DIPARTIMENTO TECNICHE E RESTAURO BENI ARTISTICI MODERNI E CONTEMPORANEI

accademiavenezia@tiscalinet.it

 

VICENZA

Museo Palazzo Chiericati

Restauro

Dipinto su tela

"Lucrezia Romana"

 

 

Intervento eseguito dal Corso di Restauro "Pietro Edwards" della Accademia di Belle Arti di Venezia nell'ambito dell'attività di ricerca e di produzione del Dipartimento Tecniche e Restauro Beni Artistici Moderni e Contemporanei.

Docente responsabile: Vanni Tiozzo

Allievo: Jennifer Berg

Direttore Museo: Maria Elisa Avagnina

Controllo lavori: Maria Elisa Avagnina

Periodo lavori: 14 marzo 2001 - 25 giugno 2001.

 

 

 

SCHEDA DELL’OPERA

Titolo dell’opera : "Lucrezia Romana"

Autore: (?) Alessandro Maganza (1556-1630)

Tecnica: olio su tela

Dimensioni: 54x44 cm

Ubicaz.: Museo Civico di Vicenza

N° di inventario: a.375

Riferimenti storico-critici

Il dipinto è attribuito al pittore vicentino Alessandro Maganza, perciò collocabile tra la seconda metà del XVI sec. e gli inizi del XVII sec.; i dati d'inventario non indicano altro possibile esecutore.

Incerta è la rappresentazione del soggetto al quale vi sono attribuiti due titoli: Caterina d’Alessandria e Lucrezia Romana. L’iconografia di Caterina coinciderebbe solo per l’elemento della corona, portata in capo ma questa l’accomuna anche a Lucrezia, la quale allude al suo stato regale. Non sono evidenti altri attributi solitamente legati alla martire quali la ruota di martirio, la palma, simbolo del martirio, l’anello delle sue nozze mistiche o la spada che la decapitò.

Più verosimile è l’assegnazione al soggetto di Lucrezia Romana, che porta il seno scoperto, perchè non vergine e vittima di violenza, una mano le copre in parte il petto e il mantello le copre le spalle, elementi iconografici che potrebbero simboleggiare la sua vergogna. Mancante è però, la spada, simbolo della sua morte. Pure le vesti possono essere riconducibili alla martire, così i gioielli che porta al polso e al braccio nonchè alla cintura che porta all’altezza del busto, tutti legati all’antica Roma, anche se l’orecchino con perla a goccia che porta all’orecchio destro, possono essere legati al gusto stilistico del periodo storico dell’autore.

La donna è rivolta con lo sguardo verso l’alto, con la bocca leggermente aperta che permette la visione della dentatura. I capelli sono raccolti, ben curati e sul capo vi è una corona con spine e perle. All’orecchio destro compare un’orecchino finemente lavorato con perla a goccia e nastrino rosso. Sulle spalle porta un mantello rosso; una spalla è scoperta lasciando visibili i seni e la corporatura forte del soggetto. Un braccio le copre uno dei seni e una veste bianca le copre il busto, trattenuta da un bracciale e da una cintura sotto il petto, non molto visibile perché qui la tela è rovinata. Del braccio destro compare solo la mano con una postura non molto naturale, come se tra le dita trattenesse qualcosa.

E' accertato che il dipinto è sempre consistito nelle sue attuali dimensioni perchè i bordi della sua tela sono ancora quelli di prima tenditura.

Il quadro e` riconducibile, secondo l’attribuzione, ad Alessandro Maganza ( VI? 1556 / VI 1630). La famiglia Maganza in seguito a Gianbattista il Vecchio detto Magagnò, primo esponente, è stata forse la principale bottega pittorica di Vicenza e della provincia.

"Il rapporto tra Alessandro e la tradizione decorativa precedente, fu assicurata dall’attività del padre Magagnò.[…] Oltre che pittore (PD 1510 / VI 1586) il padre fu poeta; amico del Trissino e di Palladio, con i quali si recò a Roma nel 1545. Fu tra i soci fondatori dell’Accademia Olimpica. Compiuta la sua formazione in ambito tizianesco è influenzato dal Veronese, nonostante conceda qualcosa al gusto palmesco. […] E` la premessa ineludibile per comprendere il passaggio che avverrà in Alessandro e nei suoi quattro figli, Gianbattista il Giovane, Girolamo, Marcantonio e Vincenzo, verso una pittura che, pur continuando ad impiegare soluzioni compositive mutuate, da repertorio manieristico, mortifica il decorativismo prezioso delle fonti veronesiane e zelottesche in favore di una maggiore essenzialità espressiva, anche se più rozza e pedestre." (PITTURA VENETA, 500, II vol., Electa, 1998) "..I Maganza esperti dosatori degli influssi allora di moda ; tanto piu’ che ai Maganza richiamano addirittura alcuni particolari iconografici, come ad esempio le teste piccole e rotondette, con il caratteristico naso dal setto grosso e deviato .." (F. Barbieri, Museo Civico di Vicenza, N. Pozza ed.1962 ve), non solo anche le caratteristiche fisiche dei soggetti , soprattutto, femminili, dei corpi un po’ mascolini, spalle e braccia forti, le caratteristiche mani, piccole e tozze e l’acconciatura dei capelli, raccolti.

Tutti questi elementi che caratterizzano la pittura dei Maganza, sono riscontrabili nel dipinto in esame. Perciò è verosimile l’attribuzione a questa bottega così come la collocazione a tale periodo storico.

Guardando alla tecnica pittorica del manufatto, più che all’attribuzione ad Alessandro Maganza , ci si può avvicinare alla pittura del figlio Gianbattista il Giovane.

La pittura del Gianbattista è caratterizzata da un vivace cromatismo, assai più acceso di quello paterno, le ombre schiariscono, i colori assumono smalti brillanti, una, pittura dotta e più sostenuta, pronta a citazioni del Veronese. [Le caratteristiche stilistiche che accomunano I Maganza, ma che soprattutto caratterizzano il figlio, si possono riscontrare: nel Ciclo di S. Domenico, eseguito con il fratello Marcantonio, PD, chiesa di S.Maria in Vanzo (1610) in "sette sante vergini"; volti delle sante, postura del corpo, delle mani, acconciatura ect.]

"Il disegno di G. è più minuto e sottile e il cromatismo più chiaro e smaltato si distinguono dalla piatta uniformità cromatica del padre.

Alessandro fa prevalere le ombre e negli schemi compositivi si coniugano a tipologie di impronta Veronesiana e soprattutto tintoresche." (Binotto , La pittura in Italia del 600, 1989, II p. 795-796 )

BIBLIOGRAFIA

-James Hall , Dizionario dei soggetti e dei simboli dell’arte, Varese 1993, pp.249.250.93;

- Margaret Binotto, Vicenza 1540-1600, in "La Pittura nel Veneto. Il Cinquecento", Milano 1998, II vol., pp.741.743.745.748.778.785.786.788.789;

-M.C.Dossi , I Maganza, tesi di laurea in lettere ,Università di Udine ,corso di laurea in conservazione dei beni culturali , rel.prof.U Ruggeri .aa.1991.1992;

-F. Barbieri, Museo Civico di Vicenza, ed. Pozza , 1962;

-Mario Saccardo , Notizie d’arte e di artisti vicentini, ed. L.I.E.F. Vicenza 1981;

 

Stato di conservazione attuale

Il dipinto non presentava un degrado allarmante tuttavia il grado di "godibilità" e le condizioni di conservazione erano decisamente migliorabili.

L’ossidazione e l’ingiallimento della vernice non consentivano una perfetta e chiara lettura del soggetto. Non solo, la sedimentazione dovuta al tempo e la sporcizia annerivano il tutto rendendo precaria la visione del dipinto, con conseguente perdita di lucentezza e brillantezza della pigmentazione originale.

La vernice, soprattutto sulla parte superiore del dipinto, si era ossidata evidenziando un "velo" giallo chiaro caratterizzato da screpolature e considerevole spessore.

Il quadro presentava delle lesioni alle fibre della tela, lungo i bordi, con successiva perdita di adesione della preparazione e della pellicola pittorica al supporto. Questo fenomeno si sviluppava soprattutto nella parte inferiore per vecchi ristagni d'acqua che il dipinto aveva evidentemente subito.

Tracce di alterazione indicavano come tali infiltrazioni d’acqua avevano solcato l'opera dalla parte superiore sino al bordo inferiore attenuando il cromatismo del colore creando delle diffuse fenditure, visibili soprattutto nella campitura di fondo, intorno alla testa del soggetto, parte della testa stessa e dell’acconciatura dei capelli.

 

Numerose erano le mancanze del brano pittorico originale in corrispondenza dei cretti in molte zone distribuite lungo i bordi, laddove risultava a vista la trama della tela e/o la colorazione biancastra di alcune vecchie stuccature. I residui di stuccature lungo i bordi della tela testimoniavano almeno un intervento di restauro effettuato in precedenza.

Nella parte inferiore, nella zona della veste che comprende parte della mano sinistra del soggetto, si notava una macroscopica alterazione di colore dovuta ad un ritocco sovrapposto ad una ampia stuccattura.

Scivolando lungo la superficie, in basso, l’acqua aveva avuto ristagno nelle stratificazioni delle tele in corrispondenza del "riparo" del telaio, qui aveva creato delle erosioni e dei sollevamenti nella stratificazione pigmentata, oltre che di preparazione.

Con l’evaporazione dell’acqua si sono generati degli ingenti stress fisici nelle stratificazioni del dipinto i quali avevano lasciato segni evidenti sulla superficie: cretti molto profondi e visibili soprattutto nelle parti prossime al bordo. In alcuni casi si era verificato anche il sollevamento della preparazione (gesso e colla) e la depolimerizzazione del legante della pigmentazione.

In particolare si poteva notare il sollevamento molto evidente della preparazione e della pigmentazione nelle zone dell’avambraccio sinistro, nella veste, nel mantello rosso e nelle dita della mano destra.

Nel bordo inferiore sinistro della tela si erano generati quattro laceri verticali di forma regolare, qui la tela era posta in precedenza in un telaio leggermente più’ piccolo e i buchi rimasti testimoniano i chiodi che fissavano la tela al telaio. La tela si presenta ancora nelle dimensioni originali così come è testimoniato dalla caratteristica deformazione della tela a "cappe" in tutto il perimetro del dipinto.

Il supporto ligneo si presentava in precario stato di conservazione. Il telaio era fisso, in quanto sprovvisto di cunei lignei per permettere il ritensionamento della tela, e presentava delle rilevanti lesioni oltre che un forte attacco da insetti xilofagi. Praticamente era irrecuperabile, tanto più che non era originale ma inserito al tempo della foderatura del dipinto.

La tela non era correttamente tesa in quanto presentava una evidente flessione ed una considerevole rigidità accentuata, oltre che dalle spesse stratificazioni sovrapposte, da una vecchia fodera con evidenti tracce di infiltrazioni e ristagni d'acqua. Tuttavia questa foderatura presentava un notevole interesse per via del fatto che mostrava i segni della sabbia che la caratterizzano come una realizzazione riconducibile alle caratteristiche in uso al tempo dell'Edwards.

 

 

Stato di conservazione della cornice

La cornice di abete non sembra assolutamente essere una cornice che abbia più di cento anni, è stata infatti costruita in due elementi sovrapposti e con giunzioni angolari effettuate dopo la doratura. La sagoma è a cassetta, con fascia centrale a gola diritta, profilo e battuta a gole alternate; presentava un cattivo stato di conservazione. La doratura è applicata su bolo rosso steso su un sottile strato di preparazione solo sull'elemento superiore del profilo ligneo. Vi erano notevoli cadute della doratura con sedimenti di sporcizia su tutta la superficie, rendendola molto opaca e scura. La preparazione e il bolo sono visibili in modo omogeneo su gran parte della cornice. Il legno era crepato soprattutto sulla parte superiore, dove per azione meccanica (inserimento sul retro di una grande vite) il legno si era alzato, levando ulteriormente la preparazione sovrastante. Nella parte inferiore vi erano altri segni di azione meccanica, chiodi inseriti per mantenere l’imballaggio, rovinando la cornice. Si notano nel verso anche la presenza di insetti xilofagi. La cornice presentava pure distacchi nelle giunture dei listelli. Il dipinto era poi stato accompagnato alla cornice inserendo sul retro, lungo la battuta, due listelli di legno fissati con chiodi.

 

 

Principali interventi eseguiti

Importante è stata la fase preliminare al restauro in cui l'opera è stata attentamente studiata ed analizzata al fine di comprendere appieno lo stato esecutivo, conservativo e le migliori possibilità di intervento. Si è dunque proceduto con una attenta osservazione dell’opera ad occhio nudo, documentata con fotografie, oltre che con lo stereoscopio da 15 a 60 ingrandimenti. Si sono quindi effettuate osservazioni e riprese con illuminazione tangenziale e radente, evidenziando i sollevamenti della pellicola pittorica, i difetti della tela o del supporto e fornire informazioni sulla materia pittorica.

L'analisi del verso ci ha rivelato la presenza di una fodera interessante, applicata con collanti tradizionali e con la tecnica della sabbia. Tale tecnica, ritenuta in uso quantomeno dal 1684, è stata usata copiosamente ai tempi dell'Edwards, la stessa non era poi più in uso sin dalla metà del Ottocento; ormai, una autentica rarità !. Tale esemplare acquista un notevole interesse per lo studio delle tecniche del restauro. Questa constatazione ha dunque portato insinuato l'esigenza di mantenere anche questo documento, nonostante che i collanti fossero leggermente irrigiditi. Contrariamente alle aspettative gli stessi collanti non si erano infatti degenerati biologicamente, tanto meno avevano perso adesione, nonostante le notevoli imbibizioni d'acqua subite in passato. Solo nelle parti perimetrali si rilevavano dei cedimenti. Si è quindi proposto di evitare una nuova foderatura e di studiare delle modalità di intervento alternative.

Continuando si è compiuta una osservazione, documentata fotograficamente, con raggi ultravioletti, dai quali si è avuta conferma del grosso ritocco nella parte bassa di destra, notevolmente più scuro e più opaco rispetto alla policromia originale, così come molti altri di minore dimensione. Con tale tecnica si è avuta pure conferma della spessa stratificazione di vernice e del suo stato di alterazione per la particolare fluorescenza dello strato. Importante è ricordare che questo metodo di analisi non è in grado di rilevare vecchi ritocchi sommersi sotto spesse stratificazioni di vernice.

Altra osservazione che si è intrapreso e quella della riflettografia infrarosso che è stata condotta con telecamera CCD con visibilità oltre 1100 nm filtrata progressivamente a 715, 830 e 1000 nm. Questa tecnica di osservazione è in grado di evidenziare alcune differenze di assorbimento elettromagnetico di composti cromaticamente simili nel normalmente visibile. Si sono quindi rilevati alcuni pentimenti dell’artista soprattutto nel profilo della spalla e del volto a destra, nel dito mignolo della mano destra, nella veste a ridosso di quest'ultimo e nell'orecchio.

Non si sono eseguite delle osservazioni con Raggi X per la assoluta mancanza di sovrapposizioni di spessori materiali, quali dipinti sottostanti, e per la mancanza di interesse per il ductus pittorico per l'assenza di confronti disponibili.

Per verificare lo stato di reale irrigidimento del dipinto+fodera, quindi valutare la reale fattibilità di interventi che evitassero la foderatura, si è optato per la immediata rimozione delle stratificazioni soprammesse, vernici e ritocchi, con la delicata operazione di pulitura. Tale operazione è stata preceduta da una provvisionale messa in sicurezza dei frammenti pittorici più sconnessi mediante velatini di carta giapponese ed iniezioni di colla carnicci al 5% di volume in acqua. Terminata tale operazione, limitata nella sola parte inferiore del braccio a destra, si sono rimossi questi stessi velatini con acqua calda.

La pulitura è l’operazione di gran lunga più delicata tra le altre proprio per la sua inevitabile natura irreversibile bisogna quindi operare con molta circospezione guidati da prove ed osservazioni confrontate con vigile esperienza: mai abbondante.

Gli obbiettivi di questa fase sono l’avvicinarsi al più possibile ai valori originali dell’opera nell’ambito chiaroscurale e cromatico, eliminando con accuratezza e circospezione le sedimentazioni e le spesse stratificazioni di vernici alterate. Particolare cura è stata posta a non intaccare la patina, ossia l’alterazione dei materiali originali che in prossimità della loro superficie tendono inevitabilmente ad incupirsi per l'alterazione del legante, in relazione all'esposizione degli ultravioletti. Questo aspetto è per noi particolarmente importante al fine di conservare l'integrità materica dell'opera più che per non limitare il valore storico dell’opera, così caro ai critici, cioè il suo passaggio nel tempo "positivo".

Per calibrare meglio questa fase si è ritenuto opportuno procedere con il mezzo reputato maggiormente graduale e neutralizzabile, i solventi organici a rapida volatilità.

Per controllare meglio questa delicata fase si è trattata preliminarmente la superficie con essenza di trementina al fine di rendere maggiormente trasparenti le sovrapposte stratificazioni di vernice alterate. L'osservazione è sempre stata corredata dalla visione allo stereoscopio da 15 a 60 ingrandimenti. Si sono quindi eseguiti una serie di saggi di piccole dimensioni, per individuare le miscele e la metodologia più appropriata. Lo sviluppo metodologico dei saggi è stato condotto e documentato mediante il collaudato test di Feller, una scaletta di tredici miscele di solventi che consente la verifica del prodotto più idoneo da impiegare su quel particolare caso di pulitura. Per la migliore riuscita della pulitura, ossia minore impregnazione della materia originale per giungere alla rimozione del soprammesso, si è dovuto percorrere tutta la scala delle miscele sino a giungere alla più estrema, poi convertita in 27% di essenza di trementina e 73% di alcool, pari a 47,07 di forza di dispersione, per una maggiore modularità d'azione. Infatti una miscela particolarmente blanda potrebbe risultare paradossalmente più deleteria di una più aggressiva in ragione del maggiore tempo d'impiego necessario, quindi della maggiore penetrazione nelle stratificazioni originali. Le miscele solventi sono state stese a pennello e rimosse con tamponi imbevuti di essenza di trementina al fine di offrire prontamente un effetto emolliente alla materia. In questa particolare e delicata fase di intervento, la pulitura, si è impiegato ripetutamente l'essenza di trementina per le sue caratteristiche emollienti che smorzano l’azione aggressiva oltre che per ottenere migliore visibilità delle caratteristiche delle stratificazioni nel corso dell’intervento.

Raggiunto un generale livello di pulitura che non prevaricasse minimamente quella consistenza materica che abbiamo chiamato patina si rilevavano ancora alcuni residui di materia estranea, alcuni depositi scuri nei cretti delle copiose morfologie delle pennellate. Questi residui, assieme ad alcuni escrementi di mosca, sono stati rimossi con mezzo meccanico, a punta di bisturi, per non insistere ulteriormente su quelle parti che si erano considerate giunte al giusto livello di pulitura: le parti aggettanti delle pennellate. Anche questa fase di lenta operatività è stata coadiuvata con osservazioni e controlli con visioni allo stereoscopio da 15 a 60 ingrandimenti. Sempre con il medesimo mezzo meccanico si sono rimosse anche le eccedenze di vecchie stuccature, alcune di queste si sovrapponevano a delle "scodelle" per cui era indispensabile rimuoverle sia per recuperare brani, pur modesti, di materia originale sia per ottenere minore rigidità, minore fragilità dell'insieme, e consentire successivamente la corretta planarità della superficie.

 

 

Terminata questa operazione si è applicata una leggera stesura di vernice al fine di proteggere e separare la parte originale dai seguenti interventi integrativi: la stuccatura e la integrazione pittorica. Questo a garanzia di maggiore reversibilità del nostro intervento.

Raggiunto un notevole assottigliamento dell'insieme, grazie alla rimozione delle stratificazioni soprammesse nonchè un leggero ammorbidimento per le varie fasi di lavoro, si è passati al consolidamento con particolare cura alla planarità della materia pittorica nonchè alla coesione di tutte le stratificazioni, questo, nella speranza di poter evitare una nuova foderatura.

Si è assicurata la superficie pittorica, che altrimenti potrebbe andare rovinata, con dei velatini di carta giapponese applicati con della colla carnicci diluita al 5%. I velatini di carta oltre a offrire protezione alla superficie del dipinto, con la colla d’applicazione, consentono un consolidamento più efficace. Ben fissata la protezione si è proceduto alla rimozione della tela dal telaio ligneo e si è quindi poggiato il quadro su di un sottile panno con il verso rivolto verso l'alto. E' a questo punto che si rileva che solo alcuni frammenti della parte perimetrale della fodera sono staccati e che il rimanete tiene. Si è poi proceduto con un tensionamento preventivo per il recupero delle deformazioni dimensionali della tela. Tale tensionamento è stato eseguito con l’applicazione ai bordi del dipinto, per circa 3 cm dalla parte della velinatura con della colletta, di un cartoncino a coste posto con le vergelle parallele al bordo dell'opera e poi applicato a sua volta ad un telaio interinale in modo che asciugandosi tiri a se’ la tela. Dalla parte del verso, per ovviare ai problemi di coesione delle parti perimetrali oltre che per consentire la tenditura dell'opera, sono stati applicati delle fasce di tele di lino "apprettate" con della resina acrilica, Plextol B500, e poi applicate sui lembi del dipinto per 5 centimetri, corrispondenti alla sola parte d'appoggio al telaio per non generare anomale tensioni tra le varie stratificazioni.

Contestualmente sono state stirate sul recto tutte quelle parti che presentavano delle deformazioni di superficie con l'ausilio del tatto e con la cura di evitare quelle parti caratterizzate da morfologie originali dell'opera, quali rilievi pittorici, tutt'ora presenti in gran quantità.

Rimosso l'apparato di tensionamento e la velinatura dal quadro, con della semplice acqua calda, la tela si è potuta posizionare sul nuovo telaio con facilità e sicurezza grazie alle bordure applicate. Il telaio utilizzato è estensibile con cunei di legno e con sezione leggermente svasata nell'interno per non arrecare, in seguito, deformazioni al dipinto.

Le tre etichette di inventario poste dalla pinacoteca sul retro del vecchio telaio sono state rimosse con la messa a bagno in acqua tiepida, posizionate ad asciugare su carta giapponese e pressate per consolidamento, poi inserite in una busta trasparente nel verso del telaio.

La stuccatura è stata effettua sulle mancanze di stratificazione preparatoria per ottenere una superficie omogenea dal punto di vista della morfologia superficiale. Questa integrazione è stata condotta con gesso di Bologna e colletta adeguatamente diluita per non creare coesioni troppo elevate ed intonata all’originale.

L’integrazione pittorica ha seguito l'integrazione della preparazione con la stesura di pigmenti ad acquerello in tutte quelle mancanze ed abrasioni della stratificazione pittorica che erano evidenti dopo l’azione di pulitura a seguito della migliore lettura dell’opera. L'integrazione pittorica è poi stata completata con pigmenti e vernice. Particolarmente delicata è stata la integrazione della grande lacuna nella parte inferiore del braccio a destro. Tutta l'integrazione è perfettamente riconoscibile per via della "selezione cromatica" che è stata effettuata nella lacuna oltre che essere reversibile per via dei leganti impiegati. L’integrazione pittorica è stata attentamente circoscritta all’interno delle singole mancanze e quindi, anche se mimetica, ha la sua riconoscibilità in quel importante elemento fisico qual’é il bordo delle due distinte materie.

Al termine di quest’ultima delicata operazione è stata stesa una leggera verniciatura finale al fine di avere una omogeneità di riflesso con l’avvertenza di non far perdere al dipinto le caratteristiche morfologiche della "pasta" pittorica con un suo eccesso.

 

 

Venezia, 25 giugno 2001.