Legge 157
LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157
SUPPLEMENTO ORDINARIO n. 41 G.U.R.I. 25 febbraio
1992, n. 46
Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio.
TESTO COORDINATO (aggiornato al D.P.R. 8 settembre 1997,
n. 357)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
Fauna selvatica
1. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile
dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità
nazionale ed internazionale.
2. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito
purché non contrasti con l'esigenza di conservazione
della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle
produzioni agricole.
3. Le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare
norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le
specie della fauna selvatica in conformità alla presente
legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive
comunitarie. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome provvedono in base alle competenze esclusive nei
limiti stabiliti dai rispettivi statuti. Le province attuano
la disciplina regionale ai sensi dell'articolo 14, comma
1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142.
4. Le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979,
85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE
della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati,
concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono
integralmente recepite ed attuate nei modi e nei termini
previsti dalla presente legge la quale costituisce inoltre
attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950,
resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812, e della
Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva
con legge 5 agosto 1981, n. 503.
5. Le regioni e le province autonome in attuazione delle
citate direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE provvedono
ad istituire lungo le rotte di migrazione dell'avifauna,
segnalate dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica
di cui all'articolo 7 entro quattro mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, zone di protezione finalizzate
al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze
ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse
limitrofi; provvedono al ripristino dei biotopi distrutti
e alla creazione di biotopi. Tali attività concernono
particolarmente e prioritariamente le specie di cui all'elenco
allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, come sostituito
dalle citate direttive 85/411/CEE e 91/244/CEE. In caso
di inerzia delle regioni e delle province autonome per un
anno dopo la segnalazione da parte dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica, provvedono con controllo sostitutivo,
d'intesa, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste e
il Ministro dell'ambiente. (3)
6. Le regioni e le province autonome trasmettono annualmente
al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro
dell'ambiente una relazione sulle misure adottate ai sensi
del comma 5 e sui loro effetti rilevabili.
7. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 9 marzo 1989, n.
86, il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie,
di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste
e con il Ministro dell'ambiente, verifica, con la collaborazione
delle regioni e delle province autonome e sentiti il Comitato
tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'articolo
8 e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, lo stato
di conformità della presente legge e delle leggi
regionali e provinciali in materia agli atti emanati dalle
istituzioni delle Comunità europee volti alla conservazione
della fauna selvatica.
Art. 2
Oggetto della tutela
1. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela
della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli
dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente
in stato di naturale libertà nel territorio nazionale.
Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio,
le seguenti specie:
a) mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis
aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola
(Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico
(Felis sylvestris), lince (Lynx lynx), foca monaca (Monachus
monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo
(Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'Abruzzo (Rupicapra
pyrenaica);
b) uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone
dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie
di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris),
tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea
leucorodia), mignattaio (Plegadis falcinellus), fenicottero
(Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno
selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Tadorna tadorna), fistione
turco (Netta rufina), gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala),
tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e falconiformes),
pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda),
gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere
tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra
avosetta), cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), occhione
(Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola),
gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus
melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere
(Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia),
tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia
marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae),
gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax);
c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni
internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri indicano come minacciate di estinzione.
2. Le norme della presente legge non si applicano alle talpe,
ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole.
3. Il controllo del livello di popolazione degli uccelli
negli aeroporti, ai fini della sicurezza aerea, è
affidato al Ministro dei trasporti.
Art. 3
Divieto di uccellagione
1. E' vietata in tutto il territorio nazionale ogni forma
di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici,
nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
Art. 4
Cattura temporanea e inanellamento
1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica, possono autorizzare esclusivamente gli
istituti scientifici delle università e del Consiglio
nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale ad
effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica, la
cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonchè
il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
2. L'attività di cattura temporanea per l'inanellamento
degli uccelli a scopo scientifico è organizzata e
coordinata sull'intero territorio nazionale dall'Istituto
nazionale per la fauna selvatica; tale attività funge
da schema nazionale di inanellamento in seno all'Unione
europea per l'inanellamento (EURING). L'attività
di inanellamento può essere svolta esclusivamente
da titolari di specifica autorizzazione, rilasciata dalle
regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica;
l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione
a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso
Istituto, ed al superamento del relativo esame finale.
3. L'attività di cattura per l'inanellamento e per
la cessione a fini di richiamo può essere svolta
esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano
titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato
e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è
concessa dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti
di controllo e di certificazione dell'attività svolta
dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.
4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è
consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti
specie: allodola; cesena; tordo sassello; tordo bottaccio;
storno; merlo; passero, passera mattugia; pavoncella e colombaccio.
Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente
catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati.
5. E' fatto obbligo a chiunque abbatte, cattura o rinviene
uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale
per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è
avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto
Istituto.
6. Le regioni emanano norme in ordine al soccorso, alla
detenzione temporanea e alla successiva liberazione di fauna
selvatica in difficoltà.
Art. 5
Esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi
1. Le regioni, su parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento,
la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti
alle specie cacciabili, nonchè il loro uso in funzione
di richiami.
2. Le regioni emanano altresì norme relative alla
costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi
di cattura appartenenti alle specie di cui all'articolo
4, comma 4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti
l'attività venatoria ai sensi dell'articolo 12, comma
5, lettera b), la detenzione di un numero massimo di dieci
unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo
di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano
l'attività venatoria da appostamento temporaneo con
richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non potrà
superare il numero massimo complessivo di dieci unità.
3. Le regioni emanano norme per l'autorizzazione degli appostamenti
fissi, che le province rilasciano in numero non superiore
a quello rilasciato nell'annata venatoria 1989-1990.
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 può essere
richiesta da coloro che ne erano in possesso nell'annata
venatoria 1989-1990. Ove si realizzi una possibile capienza,
l'autorizzazione può essere richiesta dagli ultrasessantenni
nel rispetto delle priorità definite dalle norme
regionali.
5. Non sono considerati fissi ai sensi e per gli effetti
di cui all'articolo 12, comma 5, gli appostamenti per la
caccia agli ungulati e ai colombacci e gli appostamenti
di cui all'articolo 14, comma 12.
6. L'accesso con armi proprie all'appostamento fisso con
l'uso di richiami vivi è consentito unicamente a
coloro che hanno optato per la forma di caccia di cui all'articolo
12, comma 5, lettera b). Oltre al titolare, possono accedere
all'appostamento fisso le persone autorizzate dal titolare
medesimo.
7. E' vietato l'uso di richiami che non siano identificabili
mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali
che disciplinano anche la procedura in materia.
8. La sostituzione di un richiamo può avvenire soltanto
dietro presentazione all'ente competente del richiamo morto
da sostituire.
9. E' vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili
come richiami vivi per l'attività venatoria.
Art. 6
Tassidermia
1. Le regioni, sulla base di apposito regolamento, disciplinano
l'attività di tassidermia ed imbalsamazione e la
detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e
trofei.
2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare all'autorità
competente le richieste di impagliare o imbalsamare spoglie
di specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste
relative a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi
diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per
la caccia della specie in questione.
3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2 comporta
la revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attività
di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene
illecitamente esemplari di specie protette o per chi cattura
esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati nel
calendario venatorio.
4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento
atto a disciplinare l'attività di tassidermia ed
imbalsamazione di cui al comma 1.
Art. 7
Istituto nazionale per la fauna selvatica
1. L'Istituto nazionale di biologia della selvaggina di
cui all'articolo 35 della legge 27 dicembre 1977, n. 968,
dalla data di entrata in vigore della presente legge assume
la denominazione di Istituto nazionale per la fauna selvatica
(INFS) ed opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca
e consulenza per lo Stato, le regioni e le province.
2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con sede
centrale in Ozzano dell'Emilia (Bologna), è sottoposto
alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con
le regioni, definisce nelle norme regolamentari dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica l'istituzione di unità
operative tecniche consultive decentrate che forniscono
alle regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali.
3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito
di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna
selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti
con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti
di intervento ricostitutivo o migliorativo sia delle comunità
animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione
faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di
coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico
sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli
organismi stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi
della Comunità economica europea aventi analoghi
compiti e finalità, di collaborare con le università
e gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare
e valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni
e dalle province autonome, di esprimere i pareri tecnico-scientifici
richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome.
4. Presso l'Istituto nazionale per la fauna selvatica sono
istituiti una scuola di specializzazione post-universitaria
sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica
e corsi di preparazione professionale per la gestione della
fauna selvatica per tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge una commissione
istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
composta da un rappresentante del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste, da un rappresentante del Ministro dell'ambiente,
da un rappresentante del Ministro della sanità e
dal direttore generale dell'Istituto nazionale di biologia
della selvaggina in carica alla data di entrata in vigore
della presente legge, provvede ad adeguare lo statuto e
la pianta organica dell'Istituto ai nuovi compiti previsti
dal presente articolo e li sottopone al Presidente del Consiglio
dei ministri, che li approva con proprio decreto.
5. Per l'attuazione dei propri fini istituzionali, l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica provvede direttamente alle
attività di cui all'articolo 4.
6. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica è
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato
nei giudizi attivi e passivi avanti l'autorità giudiziaria,
i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali.
Art. 8
Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale
1. Presso il Ministero dell'agricoltura e delle foreste
è istituito il Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale (CTFVN) composto da tre rappresentanti nominati
dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da tre rappresentanti
nominati dal Ministro dell'ambiente, da tre rappresentanti
delle regioni nominati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, da tre rappresentanti delle province
nominati dall'Unione delle province d'Italia, dal direttore
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, da un rappresentante
per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta,
da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali
agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale,
da quattro rappresentanti delle associazioni di protezione
ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente,
da un rappresentante dell'Unione zoologica italiana, da
un rappresentante dell'Ente nazionale per la cinofilia italiana,
da un rappresentante del Consiglio internazionale della
caccia e della conservazione della selvaggina, da un rappresentante
dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, da
un rappresentante del Club alpino italiano.
2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale è
costituito, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri sulla base delle designazioni delle organizzazioni
ed associazioni di cui al comma 1 ed è presieduto
dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste o da un suo
delegato.
3. Al Comitato sono conferiti compiti di organo tecnico
consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione
della presente legge.
4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale viene
rinnovato ogni cinque anni.
Art. 9
Funzioni amministrative
1. Le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione
e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria
di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di orientamento,
di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge
e dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni
amministrative in materia di caccia e di protezione della
fauna secondo quanto previsto dalla legge 8 giugno 1990,
n. 142, che esercitano nel rispetto della presente legge.
2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome
esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia
in base alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai
rispettivi statuti.
Art. 10
Piani faunistico-venatori
1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è
soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata,
per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione
delle effettive capacità riproduttive e al contenimento
naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre
specie, al conseguimento della densità ottimale e
alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle
risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. Le regioni e le province, con le modalità previste
ai commi 7 e 10, realizzano la pianificazione di cui al
comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è
destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione
della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio
delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona faunistica
a sè stante ed è destinato a protezione nella
percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette percentuali
sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività
venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni.
4. Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende
anche i territori di cui al comma 8, lettere a), b) e c).
Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura
a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare
la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può
essere destinato nella percentuale massima globale del 15
per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi
dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale.
6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale le regioni
promuovono forme di gestione programmata della caccia, secondo
le modalità stabilite dall'articolo 14.
7. Ai fini della pianificazione generale del territorio
agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli
per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori. Le
province predispongono altresì piani di miglioramento
ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna
selvatica nonchè piani di immissione di fauna selvatica
anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero
nei parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici,
salvo accertamento delle compatibilità genetiche
da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica
e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti
nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite
le loro strutture regionali.
8. I piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono:
a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione
ed alla sosta della fauna selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura
della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e
condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione
e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale
per il territorio;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica
allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni
autoctone;
d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo
stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola
singola, consortile o cooperativa, ove è vietato
l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito
il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili
da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti
della stessa e di persone nominativamente indicate;
e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento
e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con
l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie
cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad
associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori
agricoli singoli o associati;
f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore
dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla
fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate
su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a),
b) e c);
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore
dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli
o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino
degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica
nelle zone di cui alle lettere a) e b);
h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili
gli appostamenti fissi.
9. Ogni zona dovrà essere indicata da tabelle perimetrali,
esenti da tasse, secondo le disposizioni impartite dalle
regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o privato
che sia preposto o incaricato della gestione della singola
zona.
10. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria
mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al
comma 7 secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per
la fauna selvatica garantisce la omogeneità e la
congruenza a norma del comma 11, nonchè con l'esercizio
di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da
parte delle province dopo dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica
trasmette al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e
al Ministro dell'ambiente il primo documento orientativo
circa i criteri di omogeneità e congruenza che orienteranno
la pianificazione faunistico-venatoria. I ministri, d'intesa,
trasmettono alle regioni con proprie osservazioni i criteri
della programmazione, che deve essere basata anche sulla
conoscenza delle risorse e della consistenza faunistica,
da conseguirsi anche mediante modalità omogenee di
rilevazione e di censimento.
12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i
criteri per la individuazione dei territori da destinare
alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende
agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale.
13. La deliberazione che determina il perimetro delle zone
da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e
c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei
fondi interessati e pubblicata mediante affissione all'albo
pretorio dei comuni territorialmente interessati.
14. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentata
opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri
fiscali, da parte dei proprietari o conduttori dei fondi
costituenti almeno il 40 per cento della superficie complessiva
che si intende vincolare, la zona non può essere
istituita.
15. Il consenso si intende validamente accordato anche nel
caso in cui non sia stata presentata formale opposizione.
16. Le regioni, in via eccezionale, ed in vista di particolari
necessità ambientali, possono disporre la costituzione
coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento
e cattura, nonchè l'attuazione dei piani di miglioramento
ambientale di cui al comma 7.
17. Nelle zone non vincolate per la opposizione manifestata
dai proprietari o conduttori di fondi interessati, resta,
in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività
venatoria. Le regioni possono destinare le suddette aree
ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
Art. 11
Zona faunistica delle Alpi
1. Agli effetti della presente legge il territorio delle
Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica
flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica
a sè stante.
2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali di
cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei princìpi
generali della presente legge e degli accordi internazionali,
norme particolari al fine di proteggere la caratteristica
fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute
presenti le consuetudini e le tradizioni locali.
3. Al fine di ripristinare l'integrità del biotopo
animale, nei territori ove sia esclusivamente presente la
tipica fauna alpina è consentita la immissione di
specie autoctone previo parere favorevole dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica.
4. Le regioni nei cui territori sono compresi quelli alpini,
d'intesa con le regioni a statuto speciale e con le province
autonome di Trento e di Bolzano, determinano i confini della
zona faunistica delle Alpi con l'apposizione di tabelle
esenti da tasse.
]Art. 12
Esercizio dell'attività venatoria
1. L'attività venatoria si svolge per una concessione
che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedano e che
posseggano i requisiti previsti dalla presente legge.
2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento
o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei
mezzi di cui all'articolo 13.
3. E' considerato altresì esercizio venatorio il
vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo
o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa
della medesima per abbatterla.
4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo
che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.
5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o con il
falco, l'esercizio venatorio stesso può essere praticato
in via esclusiva in una delle seguenti forme:
a) vagante in zona Alpi;
b) da appostamento fisso;
c) nell'insieme delle altre forme di attività venatoria
consentite dalla presente legge e praticate nel rimanente
territorio destinato all'attività venatoria programmata.
6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio
nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene
a colui che l'ha cacciata.
7. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna
selvatica ai fini di impresa agricola di cui all'articolo
10, comma 8, lettera d).
8. L'attività venatoria può essere esercitata
da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età
e sia munito della licenza di porto di fucile per uso di
caccia, di polizza assicurativa per la responsabilità
civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli
arnesi utili all'attività venatoria, con massimale
di lire un miliardo per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni
per ogni persona danneggiata e lire 250 milioni per danni
ad animali ed a cose, nonchè di polizza assicurativa
per infortuni correlata all'esercizio dell'attività
venatoria, con massimale di lire 100 milioni per morte o
invalidità permanente.
9. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito
il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, provvede
ogni quattro anni, con proprio decreto, ad aggiornare i
massimali suddetti.
10. In caso di sinistro colui che ha subìto il danno
può procedere ad azione diretta nei confronti della
compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha
causato il danno ha contratto la relativa polizza.
11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità
su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio
venatorio nel rispetto delle norme di cui alla presente
legge e delle norme emanate dalle regioni.
12. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria
è altresì necessario il possesso di un apposito
tesserino rilasciato dalla regione di residenza, ove sono
indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale,
nonchè le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali
di caccia ove è consentita l'attività venatoria.
Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da quella
di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima,
vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate.
Art. 13
Mezzi per l'esercizio dell'attività venatoria
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso
del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a
ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente
non più di due cartucce, di calibro non superiore
al 12, nonchè con fucile con canna ad anima rigata
a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica
di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a
vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
2. E' consentito, altresì, l'uso del fucile a due
o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia
di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata
di calibro non inferiore a millimetri 5,6, nonchè
l'uso dell'arco e del falco.
3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal
cacciatore e non lasciati sul luogo di caccia.
4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso
del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica
salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da
non contenere più di un colpo.
5. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio
venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
6. Il titolare della licenza di porto di fucile anche per
uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio,
a portare, oltre alle armi consentite, gli utensili da punta
e da taglio atti alle esigenze venatorie.
Art. 14
Gestione programmata della caccia
1. Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative a livello
nazionale e le province interessate, ripartiscono il territorio
agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai
sensi dell'articolo 10, comma 6, in ambiti territoriali
di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei
e delimitati da confini naturali.
2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate,
possono, altresì, individuare ambiti territoriali
di caccia interessanti anche due o più province contigue.
3. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce
con periodicità quinquennale, sulla base dei dati
censuari, l'indice di densità venatoria minima per
ogni ambito territoriale di caccia. Tale indice è
costituito dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi
compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento
fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale nazionale.
4. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce
altresì l'indice di densità venatoria minima
per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi
che è organizzato in comprensori secondo le consuetudini
e tradizioni locali. Tale indice è costituito dal
rapporto tra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli
che praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso,
e il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo
11, comma 4, nella zona faunistica delle Alpi.
5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa
domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso
in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio
alpino compreso nella regione in cui risiede e può
avere accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche
compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi
organi di gestione.
6. Entro il 30 novembre 1993 i cacciatori comunicano alla
provincia di residenza la propria opzione ai sensi dell'articolo
12. Entro il 31 dicembre 1993 le province trasmettono i
relativi dati al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui
al comma 6, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste
comunica alle regioni e alle province gli indici di densità
minima di cui ai commi 3 e 4. Nei successivi novanta giorni
le regioni approvano e pubblicano il piano faunistico-venatorio
e il regolamento di attuazione, che non può prevedere
indici di densità venatoria inferiori a quelli stabiliti
dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Il regolamento
di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere,
tra l'altro, le modalità di prima costituzione degli
organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei
comprensori alpini, la loro durata in carica nonchè
le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi
rinnovi. Le regioni provvedono ad eventuali modifiche o
revisioni del piano faunistico-venatorio e del regolamento
di attuazione con periodicità quinquennale.
8. E' facoltà degli organi direttivi degli ambiti
territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con delibera
motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza
un numero di cacciatori superiore a quello fissato dal regolamento
di attuazione, purchè si siano accertate, anche mediante
censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica
e siano stabiliti con legge regionale i criteri di priorità
per l'ammissibilità ai sensi del presente comma.
9. Le regioni stabiliscono con legge le forme di partecipazione,
anche economica, dei cacciatori alla gestione, per finalità
faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti
territoriali di caccia e nei comprensori alpini ed, inoltre,
sentiti i relativi organi, definiscono il numero dei cacciatori
non residenti ammissibili e ne regolamentano l'accesso.
10. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di
caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in
misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti,
dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative a livello
nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute,
ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20
per cento dei componenti è costituito da rappresentanti
di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio
nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti
degli enti locali.
11. Negli ambiti territoriali di caccia l'organismo di gestione
promuove e organizza le attività di ricognizione
delle risorse ambientali e della consistenza faunistica,
programma gli interventi per il miglioramento degli habitat,
provvede all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori
dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale
per il territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale
dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi
da interventi agricoli ai sensi del regolamento (CEE) n.
1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988; il ripristino
di zone umide e di fossati; la differenziazione delle colture;
la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione;
b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica
nonchè dei riproduttori;
c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento,
della difesa preventiva delle coltivazioni passibili di
danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali
in difficoltà, della manutenzione degli apprestamenti
di ambientamento della fauna selvatica.
12. Le province autorizzano la costituzione ed il mantenimento
degli appostamenti fissi senza richiami vivi, la cui ubicazione
non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunistico-venatorio.
Per gli appostamenti che importino preparazione del sito
con modificazione e occupazione stabile del terreno, è
necessario il consenso del proprietario o del conduttore
del fondo, lago o stagno privato. Agli appostamenti fissi,
costituiti alla data di entrata in vigore della presente
legge, per la durata che sarà definita dalle norme
regionali, non è applicabile l'articolo 10, comma
8, lettera h).
13. L'appostamento temporaneo è inteso come caccia
vagante ed è consentito a condizione che non si produca
modifica di sito.
14. L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia
provvede, altresì, all'erogazione di contributi per
il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole
dalla fauna selvatica e dall'esercizio dell'attività
venatoria nonchè alla erogazione di contributi per
interventi, previamente concordati, ai fini della prevenzione
dei danni medesimi.
15. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di
cui al presente articolo, il Ministro dell'agricoltura e
delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente,
assegna ad esse il termine di novanta giorni per provvedere,
decorso inutilmente il quale il Presidente del Consiglio
dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione
del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente.
16. A partire dalla stagione venatoria 1995-1996 i calendari
venatori delle province devono indicare le zone dove l'attività
venatoria è consentita in forma programmata, quelle
riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove
l'esercizio venatorio non è consentito.
17. Le regioni a statuto speciale e le province autonome
di Trento e di Bolzano, in base alle loro competenze esclusive,
nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti ed ai sensi
dell'articolo 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86, e nel rispetto
dei princìpi della presente legge, provvedono alla
pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione territoriale,
alla determinazione della densità venatoria, nonchè
alla regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio
di competenza.
Art. 15
Utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata
della caccia (modificato dall'art. 11 bis, comma 1, lett.
a del D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96,
n. 649)
1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio
regionale ai fini della gestione programmata della caccia,
è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo
da determinarsi a cura della amministrazione regionale in
relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche,
alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.
2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di
cui al comma 1, si provvede con il gettito derivante dalla
istituzione delle tasse di concessione regionale di cui
all'articolo 23.
3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda
vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria
deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione
del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta
regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo
2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è
esaminata entro sessanta giorni.
4. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione
della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo
10. E' altresì accolta, in casi specificatamente
individuati con norme regionali, quando l'attività
venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia
di colture agricole specializzate nonchè di produzioni
agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca
scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo
ad attività di rilevante interesse economico, sociale
o ambientale.
5. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione
di tabelle, esenti da tasse, a cura del proprietario o conduttore
del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile
il perimetro dell'area interessata.
6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia
è vietato a chiunque, compreso il proprietario o
il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino
al venir meno delle ragioni del divieto.
7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in
forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione.
Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni
con coltivazioni erbacee da seme; i frutteti specializzati;
i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del
raccolto; i terreni coltivati a soia e a riso, nonchè
a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto.
L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre
vietato sui terreni in attualità di coltivazione
individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali
agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale,
tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza
di protezione di altre colture specializzate o intensive.
8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei
fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva
chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi
o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia la profondità
di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I
fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della
presente legge e quelli che si intenderà successivamente
istituire devono essere notificati ai competenti uffici
regionali. I proprietari o i conduttori dei fondi di cui
al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate
tabellazioni esenti da tasse.
9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a far
parte della quota dal 20 al 30 per cento del territorio
agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi
con presenza di bestiame allo stato brado o semibrado, secondo
le particolari caratteristiche ambientali e di carico per
ettaro, e stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio
è vietato nonchè le modalità di delimitazione
dei fondi stessi.
11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36, commi 5 e
6, fissati per l'adozione degli atti che consentano la piena
attuazione della presente legge nella stagione venatoria
1994-1995, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste
provvede in via sostitutiva secondo le modalità di
cui all'articolo 14, comma 15. Comunque, a partire dal 31
luglio 1997 le disposizioni di cui al primo comma dell'articolo
842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori
sottoposti al regime di gestione programmata della caccia
ai sensi degli articoli 10 e 14. (1)
Art. 16
Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie
1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i limiti
del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale,
possono:
a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende
faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa
di concessione regionale, per prevalenti finalità
naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento
alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna
europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere
corredate di programmi di conservazione e di ripristino
ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico
e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita
nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo
i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso,
nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito
immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla
data del 31 agosto;
b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende
agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette
a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti
l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria
di fauna selvatica di allevamento.
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso
rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o
più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura
svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai
sensi del citato regolamento (CEE) n. 1094/88.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide
e vallive possono essere autorizzate solo se comprendono
bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel
rispetto delle convenzioni internazionali.
4. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende
di cui al comma 1 è consentito nel rispetto delle
norme della presente legge con la esclusione dei limiti
di cui all'articolo 12, comma 5.
Art. 17
Allevamenti
1. Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l'allevamento
di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento,
ornamentale ed amatoriale.
2. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale
per la cinofilia italiana, dettano altresì norme
per gli allevamenti dei cani da caccia.
3. Nel caso in cui l'allevamento di cui al comma 1 sia esercitato
dal titolare di un'impresa agricola, questi è tenuto
a dare semplice comunicazione alla competente autorità
provinciale nel rispetto delle norme regionali.
4. Le regioni, ai fini dell'esercizio dell'allevamento a
scopo di ripopolamento, organizzato in forma di azienda
agricola singola, consortile o cooperativa, possono consentire
al titolare, nel rispetto delle norme della presente legge,
il prelievo di mammiferi ed uccelli in stato di cattività
con i mezzi di cui all'articolo 13.
Art. 18
Specie cacciabili e periodi di attività venatoria
1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito
abbattere esemplari di fauna selvatica appartenenti alle
seguenti specie e per i periodi sottoindicati:
a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al
31 dicembre: quaglia (Coturnix coturnix); tortora (Streptopeia
turtur); merlo (Turdus merula); [passero (Passer italiae);
passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana
(Passer domesticus)] (specie soppresse) (2); allodola (Alauda
arvensis); [colino della Virginia (Colinus virginianus)]
(specie soppressa) (2); starna (Perdix perdix); pernice
rossa (Alectoris rufa); pernice sarda (Alectoris barbara);
lepre comune (Lepus europaeus); lepre sarda (Lepus capensis);
coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus); minilepre (Silvilagus
floridamus);
b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al
31 gennaio: [storno (Sturnus vulgaris)] (specie soppressa)
(2); cesena (Turdus pilaris); tordo bottaccio (Turdus philomelos);
tordo sassello (Turdus iliacus); fagiano (Phasianus colchicus);
germano reale (Anas platyrhynchos); folaga (Fulica atra);
gallinella d'acqua (Gallinula chloropus); alzavola (Anas
crecca); canapiglia (Anas strepera); porciglione (Rallus
acquaticus); fischione (Anas penepole); codone (Anas acuta);
marzaiola (Anas querquedula); mestolone (Anas clypeata);
moriglione (Aythya ferina); moretta (Aythya fuligula); beccaccino
(Gallinago gallinago); colombaccio (Columba palumbus); frullino
(Lymnocryptes minimus); fringuello (Fringilla coelebs);
peppola (Fringilla montifringilla); combattente (Philomachus
pugnax); beccaccia (Scolopax rusticola); [taccola (Corvus
monedula); corvo (Corvus frugilegus)] (specie soppresse)
(2); cornacchia nera (Corvus corone); pavoncella (Vanellus
vanellus); [pittima reale (Limosa limosa)] (specie soppressa)
(2); cornacchia grigia (Corvus corone cornix); ghiandaia
(Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); volpe (Vulpes
vulpes);
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre;
pernice bianca (Lagopus mutus); fagiano di monte (Tetrao
tetrix); [francolino di monte (Bonasia bonasia)] (specie
soppressa) (2); coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino
(Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus capreolus); cervo
(Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon),
con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus
timidus);
d) specie cacciabili dal 1° ottobre al 31 dicembre o
dal 1° novembre al 31 gennaio: cinghiale (Sus scrofa).
2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati
per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali
delle diverse realtà territoriali. Le regioni autorizzano
le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti
tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto
dell'arco temporale massimo indicato al comma 1. L'autorizzazione
regionale è condizionata alla preventiva predisposizione
di adeguati piani faunistico-venatori. La stessa disciplina
si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati,
sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati
dalle regioni; la caccia di selezione agli ungulati può
essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto
dell'arco temporale di cui al comma 1.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste,
d'intesa con il Ministro dell'ambiente, vengono recepiti
i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1, entro sessanta
giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dall'entrata
in vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente,
sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, dispone
variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformità
alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali
sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole
specie sul territorio.
4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il
calendario regionale e il regolamento relativi all'intera
annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi
1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi
da abbattere in ciascuna giornata di attività venatoria.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può
essere superiore a tre. Le regioni possono consentirne la
libera scelta al cacciatore, escludendo i giorni di martedì
e venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività
venatoria è in ogni caso sospeso.
6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì
e venerdì, le regioni, sentito l'Istituto nazionale
per la fauna selvatica e tenuto conto delle consuetudini
locali, possono, anche in deroga al comma 5, regolamentare
diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla
fauna selvatica migratoria nei periodi intercorrenti fra
il 1° ottobre e il 30 novembre.
7. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere
del sole fino al tramonto. La caccia di selezione agli ungulati
è consentita fino ad un'ora dopo il tramonto.
8. Non è consentita la posta alla beccaccia nè
la caccia da appostamento, sotto qualsiasi forma, al beccaccino.
Art. 19
Controllo della fauna selvatica
1. Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti
la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui
all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse
alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari
condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie
o altre calamità.
2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico,
per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione
biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico,
per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche,
provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica
anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato
selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo
di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per
la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia
dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani
di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle
guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali.
Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari
o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi,
purchè muniti di licenza per l'esercizio venatorio,
nonchè delle guardie forestali e delle guardie comunali
munite di licenza per l'esercizio venatorio.
3. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare
i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone,
purchè munite di licenza per l'esercizio venatorio.
Art. 20
Introduzione di fauna selvatica dall'estero
1. L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purchè
appartenente alle specie autoctone, può effettuarsi
solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.
2. I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente
a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature
per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le
opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e
relativi controlli sanitari.
3. Le autorizzazioni per le attività di cui al comma
1 sono rilasciate dal Ministro dell'agricoltura e delle
foreste su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica,
nel rispetto delle convenzioni internazionali.
Art. 21
Divieti (modificato dall'art. 11 bis, comma 1, lett. b del
D.L. 23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96,
n. 649)
1. E' vietato a chiunque:
a) l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici
e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni
adibiti ad attività sportive;
b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi
naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente
alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve
naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente
alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991,
n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto
dell'articolo 22, comma 6, della predetta legge entro il
31 gennaio 1997, provvedendo nel frattempo all'eventuale
riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai
fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma 3, della
legge medesima; (1)
c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle
zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione
di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione
di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito
il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica,
non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed
alla sosta della fauna selvatica;
d) l'esercizio venatorio ove vi siano opere di difesa dello
Stato ed ove il divieto sia richiesto a giudizio insindacabile
dell'autorità militare, o dove esistano beni monumentali,
purchè dette zone siano delimitate da tabelle esenti
da tasse indicanti il divieto;
e) l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre
pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel
raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili
adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore
a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e
da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed
interpoderali;
f) sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri
con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o
da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la
gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione
di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione
o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria
e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed
interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di
trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre
aree delimitate destinate al ricovero ed all'alimentazione
del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale;
g) il trasporto, all'interno dei centri abitati e delle
altre zone ove è vietata l'attività venatoria,
ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere e comunque
nei giorni non consentiti per l'esercizio venatorio dalla
presente legge e dalle disposizioni regionali, di armi da
sparo per uso venatorio che non siano scariche e in custodia;
h) cacciare a rastrello in più di tre persone ovvero
utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili
da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua;
i) cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o
da aeromobili;
l) cacciare a distanza inferiore a cento metri da macchine
operatrici agricole in funzione;
m) cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior
parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi,
secondo le disposizioni emanate dalle regioni interessate;
n) cacciare negli stagni, nelle paludi e negli specchi d'acqua
artificiali in tutto o nella maggior parte coperti da ghiaccio
e su terreni allagati da piene di fiume;
o) prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi
ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo che
nei casi previsti all'articolo 4, comma 1, o nelle zone
di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di
fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli
a sicura distruzione o morte, purchè, in tale ultimo
caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive
alla competente amministrazione provinciale;
p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo
5;
q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella
caccia agli acquatici;
r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati
ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento
meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza
amplificazione del suono;
s) cacciare negli specchi d'acqua ove si esercita l'industria
della pesca o dell'acquacoltura, nonchè nei canali
delle valli da pesca, quando il possessore le circondi con
tabelle, esenti da tasse, indicanti il divieto di caccia;
t) commerciare fauna selvatica morta non proveniente da
allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico;
u) usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati;
usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze
adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni
similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite
di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda;
fare impiego di balestre;
v) vendere a privati e detenere da parte di questi reti
da uccellagione;
z) produrre, vendere e detenere trappole per la fauna selvatica;
aa) l'esercizio in qualunque forma del tiro al volo su uccelli
a partire dal 1° gennaio 1994, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 10, comma 8, lettera e);
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi
o morti, nonchè loro parti o prodotti derivati facilmente
riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, che non
appartengano alle seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos);
pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris
barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus);
colombaccio (columba palumbus);
cc) il commercio di esemplari vivi di specie di avifauna
selvatica nazionale non proveniente da allevamenti;
dd) rimuovere, danneggiare o comunque rendere inidonee al
loro fine le tabelle legittimamente apposte ai sensi della
presente legge o delle disposizioni regionali a specifici
ambiti territoriali, ferma restando l'applicazione dell'articolo
635 del codice penale;
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica,
ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi nel
rispetto delle modalità previste dalla presente legge
e della fauna selvatica lecitamente abbattuta, la cui detenzione
viene regolamentata dalle regioni anche con le norme sulla
tassidermia;
ff) l'uso dei segugi per la caccia al camoscio.
2. Se le regioni non provvedono entro il termine previsto
dall'articolo 1, comma 5, ad istituire le zone di protezione
lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste assegna alle regioni stesse
novanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale
termine è vietato cacciare lungo le suddette rotte
a meno di cinquecento metri dalla costa marina del continente
e delle due isole maggiori; le regioni provvedono a delimitare
tali aree con apposite tabelle esenti da tasse.
3. La caccia è vietata su tutti i valichi montani
interessati dalle rotte di migrazione dell'avifauna, per
una distanza di mille metri dagli stessi.
Art. 22
Licenza di porto di fucile per uso di caccia e abilitazione
all'esercizio venatorio
1. La licenza di porto di fucile per uso di caccia è
rilasciata in conformità alle leggi di pubblica sicurezza.
2. Il primo rilascio avviene dopo che il richiedente ha
conseguito l'abilitazione all'esercizio venatorio a seguito
di esami pubblici dinanzi ad apposita commissione nominata
dalla regione in ciascun capoluogo di provincia.
3. La commissione di cui al comma 2 è composta da
esperti qualificati in ciascuna delle materie indicate al
comma 4, di cui almeno un laureato in scienze biologiche
o in scienze naturali esperto in vertebrati omeotermi.
4. Le regioni stabiliscono le modalità per lo svolgimento
degli esami, che devono in particolare riguardare nozioni
nelle seguenti materie:
a) legislazione venatoria;
b) zoologia applicata alla caccia con prove pratiche di
riconoscimento delle specie cacciabili;
c) armi e munizioni da caccia e relativa legislazione;
d) tutela della natura e princìpi di salvaguardia
della produzione agricola;
e) norme di pronto soccorso.
5. L'abilitazione è concessa se il giudizio è
favorevole in tutti e cinque gli esami elencati al comma
4.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge le regioni promuovono corsi di aggiornamento sulle
caratteristiche innovative della legge stessa.
7. L'abilitazione all'esercizio venatorio è necessaria,
oltre che per il primo rilascio della licenza, anche per
il rinnovo della stessa in caso di revoca.
8. Per sostenere gli esami il candidato deve essere munito
del certificato medico di idoneità.
9. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha la
durata di sei anni e può essere rinnovata su domanda
del titolare corredata di un nuovo certificato medico di
idoneità di data non anteriore a tre mesi dalla domanda
stessa.
10. Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza
il cacciatore può praticare l'esercizio venatorio
solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza
rilasciata da almeno tre anni che non abbia commesso violazioni
alle norme della presente legge comportanti la sospensione
o la revoca della licenza ai sensi dell'articolo 32.
11. Le norme di cui al presente articolo si applicano anche
per l'esercizio della caccia mediante l'uso dell'arco e
del falco.
Art. 23
Tasse di concessione regionale
1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari
per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle
leggi regionali in materia, sono autorizzate ad istituire
una tassa di concessione regionale, ai sensi dell'articolo
3 della legge 16 maggio 1970, n. 281 e successive modificazioni,
per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio venatorio
di cui all'articolo 22.
2. La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo
annuale e può essere fissata in misura non inferiore
al 50 per cento e non superiore al 100 per cento della tassa
erariale di cui al numero 26, sottonumero I), della tariffa
annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 641, e successive modificazioni. Essa non è
dovuta qualora durante l'anno il cacciatore eserciti l'attività
venatoria esclusivamente all'estero.
3. Nel caso di diniego della licenza di porto di fucile
per uso di caccia la tassa regionale deve essere rimborsata.
La tassa di concessione regionale viene rimborsata anche
al cacciatore che rinunci all'assegnazione dell'ambito territoriale
di caccia. La tassa di rinnovo non è dovuta qualora
non si eserciti la caccia durante l'anno.
4. I proventi della tassa di cui al comma 1 sono utilizzati
anche per il finanziamento o il concorso nel finanziamento
di progetti di valorizzazione del territorio presentati
anche da singoli proprietari o conduttori di fondi, che,
nell'ambito della programmazione regionale, contemplino,
tra l'altro, la creazione di strutture per l'allevamento
di fauna selvatica nonchè dei riproduttori nel periodo
autunnale; la manutenzione degli apprestamenti di ambientamento
della fauna selvatica; l'adozione di forme di lotta integrata
e di lotta guidata; il ricorso a tecniche culturali e tecnologie
innovative non pregiudizievoli per l'ambiente; la valorizzazione
agri-turistica di percorsi per l'accesso alla natura e alla
conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite; la
manutenzione e pulizia dei boschi anche al fine di prevenire
incendi.
5. Gli appostamenti fissi, i centri privati di riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale, le aziende faunistico-venatorie
e le aziende agri-turistico-venatorie sono soggetti a tasse
regionali.
Art. 24
Fondo presso il Ministero del tesoro
1. A decorrere dall'anno 1992 presso il Ministero del tesoro
è istituito un fondo la cui dotazione è alimentata
da una addizionale di lire 10.000 alla tassa di cui al numero
26, sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive
modificazioni.
2. Le disponibilità del fondo sono ripartite entro
il 31 marzo di ciascun anno con decreto del Ministro del
tesoro, di concerto con i ministri delle finanze e dell'agricoltura
e delle foreste, nel seguente modo:
a) 4 per cento per il funzionamento e l'espletamento dei
compiti istituzionali del Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale;
b) 1 per cento per il pagamento della quota di adesione
dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia
e della conservazione della selvaggina;
c) 95 per cento fra le associazioni venatorie nazionali
riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata
consistenza associativa.
3. L'addizionale di cui al presente articolo non è
computata ai fini di quanto previsto all'articolo 23, comma
2.
4. L'attribuzione della dotazione prevista dal presente
articolo alle associazioni venatorie nazionali riconosciute
non comporta l'assoggettamento delle stesse al controllo
previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259.
Art. 25
Fondo di garanzia per le vittime della caccia
1. E' costituito presso l'Istituto nazionale delle assicurazioni
un Fondo di garanzia per le vittime della caccia per il
risarcimento dei danni a terzi causati dall'esercizio dell'attività
venatoria nei seguenti casi:
a) l'esercente l'attività venatoria responsabile
dei danni non sia identificato;
b) l'esercente l'attività venatoria responsabile
dei danni non risulti coperto dall'assicurazione per la
responsabilità civile verso terzi di cui all'articolo
12, comma 8.
2. Nell'ipotesi di cui alla lettera a) del comma 1 il risarcimento
è dovuto per i soli danni alla persona che abbiano
comportato la morte od un'invalidità permanente superiore
al 20 per cento, con il limite massimo previsto per ogni
persona sinistrata dall'articolo 12, comma 8. Nell'ipotesi
di cui alla lettera b) del comma 1 il risarcimento è
dovuto per i danni alla persona, con il medesimo limite
massimo di cui al citato articolo 12, comma 8, nonchè
per i danni alle cose il cui ammontare sia superiore a lire
un milione e per la parte eccedente tale ammontare, sempre
con il limite massimo di cui al citato articolo 12, comma
8. La percentuale di invalidità permanente, la qualifica
di vivente a carico e la percentuale di reddito del sinistrato
da calcolare a favore di ciascuno dei viventi a carico sono
determinate in base alle norme del decreto del Presidente
della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante il testo
unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
3. Le modalità di gestione da parte dell'Istituto
nazionale delle assicurazioni del Fondo di garanzia per
le vittime della caccia sono stabilite con decreto del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
4. Le imprese esercenti l'assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile di cui all'articolo 12, comma
8, sono tenute a versare annualmente all'Istituto nazionale
delle assicurazioni, gestione autonoma del Fondo di garanzia
per le vittime della caccia, un contributo da determinarsi
in una percentuale dei premi incassati per la predetta assicurazione.
La misura del contributo è determinata annualmente
con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato nel limite massimo del 5 per cento dei
predetti premi. Con lo stesso decreto sono stabilite le
modalità di versamento del contributo. Nel primo
anno di applicazione della presente legge il contributo
predetto è stabilito nella misura dello 0,5 per cento
dei premi del ramo responsabilità civile generale
risultanti dall'ultimo bilancio approvato, da conguagliarsi
l'anno successivo sulla base dell'aliquota che sarà
stabilita dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
applicata ai premi dell'assicurazione di cui all'articolo
12, comma 8.
5. L'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma
del Fondo di garanzia per le vittime della caccia, che,
anche in via di transazione, abbia risarcito il danno nei
casi previsti dal comma 1, ha azione di regresso nei confronti
del responsabile del sinistro per il recupero dell'indennizzo
pagato nonchè dei relativi interessi e spese.
Art. 26
Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e
dall'attività venatoria
1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati
alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni
coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare
da quella protetta, e dall'attività venatoria, è
costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla
prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche
una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.
2. Le regioni provvedono, con apposite disposizioni, a regolare
il funzionamento del fondo di cui al comma 1, prevedendo
per la relativa gestione un comitato in cui siano presenti
rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni
professionali agricole maggiormente rappresentative a livello
nazionale e rappresentanti delle associazioni venatorie
nazionali riconosciute maggiormente rappresentative.
3. Il proprietario o il conduttore del fondo è tenuto
a denunciare tempestivamente i danni al comitato di cui
al comma 2, che procede entro trenta giorni dalle relative
verifiche anche mediante sopralluogo e ispezioni e nei centottanta
giorni successivi alla liquidazione.
4. Per le domande di prevenzione dei danni, il termine entro
cui il procedimento deve concludersi è direttamente
disposto con norma regionale.
Art. 27
Vigilanza venatoria
1. La vigilanza sulla applicazione della presente legge
e delle leggi regionali è affidata:
a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle
regioni. A tali agenti è riconosciuta, ai sensi della
legislazione vigente, la qualifica di agenti di polizia
giudiziaria e di pubblica sicurezza. Detti agenti possono
portare durante il servizio e per i compiti di istituto
le armi da caccia di cui all'articolo 13 nonchè armi
con proiettili a narcotico. Le armi di cui sopra sono portate
e detenute in conformità al regolamento di cui all'articolo
5, comma 5, della legge 7 marzo 1986, n. 65;
b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie,
agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel
Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle
delle associazioni di protezione ambientale riconosciute
dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta
la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto
18 giugno 1931, n. 773.
2. La vigilanza di cui al comma 1 è, altresì,
affidata agli ufficiali, sottufficiali e guardie del Corpo
forestale dello Stato, alle guardie addette a parchi nazionali
e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria,
alle guardie giurate comunali, forestali e campestri ed
alle guardie private riconosciute ai sensi del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza; è affidata altresì
alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi
regionali.
3. Gli agenti svolgono le proprie funzioni, di norma, nell'ambito
della circoscrizione territoriale di competenza.
4. La qualifica di guardia volontaria può essere
concessa, a norma del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, a cittadini in possesso di un attestato di idoneità
rilasciato dalle regioni previo superamento di apposito
esame. Le regioni disciplinano la composizione delle commissioni
preposte a tale esame garantendo in esse la presenza tra
loro paritaria di rappresentanti di associazioni venatorie,
agricole ed ambientaliste.
5. Agli agenti di cui ai commi 1 e 2 con compiti di vigilanza
è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio
in cui esercitano le funzioni. Alle guardie venatorie volontarie
è vietato l'esercizio venatorio durante l'esercizio
delle loro funzioni.
6. I corsi di preparazione e di aggiornamento delle guardie
per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza sull'esercizio
venatorio, sulla tutela dell'ambiente e della fauna e sulla
salvaguardia delle produzioni agricole, possono essere organizzati
anche dalle associazioni di cui al comma 1, lettera b),
sotto il controllo della regione.
7. Le province coordinano l'attività delle guardie
volontarie delle associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste.
8. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa
con il Ministro dell'ambiente, garantisce il coordinamento
in ordine alle attività delle associazioni di cui
al comma 1, lettera b), rivolte alla preparazione, aggiornamento
ed utilizzazione delle guardie volontarie.
9. I cittadini in possesso, a norma del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, della qualifica di guardia
venatoria volontaria alla data di entrata in vigore della
presente legge, non necessitano dell'attestato di idoneità
di cui al comma 4.
Art. 28
Poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria
1. I soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi
dell'articolo 27 possono chiedere a qualsiasi persona trovata
in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio
o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di
porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui
all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza
di assicurazione nonchè della fauna selvatica abbattuta
o catturata.
2. Nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali ed
agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono
al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi
di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati.
In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo
30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi e i suddetti
mezzi sono in ogni caso confiscati.
3. Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta,
gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente
preposto alla disciplina dell'attività venatoria
il quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in
località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile,
a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla
sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione
nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata
in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è
effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso
di fauna morta, l'ente pubblico provvede alla sua vendita
tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui
è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente
che l'illecito non sussiste; se, al contrario, l'illecito
sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto
corrente intestato alla regione.
4. Della consegna o della liberazione di cui al comma 3,
gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel
quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari
sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali.
5. Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di
polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito
di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività
venatoria, redigono verbali, conformi alla legislazione
vigente, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze
del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore,
e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità
competente ai sensi delle disposizioni vigenti.
6. Gli agenti venatori dipendenti degli enti locali che
abbiano prestato servizio sostitutivo ai sensi della legge
15 dicembre 1972, n. 772, e successive modifiche e integrazioni,
non sono ammessi all'esercizio di funzioni di pubblica sicurezza,
fatto salvo il divieto di cui all'articolo 9 della medesima
legge.
Art. 29
Agenti dipendenti degli enti locali
1. Ferme restando le altre disposizioni della legge 7 marzo
1986, n. 65, gli agenti dipendenti degli enti locali, cui
sono conferite a norma di legge le funzioni di agente di
polizia giudiziaria e di agente di pubblica sicurezza per
lo svolgimento dell'attività di vigilanza venatoria,
esercitano tali attribuzioni nell'ambito territoriale dell'ente
di appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a
prestare servizio, e portano senza licenza le armi di cui
sono dotati nei luoghi predetti ed in quelli attraversati
per raggiungerli e per farvi ritorno.
2. Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione
delle violazioni e degli illeciti amministrativi previsti
dalla presente legge, e gli altri atti indicati dall'articolo
28, anche fuori dall'orario di servizio.
Art. 30
Sanzioni penali
1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge
e delle leggi regionali si applicano le seguenti sanzioni:
a) l'arresto da tre mesi ad un anno o l'ammenda da lire
1.800.000 a lire 5.000.000 per chi esercita la caccia in
periodo di divieto generale, intercorrente tra la data di
chiusura e la data di apertura fissata dall'articolo 18;
b) l'arresto da due a otto mesi o l'ammenda da lire 1.500.000
a lire 4.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene mammiferi
o uccelli compresi nell'elenco di cui all'articolo 2;
c) l'arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire
2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene
esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone
sardo;
d) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda da lire 900.000
a lire 3.000.000 per chi esercita la caccia nei parchi nazionali,
nei parchi naturali regionali, nelle riserve naturali, nelle
oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura,
nei parchi e giardini urbani, nei terreni adibiti ad attività
sportive;
e) l'arresto fino ad un anno o l'ammenda da lire 1.500.000
a lire 4.000.000 per chi esercita l'uccellagione;
f) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 1.000.000
per chi esercita la caccia nei giorni di silenzio venatorio;
g) l'ammenda fino a lire 6.000.000 per chi abbatte, cattura
o detiene esemplari appartenenti alla tipica fauna stanziale
alpina, non contemplati nella lettera b), della quale sia
vietato l'abbattimento;
h) l'ammenda fino a lire 3.000.000 per chi abbatte, cattura
o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti
la caccia non è consentita o fringillidi in numero
superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi
vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia
con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21,
comma 1, lettera r). Nel caso di tale infrazione si applica
altresì la misura della confisca dei richiami;
i) l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda fino a lire 4.000.000
per chi esercita la caccia sparando da autoveicoli, da natanti
o da aeromobili;
l) l'arresto da due a sei mesi o l'ammenda da lire 1.000.000
a lire 4.000.000 per chi pone in commercio o detiene a tal
fine fauna selvatica in violazione della presente legge.
Se il fatto riguarda la fauna di cui alle lettere b), c)
e g), le pene sono raddoppiate.
2. Per la violazione delle disposizioni della presente legge
in materia di imbalsamazione e tassidermia si applicano
le medesime sanzioni che sono comminate per l'abbattimento
degli animali le cui spoglie sono oggetto del trattamento
descritto. Le regioni possono prevedere i casi e le modalità
di sospensione e revoca dell'autorizzazione all'esercizio
dell'attività di tassidermia e imbalsamazione.
3. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano gli articoli
624, 625 e 626 del codice penale. Salvo quanto espressamente
previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi
le disposizioni di legge e di regolamento in materia di
armi.
4. Ai sensi dell'articolo 23 del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
31 agosto 1972, n. 670, le sanzioni penali stabilite dal
presente articolo si applicano alle corrispondenti fattispecie
come disciplinate dalle leggi provinciali.
Art. 31
Sanzioni amministrative
1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge
e delle leggi regionali, salvo che il fatto sia previsto
dalla legge come reato, si applicano le seguenti sanzioni
amministrative:
a) sanzione amministrativa da lire 400.000 a lire 2.400.000
per chi esercita la caccia in una forma diversa da quella
prescelta ai sensi dell'articolo 12, comma 5;
b) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000
per chi esercita la caccia senza avere stipulato la polizza
di assicurazione; se la violazione è nuovamente commessa,
la sanzione è da lire 400.000 a lire 2.400.000;
c) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000
per chi esercita la caccia senza aver effettuato il versamento
delle tasse di concessione governativa o regionale; se la
violazione è nuovamente commessa, la sanzione è
da lire 500.000 a lire 3.000.000;
d) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000
per chi esercita senza autorizzazione la caccia all'interno
delle aziende faunistico-venatorie, nei centri pubblici
o privati di riproduzione e negli ambiti e comprensori destinati
alla caccia programmata; se la violazione è nuovamente
commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;
in caso di ulteriore violazione la sanzione è da
lire 700.000 a lire 4.200.000. Le sanzioni previste dalla
presente lettera sono ridotte di un terzo se il fatto è
commesso mediante sconfinamento in un comprensorio o in
un ambito territoriale di caccia viciniore a quello autorizzato;
e) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000
per chi esercita la caccia in zone di divieto non diversamente
sanzionate; se la violazione è nuovamente commessa,
la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;
f) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000
per chi esercita la caccia in fondo chiuso, ovvero nel caso
di violazione delle disposizioni emanate dalle regioni o
dalle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione
delle coltivazioni agricole; se la violazione è nuovamente
commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;
g) sanzione amministrativa da lire 200.000 a lire 1.200.000
per chi esercita la caccia in violazione degli orari consentiti
o abbatte, cattura o detiene fringillidi in numero non superiore
a cinque; se la violazione è nuovamente commessa,
la sanzione è da lire 400.000 a lire 2.400.000;
h) sanzione amministrativa da lire 300.000 a lire 1.800.000
per chi si avvale di richiami non autorizzati, ovvero in
violazione delle disposizioni emanate dalle regioni ai sensi
dell'articolo 5, comma 1; se la violazione è nuovamente
commessa, la sanzione è da lire 500.000 a lire 3.000.000;
i) sanzione amministrativa da lire 150.000 a lire 900.000
per chi non esegue le prescritte annotazioni sul tesserino
regionale;
l) sanzione amministrativa da lire 150.000 a lire 900.000
per ciascun capo, per chi importa fauna selvatica senza
l'autorizzazione di cui all'articolo 20, comma 2; alla violazione
consegue la revoca di eventuali autorizzazioni rilasciate
ai sensi dell'articolo 20 per altre introduzioni;
m) sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 300.000
per chi, pur essendone munito, non esibisce, se legittimamente
richiesto, la licenza, la polizza di assicurazione o il
tesserino regionale; la sanzione è applicata nel
minimo se l'interessato esibisce il documento entro cinque
giorni.
2. Le leggi regionali prevedono sanzioni per gli abusi e
l'uso improprio della tabellazione dei terreni.
3. Le regioni prevedono la sospensione dell'apposito tesserino
di cui all'articolo 12, comma 12, per particolari infrazioni
o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio.
4. Resta salva l'applicazione delle norme di legge e di
regolamento per la disciplina delle armi e in materia fiscale
e doganale.
5. Nei casi previsti dal presente articolo non si applicano
gli articoli 624, 625 e 626 del codice penale.
6. Per quanto non altrimenti previsto dalla presente legge,
si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981,
n. 689, e successive modificazioni.
Art. 32
Sospensione, revoca e divieto di rilascio della licenza
di porto di fucile per uso di caccia. Chiusura o sospensione
dell'esercizio
1. Oltre alle sanzioni penali previste dall'articolo 30,
nei confronti di chi riporta sentenza di condanna definitiva
o decreto penale di condanna divenuto esecutivo per una
delle violazioni di cui al comma 1 dello stesso articolo,
l'autorità amministrativa dispone:
a) la sospensione della licenza di porto di fucile per uso
di caccia, per un periodo da uno a tre anni, nei casi previsti
dal predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), d) ed
i), nonchè, relativamente ai fatti previsti dallo
stesso comma, lettere f), g) e h), limitatamente alle ipotesi
di recidiva di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1,
del codice penale;
b) la revoca della licenza di porto di fucile per uso di
caccia ed il divieto di rilascio per un periodo di dieci
anni, nei casi previsti dal predetto articolo 30, comma
1, lettere c) ed e), nonchè, relativamente ai fatti
previsti dallo stesso comma, lettere d) ed i), limitatamente
alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo
comma, n. 1, del codice penale;
c) l'esclusione definitiva della concessione della licenza
di porto di fucile per uso di caccia, nei casi previsti
dal predetto articolo 30, comma 1, lettere a), b), c) ed
e), limitatamente alle ipotesi di recidiva di cui all'articolo
99, secondo comma, n. 1, del codice penale;
d) la chiusura dell'esercizio o la sospensione del relativo
provvedimento autorizzatorio per un periodo di un mese,
nel caso previsto dal predetto articolo 30, comma 1, lettera
l); nelle ipotesi di recidiva di cui all'articolo 99, secondo
comma, n. 1, del codice penale, la chiusura o la sospensione
è disposta per un periodo da due a quattro mesi.
2. I provvedimenti indicati nel comma 1 sono adottati dal
questore della provincia del luogo di residenza del contravventore,
a seguito della comunicazione del competente ufficio giudiziario,
quando è effettuata l'oblazione ovvero quando diviene
definitivo il provvedimento di condanna.
3. Se l'oblazione non è ammessa, o non è effettuata
nei trenta giorni successivi all'accertamento, l'organo
accertatore dà notizia delle contestazioni effettuate
a norma dell'articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d),
e) ed i), al questore, il quale può disporre la sospensione
cautelare ed il ritiro temporaneo della licenza a norma
delle leggi di pubblica sicurezza.
4. Oltre alle sanzioni amministrative previste dall'articolo
31, si applica il provvedimento di sospensione per un anno
della licenza di porto di fucile per uso di caccia nei casi
indicati dallo stesso articolo 31, comma 1, lettera a),
nonchè, laddove la violazione sia nuovamente commessa,
nei casi indicati alle lettere b), d), f) e g) del medesimo
comma. Se la violazione di cui alla citata lettera a) è
nuovamente commessa, la sospensione è disposta per
un periodo di tre anni.
5. Il provvedimento di sospensione della licenza di porto
di fucile per uso di caccia di cui al comma 4 è adottato
dal questore della provincia del luogo di residenza di chi
ha commesso l'infrazione, previa comunicazione, da parte
dell'autorità amministrativa competente, che è
stato effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione
pecuniaria o che non è stata proposta opposizione
avverso l'ordinanza-ingiunzione ovvero che è stato
definito il relativo giudizio.
6. L'organo accertatore dà notizia delle contestazioni
effettuate a norma del comma 4 al questore, il quale può
valutare il fatto ai fini della sospensione e del ritiro
temporaneo della licenza a norma delle leggi di pubblica
sicurezza.
Art. 33
Rapporti sull'attività di vigilanza
1. Nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui all'articolo
9 le regioni, entro il mese di maggio di ciascun anno a
decorrere dal 1993, trasmettono al Ministro dell'agricoltura
e delle foreste un rapporto informativo nel quale, sulla
base di dettagliate relazioni fornite dalle province, è
riportato lo stato dei servizi preposti alla vigilanza,
il numero degli accertamenti effettuati in relazione alle
singole fattispecie di illecito e un prospetto riepilogativo
delle sanzioni amministrative e delle misure accessorie
applicate. A tal fine il questore comunica tempestivamente
all'autorità regionale, entro il mese di aprile di
ciascun anno, i dati numerici inerenti alle misure accessorie
applicate nell'anno precedente.
2. I rapporti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento
entro il mese di ottobre di ciascun anno.
Art. 34
Associazioni venatorie
1. Le associazioni venatorie sono libere.
2. Le associazioni venatorie istituite per atto pubblico
possono chiedere di essere riconosciute agli effetti della
presente legge, purchè posseggano i seguenti requisiti:
a) abbiano finalità ricreative, formative e tecnico-venatorie;
b) abbiano ordinamento democratico e posseggano una stabile
organizzazione a carattere nazionale, con adeguati organi
periferici;
c) dimostrino di avere un numero di iscritti non inferiore
ad un quindicesimo del totale dei cacciatori calcolato dall'Istituto
nazionale di statistica, riferito al 31 dicembre dell'anno
precedente quello in cui avviene la presentazione della
domanda di riconoscimento.
3. Le associazioni di cui al comma 2 sono riconosciute con
decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste di
concerto con il Ministro dell'interno, sentito il Comitato
tecnico faunistico-venatorio nazionale.
4. Qualora vengano meno i requisiti previsti per il riconoscimento,
il Ministro dell'agricoltura e delle foreste dispone con
decreto la revoca del riconoscimento stesso.
5. Si considerano riconosciute agli effetti della presente
legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni
venatorie nazionali (Associazione migratoristi italiani,
Associazione nazionale libera caccia, ARCI-Caccia, Unione
nazionale Enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina,
Associazione italiana della caccia - Italcaccia) già
riconosciute ed operanti ai sensi dell'articolo 86 del testo
unico delle norme per la protezione della selvaggina e per
l'esercizio della caccia, approvato, con regio decreto 5
giugno 1939, n. 1016, come sostituito dall'articolo 35 della
legge 2 agosto 1967, n. 799.
6. Le associazioni venatorie nazionali riconosciute sono
sottoposte alla vigilanza del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste.
Art. 35
Relazione sullo stato di attuazione della legge
1. Al termine dell'annata venatoria 1994-1995 le regioni
trasmettono al Ministro dell'agricoltura e delle foreste
e al Ministro dell'ambiente una relazione sull'attuazione
della presente legge.
2. Sulla base delle relazioni di cui al comma 1, il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro
dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, presenta al Parlamento una relazione complessiva
sullo stato di attuazione della presente legge.
Art. 36
Disposizioni transitorie (modificato dall'art. 11 bis, comma
1, lett. c del D.L. 23/10/96, n. 542,
convertito dalla legge 23/12/96, n. 649)
1. Le aziende faunistico-venatorie autorizzate dalle regioni
ai sensi dell'articolo 36 della legge 27 dicembre 1977,
n. 968, fino alla naturale scadenza della concessione sono
regolate in base al provvedimento di concessione.
2. Su richiesta del concessionario, le regioni possono trasformare
le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1 in aziende
agri-turistico-venatorie.
3. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente
legge, detengano richiami vivi appartenenti a specie non
consentite ovvero, se appartenenti a specie consentite,
ne detengano un numero superiore a quello stabilito dalla
presente legge, sono tenuti a farne denuncia all'ente competente.
4. In sede di prima attuazione, il Ministero dell'agricoltura
e delle foreste definisce l'indice di densità venatoria
minima di cui all'articolo 14, commi 3 e 4, entro quattro
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con decreto del Ministro dell'agricoltura
e delle foreste sono fissati i termini per l'adozione, da
parte dei soggetti partecipanti al procedimento di programmazione
ai sensi della presente legge, degli atti di rispettiva
competenza, secondo modalità che consentano la piena
attuazione della legge stessa nella stagione venatoria 1994-1995.
6. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi
ed alle norme stabiliti dalla presente legge entro e non
oltre il 31 luglio 1997.
7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome,
entro il medesimo termine di cui al comma 6, adeguano la
propria legislazione ai princìpi ed alle norme stabiliti
dalla presente legge nei limiti della Costituzione e dei
rispettivi statuti.
Art. 37
Disposizioni finali
1. E' abrogata la legge 27 dicembre 1977, n. 968, ed ogni
altra disposizione in contrasto con la presente legge.
2. Il limite per la detenzione delle armi da caccia di cui
al sesto comma dell'articolo 10 della legge 18 aprile 1975,
n. 110, come modificato dall'articolo 1 della legge 25 marzo
1986, n. 85, e dall'articolo 4 della legge 21 febbraio 1990,
n. 36, è soppresso.
3. Ferme restando le disposizioni che disciplinano l'attività
dell'Ente nazionale per la protezione degli animali, le
guardie zoofile volontarie che prestano servizio presso
di esso esercitano la vigilanza sull'applicazione della
presente legge e delle leggi regionali in materia di caccia
a norma dell'articolo 27, comma 1, lettera b).
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 11 febbraio 1992
COSSIGA
ANDREOTTI, Presidente del
Consiglio dei ministri
Visto, il Guardasigilli: MARTELLI
NOTE:
(1) Si riporta il testo dell'art. 11 bis, comma 2, del D.L.
23/10/96, n. 542, convertito dalla legge 23/12/96, n. 649:
" Art. 11 bis
2. Non sono punibili i fatti commessi in data anteriore
a quella di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, in violazione degli articoli 15, comma
11, secondo periodo, 21, comma 1, lettera b) e 36, comma
6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157."
(2) In esecuzione dell'art. 2 del D.P.C.M. 21/03/97 sono
state escluse dall'elenco di cui al comma annotato, le specie
cacciabili nello stesso indicate.
(3) Vedi art. 6 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357: "
Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche."