Il Dipartimento Tecniche e Restauro dell'Accademia di Belle Arti di Venezia,

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SCHEDA STORICA

Il 24 settembre 1750 il Senato Veneto concesse una camera nella sede del Magistrato delle Farine ai Riformatori dello Studio di Padova, permettendo che in essa si potessero unirsi i giovani desiderosi di dedicarsi alle arti, per disegnare sotto la guida di validi maestri. Con questo atto si sancì la nascita della Accademia veneziana dopo che già nel 1724 il governo della Serenissima aveva stabilito di "istituire un’Academia, onde attrarre et allettare a trattenersi a questa parte gl’Oltramontani che necessariamente vi passano nel trasferirsi a Fiorenza, Bologna e Roma".

L’Accademia si dotò del suo primo statuto nel 1756: il collegio accademico era formato da trentasei professori tra i quali, di anno in anno, erano scelti i quattro maestri per l’insegnamento; Giambattista Tiepolo fu nominato primo presidente, Giambattista Pittoni e Gianmaria Morlaiter furono eletti consiglieri. Tra le diverse funzioni da loro ricoperte essi ebbero il compito di eleggere gli accademici tra i quali venivano indicati gli insegnanti: Gasparo Diziani, Francesco Zanchi, Francesco Fontebasso e Bartolomeo Nazzari furono, all’interno dell’istituzione, tra i primi ad assumere ruoli di docenza. Figura, Ritratto, Paesaggio e Scultura.

Gli Accademici dovevano consegnare almeno un’opera all’istituzione e questo rappresentò l’inizio della raccolta di opere che dovevano servire all’insegnamento, a queste si aggiunsero acquisizioni e gli incameramenti per la soppressione di ordini religiosi dal 1798. Dal 1817 le Gallerie furono aperte al pubblico e nel 1879 le Gallerie dell’Accademia furono lasciate ad altra amministrazione dello Stato.

Sino dalla sua costituzione l’Accademia veneziana si occupò della conservazione e del restauro dei pubblici dipinti e già nel 1777 l’accademico Pietro Edwards fu l’artefice di una singolare elaborazione tecnica e critica nel campo del restauro, le cui prescrizioni possono essere considerate un’autentica Carta del Restauro ante litteram, contribuendo più tardi, nel 1819, alla "Instituzione di una formale pubblica scuola pel ristauro delle danneggiate pitture". Più che naturale che l’Accademia abbia un corso con di "restauro" con un proprio laboratorio operativo.

L’insegnamento della prospettiva e dell’architettura fu istituito nel 1768 con un corso tenuto da Francesco Costa. L’insegnamento dell’architettura è ancora impartito in Accademia anche se dal 1926 il diploma di architettura è stato riversato al costituito Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Carlo Scarpa fu uno degli ultimi diplomati in architettura dell’Accademia, proprio nel 1926.

La "Veneta Academia di Pittura, Scultura e Architettura" venne riformata in "Accademia Reale di Belle Arti" il 12 febbraio 1807, nel quadro del riordino di tutte le Accademie decretato da Eugenio Napoleone. In quella data l’Accademia di Belle Arti si trasferì dal Fondaco delle Farine di San Marco ai locali del complesso di Santa Maria della Carità appositamente adattati da Giannantonio Selva e Francesco Lazzari. Nel 2004 la sede si trasferirà ulteriormente nel complesso sansoviniano degli "incurabili" sull’ampio canale della giudecca.

L’Accademia può ben essere rappresentata da quegli artisti che con il loro contributo hanno favorito la crescita delle nuove generazioni fra i quali Piazzetta, Tiepolo, Zanchi, Diziani, Morlaiter, G.A. Selva, Canova, Hayez, Lipparini, Matteini, Grigoletti, Politi, Molmenti, Favretto, Nono, Ciardi, Milesi, Tito, Cadorin, Cesetti, Saetti, Giuliani, Arturo Martini, Alberto Viani, Mario de Luigi, Carlo Scarpa, Afro, Santomaso. Questi nomi non sono che parte dell’espressione del livello culturale che l’istituto ha saputo da sempre esprimere, divenendo di fatto uno degli istituti più prestigiosi a livello internazionale.

ET VETERES REVOCAVIT ARTES - ACADEMIA VENETA / PRAECLARA INGENIORUM IUVAT AUSA

Impresa dello "Statuto e prescrizioni della pubblica Accademia di pittura, scultura ed architettura istituita nella città di Venezia per decreto dell’Eccelentissimo Senato, MDCCLXXII" Nella stamperia Albrizziana.

Testo di Vanni Tiozzo, 2003