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SCHEGGIA DI LUCE

  

 

Dove sei in questo momento?

Seduta su uno scoglio, osservo il punto in cui il mare ed il cielo si fondono. Il sole si è liquefatto, lasciando una macchia di porpora e d’oro contro un azzurro che, lentamente, va spegnendosi. Qualche gabbiano lancia ancora il suo stridulo richiamo, mentre il crepuscolo si appresta a soffiare sulle ultime candele del giorno. La brezza porta con sé i profumi della Città Sommersa ed i canti dolcissimi delle Nereidi che la abitano.

Il mio sguardo si perde, per qualche istante, fra le spumose onde che, tristi, inquiete o disperate, si lasciano morire tra le braccia della calda madre rena. Mi chiedo se sia proprio quel calore ad attirarle...

Sapessi quanto sa essere freddo il mare!

Per quanto mi sforzi, i miei pensieri corrono nella tua direzione, ai tempi in cui vivevamo nell’Unità. Rammento il fortissimo legame con tutte le anime a me contigue. Quale indescrivibile intimità avevamo raggiunto! Il contatto era l’unica cosa che veramente avesse importanza.

Il segreto della felicità era racchiuso nell’esser parte di un’unica, meravigliosa entità... Dio...

Fu poi per amore che l’Entità decise di frantumarsi in migliaia di schegge di luce e di donarne una ad ognuna delle sue creature.

Ed eccoci qui, ora, rinchiuse in involucri di carne, prive della capacità di fonderci l’una nell’altra. Siamo spiriti intrappolati nella materialità!

Oh, quale indicibile sofferenza!

Ricordi?

La prima volta mi fu affidato un corpo meraviglioso! Divenni l’anima di un delfino. Credo sia questo il motivo per cui, tuttora, ho l’impressione che il mare cerchi di parlarmi. Cavalcavo i flutti con leggiadria, scortavo le Sirene ed i Tritoni ai cancelli della Città Sommersa e trascorrevo ore a giocare, spensierata, coi miei simili.

La sera, però, in cui scorsi quel gabbiano fendere l’aria infiammata dal tramonto, mi resi conto di quale sacrificio fosse stato fatto in nome dell’amore. Prova l’irrefrenabile desiderio di lasciare l’involucro e di ricongiungermi allo spirito di quell’uccello, come ai vecchi tempi.

Non doveva accadere, lo so. Non era previsto che noi schegge di luce fossimo in grado di riconoscere le altre anime che, nell’Unità, si erano trovate a strettissimo contatto con noi. Ci era stata concessa solamente la facoltà di percepire una certa affinità, nulla di più. Ed io, contro ogni regola, non solo avevo scorto in quel gabbiano una delle schegge a me più care, ma avevo addirittura riconosciuto con esattezza di chi si trattasse. Eri tu, amica mia!

Ma tu non mi riconoscesti... Ti gettasti a capofitto su un piccolo pesce argentato, poi te ne volasti soddisfatto al tuo nido.

Mi chiedo se, quando il giorno successivo tornasti alla ricerca di cibo, scorgesti il corpo di un delfino arenato sulla sabbia d’oro...

Il Destino, custode delle Leggi di Dio, mi riportò nel luogo del grande Raduno e, dopo appena un frammento di tempo, mi affidò un altro corpo. I secoli si sono susseguiti da quel fatidico giorno ed io sono stata l’anima di un’innumerevole quantità di corpi. L’ultima volta in cui il mio involucro mi è stato strappato dalla Morte, il Destino mi ha donato un corpo umano.

Non sapevo che anche tu ne avessi uno...

Sai, credevo che lo scorrere del tempo mi avesse finalmente privata della capacità di riconoscervi... mi sbagliavo...

Da quando occupo questo involucro, ho già incontrato una decina delle schegge di luce che tanto amavo. Ho sopportato, quasi con rassegnazione, il fatto che riuscissero a percepire solo una forte affinità di spirito e non quel meraviglioso legame che c’era stato un tempo. Infine, sei arrivata tu ed il mondo ha ripreso a vacillare pericolosamente sotto i miei piedi. Ti nascondevi nel corpo di un uomo dalla sguardo tenebroso e dagli occhi dello stesso colore dell’oceano baciato dalla tempesta. Ciononostante, ti ho riconosciuta immediatamente. Non ne conosco la ragione, ma questa pare essere una maledizione riservata a me soltanto!

Conscia dell’assurdità del mio desiderio, attendo, nonostante tutto, il momento in cui anche tu mi riconoscerai e, con te, tutte le altre anime.

Accadrà mai?

Non posso vivere in eterno accontentandomi di parole fugaci o di timidi sorrisi. Fiumi d’amore scorrevano fra noi!

Quanti cuori strazierò prima che mi venga concesso di ricongiungermi a voi?

Quante volte accarezzerò la Morte in attesa che torni a consolarmi la Vita?

Sai, se fossi ancora priva di involucro, scorgeresti la mia luminosità affievolirsi.

In queste attuali condizioni, però, non mi sono concesse che le lacrime ed è per questo, allora, che, mentre la notte srotola lentamente il suo corvino tappeto lastricato di stelle, piangerò, piangerò e piangerò ancora...