Vivere
Mi
lascio guidare da un canto ammaliatore
e
il corpo si libra paziente verso il sole
Di
dune e deserti respiro il tepore
tingo
la vita con petali di viole
Atterro
su un mare di agognanti misteri
la
bocca si schiude gli occhi son fieri
Fervide
fantasie, volo forzato
mi hai condotto tra i meandri di un mondo incantato
Una
tela, colori, arnesi ingialliti
balocchi,
maschere, bauli, vestiti
Nel
soffitto del mondo ardisco le trame
invento
le mura del mio caldo reame
Le
farfalle danzano sopra la mente
l’artefice
di placa, il cuore si pente
Fuggire
dal mondo è una follia
anche
laggiù la vita può esser pia
Allora
sollevo il docile destriero
vedo
svanire l’ammaliante pensiero
Storia
tu sei maestra di vita
eri
e rimargini ogni ferita
Viver
sulla Terra è difficile però
con
amore e rispetto tutto si può
Mentre
invochiamo un mondo migliore
certo l’esistenza ha più dolce sapore
Tutti i diritti riservati. I testi sono coperti dal diritto di autore.
Solo 10 minuti trascorsi dall’ultima carezza
Rimango immobile sui quadri delle mie lenzuola
E provo a fissare qualcosa che mi parli di te
Il tuo sapore mi scivola addosso più melodioso di una ninnananna
Hai acceso in me il sacro fuoco della passione
E, devota vestale, la mia fiabesca lo protegge
Amore mio che gli hai fatto a questo corpo?
Al tuo cospetto non consce pudore alcuno
Si svela e si rivela nudo e perfetto nella sua miseria
Se ogni lembo della mia carne potesse parlare
Svelerebbe il tuo odoro
Nella tua foga ti erti divino
Trasporto e piacere ti solcano il volto
Rughe nette e forti sorridono alle tue labbra carnose
Sento l’incomprimibile impulso di nutrirmi di te
La voglia di morderti si arrampica sul petto, quasi mi soffoca
La voglia di sentirlo dentro è una sublime follia
Ma il mio ventre è pazzo, pazzo di te!
Avverto le macchie della lussuria
E temo le fiamme dell’Inferno
Sei tu il mio peccato più dolce
La mia ansia, il mio pentimento
Annientami, sconfiggimi, trafiggimi
Il desiderio mi accende come rogo ardente
Il miele dei tuoi occhi, si! È lui il colpevole…
Lui sa che sono golosa di quello sguardo
Della libidine traboccante, linfa della mia bramosia
Prendimi con tutto il furore che sei
Consumami, fiaccami, sfiniscimi
Stremata!…
Adagiami al tuo fianco
Sui quadri delle mie lenzuola
E, mentre la Luna saluta il Sole,
stretti ad attendere che l’ambra luce asciughi i volti madidi
attendi che il sonno mi colga portando con sé l’oblio della
lussuria
poi chiudendo le lucenti palpebre raggiungimi
nell’intimità di un sogno: la mia vita insieme a te.
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Seduto
sul divano, rannicchiato come un pulcino, tremi, striata foglia autunnale,
accogli in un saldo abbraccio le esili gambe. Ti ricordo da sempre così, magra
e titubante sorretta solo da una grande voglia di vivere che tu palesavi con i
tuoi languidi sorrisi, le tue smorfie di disapprovazione i tuoi gestuosi
capricci.
Si,
mio tesoro, tutto di te è una delizia: gli occhi grandi e profondi color
dell’oceano, il nasino all’insù vispo e civettuolo, la bocca sottile e
rosea. Mia rara bambola di porcellana dalla pelle d’avorio, sei bella come una
dea, fragile come un agnellino eppure non più bambina. Mentre i tuoi boccoli di
mogano cominciano a cadere sulle spalle lunghi fluenti non mi accorgevo di
quanto la tua figura si arrotondasse nel corpo di una donna; non vedevo, non
capivo che maturavi in un fascinoso e sensuale drappo di seta.
Sei
sempre stata il mio orgoglio; posavo lo sguardo fiero e vigile sul tuo capo
chino sul guanciale e mi compiacevo di un mistero così penetrante, un mistero
di cui mi sentivo artefice: sei un miracolo, amore mio, il mio miracolo!
Ed
ora, mentre busso alla porta dei tuoi pensieri, mi sento come un intruso, come
un bandito, sento di profanare il tuo silenzio e dentro sono fiume in piena.
Se
solo potessi, figlia mia, piangerei a dirotto!
Diventerei
piccolo ai tuoi occhi, ma noncurante di ciò, cercherei le tue coccole come se
fossi tu a dovermi consolare, tu per una volta ad aiutare me! Perché mentre mi
siedo di fronte e guardo il tuo ventre, mi sento niente.
Vorrei
sfiorare il tuo pancino pensando a quando eri piccolina e venivi a rifugiarti
tra le mie braccia dolorante, con il tuo orsacchiotto appoggiato al petto.
Invece ora, figlia mia, ho paura anche di accarezzarti. Ho paura come un bimbo
teme il buoi. Ho paura di sentire la vita crescere in te! Perché, perché,
perché hai lasciato che qualcuno entrasse in te?
Vorrei
urlare come un padre forte, autoritario, intransigente, ma nel vederti così,
spaurita, immobile, la mia ira si placa ed il cuore è inondato solo da
angoscia. Piccolo tesoro muto e gracile, fissi il vuoto ed in un attimo tutta la
tua vita mi passa davanti.
Ricordo
come con curiosità sfioravi il mondo che ti circondava, lo facevi sempre
cantando. Attrice, danzatrice, pittrice, paladina strenua dell’arte. Ti
osservavo stupito e mi convincevo che le muse, le Grazie avessero riposto in te
le loro speranze ed i loro sogni di gloria. Hanno donato una creatura caparbia,
abile, buona e mite alla Terra, ma non hanno intuito che affidandoti ad essa,
avrebbero imprigionato la tua bella anima in un corpo. E la carne, è noto
s’infiamma, si ferisce, ama, sente, tocca. E così, gemma, regina di questa
trapunta di stelle che si erge al di sopra di noi, il tuo istinto è venuto alla
luce portosi ero dal desiderio: ti sei macchiata del tuo sangue e addosso
strozzi la mia serenità.
Senza
respiro continuo a scrutarti: riesco solo a pregare. Pregare che quell’infido
seme non abbia attecchito nella morbida caverna. Prego perché mai più
leggerezza alcuna possa annebbiare la tua mente, perché tu sappia vivere senza
traumi né rancori, perché tu abbia tempo di affrontare le gioie della vita al
momento opportuno senza doverti privare di alcuna emozione, perché impavido
gabbiano tu possa volare tanto in alto e possa allo stesso modo decidere di
adagiarti sul mare ogni qualvolta tu debba riposare le membra spossate dalle
fatiche.
Perché
Dio capisca che sei ancora la mia bambina, che hai ancora bisogno di giocare e
sognare, perché capisca che non sia ancora pronta per diventare madre.
Con
affetto
Tuo
Padre
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