Rosa Sapienza

 

 

 

 

Un anno vissuto con il diavolo

di Rosario Messina

( Dalla rivista " Camillianum " n°22 anno VIII - 2008  )

 

L'articolo del Prof. Moreno Fiori sul Maleficio' ha destato notevole interesse nei lettori e in me ha fatto riaffiorare con prepotenza alla men­te una forte esperienza vissuta per caso in gioventù, durante l'anno di noviziato, a contatto di una giovanissima ragazza posseduta dal diavolo, vittima inconsapevole di un maleficio.

Ho ritenuto pertanto di qualche utilità rendere partecipi i lettori di questa mia prolungata frequenza con il diavolo, dando così anche una prova di fatto e una dimostrazione concreta a quanto il Prof. Fiori as­seriva nel suo articolo "che non ripugna alla ragione la possibilità at­traverso un maleficio, dell'innesco di un influsso straordinario da parte del demonio, sia sotto forma di possessione diabolica, sia in termini di infestazione personale esterna ed interna".2

 

Per dare però una giusta e corretta collocazione alla mia testimonianza ritengo opportuno offrire una preliminare breve catechesi sulla presenza del diavolo nella Storia della Salvezza, dividendo così la mia relazione:

 

a) Il diavolo nella Sacra Scrittura e in alcuni recenti documenti della Chiesa;

 

b) Una esperienza unica e irripetibile vissuta con Rosa Sapienza, posseduta dal diavolo;

 

c) Riflessioni e suggerimenti pastorali.

 

 

 

 

 

 Il diavolo nella Rivelazione Divina,

e in alcuni recenti documenti della Chiesa Cattolica

Il diavolo, la sua esistenza, la sua natura, i suoi poteri, i suoi limiti, la sua azione nel mondo e tra gli uomini, devono essere studiati e compresi nell'unico ambito in cui essi hanno avuto origine e trovato il loro fondamento critico e scientifico, la Sacra Scrittura e la Rivela­zione Divina.Tutta la Bibbia è permeata dalla presenza di Dio e dell'anti-Dio, del­l'autore del bene e dell'autore del male. Il demonio appare nella prima pagina della Genesi in forma di serpente che tenta Eva e la induce alla disobbedienza e nelle ultime pagine dell'Apocalisse in forma di drago rosso che tenta di impedire, ma questa volta invano, la maternità di un'altra donna destinata a riportare su di lui una vittoria completa.Chiamato con nomi diversi: diavolo, demonio, satana, indicano però una unica realtà, tendono a uno scopo solo, frustrare fin dove è possibi­le l'azione salvifica di Dio e infierire contro l'uomo, più debole e acces­sibile, alla sua azione, per distruggere in lui l'opera della grazia e impe­dire la sua salvezza. Dio ha sempre dato una grandissima importanza al nome, quasi a significare il programma e la missione che il titolare do­veva svolgere e portare a termine. Pensiamo ad esempio al nome di Adamo ed Eva, di Abramo, di Gesù, di Pietro.

Così i nomi diavolo, demonio, satana, nomi generici applicabili a tutti che significano avversario, accusatore, menzognero, invidioso. Il soggiorno abituale del demonio è, secondo la Bibbia del Vecchio e Nuovo Testamento, il deserto dove vivono le bestie: "lo spirito immon­do se ne và per luoghi aridi cercando sollievo "(Mt.12,43), nei sepolcri (Mt.8,29), nelle regioni ultraterrene (Ef.6,12).Nella Bibbia poi alcuni demoni singoli sono indicati con nome pro­prio come Belial, Behemoth, Leviathan, Asmodeo, Mammona, Lucife­ro. Il più comune è proprio Lucifero detto "principe dei demoni", che in latino significa "portatore di luce" che ha perso ribellandosi a Dio e che alla fine precipita negli abissi. Lo ricordano in modo particolare Isaia (14,12-20) ed Ezechiele (28,11-19). Nel libro di Giobbe troviamo il Leviathan (Gb. 3,8; 40,25) detto anche drago e serpente fuggiasco; drago rosso nell'Apocalisse (Ap. 12,3); Beliar o Belial citato nel Deu­teronomio (Dt. 13,14) e S. Paolo (2 Cor.6,15) per indicare la potenza del male. Belzebul o Belzebub è il nome di una divinità cananea tra­dotto Baal del letamaio o principe dello sterco. Matteo (Mt.12,24) lo ha citato come principe dei demoni. Behemot (Gb,40,15) identificato come la bestia, bruto. Asmodeo è "colui che fa perire" il "cattivo de­monio" ricordato nel libro di Tobia (Tb.3,8), colui che ha fatto morire i sette mariti di Sara.

A questa breve carrellata biblica vogliamo aggiungere altri partico­lari che si riferiscono al diavolo e che, come pennellate aggiuntive, contengono altri aspetti, sempre deteriori o negativi, della sua persona e della sua opera. Il diavolo è raffigurato negli uccelli che divorano il seme caduto lungo la strada: "poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori perché non credano e così siano salvati" (Lc.8,12). È il nemico che di notte sparge la zizzania nel campo seminato di buon grano: "la zizzania sono i figli del maligno e il nemico che l'ha semi­nato è il diavolo" (Mt. 13,39). È il "maligno" per eccellenza, per essere liberati dal quale Gesù ci insegna a pregare: "non ci indurre in tenta­zione ma liberaci dal maligno" (Mt. 6,13). È lo "spirito immondo" che Gesù caccia dal corpo degli ossessi: "e lo spirito immondo straziando­lo e gridando forte, uscì da lui" (Mc. 1,26). È il "principe di questo mondo" tentatore dei nostri progenitori che con la morte di Cristo vie­ne sconfitto: "ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori" (Gv.12,31), "il principe di questo mondo è già stato giudicato" (Gv.16,11). È il "leone ruggente" che va in cerca della preda da divora­re, "al quale è necessario opporre la valida resistenza della fede" (1 Pt. 5,8). È il serpente antico che si chiama diavolo (Ap.20,2). È il drago che comunica la sua forza "alla bestia venuta dal mare con dieci corna e sette teste" (ap.13,1-2 ). È il tentatore per eccellenza, e solo un'anima avveduta lo può "sfuggire" (2 Cor. 2,11). È colui che ostacola in tutti i modi l'opera degli apostoli: "abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, di venire proprio io Paolo, di venire da voi, ma satana ce lo ha impedito" (1 Tess.2,18; 3,5).

Nelle lettere apostoliche S. Paolo, S. Giovanni, S. Giacomo accen­nano spesso ai "lacci del demonio" da cui i fedeli devono guardarsi per non essere troppo facile preda delle sue insidie e dei suoi inganni. Con­cludiamo questo aspetto con le parole durissime di Gesù contro i fari­sei, i sadducei, gli anziani e gli scribi del popolo che avevano attribuito a Gesù una stretta parentela con il diavolo: "perché voi non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo e volete com­piere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché la verità non è in lui. Quando di­ce il falso parla del suo perché è menzognero e padre della menzogna. A me invece voi non credete perché dico la verità" (Gv. 8,43-45).

A sottolineare la presenza e l'azione del diavolo oggi, è utile ricor­dare alcuni recenti documenti della Chiesa. Anzitutto il Concilio Ecu­menico Vaticano II che parla del diavolo 18 volte sempre con testi cor­redati da citazioni scritturali in riferimento a satana e alla sua attività malefica. Citerò solo tre brani della Costituzione pastorale "Gaudium et Spes-:" "Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine fuori di Dio" (n. 13). "Così l'uomo si trova in se stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Anzi l'uomo si trova inca­pace di superare efficacemente da sè medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ma il Signore stesso è venuto a li­berare l'uomo scacciando il "principe di questo mondo" (ivi). "Tutta in­tera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le po­tenze delle tenebre. lotta cominciata fin dall'origine del mondo, che du­rerà, come dice il Signore (Mt. 24,13;), fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia l'uomo deve combattere senza sosta per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche e con l'aiuto della grazia di Dio" (n. 37). Prima ancora del Concilio il Papa Leone XIII ne aveva parlato in diverse sue encicli­che e lettere apostoliche, accennando anche al culto satanico praticato e promosso da diverse società segrete di chiara derivazione massonica. Per ostacolare l'opera di satana, aveva scritto la preghiera a San Miche­le Arcangelo che i sacerdoti erano tenuti a recitare tutti i giorni al termi­ne della Santa Messa.

Paolo VI il 30 giugno 1968, a conclusione "dell'anno della fede" pubblicava la solenne professione di fede in cui era ribàdita tra l'altro, la verità dogmatica dell'esistenza degli angeli buoni e cattivi. Lo stesso Papa interveniva più esplicitamente il 29 giugno 1972, festa di S. Pietro e Paolo, nell'omelia tenuta nella basilica vaticana, dove affermava di avere la sensazione" che da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio. Crediamo in qualche cosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecu­menico e per impedire che la Chiesa scoppiasse nell'inno di gioia per avere avuto in pienezza la coscienza, di se".Le parole di Paolo VI trovarono subito nel mondo ateo e laicista del tempo un riscontro in parte violento in            parte umoristico. Se ne fece eco il giornalista liberale e laico Vittorio Gorresio che in data 29 luglio 1972, stupito e scandalizzato scriveva sulla "Stampa" di Torino: "Paolo VI crede ancora al diavolo? ed ha coraggio di parlare del diavolo a noi uomini del secolo dei lumi? Non è possibile, non è ammissibile. Si tor­na indietro. Con queste premesse non è possibile continuare un dialogo. Ogni suo colloquio con questo mondo diventa certo difficilissimo..."? Paolo VI per nulla sgomentato per questa improvvisa e stupida rea­zione ancora quattro mesi dopo, il 15 novembre, commentando le paro­le del Padre Nostro "ma liberaci dal male", ritornava sullo stesso tema con accenti ancora più forti e più chiari: "Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa? Uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo il demonio. Il male non è più soltanto una defi­cienza, è una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e perverti­tore. Terribile realtà, mostruosa e paurosa. Esce dal quadro dell'inse­gnamento biblico ed ecclesiastico colui che si rifiuta di riconoscerla esi­stente, oppure la spiega come una pseudo realtà, una personificazione fantastica delle cause ignote dei nostri malanni...".

Anche Giovanni Paolo II nelle sue tradizionali catechesi del merco­ledì non poteva fare a meno di tornare più volte sul tema dell'esistenza del diavolo. Ne riporto solo qualche stralcio: "lo spirito maligno tenta di trapiantare nell'uomo l'atteggiamento di rivalità, di insubordinazione e di ribellione, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza. Respingendo la verità conosciuta su Dio, satana diventa men­zognero cosmico "padre della menzogna". Per questo egli vive nella ra­dicale e irreversibile negazione di Dio e cerca di imporre agli altri esse­ri creati a immagine di Dio la sua tragica menzogna sul "Bene", che è Dio. In questa condizione di menzogna satana diventa, secondo san Giovanni, anche "omicida" cioè distruttore della vita soprannaturale che Dio sin dall'inizio aveva innestato in lui".

 

Nel discorso del 20 agosto 1986 il Papa insisteva sulla vittoria riportata da Cristo crocifisso e risorto sul diavolo a beneficio di tutti i credenti: "Satana continua contro di noi la sua opera tentatrice e malefi­ca, dice il Papa, ma solo e sempre entro i limiti che gli sono consentiti da Dio, non oltre. Egli tuttavia non è in grado di annullare la definitiva finalità a cui tendono l'uomo e tutta la creazione, il bene. Egli non può ostacolare l'edificazione del regno di Dio. Anzi possiamo dire con San Paolo (Rm. 8,28) che anche l'opera del maligno concorre al bene e che serve a edificare la gloria degli eletti (2 Tm. 2,10). Mentre la esistenza degli angeli cattivi chiede a noi il senso della vigilanza per non cedere alle loro lusinghe, siamo certi che la vittoriosa potenza del Cristo reden­tore circonda la nostra vita perché ne siamo noi stessi vincitori".Infine il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiegando la caduta de­gli angeli afferma che "Satana e gli altri demoni, di cui parlano la Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa, da angeli creati buoni da Dio, si sono trasformati in malvagi, perché, con libera e irrevocabile scelta, hanno rifiutato Dio e il suo Regno, dando così origine all' inferno. Essi tentano di associare l'uomo alla loro ribellione contro Dio; ma Dio af­ferma in Cristo la sua sicura vittoria sul Maligno" (n. 74). "Il Male indi­ca la persona di Satana, che si oppone a Dio e che è "il seduttore di tutta la terra" (Ap. ]2,9). La vittoria sul diavolo è già conseguita da Cristo.

Ma noi preghiamo affinché la famiglia umana sia liberata da Satana e dalle sue opere" (n. 597).

 

 

Un anno vissuto con Rosa Sapienza

posseduta dal diavolo

 I casi di vera possessione diabolica sono fortunatamente molto rari ai nostri tempi, a differenza di quanto avveniva nell'Antico Testamento e ai tempi di Gesù. Tra l'altro il caso che racconterò è l'unico che io ab­bia incontrato in più di quarant'anni di vita pastorale.La vittoria di Gesù sulla croce ha distrutto il regno di satana e inau­gurato il regno messianico di cui lo Spirito Santo è la promessa carat­teristica. Questo è il mistero nascosto nei secoli (Ef. 3,10). Gli stessi de­moni avevano ignorato il piano di salvezza di Dio, perciò avevano spin­to gli uomini a uccidere Gesù. È il diavolo dice San Giovanni a mettere nel cuore di Giuda di tradire Cristo (Gv. 13,2). La Passione è un dram­ma in cui si trova impegnato il mondo invisibile: dietro gli uomini agi­sce la potenza diabolica. La passione e la morte di Cristo in croce esplosa nella gloria della resurrezione rappresentano la sconfitta defini­tiva di satana. Per questo i casi di indemoniati ai nostri giorni sono più rari che nell'antichità e la cautela nel diagnosticarli non è mai troppa, anzi, in caso di errore, è preferibile peccare in diffidenza che in credu­lità. Diciamo anche che il fatto di essere rari non esclude la realtà dei fatti stessi o che la rarità del fenomeno possa considerarsi una prova della non esistenza del demonio: anche un fatto singolo basta a provare l'esistenza del maligno.

Molte testimonianze del vangelo insistono sulla esistenza della possessione diabolica. Uno dei caratteri più impressionanti della mis­sione di Gesù è il dominio da lui esercitato sui demoni, i suoi frequenti interventi contro di essi e il potere dato ai suoi apostoli, attraverso loro alla Chiesa Cattolica, di cacciare i demoni: "curate i malati ...cacciate i demoni" (Mt. 10,8). Gesù incontra spesso quei poveri posseduti dal de­monio e domanda con autorità: "qual è il tuo nome? "e il demonio è co­stretto a rispondere: "il mio nome è legione perché siamo in molti" (Mc. 5,9) e lo obbliga ad abbandonare la sua vittima: "Taci! Esci da quest'uomo" (Mc. 2,21). Tali casi sono frequenti, anche se il Vangelo ne riporta specificamente solo alcuni, riassumendoli alla fine in una fra­se generica: "Portarono a lui quelli che avevano demoni ed Egli li curò" (Mt. 4,24). Egli che era venuto "per distruggere l'opera del diavolo" (1Gv. 3,8) e che affidava ai discepoli il compito di cacciare ì demoni, non poteva lasciar dubbi su una verità così importante e fondamentale. Nella storia della Chiesa, dai primi secoli, dai tempi apostolici fino ai giorni nostri, i casi di possessione diabolica debitamente controllati e autenticati sono sempre esistiti e i santi e gli esorcisti sono intervenuti a liberare le infelici vittime. Per questo la Chiesa ha istituito gli esorcismi ufficiali contro satana contenuti nel Rituale Romano, del quale si fa uso oggi dopo ottenuta la licenza dal vescovo del luogo. Ma prima di raccontare la mia personale esperienza, mi sembra opportuno offrire qualche breve nota sulla possessione diabolica. La possessione diabolica è"1'intrusione dispotica e violenta del demonio nel corpo di un uomo che egli, poi, dirige e maneggia a suo arbitrio come fosse il proprio corpo".6 Il demonio non ha corpo, ma può compiere tutti gli atti corporei in un corpo altrui, di cui si è impossessato, muo­versi, agire, parlare. La Chiesa riconosce questi fenomeni come autenti­ci e autorizza l'esorcista a porre delle domande, alle quali il demonio non solo può, ma è obbligato a rispondere. Le domande, sempre secon­do il Rituale Romano, non saranno né superflue né inutili, né dettate da vana curiosità, ma saranno limitate alla sola necessità del momento per sapere il nome e il numero degli eventuali demoni presenti nel corpo dell'ossesso.

Durante la possessione diabolica il paziente perde la conoscenza di ciò che fa e di ciò che dice e passata la crisi, non ricorda più nulla di quello che ha fatto e detto. Il demonio invade per speciale permissione di Dio il corpo di un uomo o di una donna e ne muove gli organi a suo arbitrio come se si trattasse di cosa propria. Nella possessione diabolica si alternano due fasi: quella della crisi e quella della calma. Durante la fase della crisi il demonio esercita il suo tirannico dominio imprimendo al corpo un'agitazione febbrile che si manifesta in contorcimenti, in scoppi di rabbia, in parole empie, osce­nità e bestemmie, mostrando una forza di resistenza muscolare sovru­mana. Durante invece la fase di calma il demonio non rivela per nulla la sua presenza nel corpo dell'ossesso, la persona ritorna apparentemente ad essere se stessa con comportamenti del tutto normali e abituali. Il de­monio tace, non si fa sentire, sembra assente e lontano dal corpo della sua vittima. Addirittura il demonio che ha preso possesso di un corpo, ne può uscire per un certo tempo e tornare quando vuole per continuare le sue vessazioni finche dura la permissione divina. Non è raro il caso che la possessione sia conseguenza di una maledizione o di un malefi­cio, come è avvenuto nel caso specifico, che mi accingo a raccontare?

Il fatto risale a settembre 1951 quando iniziai il noviziato presso l'O.A.S.I.8 di Aci S. Antonio, paesino allora di circa seimila abitanti al­le pendici dell'Etna. Questa struttura, destinata ad accogliere Vescovi e Sacerdoti anziani malati e soli, era stata fortemente voluta e realizzata da uno zelante sacerdote locale Monsignor Michele Cosentino il quale,insieme alla sorella Marianna con la quale viveva, avevano donato tutte le loro proprietà per realizzare un opera giudicata utile e necessaria non solo dal Vescovo di Acireale ma anche da tutti i vescovi della Sicilia.Infatti sono tornato a visitarla qualche mese fa e l'ho trovata, enorme­mente ampliata, con cinque vescovi in pensione oltre una trentina di sa­cerdoti. Per assistere gli ospiti ricoverati Mons. Cosentino aveva desi­derato e ottenuto che fossero i Camilliani e soprattutto i novizi ad eser­citare il carisma di San Camillo e occasione propizia per verificare la loro vocazione. L'apertura dell'OASI e l'arrivo dei primi ospiti coincisero con l'ini­zio del mio noviziato,10 una struttura piccola semplice e funzionale con al centro la Cappella dedicata alla Madonna Assunta e ai due lati, a de­stra l'ala dei sacerdoti ricoverati e a sinistra i locali del noviziato, adia­centi all'abitazione di Monsignore e della sorella, di fatto formanti un unico ambiente da un cortile in comune. Questa descrizione apparente­mente insignificante servirà a capire meglio il mio coinvolgimento nel­l'intera vicenda.

La giornata in noviziato era scandita dalla preghiera, dallo studio e dal servizio completo ai sacerdoti infermi; inoltre a ciascun novizio ve­niva assegnata anche qualche mansione particolare: a me fu affidata la cura e la custodia della Cappella. Fin qui nulla di particolare. Ma dopo qualche tempo venimmo a sa­pere che Mons. Cosentino, particolarmente sensibile ai bisogni della gente e dei poveri, aveva accolto in casa sua una ragazza del paese, una certa Rosa Sapienza di 17 anni, cacciata dai parenti e buttata sulla pubblica viali perché aveva cominciato ad assumere comportamenti strani, violenti, incomprensibili. Per esempio non voleva più mangiare come tutti i comuni mortali nei soliti piatti, ma si trovava a suo agio e riusciva ad ingurgitare il cibo solo se servito in grandi recipienti come ai maiali, non utilizzando affatto le posate o le mani, ma solo la lingua la bocca e il naso; fu questo per lei un modo del tutto naturale di nu­trirsi per circa un anno, alla presenza di molti testimoni e di noi novizi che assistevamo giornalmente a questo triste spettacolo. Oppure Rosa compiva un'altra stranezza: mentre era tranquilla e chiacchierava pia­cevolmente, improvvisamente se si sentiva ragliare un asino, e al quel tempo in paese ve ne erano molti, cominciava anche lei a farlo in ma­niera perfetta, con modulazioni e tonalità assolutamente identiche, in­fatti le registrazioni che riuscivamo a fare ne erano una prova inconfu­tabile.

Queste ed altre stranezze che sapevano un po' di mistero, indussero il saggio Monsignore ad affidare Rosa a un gruppo di neurologi e psico­logi presso il Reparto di Neurologia e Psichiatria dell'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Dopo un mese di studio e di indagini fu dimessa dall'ospedale dichiarata totalmente sana di mente e di corpo. La cartella clinica è conservata agli atti.A questo punto Mons. Cosentino, uomo di grande esperienza ed equilibrio, ne parlò al Vescovo di Acireale, il quale incaricò un gruppo di teologi e moralisti perché esperissero le prove canoniche e verificas­sero se si fosse in presenza di una possessione diabolica.Rosa intanto continuava a vivere in casa di Monsignore, continuava a fare le stranezze dette prima, la incontravamo spesso nel cortile, pote­vamo parlare con lei, perfino scherzare ed io in quanto sacrista potevo seguire tutte le prove alle quali veniva sottoposta dai sacerdoti sia in Cappella che fuori. Ne citerò alcune che mi sono rimaste più impresse.

Un giorno Rosa fu invitata a bere l'acqua contenuta in due bicchieri: uno conteneva acqua benedetta senza sale e l'altro acqua naturale. Quando Rosa inghiottì l'acqua benedetta, ebbe reazioni così violente da sentirsi bruciare dentro da un fuoco ardente, sbavando urlando e sbat­tendo capo e corpo contro il muro di marmo senza alla fine procurarsi una benché minima scalfitura.Rosa prima di questo inspiegabile evento era stata una ragazza normalissima; aveva frequentato la scuola fino alla quinta elementare, era molto modesta, semplice, profondamente religiosa; il tempo libero lo passava presso il laboratorio delle Suore Salesiane dove imparava a ricamare, si era fidanzata da qualche tempo con un bravo ragazzo. Par­tecipava con devozione alla Messa, riceveva l'Eucaristia nella Cappella dell'OASI e talvolta, subito dopo avere ricevuto l'Ostia consacrata si scatenava l'inferno: cominciava a urlare, gli occhi quasi gli uscivano dalle orbite, si agitava con violenza, ma soprattutto si buttava e dimena­va per terra sbattendo con tutta la forza che aveva la testa contro il mar­mo dell'altare, ma alla fine, quando riusciva a calmarsi, Rosa risultava totalmente integra, senza mostrare né gonfiore alla testa né segni di vio­lenza; eppure avevamo registrato le urla e soprattutto i rumori causati dalla sua testa contro il marmo che si sarebbe dovuta rompere schizzan­do lontano il suo cervello.

Un giorno Monsignore, alla presenza di alcuni teologi e biblisti esperti in lingue semitiche, le diede da leggere la Bibbia riprodotta in lingua ebraica, greca e latina: Rosa cominciò a leggere quella ebraica, con tale scioltezza e naturalezza e a tradurla in perfetto italiano da lasciare strabiliati i biblisti presenti; altrettanto fece con la lingua greca e latina, scegliendo testi sempre diversi. A questo punto un teologo gli fece una domanda di alta teologia: "Rosa, ma l'inferno è un luogo o uno stato?" E lei con estrema certezza ma con altrettanta sofferenza sot­tolineò "è: uno stato".Un altro giorno Monsignore ci confidò di avere nascosto una meda­glietta della Madonna miracolosa dentro una sua scarpa all'interno della calza e si andò ad accomodare sul sofà, vicino a Rosa, mentre noi stava­mo a guardare. Mentre parlavamo del più e del meno, Rosa cominciò a dare forti calci alla scarpa di Monsignore, quella incriminata; Monsi­gnore le chiese spiegazioni per un gesto così apparentemente irraziona­le e lei subito di rimando: se non toglie dalla scarpa "1'immagine di quella puttana" sarò costretta a fuggire lontano. A questo punto Monsi­gnore la lasciò fare offrendole il piede incriminato e lei, con fare sicuro e immediato, tolse di botto la scarpa, poi la calza, prese con disprezzo la medaglia, le sputò sopra e bestemmiando empiamente in maniera in­nominabile la buttò via lontano. Poi calmandosi e rilassandosi aggiun­se: adesso possiamo continuare a parlare in pace.

Chiacchierando Monsignore con Rosa, le confidò che da lì a tre mesi sarebbe andato a Siracusa per predicare un corso di Esercizi ai se­minaristi. Lei con fare sicuro replicò: lei non vi andrà. Ogni mese che passava, Monsignore le ricordava l'impegno degli esercizi e lei confermava con determinazione la sua risposta. Mancavano due giorni alla partenza e Monsignore disse a Rosa: vedi sto preparando la valigia, dopodomani partirò, mi dispiace hai perso la scommessa. E lei con an­cora più certezza gridando gli disse: lei non partirà! Glielo garantisco, non partirà! La vigilia, appena prima di partire, Monsignore riceve una telefonata dal Rettore che lo sconsigliava di partire perché tre quarti dei seminaristi erano a letto con una forte influenza. Quando Rosa lo venne a sapere cominciò a ridere a crepapelle sottolineando la vittoria riportata.Per metterla ulteriormente alla prova un giorno Monsignore andò a nascondere un fazzoletto in un luogo sperduto e recondito dell'OASI. Chiacchierando nel pomeriggio sempre sul solito sofà con Rosa, le dis­se: Rosa mi sono dimenticato, vuoi andare a prendermi un fazzoletto? Rosa di corsa, senza andare nella camera di Monsignore dove si trovava tutta la biancheria, si diresse di scatto verso il luogo recondito, tirò fuori il fazzoletto e sventolandolo lo consegnò con soddisfazione a Monsi­gnore. Dopo queste prove ed altre che non cito per brevità, il gruppo di esperti prepararono una ampia relazione per il vescovo, dichiarando con certezza che si trattava di una reale possessione diabolica.

Fu nominato come esorcista il Sacerdote Antonino Maugeri, ancora vivente ad Acireale, uomo di grande fede e di ardore apostolico. Fu de­ciso con Monsignore che gli esorcismi si facessero di notte, a porte chiuse, nella cappella dell'OASI, abitualmente dalle ore due alle quattro circa della mattina, ed io essendo il sacrista avevo l'incarico non solo di preparare l'occorrente: la cotta, la stola, l'acqua santa, il rituale, una co­rona del rosario, un bel crocifisso e una teca che Monsignore conserva­va gelosamente in casa contenente una reliquia della santa croce, ma anche, di presenziare per tutta la durata dell' esorcismo. Abitualmente gli esorcismi si tenevano due volte la settimana con uno svolgimento dei fatti sostanzialmente ripetitivi: il gruppo di persone che presenzia­vano era costituito dall'esorcista, dal Canonico Leotta che fungeva da notaio per relazionare poi di tutto al vescovo, dal sottoscritto che servi­va all'occorrenza l'acqua santa e l'aspersorio, da alcuni laici robusti di comprovata serietà e riservatezza pronti ad intervenire per difendere l'incolumità di Rosa quando tentava di farsi male o aggredire i presenti con straordinaria forza e violenza, mentre accanto all'altare vegliava e pregava un santo fratello camilliano e infermiere Sebastiano Caprio, an­che lui pronto ad intervenire per improvvisi collassi di Rosa e quasi sempre, al termine dell'esorcismo estenuante e sfibrante, le iniettava un farmaco ricostituente. La poveretta sembrava svegliarsi da un lungo sonno, prostrata da una stanchezza mortale, vergognosa di trovarsi in mezzo a tante persone, assolutamente ignara di quanto era avvenuto pri­ma, arrossiva per trovarsi in mezzo a tanti sacerdoti, con le vesti strap­pate, i capelli scarmigliati e come stralunata, barcollante, a stento si reggeva in piedi. Infatti durante l'esorcismo, quando il demonio prende­va il sopravvento e la possedeva totalmente, Rosa non era più lei: le sue grida erano talmente forti e potenti da essere ascoltate dalle persone che per curiosità sostavano fuori dalla Cappella in religioso silenzio; quan­do dopo molte preghiere il rapporto e il dialogo tra l'esorcista e Rosa diventavano sempre più incalzanti e lo scontro frontale fra i due diven­tava sempre più infuocato, Rosa assumeva un aspetto demoniaco spa­ventoso e inconfondibile. Gli occhi diventavano strabici, la pupilla scompariva quasi del tutto, la lingua sporgeva il più possibile dalla boc­ca, la bellezza del volto si cambiava in una bruttezza ributtante e schifo­sa, la voce che inizialmente somigliava a un gemito doloroso, a poco a poco diventava come un grugnito e le parole pronunciate erano il mas­simo dell'oscenità e dell'empietà, una voce rauca, cavernosa, sibilante, sempre maschile. Alla contraffazione del viso si accompagnava l'ag­gressività che si manifestava violenta e improvvisa con tentativi di as­salire e ferire gli astanti, di graffiarli e di sputare loro in faccia, il tutto portato a termine con inganni astuzie e bugie, tanto più numerose e fre­quenti quanto più la crisi era profonda e violenta. Esorcista e demonio si trovavano spesso di fronte a un vero duello tra giganti, i colpi si suc­cedevano ai colpi, gli assalti e le resistenze potevano durare a lungo, finché nella fase finale, la forza divina rappresentata dal sacerdote esor­cista, aveva il sopravvento. Le persone più odiate dal demonio erano Gesù Cristo e la Madonna: bestemmie, imprecazioni e parole irripetibili contro Dio, Gesù, la Madonna e i Santi, ma quando l'esorcista le posa­va sul capo la reliquia della Santa Croce, la scena ce l'ho ancora davan­ti agli occhi, Satana era moralmente e fisicamente costretto a piegarsi lentamente fino a terra e a ripetere con voce rabbiosa e forzata "Bene­detto Cristo, benedetta la sua madre Maria". Richiesto dall'esorcista di rivelare il suo nome, il demonio rispose di chiamarsi "Pasqualino" e che se ne sarebbe andato via il giorno di Pasqua. Per Satana la Pasqua è stata il Venerdì Santo quando fu sconfitto, infatti vedremo più avanti che se ne andrà non la Domenica di Pasqua ma il Venerdì Santo.

Nei giorni intercorrenti tra un esorcismo e l'altro, Rosa alternava momenti di vita tranquilla a momenti di grande agitazione. Per tutto il tempo dell'esorcismo il demonio ha sempre mostrato un grande rispetto per il sacerdote esorcista, mentre quando altri sacerdoti tentavano di at­tivare qualche preghiera di liberazione, Rosa li inseguiva buttando loro addosso quanto aveva per le mani e gridandogli dietro tutti i peccati da loro commessi. La stessa cosa avvenne un giorno con il Vescovo di No­to, inseguito dal diavolo con un manico di scopa e mentre correva si sentì snocciolare tutti i suoi peccati.Spesso nel cortile durante la ricreazione, capitava a noi novizi di incontrare Rosa, di chiacchierare con lei e addirittura di cantare insieme a lei; più le canzoni erano mondane e licenziose più le piacevano can­tando a squarciagola insieme a noi. Un giorno la prendemmo a braccet­to, a quel tempo non ci rendevamo conto di scherzare con il fuoco, e volutamente ci mettemmo a cantare una canzone molto volgare, ma al­l'improvviso, previo tacito accordo, intonammo un canto alla Madonna, e Rosa strattonandoci violentemente e sputandoci addosso e bestem­miando "quella puttana" fuggì via lontano.

All'OASI si era ricoverato come primo ospite il Canonico Giovanni D'Agostino proveniente da Aci Catena, famoso e zelante sacerdote il quale da venticinque anni non aveva dormito a letto ma su una poltrona con tutta la talare, per essere sempre pronto alle chiamate dei moribon­di. Rosa per questo zelante sacerdote ebbe un odio mortale, perché a suo dire gli aveva rubato molte anime riconciliandole con Dio prima di morire. Per questo, appena lo intravedeva da lontano, prendeva la rin­corsa gli si buttava addosso tentando di affogarlo. Ciò avvenne più vol­te, ma non vi è mai riuscita perché noi novizi lo custodivamo a vista e lo difendevamo con tutte le nostre forze. Allora il diavolo per vendicar­si, impediva che dormisse di notte: il canonico, nel bel mezzo della not­te, con ritmo martellante e assordante, cominciava a sentire abbaiare dei cani e miagolare dei gatti, risultandogli alla lunga un fastidio insoppor­tabile. Ero costretto a svegliarmi perché sacrista e di conseguenza dove­vo a sua volta svegliare il Padre Lorenzo Mantovani, anche lui tuttora vivente a Milano, e ambedue muniti di Croce, Acqua Santa, cotta e sto­la, verificando anche noi il fastidioso disturbo accusato dal canonico, iniziavamo le preghiere di liberazione finché non fosse tornata la calma e il silenzio. E ciò avvenne più volte in quell'anno.Un giorno il Maestro P. Lorenzo Mantovani, che Rosa aveva sopran­nominato "Caprone o Testa di cocuzza" ebbe la felice idea di invitare il diavolo a tenere a noi giovani studenti una conferenza in Cappella e Rosa accettò di buon grado. Satana, assumendo il tono suadente di un padre spirituale, il diavolo è chiamato la scimmia di Dio, materializzò una tentazione in piena regola, definendoci anzitutto stupidi e sciocchi per avere noi scelto un ideale assurdo e contro natura! Voi che siete gio­vani - diceva - dovreste godervi la vita, divertirvi, fare sesso dando li­bero sfogo ai desideri e alle passioni che sono il sale della vita. Vi sup­plico cari giovani, non sciupate gli anni più belli della vostra vita: se volete essere felici, abbandonate questo carcere che vi rende tristi, di­vertitevi senza freni o inibizioni Dio è morto, non esiste nulla dopo la morte, l'unico paradiso lo avete quaggiù ora e subito, se asseconderete questo mio consiglio. Ve lo giuro, non ve ne pentirete! Con queste ed altre simili "riflessioni ed esortazioni" il diavolo aveva dato corpo e vita agli impulsi naturali che possono passare nella mente e nel cuore di qualsiasi giovane, concludendo con un ultimo affondo: "non siate peco­roni e non ascoltate quel caprone che vi impedisce di dare libero sfogo alle vostre voglie giovanili".Purtroppo questa meditazione dopo qualche mese sortì un esito posi­tivo, e uno dei novizi proveniente da Palagonia, abbandonò il noviziato. Di questo fatto il diavolo se ne vantò a più riprese considerandola una sua personale vittoria.Si avvicinavano le feste di carnevale e per antica tradizione nella vi­cina Acireale vi si celebrava il più bel carnevale di Sicilia, addirittura, il sindaco per l'occasione consegna le chiavi della città al carro principale che rappresenta carnevale, divenendo simbolicamente il Signore e Pa­drone della città. Per questa circostanza, ritenuta da Satana importante, aveva anticipato a Rosa che per qualche settimana l'avrebbe lasciata in pace perché avrebbe avuto molto da fare in città e che sarebbe ritornato all'inizio della Quaresima. E così avvenne.Intanto le notizie andavano diffondendosi intorno agli esorcismi di Rosa e destavano molta impressione nella gente; cominciavano ad ap­parire articoli sui giornali, continue interviste richieste a Mons. Cosenti­no, turisti di passaggio e gente comune chiedevano di saperne di più,  talvolta sacerdoti e studiosi si proponevano di approfondire l'argomen­to, e molti curiosi si fermavano perfino di notte sulla pubblica strada per ascoltare rumori e grida durante gli esorcismi. Un forte impatto be­nefico veniva esercitato sui fedeli, i quali impressionati dalle parole e dai fatti di Rosa riscoprivano il fervore della fede, si accostavano ai Sa­cramenti, prendevano sul serio le verità sul diavolo, sul peccato e sul­l'inferno, le chiese diventavano sempre più stracolme di gente. In quei mesi avvennero moltissime conversioni al Cattolicesimo e molti ritorni alla fede viva e alla grazia. Addirittura nella primavera del 1952 alle elezioni politiche il partito comunista, non solo ad Aci S. Antonio teatro dell'evento, ma anche in molte città della Sicilia, accusò un drammatico crollo di voti. Durante le settimane precedenti di campagna elettorale, Rosa aveva cercato di dare man forte al partito comunista aggiungendo due nuove strofe da lei composte all' inno "Avanti popolo alla riscossa, bandiera rossa trionferà", che canticchiava sempre nei tempi liberi e in­vitava ripetutamente anche noi a cantare con lei. Purtroppo non sono più in grado di ricordare quelle nuove strofe, anche se Rosa allora ce le ha ripetute fino alla noia. Intanto i mesi passavano e la Pasqua si avvici­nava, ma soprattutto negli ultimi tempi, quando l'esorcismo raggiunge­va momenti più drammatici e infuocati, Rosa sembrava volesse vomita­re qualcosa, ma alla fine non vi riusciva mai. Dall' altra parte ci andava­mo convincendo sempre più, se ce ne fosse stato bisogno, che avevamo a che fare con il diavolo in persona, che si dimostrava, oltremodo astu­to, insidioso, conoscitore aggiornato delle cose del mondo, della Chie­sa, della Bibbia, e di quanto accadeva in noi e attorno a noi.

Intanto nella Biblioteca riservata della Curia di Acireale si conserva­va gelosamente un libro particolare, grande quanto un rituale liturgico,con i fogli in pergamena, tutti vergati da punti, segni, incroci di linee, geroglifici assolutamente incomprensibili. Tale strano cimelio, afferma­va Mons. Cosentino, era stato portato via e sequestrato dalla casa di una strega trovata morta, famosa a Catania per le sue nefandezze. Bisogna chiarire che in questo caso non si trattava delle solite fattucchiere che appaiono spesso sui canali televisivi per dare i numeri della fortuna o leggere la mano per scongiurare disgrazie, qui si trattava di una vera strega che aveva consacrato e venduto l'anima al diavolo; infatti in fon­do a quel libro, all'ultima pagina vi era anche riprodotta la formula di consacrazione o di donazione, composta da poche parole drammatiche e pesanti come macigno, che non ho più dimenticato: "Io N.N. dono a Te Satana la mia anima,prendine possesso quando vuoi, ma dammi i tuoi poteri...Oppure: il potere di...Nota finale: da firmare personalmente con il proprio sangue".

Un tale nefando libro un giorno Monsignore lo mostrò a Rosa, la quale, appena lo vide, cominciò a ridere, a saltare a gioire e commuo­versi fino alle lacrime, glielo strappò dalle mani, cominciò a baciarlo, a stringerlo al petto, a mostrarlo come l'oggetto più caro e prezioso del mondo. Monsignore a questo punto le chiese: Rosa puoi spiegarci cosa significano tutti questi segni a noi incomprensibili? E Rosa con estrema agilità e prontezza, con cognizione di causa, cominciò a spiegare meti­colosamente il significato di tutti quei geroglifici che indicavano i tem­pi, i modi, i materiali, gli oggetti, gli intrugli da utilizzare per compiere i malefici "ad personam", cioè colpire persone determinate. Il tutto lo fece con tale naturalezza, chiarezza e semplicità di linguaggio da lascia­re tutti stupefatti, da costringerci a prendere atto che a nostra insaputa, esiste un mondo sotterraneo, losco, cattivo, diabolico, che trama catti­verie e azioni contro il prossimo talmente malvagie da risultare incon­cepibili e innominabili; un prossimo ignaro e talvolta innocente come nel caso di Rosa. Inoltre tutti questi riscontri inoppugnabili danno ra­gione e confermano quanto il Prof. Moreno ha descritto nel suo articolo sul maleficio.13

Intanto gli esorcismi si tenevano come al solito due volte la settima­na e dopo molte domande da parte dell'esorcista e molte resistenze da parte del diavolo, finalmente un giorno riuscì a rivelare all'esorcista e a tutti noi presenti, nei minimi particolari, come e perché aveva preso possesso di Rosa. Il tutto era iniziato molto tempo addietro con una rot­tura di rapporti e un odio insanabile tra il papà e la mamma di Rosa, per motivi ereditari.Molti sacerdoti, il parroco del luogo e anche il nostro Padre Gino Cisternino, avevano tentato di ricucire i contrasti per giungere ad una riconciliazione, ma senza mai riuscirvi.A loro volta i figli, soprattutto i maschi, odiavano la madre perché non aveva mai voluto convincere il padre malato e morente, a dividere l'eredità in un certo modo. Dopo qualche tempo il padre morì, e i figli ancora più arrabbiati alla lettura del testamento, vollero punire la madre e decisero di vendicarsi procurandole un maleficio.Si recarono da una strega a Catania, fedele seguace di satana, a lui consacrata da uno speciale patto firmato con il suo sangue ed anche molto famosa in città, perché i suoi malefici erano sempre andati a buon fine. Dopo una lauta somma, la strega chiese ai figli che le portassero una ciocca di capelli da prelevare dalla testa del padre morto, operazio­ne da compiere a mezzanotte esatta.

I figli, pur consapevoli dei rischi che correvano, scavalcarono il re­cinto del cimitero, disseppellirono la salma, scoperchiarono la bara, e fecero come la strega aveva loro ordinato. Quei capelli furono poi por­tati alla strega e mescolati e nascosti in una polpetta che la madre avrebbe dovuto. consumare in un normale pasto. I figli, per riuscire nel­l'intento, simularono una falsa riconciliazione con la madre e la invita­rono ad un pranzo che avrebbe dovuto sancire la pace ritrovata. Pur­troppo però, per un improvviso malore, la mamma non poté partecipare al pranzo e pregò i figli di considerare come "suo alter ego" cioè sua rappresentante Rosa che era la figlia più giovane. Ormai tutto era pron­to, il pranzo non si poteva rimandare e a Rosa fu offerta la pietanza che era stata destinata alla madre. Da quel momento iniziò per lei quel cal­vario che stiamo descrivendo, vittima innocente ed espiatrice di una colpa non sua. È questo un mistero che può trovare significato e luce solo da un altro infinito mistero che è la morte di Cristo in croce, che pur non avendo fatto nulla di male(Lc. 23,22) ha espiato il peccato del mondo e per le sue piaghe noi tutti siamo stati guariti (Is. 58,5). Qui si vuole ricordare che questa tristissima storia ci è stata resa nota dal dia­volo in persona, diversamente sarebbe rimasta una vicenda oscura e na­scosta come tante altre ispirate dalle potenze del male. Consapevoli di tanta sofferenza nella vita di Rosa, iniziammo le funzioni della Settima­na Santa con particolare fervore, devozione, ma anche con timore e tre­more per quanto poteva ancora accadere.

A quel tempo le celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale si svol­gevano ancora di mattina; l'esorcista invece della notte, scelse di ini­ziare l'esorcismo alle ore 15 del Venerdì Santo, nell'ora in cui Cristo aveva sconfitto il potere di satana. Un esorcismo particolarmente lun­go, violento e infuocato da ambedue le parti e quel giorno mi ricordo che noi novizi unimmo tutte le nostre lunghe corone di rosario che te­nevamo appese alla fascia della talare: diventò una sola corona di circa quindici metri con la quale letteralmente accerchiammo il corpo di Ro­sa, mentre lei soffriva e gemeva come circondata da una corona di spi­ne. L'esorcista le posava sul capo sempre più spesso la reliquia della croce, costringendo satana a ripetere molte volte: "Ti adoriamo o Cri­sto e Ti benediciamo, perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo"; cospargeva di sovente Rosa con l'acqua santa e ingiungeva con autorità al diavolo di abbandonare la sua vittima. Erano già tra­scorse più di tre ore: da un lato crescevano le preghiere e i canti che in tono solenne venivano rivolte alla Trinità e dall'altra le alte grida e be­stemmie orribili che rimbombavano nelle arcate della Cappella, quan­do all'improvviso Rosa cominciò a tossire violentemente come se vo­lesse vomitare, un vetro della Cappella cadde con fragore giù sul pa­vimento creando paura e terrore in tutti noi, quando con un forte rigur­gito Rosa vomitò qualcosa dalla bocca: era una palla, grande come una noce, un gomitolo di carne trasparente attraverso la quale si intrave­deva tutto un groviglio di capelli.

 

Appena sputato quell'orribile involucro che faceva rabbrividire solo a vederlo, Rosa cadde a terra come morta, continuava a respirare ma era totalmente incosciente e inerme; rimase così quasi mezz'ora nonostante fosse intervenuto l'infermiere Fratel Caprio per rianimarla. Poi lenta­mente cominciò a muoversi, ad aprire gli occhi, a biascicare delle paro­le senza senso, finché si riprese totalmente, assolutamente ignara di quanto era accaduto. Diceva solo di sentirsi tremendamente stanca e sfi­nita, ma cominciava ad essere se stessa: quella Rosa, dolce, serena, mi­te, pia e religiosa che tutti conoscevano prima della terribile prova.Per tutto il resto della vita Rosa non seppe mai nulla della possessio­ne diabolica, diceva solo di essere stata molto male e di volere piena­mente guarire. Quel groviglio di capelli fu posto da Monsignore in un grande bicchiere ripieno di alcool ed esposto nella Cappella dell'OASI per più di quindici giorni al pubblico, meta ininterrotta di pellegrini vi­sitatori provenienti dalla Sicilia e da tutta Italia, studiosi e curiosi, gior­nalisti e miscredenti. Poi Monsignor Cosentino, dopo avere fotografato il misterioso e diabolico reperto, lo bruciò e ne disperse le ceneri nel mare di Acireale.

Naturalmente il fisico di Rosa ne aveva molto risentito, era parec­chio invecchiata, aveva perso tra l'altro il fidanzato, ma rimase profon­damente religiosa e tramite Monsignore trovò un po' di lavoro presso un pasticciere del paese.Dopo alcuni anni l'andai a trovare, era serena, talvolta anche sorri­dente, ma fortemente segnata dentro. Non visse molto a lungo e una ventina di anni dopo l'evento, serenamente morì.Questo è quanto ho vissuto in prima persona e ho cercato di raccon­tare fedelmente, dopo essermi confrontato con altri confratelli che allo­ra come me sono stati spettatori e testimoni: P. Gino Cisternino, P. Lo­renzo Mantovani, P. Antonio Paladino, P. Antonio Maugeri.

 

 

 
 
 

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