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Il Cavaliere

  

        Il cavaliere scese lentamente da cavallo. Nuvole rosa fluttuavano soffici e leggere nel cielo screziato di porpora e d’oro. La sua armatura ageminata riluceva sotto un tramonto rutilante. Riverberi multicolori si accesero e si spensero come lucciole intorno a lui. Ovunque i suoi occhi andassero a posarsi, non riusciva a scorgere altro che un’interminabile distesa erbosa. Pareva che l’intero mondo fosse stato mutato in una lastra ondulata di smeraldo ed immerso in un bagno di luce. Il cavaliere si sentì improvvisamente solo. Con un gesto pacato si tolse l’elmo cornuto. Una folata di vento increspò la prateria mentre il sole moriva sul volto rugoso dell’eroe. Quegli occhi di ghiaccio che un tempo avevano fatto sognare decine di fanciulle e tremare centinaia di nemici, si erano sciolti ed ora al loro posto non rimanevano che due placidi laghi azzurri. Le rughe avevano impietosamente segnato sia il viso che il suo cuore. Ognuna di quelle grinze era una medaglia che il cavaliere aveva strappato alla vita, un premio guadagnato nella dura lotta che essa è. Il vento sospirò di fronte a quello spettacolo pietoso scompigliando la chioma di neve del cavaliere. Dov'erano finiti l’oro ed il miele dei suoi capelli? Il silenzio aleggiava come un sudario sulla prateria, sul cavallo nero come una notte senza stelle e sul vecchio cavaliere. Per qualche minuto l’eroe rimase immobile ad osservare il nulla che lo circondava e che pareva volerlo inghiottire. Nessuna voce lo acclamava, nessuna voce lo sfidava. Ebbe l’impressione che il nulla si stesse contorcendo per riuscire a riempirsi di sé. Socchiuse gli occhi. Sentiva una grande rabbia crescergli nel petto. Era così solo che neppure la solitudine avrebbe accettato di fargli compagnia. Pensò all’amore, ma non l’aveva mai conosciuto. Per anni non aveva fatto altro che combattere in nome dell’onore e della giustizia. Onore? Giustizia? Ora che il crepuscolo soffiava vita nelle ombre, quelle due parole suonavano terribilmente vuote. Le sue gambe vacillarono. Si chiese cosa lo avesse spinto a dedicare la vita a quei valori. La sua mente non riuscì però ad oltrepassare la cortina di nebbia che segnava il confine tra presente e passato. Estrasse allora la spada d’acciaio marezzato dal fodero, ma le vecchie mani non riuscirono a sostenerla. Tremavano come se l’inverno le stesse baciando. L’arma cadde sull’erba e con essa l’orgoglio del cavaliere. Il purosangue lanciò un nitrito ed una stella rispose palpitando con maggiore intensità. L’eroe comprese che il suo tempo era finito. Capì che quella che per lui era saggezza, per il resto del mondo era semplicemente vecchiaia. Con il suo vigore ed il suo fascino erano così scemati anche la sua importanza ed i valori che incarnava? Chinò il capo. Si sentiva stanco, terribilmente stanco. Una lacrima, forse la prima dopo troppi anni, raggiunse finalmente la libertà e scese lungo la guancia dell’eroe. Stillò dolcemente sull’erba e lì rimase avvolta nello stesso silenzio che l’aveva accompagnata per tutta la durata della sua brevissima vita. Il cavaliere si passò una mano sugli occhi. No, non era ancora tempo di arrendersi. Raccolse l’arma che giaceva ai suoi piedi, salì faticosamente sul cavallo e si allontanò mentre la luna accendeva un ultimo riverbero d’argento sulla lacrima morente.