Home Page Pagina Iniziale L 'angolo di Delphine Io, Delphine
Il viaggio
La diligenza era in ritardo. Lady
Roxanne si riparava dal sole cocente col suo ombrellino di pizzo bianco e rosa.
Indossava un corpetto di seta malva ed una lunga gonna a pieghe dello stesso
colore. Aveva la pelle candida e liscia come il marmo. Camminava con grazia,
ancheggiando con un pizzico di malizia. Boccoli dorati le incorniciavano il viso
delicato e lievemente arrossato dalla calura estiva. Dall'altro lato della
strada stava una giovane fanciulla dagli enormi occhi nocciola. Spostava
nervosamente il peso del suo corpo da un piede all'altro in attesa di quella
diligenza che pareva non arrivare mai. Il suo sguardo ricordava quello di un
cerbiatto braccato. I suoi capelli corvini erano piuttosto arruffati,
sicuramente a causa dell'afa e della polvere. La fanciulla sbadigliò
vistosamente. Indossava una camicia di cotone logora sotto ad un paio di vecchi
pantaloni di pelle scamosciata. Portava stivaletti di cuoio neri. Dal modo in
cui camminava dovevano esserle sicuramente più grandi di almeno due misure.
Infine, appoggiata ad una colonna
del saloon, stava una ragazza piuttosto appariscente. Le sue labbra carnose
erano tinte di porpora, le sue guance imbellettate e lunghe ciglia nere,
probabilmente finte, sovrastavano due maliziosi occhi blu. I raggi del sole
accendevano riverberi dorati fra la sua chioma fulva. Ai piedi calzava scarpette
di vernice rossa, in tinta con l'abito frivolo e vistoso. Quando in lontananza
le tre donne scorsero una nube di polvere, raccolsero i loro bagagli e si
avvicinarono ulteriormente al luogo dove si sarebbe fermata la diligenza.
*
* *
Un uomo sulla sessantina ed un
giovane tutto pelle ed ossa scesero dal sedile anteriore ed aiutarono le tre
donne ad accomodarsi all'interno. Poi, con calma, sistemarono i loro bagagli.
Infine, sedettero a cassetta e spronarono i cavalli. Il viaggio sarebbe stato
piuttosto lungo così l'uomo più anziano cedette le redini al suo secondo e,
dopo essersi calato il cappello sugli occhi, si appisolò.
*
* *
Lady Roxanne era stata la prima a
salire sulla diligenza. Un forte odore di muschio aveva subito invaso le sue
narici. Un affascinante uomo sulla quarantina stava seduto accanto al
finestrino. Aveva lunghi capelli corvini stretti in una coda di cavallo da un
nastro argentato. Portava un elegantissimo cilindro di velluto nero che si tolse
per rendere omaggio alle tre donne. Indossava pantaloni e redingote neri.
L'unica nota di colore sulla sua persona erano gli occhi, due occhi verdi come i
prati d'Irlanda. Lady Roxanne sedette al suo fianco, la ragazza dalle vesti
scarlatte di fronte a lui e la giovane dalle vesti logore accanto a
quest'ultima. L'uomo tornò a scrutare chissà cosa oltre il finestrino. Un
violento scossone annunciò ai passeggeri che il viaggio era iniziato.
*
* *
Lord Blackish scrutò a lungo le
tre compagne di viaggio senza che nessuna di loro se ne avvedesse. Osservò i
loro visi, i loro corpi ed il loro modo di muoversi. Scandagliò con cura i loro
animi, i loro desideri ed i loro caratteri. Quando fu sicuro di aver usato
appieno i propri poteri, cominciò a ridere. La sua risata scosse le tre donne
dal torpore. Echeggiò sinistra, più simile a qualcosa di spaventoso che ad un
modo di dimostrare gioia. Un brivido percorse loro la schiena.
- Perdonate la mia scortesia,
signore. Io sono Lord Anton Blackish. Lieto di viaggiare in compagnia di tre
simili fiori. -
- Siete inglese, milord? La mia
famiglia discende da conti londinesi. Il mio nome è Lady Roxanne Steps. -
Lord Blackish prese la mano della
nobildonna e la baciò. Attraverso il guanto di raso, lady Roxanne percepì le
labbra gelide dell'uomo. Provò la forte tentazione di ritrarla, ma non lo fece
per non essere scortese.
- Milady, lieto di fare la vostra
conoscenza. No, non sono inglese. - I suoi occhi brillarono di una luce
insolita. Volse lo sguardo traboccante di fascino verso la ragazza seduta di
fronte a lui. Lei abbassò gli occhi dinanzi al suo modo arrogante di
osservarla.
- Mi chiamo Evelyn, Evelyn O'hara.
Sono una ballerina. - dichiarò con orgoglio.
- Davvero? - domandò Lord
Blackish con l'aria di chi sa molto di più di quello che vuol far credere.
- Chiedete in giro, milord. La mia
fama ha già toccato le maggiori città della zona. - rispose la ballerina.
- E danzerete per il resto della
vostra vita? -
Gli occhi di Lord Blackish
divennero prima due fessure, poi si dilatarono assumendo un'espressione sadica.
- Io... io... - balbettò Evelyn.
- Danzerò fino a quando il Signore me ne concederà le forze, milord. -
L'uomo scoppiò a ridere, poi
volse lo sguardo verso l'ultima fanciulla.
- E tu, chi saresti? - domandò
lord Blackish. Aveva perso il tono cortese che aveva usato con Lady Roxanne.
- Sono affari miei, signore. -
rispose la sedicenne seccata. Non le piaceva quell'uomo. - E se non le dispiace,
vorrei esser lasciata in pace per il resto del viaggio. -
Lord Blackish la guardò
intensamente, poi parlò con voce carica di cinismo e disprezzo.
- Non importa che tu mi dica il
tuo nome, Elisabeth. Se preferisci, posso chiamarti anche col tuo nomignolo,
Stella Selvaggia. -
Stella Selvaggia trasalì. Come
faceva quello sconosciuto a conoscere il suo vero nome? Da quando era fuggita di
casa, circa sei anni prima, si era sempre fatta chiamare Stella Selvaggia.
Elisabeth! Da quanto tempo non aveva sentito il suono del suo vero nome.
- Chi siete, signore, in realtà?
Come fate a conoscere cose che ho celato per così tanto tempo? -
Lord Blackish
scoppiò nuovamente a ridere. L'opprimente calura estiva pareva essersi dissolta
per lasciar spazio ad un gelo incomprensibile. Evelyn si fregò le mani. Faceva
veramente freddo o quei brividi erano solo sintomo di un'influenza?
- Vuoi veramente sapere chi sono
io? Io sono colui che tutti conoscono, ma che nessuno ha mai visto. Sono la
notte eterna, il gelo infinito. Sono l'ossessione e la liberazione, il timore e
la pace. Sono un dio eterno e l'eternità è il mio nutrimento. -
Evelyn sorrise. - Credo che siate
solo un eccentrico uomo troppo solo. -
Il gelo divenne ancora più
intenso.
Lord Blackish riprese a parlare.
Questa volta la sua voce era dura, cavernosa e priva di qualsiasi emozione.
- Evelyn. Vorresti forse allietare
tu i giorni di questo povero ed eccentrico nobile? Sapresti insegnare ad amare a
colui che dall'inizio dei giorni è stato maledetto per aver posto fine alle più
belle storie d'amore? Povera illusa! La tua bellezza è effimera, le tue doti
non valgono nulla di fronte al mio illimitato potere. -
Lady Roxanne aveva cominciato a
tremare. Non sapeva perchè, eppure una paura antica le si era insinuata nel
cuore.
- Lord Blackish, milord, i vostri
discorsi paiono così insulsi! Per quale motivo vi divertite a spaventarci? -
domandò la nobildonna.
- Ah, Roxanne! Abbandona questi
titoli nobiliari di cui tanto ti vanti. Anche questi non sono che polvere
dinanzi al mio potere. Non ho intenzione di spaventare nessuno, se non chi già
in cuor suo mi teme. Le mie parole non sono mai state prive di senso e mai lo
saranno. Sono libero da qualsiasi vincolo che nei secoli abbia mai condizionato
le vostre menti umane e già questo mi rende superiore. -
Stella Selvaggia si rannicchiò
maggiormente vicino alla porta.
- Ah, bambine! La vita, mia
acerrima nemica, è crudele. Da sempre sono stato giudicato per le mie azioni,
ma credete veramente che la vita sia il più bello dei doni? -
Le tre donne faticavano a seguire
i discorsi sconnessi dell'uomo. Il gelo stava divenendo insostenibile.
- Tu sei... tu sei la Morte! -
esclamò improvvisamente Stella Selvaggia, pallida come un cadavere. Lord
Blackish rise sguaiatamente.
- Sì! Un bacio sulle vostre calde
labbra e la vita scorrerà via dai vostri corpi come linfa da un tronco
spezzato. Un bacio ed ogni vostro dolore scomparirà. Sono la Morte! -
Si avvicinò a Lady Roxanne. La
sentì tremare e provò il desiderio di possederla, di portarla nel suo regno di
oblio.
- Baciami, Roxanne. Quell'uomo che
tu hai in mente di raggiungere, la meta di questo viaggio, non ti sta
aspettando. Baciami e lo scorderai per sempre. -
Lady Roxanne tentò di
allontanarsi da lui, dal suo odore di muschio e dal gelo che emanava il suo
corpo.
- Stai mentendo! - gridò con
rabbia l’attraente donna. - Bowen ed io dobbiamo sposarci! Me lo ha promesso
prima di partire! -
La risata crudele di Lord Blackish
squarciò nuovamente l'aria.
- Poveri esseri umani! La vita
aspetta che le vostre menti siano colme di illusioni, poi, uno dopo l'altro,
uccide i vostri sogni. La mia promessa di pace non è una finzione. La morte non
sa mentire. Baciami, Roxanne. Bowen è una pedina della vita. E' apparso nella
tua città, ti ha sedotto con false promesse ed è riuscito a portar via con sè
una parte del tuo cuore. Poi, incalzato da quella malvagia creatura che è la
vita, è tornato da sua moglie e dai suoi figli. E tu, povera illusa, stai
andando alla ricerca di quella felicità che la vita non vuole concederti.
Baciami ed io allontanerò i malefici artigli della vita. -
Gli occhi purissimi di lady
Roxanne si empirono di lacrime. In cuor suo sentì che Lord Blackish, la morte,
stava dicendo la verità. Con la
voce rotta dai singhiozzi, domandò:
- Perchè? Perchè mi ha fatto così
tanto male? -
Lord Blackish assunse un tono
consolatorio, quasi paterno:
- Non è colpa sua. La vita gioca
con voi esseri umani come se non foste altro che pezzi di una scacchiera.
Baciami, Roxanne, e tutto quello che provi in questo momento sarà cancellato
per sempre. Vergogna, rabbia e dolore scompariranno. -
Lord Blackish si avvicinò
ulteriormente alla donna in lacrime, la strinse a sè e la baciò tenendo i suoi
occhi verdi spalancati, privi di qualsiasi espressione. Lady Roxanne si accasciò
sul sedile. Pareva addormentata.
Evelyn richiamò l'attenzione
dell'uomo.
- Che le avete fatto? -
- Anche tu vorrai baciarmi, Evelyn.
Fallo prima che la tua malattia ti costringa a smettere di danzare, prima che la
tua artrosi ti obblighi a trascorrere il resto delle giornate seduta ad
osservare le altre che ballano! Baciami, Evelyn, e questo tuo incubo terminerà.
Per quanto bella tu sia, nessun uomo ti guarderà più come prima. Non sarai mai
più Evelyn la Bella, ma Evelyn il Mostro, Evelyn la Storpia. -
Evelyn si accarezzò la gamba
destra. - Voi non capite! Ho intrapreso questo lungo viaggio per farmi visitare
da uno dei più grandi dottori di tutto il continente! Lui potrà guarirmi, ne
sono sicura! -
Lord Blackish scosse la testa
desolato.
- Non è quello che la vita ha
scelto per te. Nessun medico potrà curarti, Evelyn. Sei condannata. L'unica tua
via d'uscita è baciarmi. - Gli occhi blu di Evelyn persero ogni barlume di
speranza. La fanciulla si avvicinò a lord Blackish e lasciò che lui la
baciasse. Provò un forte senso di abbandono, poi sentì in bocca il sapore
dell'erba madida di rugiada. Infine, il silenzio.
Lord
Blackish fissò Stella Selvaggia. La
ragazzina lo guardò a sua volta con aria di sfida.
- Sei fuggita di casa all'età di
dieci anni, hai svaligiato due banche, ucciso un uomo e defraudato gli altri due
fuorilegge che stavano con te. Quanto credi che ancora ti resti da vivere? Se
non sarà uno sceriffo a trovarti ed a farti impiccare, sicuramente ti
uccideranno i tuoi ex compagni. La vita li sta già mettendo sulla tua strada.
Presto li incontrerai. Questo viaggio non ti porterà verso la libertà, no di
certo! -
Stella Selvaggia sogghignò. - Non
ho affatto paura di affrontare la vita, milord. Accetterò quello che lei mi darà.
Non bacerò la morte fino a quando avrò abbastanza fiato in gola per gridare
"no". -
Lord Blackish sgranò i suoi occhi
verdi. A Stella Selvaggia ricordavano i prati colmi di lapidi.
- Bene, rispetterò la tua scelta.
- esclamò l'uomo porgendole la mano. Stella Selvaggia gliela strinse. Troppo
tardi si accorse di esser stata ingannata. Il gelo si diffuse dapprima nelle sue
membra, poi giunse sino al suo cuore. L'ultimo suono che sentì fu la risata di
Lord Blackish, una risata più simile al gracchiare dei corvi che ad un verso
umano.
*
* *
Melissa gridò. Si era avventurata
lungo il corso del fiume abbandonato in cerca di sassi per la sua collezione.
Quando aveva scorto la diligenza rovesciata non aveva saputo resistere alla
tentazione di aprirla. La vista dei corpi straziati dall'incidente la fece
scoppiare in lacrime. La prima, una donna dai fluenti boccoli biondi, giaceva
supina. I suoi occhi erano socchiusi, ma sulle sue labbra riposava un sorriso.
Perchè quella donna aveva un'espressione così beata? La seconda, una fanciulla
dagli abiti logori, giaceva rannicchiata, in una posa così innaturale da fare
impressione. Melissa sentì lo stomaco rivoltarsi. La ragazza aveva perso una
mano. Stille salate continuarono a scenderle lungo le guance. Sul viso
cadaverico era dipinta un'espressione di rabbia e di orrore. Infine, poco
lontano, trovò altri tre corpi. Due appartenevano ad un uomo sulla sessantina e
ad un ragazzo tutto pelle ed ossa. Il terzo, invece, ad una fanciulla dagli
abiti scarlatti che giaceva bocconi sull'erba. Doveva esser volata fuori dalla
diligenza al momento dell'impatto. Melissa si fece coraggio e la girò. Doveva
accertarsi che fosse morta. Lo spettacolo la impressionò ulteriormente. La
morte aveva impresso su quel volto un'espressione di felicità, un'espressione
che non aveva mai scorto sul viso di nessun essere vivente. Doveva chiamare
qualcuno. Prese a correre all'impazzata verso la città, con il cuore che le
batteva selvaggiamente nel petto. Si girò un'ultima volta verso il luogo del
disastro. Un corvo, nero come la notte, stava volteggiando sulla diligenza.
Melissa lo vide posarsi per un istante su una delle ruote rovesciate, gracchiare
soddisfatto e riprendere il suo volo.