Introduzioni

E’ questo un momento di particolare importanza per l’ Accademia di Belle Arti di Venezia perché coincide con l’attuazione della legge di riforma in Istituto di Alta Formazione Artistica, di formulazione ed emanazione degli Statuti di autonomia e nella trasformazione dei corsi di diploma di laurea secondo la recente articolazione prevista dai nuovi ordinamenti universitari.

La vivacità dell’attività didattica, il suo ampliamento con corsi sperimentali attenti alla corretta evoluzione ed alle nuove esigenze e richieste del modo delle arti visive, la continua attività di ricerca, la completanda prestigiosa e funzionale nuova sede assieme alla volontà di gestire il cambiamento all’interno di quella tradizione che, fin dalla sua nascita nel 1750, l’ha posta all’attenzione nazionale ed internazionale costituiscono forti elementi per il rafforzamento della presenza dell’Accademia nel panorama culturale non solo veneziano e Veneto.

Nel suddetto contesto si colloca la collaborazione con la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto, collaborazione che ha portato, l’anno scorso, al gratuito restauro, da parte degli allievi dell’Accademia magistralmente guidati dal Prof. Vanni Tiozzo, titolare della cattedra di restauro, di due dipinti: il " ritratto di Antonio Canova" di Rudolph Suhrlandt (1811) e il "Ritratto di Gian Battista Sartori Canova" di Antonio Balestra (1859) presentati nel pregevole volume: "Antonio Canova e l’Accademia" che, forte di autorevoli contributi di illustri studiosi, ha evidenziato, anche, la figura del Canova come uomo ed artista ed i suoi rapporti con L’Accademia.

Quest’anno, continuando la collaborazione con la Soprintendenza e con il Museo Gipsoteca di Possagno, il Prof. Vanni Tiozzo ed i suoi allievi hanno provveduto, come contributo gratuito, al restauro della singolare tela disegnata a matita da Antonio Canova raffigurante "Ercole saetta i figli".

Con questo lavoro si cementa ancora di più il rapporto tra il Canova e l’Istituzione veneziana che l’ha avuto prima allievo e poi Accademico.

Alla Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto, che ha curato e realizzata questa pubblicazione, al Prof. Vanni Tiozzo, agli allievi del corso di diploma in pittura indirizzo restauro va il più sentito ringraziamento mio e di tutto il Consiglio d’Amministrazione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia assieme alla rinnovata disponibilità ad ulteriori fattive collaborazioni

Francesco Galera

Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia

La recente mostra ospitata presso la Gipsoteca di Possagno, realizzata in occasione della "Settimana della Cultura 2002" con la finalità di presentare al pubblico il restauro del Ritratto di Antonio Canova di Rudolph Suhrlandt, èstata una particolare occasione di confronto scientifico e collaborazione tra le Soprintendenze per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico del Veneto e di Venezia, le Accademie di Belle Arti di Venezia e di San Luca di Roma. L’argomento affrontato si è pertanto esteso all’ambito complesso di Antonio Canova, che coinvolge la sua figura d’artista ma anche quella sfaccettata dell’uomo di cultura, del professore d’Accademia nella Roma del primo Ottocento, senza per questo tralasciare i suoi continui rapporti con l’ambiente culturale veneziano.

Proprio questa particolare tensione verso la promozione delle arti, e così pure l’impegno civile e nella didattica hanno fatto dell’artista una figura originalissima e di rinnovamento, come molti studi hanno dimostrato. Da queste premesse nasce l’iniziativa della nuova mostra —anche questa volta ambientata nella "casa d’artista" di Possagno — in cui è possibile mettere a fuoco l’intreccio che ha consentito di collegare la ricerca formale di Antonio Canova con la promozione del gusto neoclassico attraverso l’eredità costituita dal vivace seguito di allievi e imitatori. È sembrato opportuno visualizzare questo tema con il disegno su tela raffigurante Ercole che saetta i figli del Museo - Gipsoteca di Possagno, opera particolarissima che rientra nel complesso percorso creativo del maestro, per averne elaborato il soggetto in modelli a olio, in cera e gesso. L’aspetto tecnico ci è sembrato di grande interesse, tanto da promuovere il restauro dell’esemplare ancora una volta grazie all’ausilio del laboratorio dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.

Antonio Canova trascorreva la maggior parte del tempo a Roma fra gli impegni di bottega e della didattica accademica, ma le sollecitazioni provenienti dalla capitale dell’arte non potevano lasciare indifferenti gli artisti veneti, che vedevano nel maestro di Possagno una gloria indiscussa, ma anche un esempio da imitare:

l’uomo dal carisma assoluto, dalle sicure convinzioni estetiche che, nonostante la lontananza, affidava alle numerosissime lettere ad amici, studiosi e, soprattutto, a Leopoldo Cicognara, l’instancabile presidente dell’Accademia veneziana mai domo nel tenere viva la tradizione locale, attraverso l’insegnamento e il rinnovamento venuto dal migliore degli eredi.

Antonio Canova è infatti al centro di un’iniziativa, cui Leopoldo Cicognara si sarebbe dedicato a partire dal 1817, l’Onzaggio delle Provincie Venete alla Maestà di Carolina Augusta Imperatrice d’Austria, autentico esempio dello stretto rapporto attuato tra pittura, scultura ed arti decorative che impegnò i migliori talenti veneti e lo stesso Canova, autore della Polzmnza.

Il volume inciso, che celebrava la ricca esposizione, è presentato in mostra nell’esemplare della Biblioteca Nazionale Marciana, il che ha segnato una preziosa collaborazione con l’Istituto veneziano al centro della recente acquisizione delle "Lettere Canoviane". Nel catalogo che qui presentiamo sono affrontate tutte le tematiche connesse alla vicenda, alla partecipazione degli artisti, allo studio analitico dello strumento incisorio e delle sue implicazioni nella promozione delle arti in età neoclassica. Tra gli artisti impegnati nell’Omaggio delle Provincie Venete vi era anche il vicentino Bartolomeo Bongiovanni, autore di cammei e delle parti bronzee del tavolo progettato da Giuseppe Borsato. È dunque questa l’occasione di presentare al pubblico anche i risultati di un interessante e complesso restauro condotto

nel 1999 dal laboratorio della Soprintendenza. Si riferisce alla raccolta di cere del maestro di Creazzo presso il Museo Civico di Vicenza, la cui valorizzazione ha portato alla luce una personalità di grande significato nel mondo dell’oreficeria e della scultura neoclassica.

Ci sembra, con questa rassegna, di aver registrato gli spunti che ricerche e restauri sul patrimonio artistico tra Sette e Ottocento hanno portato in evidenza nel corso degli ultimi tempi, con la disciplina capace di ripercorrere quei frammenti di storia e le tangibili memorie perlopiù ignorate: un modo di imparare a leggere i segni della cultura che ci impegna quotidianamente.

Un ringraziamento particolare a Gabriella Delfini, che a partire dal 1986 ha curato con impegno e dedizione gli studi sulla conservazione dei gessi con le pubblicazioni Sculture calchi e modelli di Antonio Canova nella Gipsoteca di Possagno (1992) e I gessi di Antonio Canova nella Gipsoteca diPossagno (1999).

Anche il tema Antonio Canova e l’Accademia (2002) ha preso avvio con la mostra da lei curata nella primavera 2002 presso la Gipsoteca e questo attuale secondo momento vuole essere una prosecuzione di quanto già avviato.

L’attenzione per la didattica museale è stata da lei sviluppata con la progettazione e la realizzazione di una serie di pannelli didattici ed ora, in continuità con tale finalità, si prosegue con un’iniziativa orientata ai portatori di handicap, nell’ambito dei progetti di sensibilizzazione ai problemi dei disabili previsti per l’anno europeo dell’handicap (2003) promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Anna Maria Spiazzi

Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto


Vanni Tiozzo

L’Accademia di Belle Arti di Venezia "riprende" Canova

Anche quest’anno l’Accademia di Belle Arti ha collaborato con la Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto e la Gipsoteca Canoviana di Possagno con il restauro, nel proprio laboratorio, di un’opera particolare di Antonio Canova, Ercole saetta i figli, oltre che, nel completare l’attività dell’anno precedente, con il recupero di un ulteriore ritratto dello scultore realizzato da Thomas Lawrence.

L’anno passato si ebbe come linea guida dell’iniziativa l’immagine dell’artista, questa volta penso si possa dire che il progetto sia ispirato al legame, di stima e affetto, tra il grande personaggio di Possagno e l’Accademia veneziana. In questo senso vedo la pubblicazione suggerita da Fabrizio Magani dell’interessante raccolta intitolata Omaggio delle Provincie Venete alla Maestà di Carolina Augusta Imperatrice d’Autria, opera del 1818, come un abile tentativo del Conte Leopoldo Cicognara, presidente da un decennio dell’Accademia veneziana, di ottenere la benevolenza dei sovrani per l’Istituto in quel travagliato momento storico. Questo irrefrenabile amore legò non poco queste due grandi figure all’Accademia veneziana, un’istituzione che ancora oggi effettivamente ammaglia per il coraggio di saper superare le sue stesse regole per meglio servire i grandi valori.

Dopo lo svolgimento degli studi presso l’Accademia veneziana, Canova poté contare in una licenza dai regolamenti con l’accoglimento della sua richiesta a nomina di Accademico, nel 1779, cosa che non sarebbe stata possibile perché non aveva ancora raggiunto i venticinque anni normalmente richiesti. Sul finire dello stesso anno fu pure accettata la carica di maestro per l’anno scolastico; nonostante ciò egli non onorò mai quell’impegno essendosi subito trasferito nella capitale Pontificia. Tuttavia Canova non rigettò l’incarico avuto dall’istituto veneziano, ed a questo volle restare unito anche se aveva ben compreso come Roma fosse l’unico luogo in cui era possibile sviluppare un’attività artistica in grande stile, vuoi perché culturalmente più dinamica, vuoi perché più tranquilla politicamente.

Nel 1803 la riforma napoleonica ebbe a prevedere l’ammissione tra gli Accademici dei soli residenti, nonostante ciò il Canova, che pur continuava a vivere a Roma, non fu mai effettivamente estromesso; ancor meno dal 1808, quando assunse la presidenza il conte Leopoldo Cicognara a cui lo legava, oltre all’amore per l’arte, la frenetica attività di contatti con le varie personalità del tempo. Troviamo infatti Canova presente alla seduta accademica del luglio 1810, quando si decise la pubblicazione delle Fabbriche di Venezia, opera dello stesso Cicognara.

Per regolarizzare la sua permanenza quale accademico in Venezia fu appositamente coniato l’incarico di sovrintendente agli studenti veneziani vincitori del premio di alunnato in Roma. In questa veste ebbe ad assolvere un ruolo anomalo ma egualmente importante dal punto di vista didattico. E’ esemplificativo il caso di Francesco Hayez, verso il quale ebbe gran ruolo nel riconoscerne immediatamente il non comune talento. La considerazione del maestro nell’Accademia di Venezia era tale che nel novembre 1821, per mezzo del presidente Cicognara, si propose al Governo di comperare alcuni gessi di opere del Canova per il Museo Accademico: l’Autoritratto, il busto dell’Italia, una testa di Cavallo, e altri due esemplari. L’anno seguente purtroppo avvenne l’ultimo atto di stima e d’affetto dell’Accademia veneziana per Antonio Canova. Le esequie funebri si svolsero a San Marco con la bara che fu sempre portata a spalle dai professori dell’Accademia. Quando la gondola con il feretro giunse di fronte alla sede dell’Istituto, il presidente Cicognara sollevò per primo la salma e, seguìto da altri professori, la portò nella sala dell’Accademia, dove erano stati esposti disegni e incisioni delle opere del Canova, e qui fu ricordata la figura del grande scultore dinanzi ad una numerosa folla. Tutto questo nonostante il Patriarca Pyrcker avesse negato l’autorizzazione all’accesso in Accademia del corteo in quanto il Governo Austriaco, timoroso di tumulti nella manifestazione di omaggio al "Genio Italiano", aveva vietato anche alle rappresentanze ufficiali di vestire a lutto. L’evento fu così sentito dal corpo docente, che Giuseppe Borsato lo immortalò nella celebre tela oggi conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro (Venezia).

Giuseppe Borsato, Commemorazione di Canova all’Accademia,

olio su tela 61x78,

Venezia,

Galleria Ca’ Pesaro.

L’Accademia e il suo presidente Cicognara vollero anche conservare nell’istituto la mano destra del grande artista, e lo stesso Giuseppe Borsato venne incaricato di realizzare un'urna, posta in aula Tablino, dove racchiuderla. Il cuore fu invece deposto nel maestoso monumento funebre che, sempre su incoraggiamento del presidente, gli venne innalzato nella Chiesa dei Frari, dando vita allo stesso progetto che Canova aveva ideato per onorare Tiziano. Uno di quei grandi artisti veneziani del passato che l’Accademia indicava ai giovani, compreso nella serie di ritratti ideali, purtroppo non più visibili perché rimossi, posti nelle lunette a ridosso del soffitto ligneo della sala delle riunioni, lo stesso ambiente in cui fu celebrato l’elogio funebre di Canova, la cui salma era stata posta proprio ai piedi dell' Assunta di Tiziano.

Ercole saetta i figli

L’opera oggetto dell’intervento di restauro rappresenta Ercole saetta i figli: è realizzata a matita grassa su tela, grande cm. 104x280, ed è conservata nel Museo - Gipsoteca di Possagno. Questo particolare e delicato manufatto risulta essere stato realizzato da Antonio Canova a Possagno, nel corso del suo soggiorno compreso tra il 1798 e il 1799; è infatti testimoniato dal Falier1 e ricordato da Elena Bassi2 e Giuseppe Pavanello.3

Questa originale esecuzione a matita con molta evidenza si configura come uno studio, ed è particolarmente importante perché si inserisce in una serie di altre realizzazioni finalizzate alla definizione di questo soggetto.

Una cera di cm.25x66 del Museo Correr di Venezia,4 un disegno a matita su carta di mm.109x211 5 ed alcuni fogli di singole figure del Museo Civico di Bassano;6 ancora un dipinto ad olio di cm.42x66 dello stesso Museo e, infine, il bassorilievo in gesso di cm.135x260 della Gipsoteca di Possagno.

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

cera, 25x60,

Venezia,

Museo Correr

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su carta,

mm. 109x211,

Bassano del Grappa,

Museo Civico

Antonio Canova,

Nudo femminile,

matita su carta,

mm. 423x327,

Bassano del Grappa,

Museo Civico

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

olio,

42x66,

Bassano del Grappa,

Museo Civico

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

gesso,

135x260,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

La cera a mio parere dovrebbe essere l’embrione progettuale, forse oggi riproposta, dopo qualche modifica avvenuta nel tempo, con le figure troppo espanse: una tale ipotesi è argomentabile sia per via delle dimensioni del manufatto, sia per la natura plastica del materiale, tipica dei lavori in evoluzione. Si tratta, fra l'altro, dell'unico esemplare in cui i caduti sono in primo piano. I disegni dovrebbero accompagnarsi alla precisazione anatomica delle singole figure, precisazione che sembrerebbe raggiunta appieno con il disegno unitario presente a Bassano che ritrae il gruppo ormai in una composizione che risulta abbastanza definita, resa essenziale nelle figure a terra che comunque saranno oggetto di variazioni, nonché conforme a tutte le opere in esame eccetto il bassorilievo. L’opera ad olio dovrebbe rappresentare una verifica dello studio gestuale e della espressività del gruppo, eseguito con quella tecnica proprio per la possibilità di intervenire a "velature" e a "svelature" sgrossando i dettagli. Le caratteristiche esecutive di tale esemplare, realizzato con pennellate grasse e larghe, fanno pensare più ad un bozzetto piuttosto che ad un dipinto "parzialmente incompiuto", così come è stato giudicato in passato forse anche per averlo messo in relazione con un passo manoscritto delle Memorie, che parla di un Ercole saetta i figli lasciato interrotto nel 1799 a Possagno: "Prese pure in mano il pennello per figurare un Ercole furioso in atto di uccidere i propri figli preso dalla tragedia di Euripide / che porta lo stesso titolo ma non lo compì, perché udendo che Roma era occupata dalle milizie napoletane e che avea recuperata la primiera tranquillità, partendo dalla patria li 2 novembre, vi arrivò verso la metà del mese unitamente a' suoi domestici". Anche l'opera qui presentata propone la medesima composizione che sembrerebbe ormai stabilizzata: troviamo maggiormente definiti i volti dei personaggi e soprattutto compare lo sfondo architettonico, lo stesso visibile nel successivo bassorilievo, sebbene la composizione sia modificata nella disposizione delle figure.

La grande tela di Possagno è molto vicina a tutte queste realizzazioni per via dell’intento progettuale, ma allo stesso tempo se ne distanzia, per essere unica nel suo genere dal punto di vista tecnico. La strettissima vicinanza con il disegno unitario di Bassano è data dalla positura delle figure e dalla stessa riga di delimitazione del campo. La realizzazione tecnica è a matita su una tela preparata a gesso, colla e ocre ("gialla" e "Siena bruciata"), non comune per sviluppare un disegno a matita, ma soprattutto se pensiamo alle abitudini di un artista di formazione accademica. E’ questa, infatti, una tela preparata alla maniera tradizionale, così come era usata ad esempio dai pittori veneti, ovvero quando si "dipingeva alla veneta", ossia per strati di colore. Con la caduta della Serenissima, che per certi versi ha portato con sé anche il suo caratteristico linguaggio pittorico, con il contemporaneo sopravvento del gusto neoclassico e lo svilupparsi della disciplina accademia, la cultura del disegno si pone al centro della formazione del pittore moderno, tenendo in secondo piano la tradizionale padronanza nelle stesure di basi colorate, più consona all’apprendimento proprio delle botteghe antiche in quanto ritenuta più produttiva. Questo stravolgimento dell'educazione pittorica ha portato anche alla scomparsa della precedente tecnica della "preparazione", allora orientata alla stesura di pasta colorata, per dare spazio a delle basi bianche, particolarmente rigide, lisce e consone al disegno, che caratterizzano la pittura da allora in avanti: ma, evidentemente, non a Possagno.

Canova ha certamente incontrato delle difficoltà nel lavorare su quella tela rossa, anche considerando la realizzazione di molte altre opere in cui l'artista preferisce dipingere direttamente sulla tela, come la serie delle Danzatrici del Museo Civico di Bassano. Anche Giuseppe Pavanello ha rilevato questo disagio, riferendosi al soggiorno del maestro a Possagno, dopo che egli aveva lasciato temporaneamente la Roma assediata: "In riposo forzato come scultore, egli prese in mano frequentemente i pennelli; ma, come c'informa ancora l'Abbozzo di Biografia, dovette accontentarsi di dipingere senza imprimitura, non disponendo dei materiali appositi …"7.

Ma il disagio di Canova non è riferibile all’impiego di una "preparazione" mal eseguita, bensì per averla utilizzata alla vecchia maniera, circostanza cui non era certamente avvezzo. In questo modo può essere inteso il seguente passo dell'Abbozzo di Biografia: "Le tele di questi quadri sono senza la solita sono senza la necessaria biacca, imprimitura, non potendosi [ene] allora averne in que' paesi [coll'apparecchio] di così preparate [lo che priva i colori di vivacità e gli assorbe], mancanza che privar tende i colori di quella loro altra nell' assorbendo i colori tende di molto per conseguenza, li priva di quella vivace trasparente vivacità che si ottiene, si suole ottenere mediante quella prima solita preparazione.] mancanza per cui venendo assorbiti i colori, non senza gran fatica e studio si può farne ottener quella gaia e trasparente vivacità che tanto si ottiene mediante la consueta preparazione"8.

Canova intraprese quindi il lavoro nonostante le grande difficoltà lamentata nell’uso del materiale. Sorge quindi spontanea la domanda se fosse per farne un dipinto o per sviluppare un elemento di disegno, in un rapporto uno a uno, finalizzato alla realizzazione di un bassorilievo. La prima eventualità si scontrerebbe con la dichiarata ostilità dell'artista al supporto pittorico, nonché con l'anomala disposizione della composizione sulla tela, spostata a sinistra e riquadrata, ma è pur vero che si sarebbe comunque potuto ovviare al problema ritagliandola e ponendola successivamente su di un telaio ridotto.

La seconda ipotesi non si concilierebbe con l'impiego di un supporto "preparato", a fronte di tante realizzazioni su tela grezza o su cartoni, però abbiamo anche a favore la corrispondenza delle misure con l’opera poi realizzata in bassorilievo, nonché la maggiore scorrevolezza della matita sul fondo così predisposto rispetto alla tela nuda. Ma in questo caso andrebbe spiegata la mancanza delle consuete "quadrature da riporto" e la differente posizione delle figure. In merito alla "quadrettaura" è probabile che Canova, come tutti gli artisti, non ne avesse bisogno per costruire un disegno e quindi venisse realizzata quando effettivamente si doveva riportare il disegno senza ulteriori sviluppi. Per questa principale ragione e per la differenza di posizione delle figure risulta convincente l’idea che Canova abbia abbandonato il lavoro dell' Ercole saetta i figli; a ciò bisogna aggiungere anche che l’opera in gesso, ora a Possagno, è stata realizzata solo successivamente, nel 1803-'04,9 ed a Roma: dopo quasi cinque anni e in un altro studio; dunque, più che probabilmente, con un altro elaborato di lavorazione.

Di sicuro questa particolare opera rimane un manufatto unico nel suo genere, curioso e utile per la comprensione dell’ iter progettuale, proprio perché potrebbe essere un oggetto non da conservare, ma anche da completare o da riusare, a meno che il fatto relativo all'interruzione riportata dalla biografia non si riferisca proprio all'Ercole saetta i figli qui discusso. Sarebbe l'opera in esame, dunque, il manufatto incompiuto e non certo l’opera policroma del Museo Civico di Bassano, che pertanto potrebbe qualificarsi quale bozzetto forse proprio per quest’opera, che Canova avrebbe voluto tradurre forse in un dipinto di grande formato.

Il restauro dell’Ercole saetta i figli.

L’opera prima dell'intervento di restauro era letteralmente illeggibile: un grande rettangolo rosso con aloni giallastri. Sul piano strettamente conservativo il manufatto non accusava particolari problemi. La tela era già stata foderata, probabilmente cinquant’anni or sono, ed era ancora ben tesa sul telaio. La preparazione era saldamente ancorata al supporto, senza screpolature né sollevamenti. Unico problema, non irrilevante, era dunque la presentazione estetica che, anche per via dell’esile materia, aveva portato all’impossibilità della lettura di questa singolare realizzazione di Antonio Canova.

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Prima del restauro Riflettografia in ultravioletto

La perdita della leggibilità aveva portato anche all’occultamento di tutta una serie di tracce lasciate da una passata situazione di degrado, oltre che da interventi integrativi non molto raffinati. La stessa tela presentava delle mancanze riempite con degli inserti, oltre a numerosi strappi, poi rimarginati con almeno due distinte materie colorate, ambedue caratterizzate da stesure poco precise, fuoriuscite e rilievi; al di sopra di queste la base era stata poi ripresa cromaticamente con materia in spessore, a tempera, con un risultato decisamente poco accordato e che contribuiva alla difficoltà di lettura dell’opera.

Una fitta serie di "chiazzature" sono quindi emerse in tutta la loro brutale evidenza ed in tutto il loro effetto dirompente rispetto la percezione dell’esile segno grafico. Tutto ciò è avvenuto solo durante la pulitura: è stata rimossa la patina giallastra, usata sicuramente per fissare la matita ma in realtà decisamente più utile a nascondere le integrazioni.

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Saggio di pulitura

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Durante la pulitura

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Rimozione, parziale, delle stuccature precedenti

La rimozione di questa patina è stata particolarmente delicata, soprattutto per la debolezza dei segni a matita, ed è stata condotta con acqua distillata, poiché è risultato inefficiente qualsiasi altro tipo di solvente che si sarebbe rivelato decisamente più comodo per il contesto in cui si doveva operare. Le stuccature sono state rimosse negli eccessi di rilievo e di perimetro, senza insistere oltremodo per non intaccare la materia originale che ovviamente è particolarmente sensibile all’acqua. E' stato possibile comunque ottenere una superficie omogenea e soprattutto recuperare le caratteristiche originarie dell’opera, caratterizzata dalla porosità della materia e dal morbido trasparire dei rilievi della trama della tela. Si è quindi eseguita una moderata stuccatura delle irregolarità più macroscopiche per difetto sul filo della superficie e quindi si è condotta l’integrazione cromatica con colori a tempera ed acquerello. I primi sono stati usati nelle limitate parti che insistevano direttamente sulla tela, i rappezzi, mentre i secondi sono stati impiegati per ovviare a tutte le altre disomogeneità cromatiche. L’integrazione è stata condotta sulla sola materia della preparazione, non sul tratto del disegno, in quanto si è convinti che questa impostazione potesse essere l’unica soluzione utile per la valorizzazione dell’esile segno tracciato dal nostro scultore. La particolare difficoltà di questa operazione risiede nell'estrema unitarietà e compattezza della materia. Non si è applicato alcun strato protettivo finale, che avrebbe infatti uniformato il riflesso oltre che attenuato le difformità integrative, tuttavia è stato considerato inaccettabile per l’interferenza che avrebbe avuto su questo manufatto la cui natura caratterizzante è proprio l'incompiutezza. Si aggiunga il fatto che l'inevitabile rimozione dell'eventuale strato protettivo nel futuro processo di conservazione avrebbe arrecato gravi rischi per la conservazione della labile traccia a matita.

Per difendere questa porosa fragranza dalle sedimentazioni untuose presenti nell’atmosfera sarebbe quindi auspicabile che la protezione sia affidata ad uno strato indipendente dall’opera, un vetro od un plexiglas. Oggi è finalmente possibile, senza mediazione alcuna, avvicinarsi all'esile segno di Antonio Canova.

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Prima del restauro

Antonio Canova,

Ercole saetta i figli,

matita su tela,

108x280,

Possagno (TV),

Museo – Gipsoteca

Dopo del restauro

* Un ringraziamento a Fabrizio Magani per la cortese collaborazione durante i lavori di restauro e di ricerca, nonché agli allievi , Silvano Sartori, Michela Morrasuto e Vania Comoretti, che hanno eseguito l’integrazione.

G. Falier, Memorie per servire alla vita del marchese Antonio Canova, Venezia, 1823.

2 E. Bassi, La Gipsoteca di Possagno, Venezia, 1957, p.145 (scheda 138).

3 G. Pavanello, L'opera completa del Canova, Milano, 1976, p.138 (scheda D30).

4 Pavanello, L'opera completa …, p.104 (scheda 112).

5 G.Marini, scheda 60, Studio per Ercole saetta i figli, in Antonio Canova, catalogo della mostra a cura di G. Pavanello e G. Romanelli, Venezia 1992, p.142.

6 G. Marini, scheda 25, Nudo femminile, in Antonio Canova …, p. 117; Pavanello, L'opera completa …, p.107 (scheda 133) e p.138 (scheda D30);

7 G. Pavanello, in Antonio Canova. Disegni e dipinti del Museo Civico di Bassano del Grappa e della Gipsoteca di Possagno presentati all'Ermitage, catalogo della mostra a cura di G. Pavanello, Milano 2001, p. 227.

8 "Abbozzo di Biografia 1804-1805", in Antonio Canova. Scritti, I, a cura di H. Honour, Roma 1994, pag. 310. [N.B. I corsivi (anche tra parentesi quadra) si riferiscono a parole cancellate o integrate dallo stesso Canova nel manoscritto.] Nelle Note al testo dell'edizione critica sopra menzionata (p. 327), si allude all'eventualità che il disegno su tela di Possagno sia l'opera incominciata dall'artista prima della partenza alla volta di Roma, mentre il dipinto di Bassano "può essere uno schizzo preliminare, ma potrebbe anche essere successivo, databile allo stesso periodo del bassorilievo del 1803 - 1804".

9 Pavanello, L'opera completa, p.107(scheda 133).