La ricerca

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Quasi in ogni comune siciliano si registra la presenza di almeno una banda musicale, ma pochi paesi hanno conservato una memoria storica della propria banda.

A Vicari, piccolo paese della provincia di Palermo, questa memoria c’è sempre stata, seppur supportata da pochissimi elementi documentati.

Scopo di questa ricerca è quello di studiare la banda di Vicari, realtà tangibile integrata in un contesto sociale e di ricostruirne la storia ponendola innanzitutto alla luce dell’interazione con il territorio. Il carattere della ricerca è prevalentemente storico, sociale e antropologico.

La ricerca parte dal 1871, anno dell’assunzione dei componenti della banda musicale da parte del Comune come possibili guardie civiche, e si conclude nel 1954, anno dell’inizio di una forte decadenza che porta alla chiusura della banda.

Questo è un periodo travagliato per la storia italiana, scossa da due guerre e per quella siciliana, caratterizzata da diverse ondate di emigrazioni.

A Vicari la presenza di una o due bande è da sempre accertata, lo testimoniano alcune leggende, alcuni

proverbi, alcune usanze. Anche la toponomastica testimonia l’interazione della banda con la vita sociale.

Punto di partenza della ricerca è il rapporto tra la banda ed il popolo, partendo dalla registrazione di notizie e ricordi vari. Come spesso avviene, queste notizie si sono tramutate in leggende con la comparsa di elementi discordanti o mitici. Dopo una lunga ricerca si è riuscito a ricostruire la base storica di queste leggende e, partendo da esse, risalire a fatti realmente accaduti.

La banda, come fenomeno culturale, si è da sempre trovata a partecipare ai principali avvenimenti della comunità, siano essi festosi che mesti.

Mezzo di divulgazione di un repertorio musicale “colto”, principalmente operistico, nei piccoli centri la banda rappresentava l’unica espressione; alla sua capacità divulgativa si deve la trasformazione del gusto musicale delle masse prima dell’avvento dei mass-media.

La modalità di gestione interna della banda, i rapporti con le amministrazioni pubbliche, con la Chiesa, con i vari comitati cittadini e con i privati, l’attraversamento di periodi di crisi della storia italiana (tra tutti il fascismo) sono espressione originale di una comunità ed efficace chiave di lettura dei tempi.

Le fonti d’archivio offrono un vasto campo di indagine: gli archivi musicali che si sono salvati dalla dispersione naturale, dovuta alla scarsa considerazione che essi rappresentavano agli occhi dei fruitori, testimoniano repertori molto antichi, indicando gli organici cui erano destinati, a volte gli esecutori e il tipo di scrittura dei maestri che approntavano tali partiture. Si tratta di un repertorio sommerso, che fa della trascrizione d’opera, o meglio della “fantasia” d’opera il suo pilastro portante, ma accanto ad essa c’è un fiorire di altri generi musicali: marce militari e sinfoniche, ballabili, marce funebri e “canzonieri” destinate all’uso comune in tutti gli avvenimenti della vita collettiva della comunità.

I maestri, per vocazione o per necessità, dovevano saper essere trascrittori, compositori, adattatori e a volte anche impresari.

Accanto alla nascita di una banda e alla sua gestione, sorgeva anche una scuola di musica in grado di fornire futuro e continuità alla banda stessa.

Scuole di musica che erano a volte sovvenzionate dagli enti pubblici e a volte le lezioni erano private, ma strettamente legate alla conseguente immissione in banda.

La scuola di musica, nei piccoli paesi assumeva, allora, una forte connotazione sociale, al punto da essere seconda solamente alla scuola statale o comunale e al catechismo.

La ricerca interessa, anche se marginalmente, il campo organologico. Siamo nel periodo del pieno sviluppo degli strumenti a fiato, e la presenza di strumenti particolari, oggi purtroppo scomparsi, è pienamente documentata nelle partiture d’epoca.

Gli studi sulle bande musicali in Italia sono una branca della ricerca musicologica in forte ampliamento, comprendono diversi aspetti della musicologia, essi spaziano dalla storia alla sociologia, dall’etnomusicologia all’organologia, senza tralasciare l’analisi e la didattica.