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La cometa

  

 

Il sole stava tramontando fra lingue di fuoco e spruzzi d'oro. Elisir scrutò il cielo terso in cerca di chissà cosa, poi si sedette sulla sabbia ancora tiepida. Un gabbiano lanciò un grido stridulo che si perse nello sciabordio del mare. Gli occhi nocciola della ragazza si posarono sulle onde, giovani ballerine ancheggianti che inspiegabilmente andavano a morire sulla rena dorata. La fanciulla sospirò. Sentiva che qualcosa non andava. Non era solo una sensazione... Era qualcosa di più concreto, ne era convinta... Un alito di vento le si insinuò fra i suoi capelli corvini scoprendole il volto. La ragazza aveva solo ventidue anni, eppure nel suo sguardo si potevano scorgere tanta saggezza e consapevolezza. Le sue labbra tinte di nero parevano due petali di rosa dipinti da un pittore nostalgico ed eccentrico; la cipria le copriva l'incarnato del volto rendendola pallida, quasi spettrale; l'ombretto scuro che disegnava una semisfera sulle palpebre, conferiva al suo viso un'espressione misteriosa. Dopo essersi accesa una sigaretta, estrasse dalla borsa un mazzo di tarocchi avvolti in un foulard di seta nera. Ripose il foulard, accarezzò morbosamente le carte, poi ne dispose tre sulla sabbia, una vicina all’altra. Un rapido metodo di divinazione: passato, presente e futuro. Girò la prima carta, ma non si soffermò neppure a guardarla. Conosceva fin troppo bene il suo passato carico di visioni, premonizioni, dolore ed incomprensione. La ripose velocemente nel mazzo senza mai distogliere lo sguardo malinconico dall'orizzonte. Scoprì la seconda carta. Le Stelle. Fu allora che alzando istintivamente gli occhi al cielo la vide. Lei era là, regina fra gli astri, luminosa e misteriosa. Elisir rimase per un istante senza fiato. La luce solare era scemata lasciando spazio alla notte di velluto. E lassù, in quel cielo che stava divenendo sempre più nero, una stella dalla lunga chioma luminosa palpitava in sintonia col suo cuore. Pareva sottraesse luce alle altre stelle ora divenute insignificanti al suo cospetto. Desiderò ardentemente che sua madre e la sua gemella giungessero al più presto. Una folata di vento scoprì la terza carta: la Morte. Elisir trasalì. Volse nuovamente gli occhi verso la cometa. E per la prima volta in tutta la sua vita provò realmente paura.

 

*  *  *

 

Stella avvicinò il volto allo specchio. Una lacrima brillava sulla sua guancia. La guardò scivolare lungo il viso e cadere silenziosa sulla scrivania. La stilla salata andò a posarsi sul diario aperto ed impresse sulla pagina bianca la sua anima trasparente. Singhiozzò nuovamente. Un livido bluastro stava sbocciando sullo zigomo sinistro. Maledetto! Si accarezzò il ventre rigonfio. Una vita stava crescendo dentro di lei mentre tutt'intorno il suo piccolo mondo vacillava pericolosamente. I suoi sogni crollavano uno dopo l'altro, come tante statuine spinte da una mano beffarda. Ed ora, nell'inferno in cui si era trasformata la sua vita, stava per entrare un angelo. Avrebbe dovuto proteggerlo, allontanarlo dalle grinfie di un uomo alcolizzato e violento. Ma come? Non aveva la forza di abbandonare suo marito, quel ragazzo che tanto aveva amato e che, forse, in un recondito angolo del suo cuore ancora amava. Ripensò ai colletti sporchi di rossetto rosso, colore che disprezzava, alle percosse e, soprattutto, alle sere in cui lui, ubriaco fradicio, l'aveva costretta a fare cose il cui solo pensiero la copriva di vergogna. Singhiozzò. Doveva trovare il coraggio di andarsene, doveva farlo per il bene del suo bambino. Strinse i pugni con rabbia. Fuori poteva ancora esserci un po’ di felicità per lei. Una falena attratta dalla luce entrò attraverso la finestra socchiusa e prese a svolazzare attorno alla lampada. Stella ripensò a sua madre. Per ben cinque lunghi anni non l’aveva più vista ed ora moriva dalla voglia di riabbracciarla. La ragazza si alzò lentamente dalla sedia e si diresse verso la finestra. Qualcosa di insolito brillava nel cielo limpido. Una cometa? Stella strinse gli occhi per vederla meglio. Un brivido la percorse da capo a piedi. Sentì il gelo attanagliarle il cuore. Indossò uno scialle e correndo uscì goffamente di casa. Reggendosi il ventre con le mani si bloccò di colpo in mezzo alla strada che conduceva alla spiaggia. La fortissima sensazione che in nessun posto avrebbe potuto più potuto trovare la felicità investì la sua anima come un violento uragano. Era troppo tardi.

 

*  *  *

 

Rosanna premette sull'acceleratore. Novanta, cento, centodieci. Odiava guidare di notte. Nel buio rischiarato solo da qualche goccia di luce, il mondo pareva perdere consistenza. Ed in quel palcoscenico fittizio le sue angosce prendevano forma e la torturavano. Sbadigliò. Stava guidando già da troppe ore. Era una notte placida, una di quelle in cui le stelle sembrano così vicine da poter essere raccolte come narcisi. Ancora dieci minuti di viaggio poi avrebbe finalmente rivisto le gemelle, Luce e Stella. Troppo tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva stretto le bambine fra le braccia. Bambine? No, non era corretto chiamarle così. Stella aspettava un figlio! Oramai erano entrambe donne, anche se lei faticava molto a capacitarsene. Rosanna si passò nervosamente una mano fra i corti capelli dello stesso colore del grano maturo. La strada pareva interminabile. Pensò al fatto che presto sarebbe diventata nonna. Avrebbe voluto gioire completamente per l'arrivo del nipotino, ma l'amarezza non lasciava spazio a nessun altro sentimento. L'idea di divenire nonna a soli quarant'anni la eccitava, eppure l'odio che provava nei confronti del genero smorzava ogni altra emozione. Strinse il volante con vigore. Questo non era il suo unico cruccio. Il suo cuore sanguinava a causa di due grosse spine. Anche l’altra gemella, Luce, aveva ferito la madre. Da più di cinque anni aveva abbandonato la casa paterna, viveva in una roulotte sulla spiaggia ed aveva rinnegato il suo nome. Ora si faceva chiamare Elisir. Un nome più consono alla sua insolita professione. Il padre l'avrebbe definita strega. Rosanna preferiva chiamarla divinatrice. Scosse la testa a quel pensiero. Sua figlia pareva non appartenere completamente a questo mondo. Talvolta il suo sguardo si perdeva nel vuoto e la fanciulla entrava in trance. Al suo risveglio, se così lo si poteva chiamare, era in grado di prevedere eventi futuri con una precisione impressionante. I tarocchi non avevano segreti per la fanciulla così come qualsiasi altro metodo di divinazione. La magia non era negli oggetti che utilizzava, bensì era parte integrante della ragazza stessa. Il comportamento bizzarro della figlia aveva da sempre spaventato l'apprensiva madre, ma gli occhi di una mamma celano perennemente al suo cuore ciò che ella non vuole vedere. A Luce era stato conferito il dono della divinazione, dono che la madre considerava una vera e propria maledizione… Luce e Stella… Le uniche gioie della sua vita l'avevano così abbandonata per seguire destini sbagliati... Alzò per un istante gli occhi al cielo e, attraverso una cortina di lacrime, scorse un bagliore sfocato. Si passò la mano destra sugli occhi. Fra migliaia di stelle, in una notte priva di luna, una cometa brillava di una luce intensa. Nessun astronomo ne aveva previsto la venuta, eppure eccola là, affascinante ed irraggiungibile come un sogno. Rosanna rimase senza fiato. Ed in quel momento comprese il significato più intimo della parola bellezza.

 

*  *  *

 

Elisir ravvivò il fuoco che lei e la sorella avevano acceso per tener lontana l'umidità notturna. Stella accarezzava dolcemente il ventre rigonfio sotto lo sguardo protettivo della gemella.

- Nostra madre sarà qui a momenti. - esclamò Elisir mescolando i suoi tarocchi.

- Ho paura! – mormorò Stella scotendo il capo. – L’abbiamo ferita. Avrei dovuto darle ascolto quando tentava di farmi capire che razza di uomo stavo per sposare. Avrei dovuto leggerlo nei suoi occhi colmi di lacrime. -

Elisir scrutò la zona circostante in cerca della figura materna.

- Non abbiamo fatto altro che ricalcare una dopo l’altra le orme che il destino aveva impresso per noi sulla strada della vita. – rispose la divinatrice.

Il silenzio cadde per un istante come un invisibile sudario sulle due gemelle, ma non riuscì ad inghiottire né il canto perpetuo delle ondine né le grida disperate del legno prigioniero di fauci ardenti.

- Sono così felice che abbia deciso di venirci a trovare! Credi che ci abbia veramente perdonate per il dolore che le abbiamo causato? – domandò Stella osservando le lingue di fuoco che lambivano il legno tenero.

Una voce dolce, rotta dall'emozione, rispose alla sua domanda:

- Una madre perdona sempre le sue figlie in nome dell'amore che le lega! -

Le ragazze si alzarono, una velocemente, l'altra impacciata dalla grossa pancia, e corsero ad abbracciare la donna.

Rosanna le strinse a sé mentre lacrime trattenute per troppo tempo scesero copiose.

 

*  *  *

 

Una frizzante brezza marina si insinuò fra i capelli di tre donne, due piuttosto giovani ed una dallo sguardo maturo. Le chiome corvine delle due gemelle fremettero al tocco dello zeffiro ed i loro riccioli sussultarono. L'acconciatura sofisticata della terza donna si lasciò accarezzare dall'alito di vento, ma non si scompose. Sedute sulla spiaggia, una accanto all'altra, di fronte ad un fuoco morente, le tre donne ricordavano tre silfidi in attesa dell’arrivo del re del mare. Il silenzio si era posato sulle tre figure come un’impalpabile coltre di polvere. Nessuna voleva interrompere quel momento tanto agognato. Avevano parlato per più di due ore ed ora non esistevano più punti oscuri. Rosanna aveva ascoltato le figlie con l'anima e col cuore. Aveva pianto con Stella quando la ragazza le aveva narrato le torture fisiche e psicologiche a cui l'aveva sottoposta il marito; aveva pianto con Luce quando la fanciulla le aveva svelato la solitudine e l'inquietudine che l'avevano tenuta prigioniera; infine, aveva sospirato con le gemelle quando l’avevano resa partecipe dei loro   sogni e delle loro speranze. In poche ore avevano recuperato quella complicità che credevano di aver perso. L'amarezza che velava gli occhi di Rosanna pareva essersi attenuata, forse per lasciar spazio ad un timido raggio di speranza. Stella avrebbe lasciato il marito e sarebbe tornata a vivere con la madre. Sulle macerie dei loro straziati cuori era appena sbocciato un giglio.

- Vorrei che il mio bambino portasse il nome di papà. - esclamò improvvisamente Stella lacerando il silenzio.

Rosanna le accarezzò amorevolmente la pancia.

- E se sarà una bambina? -

I profondi occhi nocciola della figlia incontrarono lo sguardo penetrante e dolcissimo della madre.

- Allora il suo nome sarà Gioia, come quella che ho provato questa sera. Non rammentavo quanto fosse delizioso il suo sapore! Vorrei che questa notte fosse eterna!  -

Prese fra le sue la mano di Rosanna, mentre Elisir, persa nei suoi pensieri, stava disponendo i tarocchi per un'altra divinazione. Un timido raggio di luce illuminò gli occhi colmi di lacrime della madre. Stella le si avvicinò ulteriormente. Elisir pareva completamente assente.

- E' tutto così bello! - mormorò Stella. - Tu, Luce, il mio bambino ed io, tutti assieme per l'eternità! -

Elisir tornò alla realtà, ma dallo sconosciuto mondo in cui si perdeva portò con sé una maschera di orrore e rassegnazione.

- L'eternità… L’eternità termina qui! - esclamò sibillina, con una voce che non pareva la sua.

- Oh, bambina mia! Per l'amor di Dio, smetti di parlar così! -

Elisir fissò gelida la madre e la gemella, poi volse lo sguardo verso la cometa.

- Guardatela bene! - disse indicando il luminoso corpo celeste che si muoveva lentamente ed in modo innaturale nel cielo.

- Non è una cometa... E'… E’ l'occhio di Dio! -

Rosanna e Stella avrebbero voluto non credere a quello che sentivano, ma Elisir aveva parlato in modo così solenne che finirono coll’impressionarsi.

- Luce, ti scongiuro, smetti! Mi fai paura! - ribatté Stella con la voce rotta dall'emozione.

- Non è me che devi temere, ma quell'occhio! Lui ci sta giudicando, l'umanità intendo, e da questo dipenderà il nostro destino. - Scosse la testa. – Ecco, il verdetto è stato pronunciato. Non abbiamo più speranza. Mio Dio! Riesco a percepire la Sua delusione e la Sua rabbia! -

Rosanna non riusciva a proferir parola. Non aveva mai sentito così tante sciocchezze in tutta la sua vita! Eppure, una parte di lei continuava a ripeterle di ascoltare la figlia. Elisir raccolse con un rapido gesto i tarocchi e li ripose nella borsa.

- Il tempo è scaduto. – Una lacrima le rigò il volto.

Stella trasalì. Rosanna strinse a sé le figlie, quasi istintivamente. Una voce echeggiò nei loro cuori, una voce calda, vellutata e, soprattutto, carica d’amarezza.

- Ecco: la degenerazione della Mia creazione ad opera del figlio dell’uomo si è fatta testimone davanti al Mio giudizio. Per troppo tempo il figlio dell’uomo ha approfittato dell’amore concessogli. Troppe volte è stato salvato, troppe volte ha promesso e non mantenuto. Ecco: per questi motivi il figlio dell’uomo e tutto ciò che è stato creato in principio saranno cancellati. Ciò che è non sarà più e ciò che non è mai stato sarà l’unica cosa in essere. -

Il tempo si fermò. Se qualcuno avesse alzato gli occhi al cielo avrebbe sicuramente scorto tre artigli luminosi lacerare la volta celeste. L'ultima frase pronunciata sul pianeta fu un timido "vi voglio bene!", parole rivolte alle figlie da una madre colma d'amore. Infine, su quell'ultimo dolcissimo suono, tutte le creature smisero di respirare all'unisono, il mondo finì ed il tutto, in un batter d'occhio, fu niente.