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FOGLIE

“Non guardare!” esclamò Esmeralda tentando di non farlo a sua volta. “Ne è caduta un’altra! Ed un’altra ancora…” Angosciata non riuscì a terminare la frase. Un fremito scosse il suo fragile corpo.

“Non guardare, te ne prego…” bisbigliò, forse più rivolta a se stessa che alla sorella maggiore.

         In cielo, dove prima splendeva il sole, non restava che una macchia rutilante contro un azzurro che lentamente pareva spegnersi. Già la notte allungava dita di tenebra fra gli alberi ed il suo gelido soffio smorzava il ricordo del tepore diurno. Riccioli di nebbia salivano dal terreno conferendo al bosco un aspetto spettrale.

                        Esmeralda lacerò il silenzio per la seconda volta.

                        “Quando?”

                        La voce della sorella suonò limpida e cristallina:

                        “Quando cosa?”

                        Nessuna risposta.

                        Di nuovo il silenzio avvolse i suoi tentacoli intorno all’albero.

      Fu solo nell’attimo in cui le prime stelle apparvero in cielo come palpitanti cuori luminosi che Esmeralda riprese a parlare.

        “Quando il vento tornerà a soffiare furioso fra i rami? E chi porterà via con sé questa volta?” La sua voce era carica di rabbia.

       Dorata sorrise accendendo per un istante un puntino luminoso nell’oscurità.

       “Piccola Esmeralda, ci sono cose che ancora non comprendi. Non tormentarti! Ora dormi tranquilla. Sono qui per proteggerti.”

        “E chi lo farà quando lascerai l’albero e come una ballerina danzerai con Lui il tuo ultimo ballo?” Molte sorelle sussultarono di fronte a quella verità.

       Nessuna di loro sarebbe sopravvissuta! Gemiti e grida si levarono ovunque.

       “Silenzio!” gridò improvvisamente Dorata tentando di smorzare quella cacofonia di suoni. Le sorelle le ubbidirono. Dorata era la foglia più vecchia ora che Ocra e Bronzea giacevano esanimi ai piedi dell’albero.

     Nuovamente il silenzio tornò a regnare sovrano mentre tutte le costellazioni splendevano meravigliose in cielo, più luminose del solito in quell’autunnale notte priva di luna.

     Dorata non riuscì a prender sonno. Al suo fianco, la piccola Esmeralda singhiozzava sommessamente.

      “Il vento non è crudele, Esmi” sussurrò con affetto l’anziana foglia. “Gioca fra i rami degli alberi, del tutto inconsapevole della nostra esistenza. E lo stesso vale anche per gli altri! Ti faccio un esempio. Per l’autunno non siamo che labbra di smeraldo sulle quali imprimere baci di ruggine e d’oro! Per il sole non siamo che bersagli contro i quali scagliare dardi di luce! E’ solo per noi stesse, piccola mia, che siamo vive. Ed è per questo che soffriamo ed abbiamo paura. Ma non è il vento ad ucciderci! Non è il sole a toglierci la vita! E’ l’ineluttabilità della morte!”

                        Esmeralda smise di piangere e valutò corrucciata le sagge e complicate parole di Dorata.

                         “Tutto finisce?” domandò poi più curiosa che spaventata.

                        “Si’.” Fu la risposta atona della vecchia foglia.

                        “Anche le stelle?”

       Dorata alzò gli occhi al cielo e quasi rimase abbagliata dal loro lucore. C’erano state notti in cui non era riuscita a scorgerle, ma questo non significava nulla. Le stelle non morivano, questa era la verità. Ma come spiegarlo alla piccola? Perché la morte le risparmiava?

      “Anche le stelle muoiono, Esmi” mentì improvvisamente. “ E come candide lacrime vestite di pizzo, si staccano dal cielo e delicatamente volteggiano nell’aria fino a quando raggiungono la terra.”  Quelli che stava descrivendo erano in realtà fiocchi di neve, meraviglie di cui spesso le avevano parlato i pettirossi, ma questo Esmeralda non poteva saperlo. “E lì, avvolte in un silenzio magico, spirano.”         

      Esmeralda chiuse gli occhi immaginando una dolcissima pioggia di stelle. Quando poi il vento tornò a giocare veemente fra i rami e la strappò con forza dall’albero, la piccola affrontò con coraggio la morte. Vide le sorelle allontanarsi sempre più, ma non gridò né oppose resistenza. In balia delle correnti, piroettò a lungo nell’aria, delicata e silente come un fiocco di neve, poi, pochi istanti prima di sfiorare il terreno, esclamò:

          “Guardami Dorata! Sono una stella di smeraldo!”.

          La vecchia foglia la vide posarsi ai piedi del grande albero e morire. 

           “Avrei dovuto esserci io al suo posto!” pensò con rabbia. “Esmeralda era la più giovane di tutte noi!”

          “Tutto bene?” domandò Bruna con dolcezza, preoccupata per la sorella maggiore.

           “Per la morte ed il destino non siamo che pedine di un gioco di cui non riusciamo a comprendere le regole.” pensò Dorata con le lacrime agli occhi. “Crediamo di essere padroni delle nostre vite, ma non è così.”

Bruna tornò a ripetere la domanda.

          “Sì, tutto bene!” mentì alla sorella. “Ora dormiamo!”

Bruna obbedì. In cuor suo già sapeva come si sentiva Dorata. Era lo stesso sentimento di inevitabilità ed impotenza che tutte loro provavano.

           Il silenzio avvolse nuovamente l’albero.

            Le due vecchie foglie, dopo qualche istante, si avvicinarono l’una all’altra, alla ricerca di conforto reciproco e, sotto un cielo gravido di stelle, si addormentarono chiedendosi quando il vento sarebbe tornato a giocare.  

 

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