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Il gioco di Damier

 

 

Accompagnato dalle voci eccitate della folla, l’Araldo raggiunse il centro della scacchiera. La sua pelle d’ebano luccicava sotto il dolce sole di Aprile mentre srotolava con disinvoltura (gli occhi lattiginosi erano in effetti l’unica prova della sua cecità!) l’Antica Pergamena. Una folata di vento increspò la sua lunga e folta chioma eburnea ed agitò lievemente la leggera tunica di seta bianca.

         “Silenzio!” gridò improvvisamente con voce baritonale.

La folla tacque all’unisono. 

         Soddisfatto, l’Araldo rivolse i propri occhi lattescenti verso la pergamena e prese a leggere (ed erano in molti a chiedersi come questo fosse possibile) ad alta voce quello che molti altri Araldi avevano letto prima di lui:

         “I cento anni sono trascorsi.” Uno squillo di tromba accompagnò queste parole.

         “Un altro secolo è rimasto impigliato nel passato.” Un colpo di tamburo.

         “I D’Ivoire depongono oggi lo Scettro e la Corona ai piedi del Destino.” Una pausa di puro silenzio seguì questa dolorosa affermazione.

         “L’ombra degli Aile de Corbeau si allunga minacciosa sul trono di Damier.” Un secondo colpo di tamburo echeggiò sinistro nell’aria.

         “Riusciranno i D’Ivoire a prevalere sui loro eterni rivali?” Dalla folla si levò un grido eccitato: “Sì!”

         “O saranno gli Aile de Corbeau a prendere il controllo di Damier?”

           “No!” fu la parola che uscì da ogni bocca.

         “Come è tradizione dall’inizio dei tempi, solo una di queste due famiglie avrà il diritto di dettare legge sul Regno per un intero secolo. Così è stato deciso e così sarà in eterno. Che entrino coloro che aspirano al trono di Damier! Nobili Aile de Corbeau!”

         Plateale come ogni suo antenato, Re Noir Aile de Corbeau, signore della famiglia sconfitta cento anni prima, diede libero sfogo alla propria natura magica. Sotto una pioggia di palle di fuoco illusorie e sulle note della Marcia Trionfale dei Corvi, inno della famiglia, il re stregone materializzò uno dopo l’altro i membri del Casato. La prima fu la regina Minuit, bella e misteriosa oltre ogni immaginazione; seguirono la Somma Chierica di Mourir, la dea della morte, ed il Supremo Sacerdote di Sombre, signore della notte. A cavallo di unicorni interamente costituiti d’ombra, giunsero i due Paladini del re,  i figli Orion e Sirius, stupendi nelle loro armature di piastre e nei loro elmi piumati. Molti cuori sobbalzarono alla vista di uomini tanto affascinanti. I golem di ematite, creati appositamente per l’occasione, suscitarono invece le grida di terrore dei bambini e delle fanciulle più sensibili. Gli ultimi ad entrare furono i membri della scorta personale del re, otto grossi e minacciosi orchi armati di morning star.

         Come era tradizione, Re Noir Aile de Corbeau salì sulla scacchiera e, dopo aver preso posizione, recitò le parole rituali che già i suoi antenati avevano pronunciato:

 

         “Io, Re Noir Aile de Corbeau, rivendico il diritto di regnare su Damier. Giustizia, speranza e carità saranno le tre parole bandite dal mio regno!” Un sorriso beffardo si accese sotto i folti baffi neri. Battè tre volte le mani come era consuetudine e, disobbedendo alle regole che vietavano la magia sulla scacchiera, fece materializzare i membri della famiglia al suo fianco.

 

         Quando tutti gli Aile de Corbeau, orchi compresi, ebbero occupato le caselle che spettavano loro, l’Araldo tornò a parlare:

 

         “Che entrino coloro che aspirano al trono di Damier! Nobili D’Ivoire!”

 

         Re Nivéen D’Ivoire , utilizzando la magia insita nel lungo bastone sormontato da un grappolo di piccole sfere di cristallo, dissolse l’incantesimo di invisibilità che proteggeva tutta la sua famiglia. La folla non riuscì a trattenere un caloroso applauso. I D’Ivoire avevano governato Damier in maniera impeccabile e, soprattutto, erano riusciti a far trionfare la giustizia e la pace. Re Nivéen rivolse a quelli che erano stati i suoi sudditi sino a ventiquattro ore prima, un sorriso colmo d’amore poi, nel rispetto delle regole, fece scomparire il bastone magico ed andò a prendere posizione sulla scacchiera.

 

         “Io, Re Nivéen D’Ivoire, rivendico il diritto di regnare su Damier. Giustizia, speranza e carità saranno i valori su cui si fonderà il mio regno!”

La folla applaudì in segno di approvazione. Il sovrano batté le mani per tre volte, come era consuetudine, e tutto il Casato, scortato da otto robusti nani armati di grosse asce bipenni, prese posizione al suo fianco. Rispettivamente all’estrema destra ed all’estrema sinistra del re, presero posto i due giganti di madreperla, creature che parevano esser state strappate dal Piano dei Sogni. Soleil ed Arc En Ciel, Cavalieri del re, attraversarono il campo di battaglia sussurrando parole dolci alle loro magiche cavalcature e si frapposero fra i giganti ed i rappresentanti della Chiesa. I bianchi cavalli alati parevano più nervosi del solito, probabilmente a causa della presenza degli unicorni d’ombra. Il Sommo Pontefice ed il Profeta affiancarono rispettivamente Re Nivéen e la principessa Blanche. Quest’ultima, unica figlia del sovrano, avrebbe potuto oscurare il sole con la propria bellezza. Aveva occhi dello stesso colore del mare, ma non v’era traccia alcuna di freddezza in quello sguardo profondo e penetrante, solo promesse di affetto e comprensione. Lunghi capelli color miele incorniciavano un viso dai lineamenti minuti. Occhi a mandorla, zigomi pronunciati ed orecchie lievemente appuntite le conferivano un’insolita somiglianza con gli Elfi del vicino Regno di Feuilledor. Non più alta di un metro e settanta, era la più bassa dei D’Ivoire e raggiungeva a malapena le spalle degli Aile de Corbeau. Re Nivéen non l’avrebbe, però, voluta diversa. Blanche era identica in tutto e per tutto a sua madre, la bella Aube D’Ivoire, la ragazza elfica che il re, contravvenendo alle leggi che vietavano rapporti con gli Elfi, aveva segretamente amato al di sopra di ogni cosa e che era morta dando alla luce sua figlia. Blanche era la prima aspirante al trono di Damier nelle cui vene scorresse sangue elfico. 

         L’Araldo, l’unico a rimanere completamente impassibile di fronte alla bellezza della fanciulla, lesse l’ultima frase ad alta voce:

 

          “Che la folla ammutolisca! Che il vento si plachi! E che il silenzio avvolga ogni cosa come un pesante sudario!” Un rullo di tamburi apostrofò queste esclamazioni.

         “Si dia inizio al gioco! Nobili Aile de Corbeau, a voi la prima mossa!”

         A queste parole, la pelle scura dell’Araldo prese a liquefarsi e la sostanza color pece che ne derivò svanì a contatto con una casella nera; gli occhi lattescenti, la nivea chioma e l’abito candido, invece, si fusero l’uno nell’altro e colarono lungo la scacchiera sino a scomparire completamente all’interno di una casella bianca.

 

* * *

 

         Ovunque il suo sguardo spaziasse, non riusciva a scorgere che arcani simboli di sangue tracciati sulla scacchiera e corpi privi di vita. La folla ammutolita seguiva ancora la battaglia, anche se l’entusiasmo iniziale si era lentamente smorzato fino a spegnersi completamente. Le grida, le risate e gli incitamenti erano morti col cavaliere di Re Nivéen, l’eroico Arc En Ciel. Gli Aile de Corbeau stavano nettamente prevalendo sui D’Ivoire. Arc En Ciel giaceva esanime proprio di fronte a lei, col viso straziato dal colpo infertogli dal golem di ematite. Blanche sentì le lacrime empirle gli occhi. Il cavaliere era stato il suo maestro per anni. Era stato un fratello, oltre che un mentore, durante tutta la sua infanzia. C’era stato anche un periodo in cui aveva creduto di amarlo. Strinse i pugni. Di quel volto saggio ed abbronzato e di quegli occhi verdi come i prati di Damier, non restava ora che una crudele parodia grondante sangue. Chiuse gli occhi. Non poteva permettersi di piangere. Era la futura regina di Damier, sempre che gli Aile de Corbeau non riuscissero a vincere la sfida, e non poteva concedersi il lusso di farlo. La risata sguaiata di Re Noir lacerò il silenzio con violenza. Blanche aprì gli occhi per guardare in volto quell’uomo tanto malvagio, ma il principe Orion, con una rapida mossa ad “L” si frappose fra lei ed il padre, obbligandola a concentrarsi sul gioco. Sentì le guance infiammarsi, come se fossero baciate dal sole, ed il sangue ribollirle nelle vene. A fatica rimase ferma sulla casella che occupava. Non desiderava altro che raggiungere il Paladino di Re Noir e togliergli la vita per vendicare la morte di Arc En Ciel. Non le importava se così facendo si sarebbe a sua volta fatta uccidere da Sombre. La voce di Re Nivéen che impartiva ordini affinché Soleil la proteggesse, la riportò alla realtà. Suo padre sarebbe morto di dolore per la seconda volta se il sacerdote di Re Noir le avesse tolto la vita. Scosse la testa. Non poteva farlo. Rivolse un’occhiata colma d’odio prima al Re nemico, poi al Paladino. Quest’ultimo rispose togliendosi l’elmo.

         “Guardatemi negli occhi, principessa!” La sfidò il principe. “E’ troppo facile puntare lo sguardo su un freddo elmo che non sa rispondere alle vostre provocazioni!”

         Blanche trasalì. La profondità di quegli occhi di ghiaccio era tale che, per un istante, credette di sprofondarvi. Brillavano come due stelle di neve immerse in un bagno di luce lunare.

          “Il mio odio è sì forte, principe, che riuscirebbe a penetrare il vostro elmo e la vostra armatura raggiungendo senza difficoltà quella pietra che voi chiamate cuore! Ed i vostri occhi ne rimarrebbero accecati al solo passaggio!” rispose con rabbia, senza però distogliere lo sguardo da quei diamanti splendenti.

         Orion rise di gusto. Blanche si indispettì ulteriormente, anche se la risata non le parve crudele come quella del padre. 

         Poco distante, un orco cadde prono sulla fredda scacchiera. Soleil si affrettò ad estrarre Lucente dal corpo della creatura morta e la rinfoderò con grazia e disinvoltura.

         “Tutto bene, mia Signora?” domandò il Cavaliere passandosi una mano sul viso madido di sudore.

         Blanche annuì distrattamente col capo. Tutta la sua attenzione era rivolta all’affascinante figlio del nemico che le si stagliava di fronte, alto, bello e misterioso come la statua di un dio intagliata nel firmamento. 

         “Cosa vi fa tanto ridere? Solo gli stolti riescono a divertirsi in simili frangenti!” replicò pungente la principessa.

         Orion parve incupirsi.

         “Ridere non significa necessariamente esser felici, non credete? Mi sono semplicemente chiesto come tanta grinta ed arroganza riuscissero a stare in un corpo minuto come il vostro e la risata è sorta spontanea.”

         Blanche si accigliò.

“Ora siete scortese! Non credevo che i paladini mancassero di rispetto alle dame!”

“Vi chiedo scusa se vi ho offesa, Principessa. L’ironia cavalca perennemente al mio fianco.” Si prodigò in un inchino. “I paladini sono uomini solitari. Ci sono momenti in cui dimenticano come una signora meriti di essere trattata. Perdonatemi.”

 

Orion Aile de Corbeau sorrise e tutto il mondo parve illuminarsi. Blanche si riscoprì ad osservare i lineamenti duri e sensuali dell’uomo. Non era bello nel vero senso della parola. Era molto di più. Avvolto in quell’alone di mistero che contraddistingueva tutti gli Aile de Corbeau e dotato di uno sguardo magnetico, era attraente oltre ogni immaginazione. Fugaci desideri di accarezzare quel volto, quel corpo e baciare quelle labbra sbocciarono improvvisamente nel suo cuore. Spaventata da un simile baccanale di emozioni, la principessa si affrettò a reprimerle.

         “Ora mi guardate in modo diverso!” esordì Orion con voce calda e profonda. “Non sembra che mi odiate quanto pochi istanti fa.”

         Confusa, Blanche distolse lo sguardo.  Non doveva dimenticare che l’uomo di fronte a lei era il figlio di Re Noir Aile de Corbeau. Deglutì nervosamente. Ma come spiegare la differenza al cuore? Come riportare i battiti alla normalità?

         “Credete che a me piaccia tutto questo?” domandò improvvisamente il Paladino, chinando lievemente il capo per portare il proprio viso all’altezza di quello della principessa ed indicando con un rapido gesto il triste spettacolo che li circondava.

         “Lo stesso dolore che voi provate in questo momento, devasta anche il mio animo! Pensate che tutti gli Aile de Corbeau siano involucri incapaci di provare emozioni? E’ arrogante da parte vostra credere di avere l’esclusiva dei sentimenti!”

         Blanche lasciò che il profumo dolce e sensuale dell’uomo entrasse in lei e risvegliasse sensazioni da troppo tempo assopite. Dovette attendere qualche istante prima di rispondere per non rischiare che la voce tradisse il suo stato d’animo.

         Orion la anticipò:

         “Quando guardo questa scacchiera non scorgo D’Ivoire o Aile de Corbeau stesi a terra! In verità, vedo uomini privi di vita. Uomini che non torneranno a casa questa sera. Quante lacrime scorreranno! Ma ha forse un nome il dolore? Ha forse un colore? Entrambe le famiglie, indipendentemente da quale si guadagnerà il diritto di regnare su Damier, questa sera piangeranno i caduti.”

         Ad ogni parola, gli occhi del Paladino parvero empirsi di luce. Un alito di vento si insinuò fra i corti capelli corvini dell’uomo poi, incapace di scompigliarli, se ne andò stizzito ad increspare le tuniche dei sacerdoti.

         “E quando guardo voi, mia Signora, non scorgo la figlia di Re Nivéen, bensì una bellissima donna il cui sguardo mi ha incantato nell’attimo stesso in cui si è posato furioso su di me.”

         Scosse la testa.

         “E sapere che nessuno può comprendere tutto questo, mi fa impazzire!”

         “Vi chiedo perdono.” Sussurrò mortificata Blanche impedendo ai propri occhi di incontrare quelli del Paladino.

         “E per quale motivo?” rispose Orion.

         “Vi ho odiato e confesso che vi avrei ucciso se non fosse stato per la presenza di mio padre. Ma mi sbagliavo!” Blanche sentì nuovamente le lacrime empirle gli occhi. Il Paladino smontò dall’unicorno d’ombra e lo fece scomparire con un gesto della mano.

         Poi, contro ogni regola, si avvicinò, prese fra le sue la mano della principessa nemica e la baciò con estrema delicatezza. Contro ogni regola, lei lasciò che lui lo facesse.

         A lungo i due rivali rimasero senza parlare, mano nella mano come due antichissimi amici, incapaci di scorgere nulla se non l’uno la presenza dell’altro. La folla aveva perso interesse nella battaglia ed osservava ora con attenzione l’insolito spettacolo che si stava svolgendo al centro della scacchiera.

“Se io non fossi io e voi non foste voi, vi corteggerei come il vento corteggia le stelle. Ma Lady Blanche D’Ivoire è prigioniera di una realtà che non può essere mutata a meno che non sia la stessa principessa a desiderarlo.”

 

Le grida disperate del Vescovo dissolsero l’incanto. Blanche tentò di girarsi per vedere cosa stesse succedendo ad uno dei maggiori esponenti della sua Chiesa, ma Orion glielo impedì stringendola al petto.

         “Restate qui, mia Signora. Non c’è che dolore dietro di noi, non c’è che morte!” sussurrò il Paladino.

         Blanche obbedì. Rimase immobile nel protettivo abbraccio di Orion chiedendosi per quale motivo il destino li avesse fatti incontrare in un simile frangente. Si nutrì avidamente del suo calore, del suo profumo e della sua presenza per tutto il tempo che lui la tenne stretta a sé.     

          “Devo andare ora!” esclamò Orion allontanandola dolcemente. “Ma non scorderò questo momento. Non so perché questo sia accaduto, mia Signora, e vi chiedo perdono. Mi rendo conto che essere umani comporta troppi svantaggi. ”

         Blanche indietreggiò tentando di celare l’eccitazione. Aveva l’impressione che il profumo di lui avesse impregnato tutta l’aria di Damier.

         “Siete perdonato, nobile Orion.” rispose riacquistando lentamente il pieno controllo della voce. Avrebbe voluto dire: “Potevo impedirlo, ma desideravo che voi mi abbracciaste.” Invece terminò: “E che Dio vi ascolti!”

         “Non credo nel vostro Dio, principessa, ma spero ugualmente che i miei desideri si avverino.”

         Una rapida mossa ad “L” e fu lontano da lei.

                  

* * *

 

         Soleil cadde al suolo trafitto dal pugnale avvelenato di Minuit. Morì tra spasmi di indicibile sofferenza. Per ogni suo grido di dolore, Blanche avanzò di un passo verso la follia. Di poco più vecchio di lei, il Cavaliere era stato per anni il suo fidato confidente. Aveva condiviso con quel ragazzo dai capelli castani e dagli occhi nocciola ogni desiderio, ogni speranza o timore. Avevano riso e pianto insieme. Blanche si sentì improvvisamente sola. Volse istintivamente lo sguardo verso Orion e tutto quello che c’era stato fra loro le parve frutto della sua immaginazione. Re Nivéen la chiamò al suo fianco e lei lo raggiunse. “Padre!” esclamò ricacciando quelle lacrime che parevano bruciare ogni volta di più. Il re la strinse a sé. “La situazione è drammatica, piccola mia!” sussurrò il buon sovrano accarezzandole la testa come quando era piccola. “Ma non dobbiamo arrenderci… Non tutto è perduto…. Fa’ attenzione, Blanche. Non sopporterei l’idea di perderti.” Rimasero così per qualche momento ancora, poi la principessa abbandonò l’abbraccio paterno e tornò a sfidare gli Aile de Corbeau.

                  

* * *

 

         Il pugnale ingemmato di Blanche strappò la vita a Minuit nello stesso istante in cui Orion nutrì Nocturna col sangue del Papa. Grida sacre e profane, guidate dalle urla disperate di Re Noir, si mescolarono in un unico inno alla morte. Gli Aile de Corbeau avevano perso la loro regina. Blanche lasciò cadere il pugnale ancora macchiato di sangue e con esso una lacrima d’argento. Aveva inferto un duro colpo ai rivali, ma questo non la faceva sentire meglio.

         “Mia Signora, era forse una lacrima quella goccia d’argento che ho visto stillare dal mare racchiuso dietro i vostri occhi?”

         Blanche trasalì. Non si era accorta che Orion si era posizionato a poche caselle di distanza da lei.

         “Essere umani comporta troppi rischi…” Cominciò la principessa ripetendo una frase che il Paladino aveva citato in precedenza. “Uno di questi è proprio quello di essere umani…”

         Orion annuì. Non sorrideva ed era forse per causa sua che il mondo pareva sì tetro.

 

         Blanche sentì il terreno mancarle sotto i piedi quando l’inebriante profumo di lui torno a solleticarle i sensi. In pochi istanti immaginò un’intera vita con lui.

         “Se la realtà non fosse così reale, mia Signora, vi bacerei e vi giurerei eterno amore.” Esordì improvvisamente, questa volta evitando il suo sguardo. “Ma non si può sfuggire al destino. Io sono Orion Aile de Corbeau e voi Blanche D’Ivoire.  E già sapete cosa questo comporti.”

         Con una rapida mossa ad “L” le fu accanto e le cinse la vita con un braccio.

         “Mi avete ingannato…” esclamò la principessa con un tremito nella voce.

         “Mia Signora, siamo stati ingannati entrambi… dal destino.” Bisbigliò il figlio di Re Noir. 

         “La mia vita finisce qui, fra le vostre braccia?” domandò Blanche faticando, anche in quel momento, a distogliere lo sguardo dagli occhi di ghiaccio dell’uomo.

         “Avete dato scacco al Re mio padre, mia Signora, ed il mio compito, in questo assurdo gioco, è quello di proteggerlo.” Rispose Orion con un fil di voce.

         “Avanti Orion, togliamo di mezzo la regina bianca!” gridò Re Noir con enfasi.

         Orion chiuse gli occhi, baciò la principessa sulle labbra e la trafisse con la spada.

         Davanti a quella scena, Re Nivéen cadde pesantemente sulle ginocchia, il volto contratto in una maschera d’orrore. Gli Aile de Corbeau superstiti esultarono di gioia.

         Orion depose il corpo senza vita di Blanche sulla casella bianca. Le accarezzò una guancia. “Essere umani comporta dei rischi.” Bisbigliò. “Uno di questi è di essere prigionieri della realtà… “ Si alzò, raccolse Nocturna e la rinfoderò. Infine, con un rapido gesto, si infilò di nuovo l’elmo piumato. Prese posizione sulla casella bianca e, finalmente celato al resto del mondo, lasciò che i ghiacciai nei suoi occhi si sciogliessero e cascate di lacrime inondassero il suo viso.