciforti, il quale, dietro la spinta degli incipienti sconvolgimenti sociali e politici, decideva nel 1819 di cedere la signoria di Vicari in perpetua enfiteusi a don Marco Pecoraro fu Antonino. Intanto il Risorgimento spazzava via gli ultimi residui feudali e dava a Vicari dignità di città libera, avviata a prospero e felice avvenire.

Nel 1860 Giuseppe Garibaldi, con la sua Spedizione dei Mille, conquistava la Sicilia.

Con il nuovo regno e l'insediamento dei luogotenenti piemontesi, furono eliminate tutte le riforme garibaldine, con grave malcontento di tutti i cittadini.

Nel 1866 furono soppressi gli ordini religiosi e confiscati i loro beni. Di conseguenza da Vicari dovettero andare via i conventuali di S. Francesco, i benedettini dell’ex monastero di S. Benedetto e della chiesa della SS. Annunziata (oggi S. Cuore di Gesù). Si salvò dalla confisca solo il Collegio di Maria in virtù dell'azione educativa che svolgeva in favore delle ragazze[11].

Intanto i vicaresi non erano rimasti ad aspettare le provvidenze dei luogotenenti piemontesi, dei quali, come tutti i siciliani, rimasero fortemente delusi, ma si erano messi all'opera per elevare le proprie condizioni di vita.

L'epidemia colerica del 1867 spinse gli amministratori ad affrontare il problema del cimitero che era stato quasi inglobato dal paese. Nel 1899 fu inaugurato il nuovo cimitero in contrada S. Ippolito.

Nel 1871, i membri del Consiglio comunale di Vicari decidono di costituire sotto l’egida del Comune il corpo musicale, ossia la banda che già esisteva. La Giunta municipale si riservava di incorporare gli individui componenti della Banda musicale nella Guardia nazionale[12].

Siamo in un periodo di forti cambiamenti per la storia siciliana e un paese come Vicari, strettamente legato all’agricoltura, comincia a sentire il peso delle nuove leggi che faranno l’Italia, prima fra tutte l’obbligo della leva militare che toglie ai campi braccia forti e soprattutto necessarie.

Dal 1901 al 1914 l’emigrazione divenne un fenomeno di massa. Vaste zone della Sicilia centrale conobbero un calo demografico irreversibile, soprattutto nell’altopiano interno della provincia di Palermo, nelle vallate

 

 

 

del S. Leonardo (Vicari, Ciminna, Ventimiglia) e nei paesi alle pendici delle Madonie.

Il censimento del 1911 registrava un collasso demografico, e numerosi centri abitati si svuotarono di un’altissima percentuale dei propri abitanti, soprattutto della popolazione maschile in età produttiva.

Verso la fine del secolo scorso la domanda di infrastrutture e di servizi sociali riguardava soprattutto: la costruzione di acquedotti, di fognature, di impianti di illuminazione, di strade di accesso a centri abitati e delle vie vicinali e la raccolta di rifiuti solidi urbani. Nelle aree interne più depresse dell’isola, dove misere erano le condizioni dei bilanci comunali e meno solide le basi di potere dei notabili, la domanda dei servizi urbani è rimasta a lungo inevasa o si è conclusa con insuccessi clamorosi.Di questi problemi si occuparono i consiglieri del primo quarto di secolo, nomi illustri che cercarono di dare a Vicari un aspetto più vivibile: il sindaco Pecoraro, i consiglieri Ortoleva, Attardi, Macaluso e Soldato [13].

Il primo conflitto mondiale tolse a Vicari numerose braccia dal lavoro dei campi. I vicaresi chiamati alle armi dovettero difendere l’onore della Patria anche a costo della vita. Il più coraggioso dei vicaresi fu il tenente Giuseppe Cangialosi, morto nel 1915 sulle rive del Veliki Kribak sventolando il tricolore e offrendo il suo corpo al fuoco nemico.

A lui fu intitolata una delle vie principali del centro storico, l’ex Via Belvedere.Con l’avvento di Mussolini al potere ai sindaci subentrarono i commissari prefettizi e i podestà. Il più importante podestà di Vicari fu il Cav. Michele Maggi, uomo colto, amante delle arti e della musica.

Grazie a lui gli abitanti furono finalmente sollevati dalla schiavitù di andare a prendere l’acqua agli abbeveratoi o alle fontanelle pubbliche con le “quartare” e l’illuminazione ad acetilene venne sostituita da quella elettrica.

Ma quello che più ha lasciato un segno nella memoria dei cittadini dell’epoca fu la realizzazione delle fognature che consentì loro di eliminare quell’umiliante rituale di scaricare ogni mattina “’u cantaru fora ‘u paisi”[14].

Da tanto tempo si avvertiva, poi, la necessità di una più adeguata sistemazione della scuola elementare, considerata l'angustia dei locali messi a disposizione dalle suore del Boccone del Povero e da privati. Nel 1931 avevano inizio i lavori per la costruzione della Scuola elementare, terminata qualche anno dopo. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, che toccò in minima parte il paese, Vicari ebbe una progressiva rinascita che portò un forte incremento demografico, tanto che, intorno agli anni ’50, gli abitanti di Vicari sono stati alle urne per il rinnovo del Consiglio Comunale votando con il sistema proporzionale[15].

[1] R. SANFILIPPO, Vicari: la città, la storia, i monumenti, Vicari, Centro Studi D.I.R., 1990, pp. 2-3.

[2] V. AMICO, Dizionario Topografico della Sicilia  tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino di Marzo, Palermo, Tip. Pietro Morvillo, 1856 vol. I, pp. 656-657.

[3] A. SALINAS, La colonna del Vespro ed il Castello di Vicari, in Ricordi e documenti del Vespro Siciliano per la Storia Patria, nella ricorrenza del sesto centenario, parte prima, Palermo, Lo Statuto, 1882, pp. 195-199.

[4] M. AMARI, Storia dei Musulmani di Sicilia, Catania, 1854, rist. a cura di Romeo Prampolini (1933-1937), vol. I, pp. 560-562.

[5] L. TIRRITO, Sulla città e comarca di Castronovo di Sicilia, ricerche storiche, topografiche, statistiche ed economiche, Palermo, Tip. Gaetano Priulla, 1873, p. 363 e 364.

[6] M. AMARI, La guerra del Vepro Siciliano, Firenze, 1876, vol. I, p. 137 e seg.

[7] S. BUTERA Storia di Vicari dalle origini fino ai nostri tempi, Palermo, Tipografia Fratelli Vena, 1898, p. 38.

[8] Termine siciliano che indica i locali sotterranei, ubicati nelle magioni aristocratiche, adibiti a prigioni.

[9] S. BUTERA op. cit., p. 37

[10] S. CORRENTI, Storie di Sicilia come storia del popolo Siciliano, Catania, Clio, 1995.

[11] M. RAIMONDI, A. M. SANNINO, ...C’è ancora suli a Vicari!... Palermo, Bellanca, 1990 pp. 89, 112, 119.

[12] Vicari, Archivio storico del Comune, Verbali della Giunta municipale 1870-1879, 27 giugno 1871.

[13] Vicari, Archivio storico del Comune, Verbali del Consiglio comunale 1912-1921.

[14] Lett. L’orinale fuori dal paese.

[15] M. RAIMONDI, A. M. SANNINO, op. cit., p. 25.