la festa

Quella mattina Cassandra si dava un gran da fare. Aveva un appuntamento con l'Ape Regina. "Chissà che cosa vorrà", si domandava lustrandosi le ali per farle sembrare ancora più belle. "Ape Regina non chiama mai così presto il mattino... speriamo non sia nulla di grave...". E volò verso l'appartamento reale. Un fuco servitore con tre squilli di tromba annunciò alla Regina la presenza di Cassandra. "Entra Cassandra, voglio parlarti", disse la Regina seduta pomposamente sul suo trono. "Maestà, sono felice di poterla servire", rispose Cassandra con un inchino. Il cuore le batteva forte forte e l'emozione le faceva tremare le gambe.
L'Ape Regina la fece accomodare vicino a sé e le parlò a lungo di un suo progetto: voleva dare una grande festa per celebrare l'arrivo dell'estate. "Dovrà essere una bella festa, con gli invitati, la banda, il coro e...". "E cosa, maestà?", domandò Cassandra con curiosità. "E... tanti fuochi d'artificio! Te ne occuperai tu stessa. Ti nomino organizzatrice della festa". Cassandra balbettò qualche parola di ringraziamento, fece frettolosamente un inchino e uscì, rossa come un pomodoro. Ma non era orgoglio, era semplicemente imbarazzo. "Una festa? Tanti invitati? Anche la banda?", diceva tra sé. "E poi, dove li vado a trovare i fuochi d'artificio? Ho paura che il caldo abbia dato alla testa anche alla Regina".
All'alveare di feste così non se n 'erano mai date. E poi le api non avevano una banda, non avevano un salone per gli ospiti, non avevano un coro. I fuochi d'artificio poi... cose da uomini! Cassandra non sapeva da che parte cominciare. Ebbe un'idea: "Ma certo! Apemaia! Lei può darmi una mano. La cercherò prima di andare a raccogliere il nettare". E, presa la sua ampolla, si affrettò verso l'uscita dell'alveare. Apemaia volava felice tra un raggio e l'altro del sole del mattino. Stava planando verso il prato che circondava l'alveare quando vide Cassandra. "Buongiorno, dormito bene?". "Dormito un corno! Devi aiutarmi. Bisogna sparare gli invitati, suonare i fuochi d'artificio, e avvisare...". Apemaia non capiva: Cassandra era la sua maestra, possibile che parlasse in questo modo? Sparare gli invitati? Suonare i fuochi d'artificio? Forse il caldo le aveva allentato qualche rotella. Con un batter d'ali si posò sulla terrazza dell'alveare. Seduta vicino a Cassandra si fece spiegare meglio quello che la maestra voleva dire. Così, con un po' più di calma e di ordine, venne a sapere del progetto della Regina. "Magnifico!", esclamò. "Questa sì che è una bella idea. Una festa, con la banda, il coro e tutto il resto!". Apemaia pensava già all'indigestione di cose buone che avrebbe fatto. Era così contenta che non si accorse dell'espressione preoccupata di Cassandra: "Non fare l'ingenua, Apemaia, questa festa va preparata ed io non so da che parte cominciare". Ma Apemaia, che prendeva tutte le cose sportivamente, disse: "Ci penso io". E partì come un razzo. Armata di carta e penna, fece l'elenco delle cose da fare: trovare tutti gli indirizzi degli amici del bosco, fare le prove di canto con le sue compagne, trovare gli strumenti per la banda, e poi trovare anche i suonatori, e poi... e poi i fuochi d'artificio. Come si fanno i fuochi d'artificio? "Questo problema lo risolverò dopo", disse tra sé, e corse alla scuola per parlarne con le sue amiche.
"Ragazze, tutte a raccolta, dobbiamo organizzare un coro". Nessuno all'alveare aveva mai organizzato un coro. I grandi lavoravano e i piccoli preferivano la vita all'aria aperta, dopo le lezioni su come diventare un'ape laboriosa tenute da Cassandra. I primi tentativi furono un fiasco. Tutto quello che veniva fuori non erano note, ma un noioso Zzzz... Zzzz... Zzzz. Ci voleva qualcuno che insegnasse loro i primi elementi della musica. "Willi, che cosa possiamo fare?", domandò Apemaia all'amico. "E che ne so io? Non sono mica Flip che sa tutto", rispose Willi seccato. "Ci sono, sei una bomba, Willi!", esclamò Apemaia, e come un fulmine si precipitò fuori dall'alveare. Willi era rimasto a bocca aperta. "Una bomba?", si domandava senza capirci niente. "Apemaia è proprio tocca". La sua amica invece aveva avuto un'idea geniale. Flip, grande intenditore di musica, avrebbe potuto aiutarla. Lo trovò che faceva la ginnastica mattutina saltando su un vecchio tronco d'albero, vispo e arzillo come al solito nonostante la sua età. In tre parole gli spiegò le difficoltà della situazione, e insieme studiarono il da farsi. "Il problema non è tanto il coro", sosteneva Flip, "perché cantare non è una cosa difficile. Il problema è piuttosto la banda: bisogna trovare gli strumenti e chi li suona. Incontriamoci più tardi all'alveare e ti dirò quello che occorre fare". Apemaia gli mise una mano sulla spalla: "Flip, sei un amico. Ti aspetto più tardi". Intanto Willi, che voleva rendersi utile, incominciò a scrivere in bella grafia gli inviti per la festa. Aveva raccolto delle foglie piccoline, lisce e lucide, sulle quali si poteva scrivere da una parte l'invito, dall'altra l'indirizzo dell'invitato. Quando Apemaia tornò all'alveare lo trovò seduto sulla cattedra di Cassandra, con il naso sporco di inchiostro, tutto preso dal suo lavoro.
"Bravo, Willi", disse Apemaia, "vedo che ne hai già scritti tanti. Ma come facciamo a sapere gli indirizzi di tutta questa gente?". Willi, che non amava essere disturbato quando lavorava, rispose in malo modo: "Uffa, come faccio a sapere dove abita tutta la gente del bosco. Non sono mica come Max che sta sempre in giro...". "Evviva", urlò Apemaia, "sei una bomba!". E fece per andarsene. Ma Willi questa volta la fermò. "Senti, io non capisco: perché sono una bomba, che cosa ho detto di tanto strano?". Apemaia spiegò: senza volerlo, le aveva ricordato che Max, appunto perché stava sempre in giro, conosceva sicuramente tutti gli indirizzi degli amici del bosco. Così volarono insieme alla ricerca di Max. Come si sa, i vermi sono un po' dormiglioni: trovare Max quel giorno non fu facile. Apemaia e Willi sapevano che più o meno abitava in un prato di trifoglio vicino alla grande quercia, ma dovettero domandare a molti dove fosse esattamente la sua tana. "Sveglia, poltrone! Ci sono novità", gridò Apemaia davanti alla sua porta. "Max, vieni fuori, è urgentissimo!", aggiunse Willi con tutto il fiato che aveva. "Oh mamma, che c'è? Chi mi sveglia?", mugugnò Max uscendo dal suo buco. "È scoppiata la guerra?". "Macchè guerra", rispose Apemaia, "ci devi aiutare. La Regina vuol dare una festa e noi non sappiamo l'indirizzo della gente del bosco per mandare gli inviti". "Ah, capisco", disse Max tirando fuori dalla tana gli ultimi cinque centimetri della sua coda. "Ma non preoccupatevi. Li posso distribuire io che conosco tutte le case. Però...".
"Però cosa?", domandarono insieme Willi e Apemaia. "Però vorrei suonare anch'io uno strumento. Far parte della banda insomma".
"Uffa, Max, sei il solito ricattatore", lo rimproverò Apemaia, "mi dici che strumento sai suonare?". Max infatti non sapeva suonare nessuno strumento. Ma si ricordava di un suo lontano parente, un certo Serpente a Sonagli, che con tre anelli sulla coda riusciva a far musica. Lo disse agli amici e giunsero all'accordo: Max avrebbe distribuito gli inviti e avrebbe poi fatto parte della banda.
"A proposito di banda: Willi, dobbiamo tornare all'alveare, perché Flip ci aspetta. Ciao Max, vieni a prendere gli inviti e ti diremo quando si riunisce la banda". Apemaia e Willi volarono verso l'alveare. Sulla strada del ritorno trovarono Flip e Curt che camminavano con due grossi fiori in mano. Flip aveva scoperto che le campanule avevano un bel suono, un suono diverso secondo la grandezza e il colore del fiore. Curt, da parte sua, sapeva che esistono i fiori-trombetta e i fiori-trombone. Era un bel passo avanti. La banda cominciava a prendere forma, anche se bisognava aspettare ancora un po', per sentirla suonare al completo.
La notizia della festa si era diffusa rapidamente tra tutti gli amici del bosco. Cassandra aveva il suo bel da fare: scegliere il posto per la festa, ordinare i dolci e le bibite, cucire la divisa per il coro e ricevere tutti quelli che chiedevano il permesso di recitare, di cantare, di ballare, ecc. Artisti improvvisati, insomma, che speravano di far colpo sull'Ape Regina e avere in dono un po' della sua famosa pappa reale. E di notte, quando Cassandra andava a dormire nella sua cella, non riusciva a prendere sonno: pensava ai fuochi d'artificio. Nessuno sapeva dove trovarli. Nessuno sapeva come fabbricarli. Eppure la Regina aveva chiesto proprio i fuochi d'artificio.
Apemaia invece dormiva sonni beati. Aveva dato a Willi una buona dose di medicina contro il mal di pancia perché l'amico, scrivendo le foglie degli inviti, aveva leccato un po' troppe volte la penna, ingoiando così una quantità di inchiostro. Passato il mal di pancia, i due erano volati nelle loro celle e riposavano sognando la festa, la banda, il coro e tutto il resto.
L'indomani il sole fece capolino prima del solito, e la vita riprese con il ritmo di sempre. Puch, la mosca che conosceva a pennello la casa degli uomini, cercava inutilmente di sapere qualcosa sui famosi fuochi d'artificio. Si era alleata con un topino che abitava nella cucina, e insieme frugarono dappertutto alla ricerca di qualcosa che almeno somigliasse a un fuoco d'artificio. Avevano visto che l'Uomo, per accendere la pipa, usava uno strano bastoncino con la testa rossa: quando lo si strofinava contro il muro o sul pavimento, si accendeva e diventava di fuoco. Ma sia Puch sia il topino non riuscivano a fare uscire il fuoco da quei bastoncini. Ci voleva troppa forza. E poi, era pericoloso. Avrebbero rischiato di incendiare tutto il prato dove ci sarebbe stata la festa. Puch volò all'alveare per dire ad Apemaia che i fuochi non si trovavano. "È difficile, sai, sapere come fanno gli uomini a fare i fuochi d'artificio. Io li ho visti una volta e so che volano nel cielo, sono tutti colorati e lucenti, lasciano una scia luminosa lunga come quella della signora Lumaca, e fanno un gran rumore. Ma non saprei proprio come fabbricarli". Apemaia ascoltava attentamente la descrizione di Puch. L'idea della scia
della Lumaca non era da scartare. Forse la signora Lumaca che abitava nel bosco avrebbe potuto confidarle il segreto della sua scia e forse così si sarebbe trovata la soluzione per i fuochi d'artificio.
Puch e Apemaia approfittarono dell'occasione per fare una gara di velocità. "Vediamo chi arriva prima alla quercia del bosco", propose Apemaia all'amica. Tra loro queste sfide erano frequenti. Puch sosteneva che le mosche sono più veloci delle api, Apemaia diceva che nessuno può battere un'ape in volo. Al via partirono rapide in direzione del bosco, e come sempre arrivarono quasi insieme. Tra l'erba fresca di rugiada, la signora Lumaca portava a passeggio suo figlio Lumachino. "Buongiorno, signora Lumaca, come va la vita?". "Buongiorno, Apemaia, come mai da queste parti?". Apemaia le raccontò quanto fosse difficile sapere qualcosa sui fuochi d'artificio. "È una cosa complicata", disse la signora Lumaca, "io mi intendo solo di striscie sulla terra, perché sono anni che me le lascio dietro. Ma non saprei proprio come fare a lasciare una scia di luce nel cielo". Apemaia la ringraziò e tornò all'alveare un po' sconsolata.
L'amico Willi, a causa del mal di pancia della sera prima, si era alzato solo in quel momento. Apemaia lo informò della visita alla signora Lumaca e dei risultati per nulla soddisfacenti. Insieme decisero di andare a vedere come procedevano le prove della banda e del coro. In un angolo del prato, a ridosso dell'alveare, Flip e Curt erano tutti presi dalla loro musica. Flip col suo cilindro in testa dirigeva impeccabilmente la banda. Curt, aiutato da una piccola fisarmonica, cercava di dare il tempo ai gorgheggi del coro. L'effetto era buono.
Sembrava impossibile che quel coro di stonati fosse riuscito ad arrivare a tanta bravura. Anche Flip aveva messo insieme una bella banda. Con le castagne secche dell'inverno passato aveva costruito viole, violini e chitarre. I gusci di noce erano diventati due grossi tamburi, i fiori-trombetta e i fioritrombone scoperti da Curt suonavano magnificamente, e ormai alla banda non mancava proprio niente. Cassandra aveva trovato un angolo di prato, vicino ai cespugli di gelsomino, che si adattava a meraviglia per la grande festa.
Insomma era tutto pronto: dolci e bibite, spettacoli e canti, invitati e curiosi. Apemaia però non era ancora riuscita a risolvere il problema dei fuochi d'artificio.
Aveva riunito i suoi amici più fedeli intorno ad un tavolo per affrontare la questione e da ore discutevano senza sosta. Willi proponeva di far cambiare idea alla Regina, ma non era possibile perché tutti all'alveare avevano sempre cercato di soddisfare ogni desiderio di Sua Maestà. Flip voleva proporre alle lucciole di fare una danza ma, anche se non era una cattiva idea, la danza delle lucciole non avrebbe certo potuto sostituire i fuochi d'artificio. Quel fifone di Max, sempre pessimista, vedeva tutto nero. "Oh, non ce la faremo mai. Sarà un disastro!", gemeva strisciando tra Apemaia e Flip. "Non fare così Max, vedrai che all'ultimo momento mi verrà un'idea", diceva Apemaia, cercando di risollevare il morale di tutti. Il giorno della festa era ormai arrivato.
L'armata delle formiche si era assunta l'incarico del servizio d'ordine. Ricevevano gli invitati, li accompagnavano ai loro posti, erano attente che nulla potesse turbare il clima della festa. Due formiche in perfetta divisa da combattimento facevano la guardia all'ingresso della loro casa, attente che i nemici non approfittassero dell'assenza delle altre per svaligiare i magazzini. Anche l'alveare era ben sorvegliato. I fuchi guardiani proteggevano la cera, il miele e la pappa reale dandosi i turni come veri soldati. L'ora della festa era stata fissata verso il tramonto. La Regina fece il suo ingresso sul palco reale, scortata da una schiera di fuchi servitori.
In quel momento si levò un solenne applauso; tutti gli amici del bosco, tutte le api, tutte le formiche, tutti gli uccelli sui rami gridavano a gran voce: "Viva la Regina! Viva la Regina!". Cassandra, che presentava lo spettacolo, era molto emozionata. Fece un bel discorso per salutare la Regina e per ricordare agli invitati che quella festa voleva celebrare l'inizio dell'estate, come augurio per tutti di una buona stagione. In piedi, al centro di un magnifico fiore, recitava la sua parte con molta eleganza. Si era preoccupata della linea e aveva fatto un po' di digiuno, per apparire ancora più in forma. Dopo il discorso di apertura della festa, Cassandra presentò alla Regina e agli invitati gli artisti della serata. Le prime ad esibirsi furono sei formiche giocoliere, molto abili nel prendere al volo una serie di anelli e palline. Erano veramente brave. Poi si accesero le luci sul palcoscenico e Puch, la mosca, recitò un lungo poema che riguardava l'Uomo. Era una storia interessante, un misto di filosofia e di tragedia, che appassionò molto l'Ape Regina. I piccoli, invece, si annoiarono. Non capivano che cosa ci fosse di così interessante in quello che Puch, con fare serio e cupo, stava declamando. E furono molto felici quando Puch ebbe finito di recitare il suo poema. Cassandra annunciò allora il divo del momento: Pop la rana. I riflettori puntarono su una foglia di ninfea dello stagno. Pop la rana era là, in attesa dell'approvazione dei suoi fans che non si fece attendere. Fischi e urla invasero l'aria. Mentre Pop cominciava a cantare e a ballare secondo il suo stile all'ultima moda, affascinando tutto il pubblico dei più giovani, Apemaia si grattava la testa cercando di risolvere il dilemma dei fuochi d'artificio. Tutto andava a gonfie vele, ma cosa avrebbe pensato la Regina se alla fine fosse mancato lo spettacolo pirotecnico? Apemaia cercò Willi. "Dove s'è cacciato quel buono a nulla? Quando serve non lo si trova mai". Willi infatti era in estasi. Era un folle ammiratore di Pop e dei suoi spettacoli. Stonato com'era, si sentiva un po' più adatto a quei gridolini senza senso piuttosto che alla musica vera e propria. Non sentiva Apemaia che lo chiamava e ci volle uno strattone per distrarlo dalle sue fantasie. "Dài, muoviti, è un'ora che ti cerco", disse Apemaia prendendolo per un braccio. "Dobbiamo pensare ai fuochi e non abbiamo molto tempo. Fra poco tocca a me". "Uffa, proprio adesso che c'è questa musica divina...". Stavano per allontanarsi quando udirono la voce di Cassandra che annunciava il numero di Apemaia con le campane.
"Hai visto, tocca a me! Aspettami, faccio presto", disse all'amico, e volò sul palcoscenico a grande velocità. Sapeva che alla Regina piaceva il suono delle campane, e aveva preparato un numero d'eccezione. Quella mattina aveva raccolto tre campanule diverse e aveva provato a suonare la canzone preferita della Regina.
Veniva proprio bene. Dal palco reale la sovrana ascoltava estasiata la sua canzone suonata con le campane. "Din-din-don, din-din-dan". Apemaia era felice. E fu più felice ancora quando la Regina si alzò in piedi per applaudirla. Era un onore, un grande onore. Quando ritornò da Willi lo trovò molto pensieroso. "La Regina è stata contenta della tua canzone, ma adesso come facciamo per i fuochi d'artificio? ".
"Ho pensato a una cosa. Forse riusciamo a risolvere questo dramma. Willi, mi devi aiutare", sussurrò Apemaia all'orecchio dell'amico. Confabularono un po' in questo modo senza che i vicini potessero capire quello che stavano progettando. Alla fine Apemaia concluse: "E mi raccomando, ricordati del tamburo, il tamburo, hai capito?".
Intanto lo spettacolo s'era interrotto per la merenda. Erano tutti affamati e le provviste fatte da Cassandra sparirono presto. Tanti dolci, tante torte, tanti panini, tanti litri di latte dolce, tante cose buone finivano tutte nella pancia degli invitati. Le formiche avevano un bel lavoro: porta a destra, ritira a sinistra, dài con i biscotti, avanti con i bicchieri. In più c'era la signora Lumaca che intralciava il traffico. Si era messa in mente di aiutare a distribuire la merenda e lo faceva con tanta buona volontà, ma anche con tanta lentezza. Tuttavia non si poteva certo litigare con la signora Lumaca, o chiederle di fare un po' più in fretta. Quando Cassandra presentò la banda, ringraziò pubblicamente Flip per tutto quello che aveva fatto. Flip era commosso e si nascose dietro il suo trombone per non far vedere quanto arrossiva. Willi e Apemaia gli erano vicini e volavano allegramente intorno all'amico, che con una potente soffiata faceva cantare lo strumento. Era arrivato il momento tanto aspettato. Cassandra, rivolgendosi alla Regina, disse: "Maestà, questa festa e stata proprio bella. Abbiamo avuto l'onore di ospitare tanti artisti che ci hanno fatto divertire. Adesso...". "Adesso ci sono io". Chi era colui che osava interrompere? Cassandra si voltò e vide Max, tutto vestito a nuovo, che strisciava sul palco. Bisbigliò qualcosa a Cassandra, che per ascoltarlo aveva dovuto abbassarsi fino a terra. "Maestà, Max vuole esibirsi con un numero mai visto finora: la danza del serpente!".
E mentre Max si dimenava al suono di una musica orientale, Apemaia e Cassandra studiavano la situazione.
"Allora", domandò Cassandra, "tutto pronto?". "Tutto pronto, puoi annunciare i fuochi d'artificio!", rispose Apemaia molto soddisfatta. Appena Max ebbe terminato la sua danza, Cassandra chiese un attimo di silenzio e poi annunciò: "Signori e signore... i fuochi d'artificio!". E in quel momento nel cielo si vide una scia luminosa accompagnata da una grande esplosione.
Erano tutti naso all'aria, e non sapevano dire altro che "OOOHH...!". Uno, due, tre, quattro fiori colorati esplodevano nel cielo. Nessuno riusciva a capire come tutto ciò potesse avvenire. Nessuno, tranne Apemaia e Willi: l'avevano proprio inventata bella. Apemaia aveva raccolto in un prato vicino al ruscello un bel mazzo di fiori pon-pon. I fiori pon-pon sono quelli che, se soffiati, distribuiscono nell'aria tanti semini bianchi con una morbida coda. Apemaia aveva visto la zia Giuliana della fattoria far divertire i suoi nipotini con quel gioco. Ma come potevano quei fiori scendere dal cielo facendo tanto rumore? Il segreto è presto svelato. Era Willi che faceva: "Bumm! Bumm! Bumm!", battendo forte sul suo tamburo. E scendevano dal cielo perché Apemaia li portava in picchiata proprio sopra al luogo delle festa. I riflessi della luna e delle stelle, un po' di immaginazione e forse il vino bevuto in abbondanza facevano tutto il resto. L'Ape Regina era stupefatta. Non aveva mai visto una festa così ben organizzata. Quella sera, tornando all'alveare, pensava: "Cassandra merita un premio. Ma anche Apemaia ne merita uno. È stata così geniale con quei fuochi fatti con i fiori pon-pon. Domani le farò chiamare e le ringrazierò di persona. Vediamo... Cassandra potrei nominarla... sì, la nominerò consigliera speciale della Regina, e le regalerò una doppia dose di pappa reale. Apemaia poi... eh sì, Apemaia merita qualcosa di speciale... ci penserò...".
Il giorno dopo Cassandra e Apemaia si presentarono alla Regina, nel salone del trono.
Cassandra era molto fiera della sua nomina e soprattutto le faceva piacere la doppia dose di pappa reale che avrebbe contribuito a mantenere snella la sua linea.
Apemaia si domandava che cosa le avrebbe donato la Regina. "Io non ho desideri particolari...", pensava, "non mi interessano le nomine, le medaglie e i riconoscimenti ufficiali".
La Regina chiamò uno dei suoi fedeli servitori che le consegnò un bigliettino piccolo piccolo.
"Ecco, Apemaia, questo è il premio che ti spetta. È la patente di ape esploratrice, che ti autorizza a circolare liberamente per tutto il nostro regno". Apemaia fu sorpresa. "Una patente di esploratrice? Regina, vuoi forse dire che posso andare all'avventura quanto mi pare e piace? E che non ho l'obbligo di andare a scuola durante le vacanze? Evviva! È magnifico!". Era veramente un bel regalo. Nessuno aveva mai avuto la patente di esploratrice alla sua età.
E con la patente di esploratrice Apemaia poteva girare liberamente per tutto il regno delle api, alla ricerca di nuovi amici e di nuove avventure.
Era così felice che uscì correndo dalla sala del trono, infilò la grande scala dell'appartamento reale e in un batter d'occhio si trovò nel cielo azzurro dell'estate.
Volava veloce, così veloce che il battere delle sue ali lasciava nel cielo una nuvoletta bianca; con mille piroette disegnò nell'azzurro il suo nome. Apemaia.