GIUSEPPE
DE SANTIS

“Cosa accade... siete forse gelosi della loro

felicità? Bisogna essere bambini per divertirsi,

bisogna essere bambini per vedere ogni giorno

ogni cosa come se fosse una... cosa nuova,

diversa, uguale ma... divertente.

Adulti, adulti solo per capire quando

dispiacersi. L’ironia diventa così il pianto della

risata... Malinconia”.

 

PRIMA PRESENTAZIONE

 Avrei voluto... avrei. Avrei voluto restare tutta la vita con gli occhi sul colore del mare, con il naso sull’odore del sale, poggiare il volto sulla culla di quell’orizzonte spesso baciato dalla pioggia, eco al ciangottio dei pesci... avrei voluto. Poi, giallo stridore si presenta l’abrasione di vernice metallizzata, sul grigio cofano della mia macchina. Un chiodo, una punta minuta, di un minuto chiodo che graffia, scalfisce, la vernice della mia nuova fuoriserie... desiderio costretto; nella vanità di certe ossessioni, di certe persone, di un periodo della propria vita che non si consegna. La morte diventa metafora di una sensazione opprimente, di un tempo in cui il presente zoppica nel passato.

 Quello che Martino vede, si traveste di emozioni provate al tatto, disegnando un mondo che lo rende esausto, gli stanca gli occhi, gli assopisce il gusto. Il personaggio perderà i sensi, iniziando a immaginare una realtà altra, spensierata, a contatto con la gente. Una realtà, diversa, che non può più avere. Si ritrova su di una spiaggia, in un paesetto, e mentre la vita della sua amata Susanna continua a trascorrere incastonata nel ricordo, Martino cerca di vivere il sogno, mordicchiando ogni radice di vita, tuffandosi in ogni goccia di sapore... sapone di donna che lava via i dispiaceri di una malinconia che lo accompagna; per una maschera che non ha potuto indossare, personaggio di una storia che non è stata raccontata.

 Quale migliore modo di non raccontare una storia, se non farlo ponendo al centro di tutto... gli oggetti? Le descrizioni, i colori, le lacrime, ogni forma diviene il fulcro del racconto, lasciando la storia ai margini, cornice di un dipinto in cui è raffigurato un volto... ritratto.

 

SECONDA PRESENTAZIONE

 Entriamo ora nella seconda parte, nella seconda porta. Vi condurrò come un custode che non consce bene le proprie chiavi, le chiavi del proprio palazzo, della propria città. Chiavi ossidate dall’umido, dai miasmi di uno stagno nascosto, segreto... putrido. Questo, per non togliere ai visitatori il gusto della disubbidienza, il sapore della marachella, delle mani nella marmellata, dell’onanismo. Seguite me, un custode che conosce bene il posto e che vi condurrà in modo incerto, inaffidabile... oppure andate per conto vostro, andate, ognuno per la sua strada, aprendo le porte di cui non avete le chiavi, sfondandole, camminando per un posto insano, ma con una certezza; potete almeno fidarvi di voi stessi.

 Io resto qui, vicino, non lontano. Resto a crocifiggere, impiccare, impalare le illusioni. Seguite il bercio di ogni esecuzione e troverete l’opaco tesoro. Martino lo ha trovato, presto, tardi, il malinconico fantasmino della prima parte, lo ha trovato, prima della fine, prima della completa consapevolezza, abbracciando man mano l’io narrante, fondendosi, nell’io narrante. Questo è stato l’inizio del viaggio, un viaggio lungo, estenuante, che dura da diversi anni. Un viaggio che non ho completato, che non posso certo completare, ma che ho intenzione almeno di mostrarvi, di mostrarvi dove sono arrivato, dove ora sono, dove per ora resto. Per farlo, però, dovrò crocifiggere, impalare, inchiodare le illusioni alla realtà, per mostrarla, per tagliarla, stringerla, succhiarla, suggerla, strizzarla... come un impalatore, un molitore. Voglio incidere la realtà, quella che conosco, che vedo dalla mia piccola finestra, voglio sezionarla con un bisturi, farla sanguinare, cosicché, esangue, mi lasci in pace, libero. Non la sua magia, non da lei mi lascerò illudere... ma da me, dalla mia magia, dal mio bisogno di illusione. Impregnerò la realtà dell’odore dei miei bisogni, perchè sono convinto, che anche se nuda, struccata, la realtà, la vita, abbia una sua magia intrinseca. Sono convinto che dopo averci passato la notte, al mattino, puoi girarti a guardarla nel letto senza timore, riconoscendola... riconoscendone ancora la bellezza, la nuda illusione. Questa, questa è la mia illusione, il mio bisogno... il mio mazzo di chiavi spruzzato di ruggine.

 Ora andate, andate dove volete... qui non troverete alcuna Verità, alcun Insegnamento. Il tesoro opaco è un altro.

 

 

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NOTIZIE

Titolo: La crocifissione delle illusioni
Autore: Giuseppe De Santis
Editore: Il Filo edizioni
Anno: 2006
Genere: romanzo
Pagine: 88
Prezzo: 13 €