ABBONDANZA E PLURALITA’

Nuove associazioni tra vecchi concetti: gruppo, abbondanza, benessere e pluralità, messi a confronto dall’emergere della soggettività e della mentalità periferica direte.

di Enzo Spaltro

Università di Bologna

Corso di Perfezionamento in Teorie e Tecniche di Gruppo, Bologna, Dipartimento di Organizzazione e Sistema Politico, 7 febbraio 2000

1 Oggi certe cose non sono più facoltative, optional o lussuose, tali cioè che se il soggetto non le usa, pur restando titolare di un progetto di benessere a questo benessere ci arriva Io stesso. Oggi queste cose sono necessarie, basiche, quasi ontologiche, cioè costituenti l’essenza stessa della soggettività, del diritto cioè umano ad essere benestante. Senza di loro il soggetto al benessere non ci arriva mai. La decriminalizzazione del benessere ha così reso diritto ciò che era solo fortuna, ha reso prodotto del progetto umano ciò che é stato per millennio gentile concessione del potere, frutto della bontà del potere inteso come necessario e quindi legittimato nel suo autoritarismo obbiettivista e sacro. Quali sono queste cose? Come possiamo individuarle e regolarci di conseguenza? Una di queste è l’idea di gruppo, il concetto di gruppo, vietato dai codici penali, dalle polizie e dalle teologie di tutto il mondo, messo in relazione col politeismo, la lesa maestà, l’oggettività e la verità. Un’altra di queste cose è l’idea di rete, ricorsiva ed anautoritaria: periferia e non centro, soggettiva e non oggettiva. Un’altra cosa ancora e l’idea di abbondanza, considerata contraria ad ogni valore, che è invece stato messo in stretta connessione con la scarsità, la povertà. la limitatezza. Sino ad arrivare alla felicità, che, come si sa, non è di questo mondo.

 

2 Sembra così che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole. Ovvero occorre che tutto cambi perché nulla cambi. Ciononostante il mondo va avanti con rinnovate modalità. Così il conflitto tra sé ed altri ritorna fuori ciclicamente nella storia dell’umanità. In effetti siamo usciti dal secolo del collettivo e siamo entrati nel secolo dell’informatica. Ci sembra di aver conquistato lo spazio e di potere conquistare il tempo. La pluralità caratterizza sempre di più la soggettività e per questo la psicologia, scienza della soggettività, stenta a comprendere e influenzare questa doppia natura collettiva dello psichico. Caratteristico a questo riguardo è il caso del comportamento di rete, dell’apprendimento direte, della mentalità “ricorsiva” direte. Se ne è parlato molto negli ultimi tempi, ma non si è sottolineato sufficientemente il concetto per cui un modello di rete ha bisogno di una psiche abbondante. Quindi di una psicologia dell’abbondanza e del benessere, quella che ultimamente si comincia a definire come “psichica”.. Ciò vuoi dire che il comportamento di rete richiede una mentalità, una psiche, una modellistica, un dispositivo mentale specifico, benestante ed abbondante.

 

3 Ciò caratterizza la trasformazione delle società basale sulla povertà e sulla scarsità di risorse in società basate sulla loro ricchezza ed abbondanza. Per cui oggi Io sviluppo del benessere degli uomini passa attraverso al doppio equilibrio dinamico tra abbondanza e scarsità. Il conflitto tra sé e gli altri diventa prima il conflitto tra individuo e gruppo e successivamente quello tra abbondanza e scarsità. L’abbondanza è simbolicamente plurale ed i legami simbolici esistenti tra gruppo. abbondanza e pluralità sono molteplici, tanto da poter rilevare come i rapporti tra pluralità ed abbondanza abbiano un legame stretto. Per i fautori della cultura di benessere, questi si dovrebbero considerare come il punto di partenza di ogni mentalità di rete. D’altronde sembra essere intuitivo che il più è più abbondante dei meno e che il meno è più scasso dei più. il gruppo è più abbondante dell’individuo e ‘individuo è più scarso del gruppo. Ciò porta ad impossibili decisioni, a contraddizioni difficili ed a conflitti quasi costanti tra benestanti e malestanti.

 

4 Tale conflitto richiede una mentalità dualistica e di specifica qualità il conflitto individuo/gruppo e scarsità abbondanza. Ma questa constatazione porta con sé alcune importanti conseguenze. Possiamo così cominciare dall’ipotesi per cui un modello conflittuale e dualistico (della doppia verità, del doppio gioco, del doppio canale di comunicazione, ecc.), sia preferibile nelle analisi “abbondanti” della realtà sociale, mentre un modello più tradizionalmente unitario (dell’unica verità-gioco-canale) sia invece preferibile nelle analisi “scarse” della stessa realtà. L’abbondanza va quindi d’accordo con la pluralità-gruppo, mentre la scarsità va d’accordo con la singolarità-individuo. Abbondanza e scarsità sono peraltro da considerare opzioni soggettive, del tutto disconnesse dalle condizioni obbiettive esistenti. Ridurre l’abbondanza, significa perciò “scarsificare”, ed oggi questo processo sta acquisendo importanza particolare specie se diventa il motivo dell’analisi della riduzione dell’abbondanza e diventa così un processo che possiamo appunto definire di “scarsificazione”.

 

5 Il contrario della scarsificazione, tipica della società povera, si chiama “moltiplicazione” e storicamente gli uomini si sono intensamente dedicati a meccanismi ed azioni “moltiplicatorie” (come per es.il denaro). Ma tale funzione moltiplicatoria è stata delimitata a piccolissime frange della società che ha tenuto sempre fuori dai processi di moltiplicazione delle risorse la stragrande maggioranza della società. Una delle cose essenziali che ogni potere ha preteso è stata quella di avocare a sé i processi di moltiplicazione delle risorse, Il conflitto tra scarsificazione-rarefazione e moltiplicazione è perciò sempre stato doppio, se si considera la funzione della scarsità nel mantenimento del potere. La cultura risente di una tale origine conflittuale del benessere e delta ricchezza. Così si cerca l’abbondanza ma la si rifiuta per paura del potere altrui. Così si combatte la scarsità, ma la si produce per attaccamento al nostro potere-privilegio basato sulla debolezza altrui.

 

6 Il potere nostro e la debolezza altrui porta alla distinzione tra bisogni e desideri, I bisogni sono più “pesanti” dei desideri i quali sono più “leggeri”. Perché i bisogni sono più soggetti a frustrazione ed i desideri invece sono più facilmente soddisfacibili. La dualità motivazionale si colloca infatti qui tra l’abbondanza dei desideri e la scarsificazione degli stessi. Tutti noi abbiamo paura dei nostri desideri. Ed allora come possiamo incentivare la motivazione senza correre il rischio dello scoppio dei desideri? Possiamo chiedere ai soggetti di interessarsi alle cose e poi di controllare questi loro interessi entro “certi” limiti? Se per esempio chiediamo ai lavoratori di pensare come possiamo pretendere che loro non pensino quello che vogliono? Come possiamo incentivare la motivazione al lavoro scarsificandola e rendendola pregevole solo perché scarsa? Come possiamo produrre lavoro e renderlo abbondante se il suo valore dipende da la sua scarsità e dalla conseguente necessaria disoccupazione? Possiamo aumentare la motivazione senza deprezzarla perché abbondante ed incentivata, senza distruggerla nel tentativo di renderla scarsa e quindi pregevole solo in quanto difficile e disincentivata?

 

7 La condizione di rete, essendo moltiplicatoria, tende ad essere abbondante: ed allora come può aumentare il suo valore? Se il valore è determinato dalla scarsità, almeno nella società scarsa da cui proveniamo, come si può lanciare l’abbondanza mediante la scarsità? Questo paradosso tende a bloccare Io sviluppo psichico ed economico delle società in trasformazione ed a rigettarle nelle braccia delle classi potenti e scarsificanti i beni altrui per poter aumentare quelli propri. Eppure paradossalmente la rete propone un valore basato sull’abbondanza e non sulla scarsità. E così facendo stravolge sta la costante abitudine del potere vigente e scarsificante, sia dimostra l’utilità del pensiero duale che proclama la scarsità e pratica l’abbondanza come valori. E’ allora davvero necessaria la scarsificazione per la produzione della ricchezza? E’ evidente come la mentalità di rete dia delle risposte precise a queste domande e come il significato ricorsivo, an-autoritario e plurale della rete ne fa un concetto rivoluzionario, amatissimo e temutissimo dal potere che formalmente non può più vietarla, ma che di fatto la ostacola continuamente.

 

8 La funzione della scarsità è stata fondamentale negli ultimi millenni. Gli scarsificatori tradizionali (politici, sacerdoti, scienziati, ecc.) ci hanno continuamente proposto nuove torme di scarsità. Siamo da millenni abituati all’idea di risorsa scarsa, tanto da affermare che il valore di una qualsiasi merce è inversamente proporzionale alla sua quantità. L’economia é stata per questo definita spesso come la scienza che studia i beni scarsi, ovvero la scienza del valore. Ed é anche stato detto che il valore di un oggetto dipende dalla relazione che questo oggetto ha con una persona. Il valore della persona viene spesso infatti attribuito alle cose. Possiamo chiamare questo fenomeno “effetto reliquia”, essendo la reliquia un oggetto che riceve valore sacro dalle relazioni con persone rilevanti che vengono attribuite all’oggetto. La reliquia infatti, avendo una relazione con un santo, esprime la santità ed ha un valore simbolico elevato: il valore di una relazione di una persona con un oggetto determina il valore di questo oggetto: questo è il parere dell’economista Storno Maital, dell’Università di T. Aviv. L’effetto reliquia vale per tutti i beni scarsi, perché basato sulla scarsità del personaggio guida, dalla cui relazione col bene, dipende il valore del bene stesso, che è socialmente pregevole perché poco disponibile. Vale anche per la rete l’effetto reliquia?

 

9 Tre tabù hanno contraddistinto la mentalità feudale scarsa e malestante. Per millenni, quella che qualcuno ha definito l’era dell’autoritarismo, dell’obbiettivismo, altrimenti pensabile come la cultura della scarsità ha prodotto, imposto e difeso tre pilastri della società feudale, derivante direttamente da Dio e dal potere metafisico, opaco e non negoziabile. I tre pilastri dell’assolutismo sono stati: la proprietà ereditaria, la guerra e la religione. Questi tre pilastri o funzioni corrispondettero per millenni ai ruoli che nella famiglia feudale avevano i suoi componenti e cioè composta dal padre per fuori dalla famiglia e per l’obbiettività ,la materialità e il potere, dalla madre per dentro e per la soggettività l’immaterialità e la manutenzione, e dai figli maschi rigidamente programmati,: il primo per la proprietà ereditaria, il secondo per la guerra e il terzo per la metafisica e la religione, I tigli dopo il quarto e le donne tutte non avevano né spazio, né funzione, né ruolo. Questo meccanismo basato sui tre pilastri dell’eredità, della guerra e della religione servì come modalità ottimale di sopravvivenza per gli uomini della società povera, autoritaria e metafisica, durata diversi sécoli in quasi tutte le parti del mondo, ma è ora in rapido dissolvimento. La scarsità è stata così controllata mediante norme rigide e cerimoniali immutabili. Ma questo controllo non riesce più a funzionare in clima di abbondanza. Perché l’abbondanza ed il benessere stanno velocemente sconvolgendo questo tipo di organizzazione sociale. I ruoli sono ora molti, non solo tre. C’è quasi un ruolo per ciascuno perché l’abbondanza investe anche relazioni e ruoli, tradizionalmente scarsi ed ora abbondanti. Anche la famiglia cambia la sua natura.

 

10 E’ evidente che fintanto ché il valore deriva dalla scarsità, la produzione di valore quasi sempre coincide con la produzione di scarsità. La scarsità di relazioni determina così l’effetto reliquia La reliquia è infatti una forma di feticismo che fa considerare preziosi oggetti appartenenti a persone “scarse” perché scomparse, irraggiungibili, lontane, metafisiche. Ma sacralità viene così scarsiticata e resa appannaggio di pochi. Alcuni economisti hanno sostenuto essere il valore una traduzione della relazione di una persona con oggetti o prodotti. Perché la ricchezza si riferisce a beni scarsi, in questo contesto culturale. E per questo da sempre la scarsificazione e gli scarsiticatori sono considerati sinonimi di produzione e di produttori di ricchezza. Ne deriva che la distruzione dì relazioni può essere considerata come necessaria per la produzione di ricchezza nella società scarsa. La cultura fa diventare reliquie tutte le relazioni scarse e tende così a scarsificare le relazioni per poterne mantenere od aumentare il valore. Gli scarsificatori rendono quindi “rari” beni, servizi e relazioni nel desiderabile tentativo di creare ricchezza. E spesso ci si lamenta di soffrire la fame per mancanza di cibo, proprio quando si distrugge il cibo per mantenere alto il livello dei prezzi. E così si tenta di creare ricchezza agendo soltanto sul valore derivante data scarsità. Il paradigma dell’unità, dell’oggettività, della repressione serve così a creare ricchezza. Anche la scarsificazione di relazioni rende preziose le relazioni e le predispone così ad essere strumento di dominio, di paura e di potere. Oggi la scarsificazione sta però mostrando i suoi limiti e le sue impossibilità.

 

11 Per molti motivi però per millenni la scarsificazione e gli scarsificatori sono stati il modo più usato dal potere per controllare le masse. Gli scarsificatori sono stati da sempre dei “sacerdoti” cioè dei controllori dei desideri e della loro tendenza alla soddisfazione. Per impedire la loro soddisfazione, gli scarsiticatori hanno usato innanzi tutto la scarsità obbiettiva, distruggendo ricchezza con guerre od accumuli totalizzanti (es. l’idea di “municipio” raccolta dei doni, esistente nelle piccole comunìta o dì monarchia assoluta e divina nelle grandi comunità, il Sacro Romano Impero). Un’altra modalità è stata quella di trasformare i desideri in bisogni dosandone la soddisfazione e quindi la frustrabilità loro in una serie pressoché infinita di pratiche sociali, di tempi e luoghi di soddisfacimento sino alla creazione di caste, classi e stratificazioni sociali, tutte basate sulla possibilità differenziata di soddisfazione dei bisogni. La libertà dal bisogno ha assunto così per molti decenni il valore simbolico di libertà. E la trasformazione del bisogno in desiderio si può dire abbia aperto la strada all’epoca attuale, quella del desiderio. Questo sta avvenendo però con il rallentamento dei processi di scarsificazione e con l’avvento dell’ideologia dell’abbondanza.

 

12 Stiamo assistendo ad una veloce e continua trasformazione dei desideri in bisogni (e anche viceversa), I bisogni sono qui concepiti come desideri a bassa speranza di soddisfazione e ad alta frustrazione e frustrabilità, mentre i desideri sono concepiti come bisogni ad alta speranza di soddisfazione ed a bassa frustrazione o frustrabilità. La scarsificazione rappresenta così una delle modalità più frequenti di controllo sociale, proprio perché aumenta il numero di bisogni rispetto a quello dei desideri ed aumenta anche la loro frustrabilità. Le élite scarsificano i beni, le relazioni ed i servizi abbondanti per poter meglio controllare le masse. il malessere infatti consente maggior controllo sociale del benessere perché la scarsificazione squilibra a favore del malessere l’equilibrio abbondanza/scarsità. In queste condizioni il controllo sociale è evidentemente più agevole. Una rete permette una maggiore presenza di desideri, come è tipico di ogni condizione di potere a somma diversa da zero.

 

13 Oggi viviamo inoltre un passaggio graduale ed inarrestabile dalla fruizione di beni materiali a quella di beni immateriali, da cui deriva la centralità dei servizi, del settore terziario e della creazione di abbondanza e di gestione di desideri. Lo scoppio dei desideri, che tornisce la base ideologica ed economica della società del benessere, rappresenta la massima trasformazione della qualità del potere che si sia avuta nel corso della storia umana. Ciò non ostante per quanto si attenda una rapida trasformazione in senso positivo della qualità della vita, i tatti dimostrano come tale trasformazione non sia né così rapida né così positiva come la si vorrebbe. E non ostante l’accusa che viene ovviamente fatta ai ricchi di impedire il benessere per paura che il poco maggior benessere dei molti travolga ed annulla molto benessere dei pochi, sembra essere invece proprio la resistenza dei poveri al benessere ed il loro spesso inspiegabile attaccamento al malessere ed alla sua psicologia a dominare la scena di questo avvento, non del tutto indolore, della società abbondante futura: i poveri spesso assurdamente rifiutano il benessere.

 

14 Per comprendere questa apparente assurdità occorre ricordare la logica del conflitto. Oggi è in atto il superamento del conflitto vigente e centrale tra ricchi e poveri ed il conflitto emergente e periferico e quello tra cittadino e stato. il primo scarsiticatore, Io stato, è oggi sotto accusa perché, come è già successo per l’idea di organizzazione, i soggetti, titolari di un’ipotesi di benessere, della nostra epoca, non accettano più l’idea del collettivo, stato compreso, repressivo e nemico e pretendono e lottano per un collettivo ed uno stato espressivo ed amico. L’idea di gruppo e direte hanno segretamente dentro di loro il nocciolo dell’espressività possibile, del collettivo che ascolta.

 

15 La conoscenza di alcune modalità di produzione della ricchezza, una definizione della produzione stessa ed una previsione minimale sul futuro della ricchezza degli uomini sembrano utili per proseguire questo discorso. La ricchezza nasce dalla distribuzione, sia a livello individuale che collettivo, di un bene; ed oggi i beni distribuibili sono di tre tipi: beni materiali, servizi ed informazioni. La ricchezza nasce dal produrre beni, servizi ed informazioni. La ricchezza aumenta con la distribuzione nel tempo e nel luogo di tutte queste risorse che permettono una migliore qualità della vita: semplificando possiamo definire la sequenza con: cibo in partenza, denaro poi, servizi in arrivo.

 

16 Oggi il denaro si sta concentrando sull’immateriale, cioè sui servizi più che sui prodotti e sposta il conflitto dal lavoro alla cittadinanza. Il conflitto tra cittadino e stato è quello più forte oggi ed ha spostato la centralità dal lavoro (la repubblica italiana fondata sul lavoro!) sulla centralità del benessere, che fa salire enormemente il valore della formazione, dato che il benessere non esiste e va inventato momento per momento. Inoltre il legame (e conseguente passaggio) tra denaro e servizio provoca un aumento della corruzione, cioè del ricatto sul benessere. Se non si ottiene denaro (cioè benessere) non si permette benessere (cioè denaro). Questo circolo vizioso porta all’assurdo per cui mentre il denaro dovrebbe declinare di importanza nelle società abbondanti, diventa fonte di sempre maggiore conflittualità. Ciò spiega il perché nell’uso dei modelli a rete aumentano l’abbondanza, la conflittualità e la difficoltà relazionale. Pur essendo chiaro che il benessere migliora, il clima peggiora paradossalmente.

 

17 Il clima è l’aria che “tira”, quello stato d’animo di gruppo che possiamo considerare il moltiplicatore relazionale delle motivazioni. Perché tramite le relazioni l’energia psichica si convoglia e si trasmette su nuovi oggetti d’amore, producendo ricchezza. cioè benessere soggettivo. Una condizione di atto investimenti energetico corrisponde ad un cima diverso da quello che presenta un basso investimento energetico. Almeno in termini di produzione di benessere. Infatti il clima è quello stato che utilizza la psichicità, intesa come energia psichica, come campo psichico o vitale, quindi come origine di benessere. La psichicità che deriva dal clima è l’energia con cui vengono fatti gli investimenti psichici e le distinzioni tra soggetti produttori ed oggetti consumatori di energia psichica. In definitiva la creazione di ricchezza psichica e di benessere soggettivo dipende dalla distribuzione di psichicità. Oggi il mondo relazionale dei desideri rappresenta il fattore emergente, basato sull’energia psichica e sulla prevalenza della fantasia sulla percezione, dell’estetica sull’etica, del progetto sul destino. Il clima, come sentimento di piccolo gruppo e di appartenenza ad un’entità comune, rappresenta il punto di riferimento degli investimenti psichici sugli oggetti d’amore, rappresentati dalla produzione di beni sempre più immateriali, sempre più consistenti in servizi e tendenti al benessere soggettivo degli uomini ed, almeno utopisticamente, di tutti gli uomini. Il clima che oggi si sta sviluppando è quello della soggettività, che è per sua natura fondata sulla mentalità a rete e che quindi da un lato attira, da un altro fa paura. Un clima soggettivo non sempre è gradevole anche se di solito è produttivo per il benessere che, come è oramai noto, è prevalentemente di natura soggettiva.

 

18 L’emergere del soggetto è però spesso caratterizzata da una condizione di maggiore ostilità. L’inizio del viaggio ignoto dentro alla soggettività porta infatti spesso gli uomini ad essere aggressivi ed a proiettare sugli altri la propria aggressività, trasformandola in paura la quale determina un richiamo di ulteriore energia psichica e quindi provocando maggiore aggressività e via dicendo. Questo circolo vizioso delle società e delle psicologie scarse, che diventano aggressive di fronte all’idea di soggettività, oggi sta proponendo comportamenti assurdamente autodistruttivi, capaci di distruggere in partenza le possibili invenzioni di benessere soggettivo e le nuove torme di ricchezza. La resistenza al benessere, che viene inteso spesso come una forma di sciupìo della psichicità o della risorsa psichica, considerata scarsa alla pari della risorsa fisica, porta alla difesa contro il benessere ed all’aggressività contro coloro che lo impersonano, che vengono così irrazionalmente associati all’idea di sfruttamento e di distruzione di risorse.

 

19 Paradossalmente la gente spesso sta bene (cioè meglio) quando si ripropone l’idea di star male (cioè peggio). La ricchezza economica ,ed ancor meno quella monetaria, non è più sufficiente a legittimare questo paradosso: l’assurdo non può più essere nascosto. Ciò significa che andremo incontro ad un periodo crescente di malessere. In modo che tutto avvenga come previsto: la vita è una valle di lacrime! L’idea che nuove forme di ricchezza (come del resto la storia ci mostra chiaramente) potranno trasformare il temuto salto nel buio in un miglioramento di qualità di vita non viene preso in considerazione. E se questo succede la gente ne ha una grande paura. Il benessere è essenzialmente un sentimento di aumento di soggettività. Da qui lo straordinario sviluppo del livello virtuale, dell’informatica dei modelli a rete che danno un senso di benessere, di sovranità e di potere maggiore del solito. Il fatto stesso che si parli spesso di “viaggiare” nelle reti informatiche, dimostra l’aumento della soggettività che in queste azioni viene vissuto. La rete fa star bene, cioè meglio. E si porta con sé il benessere del soggetto, le paure che questo provoca, il cambio della qualità del potere e via dicendo.

 

20 Marx ed Engels hanno scritto nella sacra famiglia che “se l’uomo è formato dalle circostanze, occorre formare umanamente le circostanze”. Però gli uomini non sono riusciti ancora riusciti a spiegare cosa si intenda per “umanamente”. il tentativo di spiegare secondo una logica economica e scarsa le origini del comportamento umano fu concepito come un mezzo per umanizzarne la qualità, In realtà tale qualità è stata disumanizzata perché resa solo obbiettiva. Gli uomimi spesso per umanizzare hanno disumanizzato. Essendo il soggetto un progettista di benessere, si è voluto dare ai soggetti un benessere “obbiettivo”. Ciò ha portato continuamente a distruggere il benessere presente (l’unico benessere possibile) in nome del benessere futuro. Lo sforzo per togliere al benessere la sua fondamentale naturale erotica e di piacere ha condotto all’idea di un benessere metafisico, al di fuori della portata della vita umana (i vari paradisi). La felicità è stata concentrata in Dio, non in questo mondo, eccetera. E questo è servito a preservare nei secoli l’idea fondante di scarsità. L’abbondanza era banalità, senza valore.

 

21 Oggi l’idea di abbondanza, quella bella e futura sta spezzando questo meccanismo di conservazione. Essa sta trasformando il dilemma fisico-metafisico in quello fisico-psichico, riaffidando al soggetto il ruolo di protagonista di cui era stato espropriato. L'espropriatore era stata l’idea di scarsità, che partiva dall’idea di classe dominante (che doveva essere scarsa) ed era sostanziata dall’idea di oggettività (cioè dalla soggettività dei potenti). Ieri la scarsità, buona e passata aveva puntato tutto sull’oggetto, creato con funzione immobilistica ed istituzionale. L’inconfessabile voglia dei potenti di costringere gli altri a funzioni schiavizzate e subalterne aveva sviluppato questa idea di etica, norma, bontà oggettivamente. Il soggetto allora si è visto costretto a progettare il proprio benessere in clandestinità, dichiarando il proprio dispiacere nello stare bene e mitizzando il malessere come modo di “ascesa e di miglioramento” tramite il dolore. Il conflitto tra oggetto e soggetto venne spostato in quello tra ragione ed emozione, dando a quest’ultima un valore negativo ed abbondante. Il soggetto oggi progetta al di là della scarsità della ragione, fondando il proprio benessere sull’abbondanza dell’emotività. Il soggetto costituisce oggi il centro della futura psichicità, che rappresenta l’energia che produce ricchezza sempre più immateriale e basata sui desideri ed il loro circolo virtuoso. L’abbondanza oggi diventa disponibile per soggetti sempre più capaci di progettarsi e realizzarsi in modo autonomo: la bella abbondanza sostituisce la buona scarsità.

 

22 Come conseguenza del prevalere dell’estetica sull’etica cambiano i processi di scarsificazione e di moltiplicazione. Così lo scarsificatore non è più la norma, ma la relazione. Per cui le belle relazioni sono fonte di abbondanza e le buone relazioni invece fonte di scarsità. Inoltre l’autonomia é fonte di relazioni e non di solitudine. L’abbondanza provoca anche nelle relazioni benessere e non malessere. Il benessere è fatto di relazioni multiple entro le quali si raggiunge il benessere. Non da soli quindi, ma autonomamente. Non da oggetti, ma da soggetti. In condizioni in cui l’emotività fa meno paura ed esprimersi é meno pericoloso. La rete aumenta la soggettività: la didattica a rete va di conseguenza. Una diversa qualità del potere permette una diversa espressione dei sentimenti. Le reti agevolano le soggettività. Le reazioni sono quindi note perché sono quelle verso le soggettività, verso tutte le infinite soggettività possibili, Il potere le combatte con ogni mezzo, dichiarato e non. La gioventù le ama appassionatamente ed in questo sta la loro forza. Ma anche l’origine del conflitto tra scarso e abbondante (sacro e profano?). Jacob Moreno, pensando al conflitto tra parola ed azione nel primo dopo guerra a Vienna si chiedeva: chi sopravviverà? Possiamo riporci la stessa domanda a proposito della mentalità direte e della psiche abbondante al bivio-conflitto-dilemma tra moltiplicazione e scarsificazione, tra fine dell’autoritarismo e creazione di una nuova aristocrazia? Chi sopravviverà?

 

23 Non ci sono molti dubbi in proposito. Se si riesce ad uscire dalla razionalità del sopravvivere e si sviluppa il sentimento del vivere, in abbondanza e pluralità, con influenze parallele creano i modelli di rete, abbondanti e plurali. La conseguenza di questo emergente modello di rete contribuisce a costruire una funzione nuova della psicologia, anzi della psichica. Crollato il modello malestante totalizzante e monopolistico, (il voler essere tutto!) nei confronti della soggettività, si propone oggi il modello benestante ricorsivo e partecipatorio (il voler essere parte!) basato su una soggettività nuova e parziale e quindi abbastanza irriducibile con le normali ed attuali modalità terrorizzanti che impongono (nella politica, nella religione, nella scienza, nei consumi, nelle comunicazioni, ecc.) un’obbiettività esasperata che altro non è che la soggettività del potere imposta come obbiettiva a chi il potere non ce l’ha e quindi lo subisce.

 

24 Il modello direte ha poi tre specifiche declinazioni in campo lavorativo (tre diverse psiche o mentalità potremmo dire): una è la psiche dell’apprendimento, che ha lasciato da parte il modello magistrale ed ha imboccato la difficile strada del modello partecipatorio, come quello direte evidentemente, un’altra è la psiche del pluralismo, che ha lasciato da parte il modello del grande uomo ed ha imboccato la difficile strada del modello di gruppo, come la moderna organizzazione “climatica e fatta in casa” chiaramente mostra, ed infine un’altra è la psiche dell’abbondanza, che ha lasciato da parte il modello del bisogno e del malessere come origine prevalente dei consumi ed ha imboccato la strada dei desideri e del benessere come comportamento consumatorio, non solo e semplicemente manipolato e criminalizzato, ma per Io più seguito e reso funzionale al benessere dei soggetti.

 

25 Così nella futura psicologia del benessere, più adeguatamente denominabile “psichica” per analogia con la fisica, il modello direte diventa conseguenza ed origine del benessere e dello sviluppo di nuove psiche e mentalità alla fine della nostra era che Slater ha chiamato l’era dell’autoritarismo. La rete abbondante ed autoritaria si pone come mentalità esemplare tra l’abbondanza e la pluralità, tra il benessere, il gruppo e il futuro, che poi altro non sono che differenti facce dello stesso fenomeno psichico: quello dell’emergenza trasparente del soggetto dal mare fittizio delle opache obbiettività passate. Il gruppo (cioè il futuro) é così an-autoritario e non innocente. Propone la fine della sacralità del potere e la sua origine umana. Propone la funzione della pluralità come creazione di benessere e non come pura ripartizione dello stesso. Propone una ridistribuzione delle risorse. Per questo non è innocente perché propone di “nuocere” cioè di avere potere. Capace quindi di produrre o di impedire cambiamenti. Plurali ed abbondanti perché benestanti e di gruppo.

 

 

 

 

Bibliografia consigliata per lo studio dei piccoli gruppi

   

AA.VV. Le groupe, la rupture, Change, Seuil, Paris, 1970

Ambrosini M. lì profumo delle parole, Esculapio, Bologna, 1995

Ambrosini M. il clima metatorico sensoriale misurato in due organizzazioni volatili, Psicologia e lavoro, 1995, 111

Ambrosini M. Bernardi F. Benini 8. New jobs and old mentality: working invirtual groups and in tace-to-tace groups, in Anderson N., Avallone F., Vertiainen M. eds. lnnovations for Work

Organization and Wellbeing, Hogrefe & Hober, Gottingen, 2000

Amovilli L. Imparare ad imparare, Patron, Bologna, 1994

                  Appley D.G. Winder A.E. T-groups and therapy groups in a changing society,

 Jossey Bass, 8. Francisco,1973            

                       Argyle M. Henderson M. The anatomy of relationship, Pengu in, Harmondsworth, 1985

Avallone F. Gemelli M.G. Il senso del futuro, Ediesse, Roma 1994

Bauleo A. De Brasi M. 8. Clinica gruppale, clinica istituzionale, li poligrato, Padova, 1994

              Berne E., The Structure and Dynamics of Organizations and Groups, Lippincott, Philadelphia, 1963

                        Blake R.R. Mouton J.S. Group Dynamics, key to decision making, Gulf PubI. Houston, 1961

Boria G. Spontaneità e incontro, Upsel, Padova, 1991

                Brown J.A.C.. La psicologia sociale nell’industria, Mondadori, BMM, 1961

Brown N. La vita contro la morte, Saggiatore, Milano 1967

Bruscaglione M. La società liberata, Angeli, Milano, 1994

                               Carli R. Paniccia R.M. Lancia F. li gruppo in psicologia clinica, NIS Roma, 1988

                                       Contessa G. ed. Attualità di Kurt Lewin, Cittastudi edizioni, Milano 1998

                      De Biasi M., Bonadimani A. Verso la qualità della comunicazione interattiva, Web Marketing Tools, 13/14.

                         De Leeuw E. The effect of Computer Assisted lnterviewing on Data Quality, Journal of the market Research Society, 1995, 37, 4

             Francescato D. Putton A. Stare meglio insieme, Mondadori, Milano, 1995

Homans G.C. Sociai behavior its elementary forms, Harcourt, Brace, New York, 1961

Kaneklin C. li gruppo in teoria e in pratica, Cortina, Milano, 1993.

                               Kling R. Computerization and controversy, Academic Press, San Diego, Calif. 01995

                          Kraut R. & others, Internet paradox, A social technology that reduces Social lnvolvement and Psychoiogical WellbeiLIg, Am. Psychologist, september 1998, vol.53,n.9

Mantovani G. L’interazione uomo-computer, Mulino, Bologna, 1995

Marocci G. Inventare l’organizzazione, Ed.Psicologia, Roma, 1994

                                 Maturana H. La objectividad, un argumento para obligar, Dolmen, Santiago Cile, 1997

Moreno J. Manuale di psicodrammaAAstrolabio, Roma, 1985

            Morgan G., lmages, le metafore dell’organizzazionè, Angeli, Milano, 1989

Pagès M. L’orientation non directive, .Dunod, Paris, 1965

                                        Schneider B. Bowen DE. Winning the service game, Harvard Business School Cambridge, Mass.1 995

Slater Ph. A dream deferred, Beacon, Boston, 1991

Spadarotto L. Metafora e formazione, FORI Angeli, Milano, n.33, 1997

Spaltro E. Complessità, Patron, Bologna, 1990

         Spaltro E. de Vito P., Psicologia per le organizzazioni, N.l.S. Roma 1991

Spaltro E. Gruppi e cambiamento, Etas Kompass, Mkilano 1969

Spaltro E. Lotta per e lotta contro, Celuc, Milano 1969

Spaltro E. Pluralità, Patron Bologna 1987

Spaltro E. Sentimento del potere, Boringhieri, Torino 1981

Spaltro E. Qualità, Patron, Bologna, 1996

Spaltro E. li Gruppo, Pendragon, Bologna, 1999

                                           Thibaut J.W. Kelley H.H. The social psychology ot groups, Wiley, New York, 1961

Trentini G.C. Il cerchio magico, Angeli, Milano, 1987

 

SOMMARIO