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Dall'articolo
apparso sulla Stampa il 26 febbraio 2007
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"Ero gay: i
preti mi hanno guarito"
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Al «corso» letture sacre e preghiere
FLAVIA AMABILE
ROMA
Lo si può incontrare in una via di Milano,
confuso tra la folla del sabato, a fare acquisti con la fidanzata, attento a
non spendere troppo perché sta mettendo da parte i soldi per il matrimonio.
Tranquillo, «normale» come dice di se stesso, virgolette comprese. Chi lo
avesse conosciuto dieci anni fa potrebbe pensare di essersi sbagliato. Invece è
proprio Luca Di Tolve, nella sua nuova vita. «Quella - racconta - che mi sono
conquistato dopo sei anni di terapia riparativa dell’omosessualità: tre rosari
al giorno, gruppi di ascolto, studio della Bibbia e dei testi di Josè Maria
Escrivà, il fondatore dell'Opus Dei. Adesso, finalmente, sono guarito».
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«Guarito», dice, come se essere gay fosse
una malattia, secondo le più bieche posizioni omofobiche. Eppure Luca era
omosessuale, e non uno tranquillo. Piuttosto uno da montagne russe, capace di
passare dalle eleganti suite newyorchesi al sesso rubato in una «darkroom»,
dall’ufficio dove dirigeva un team di persone a un parco di notte a consumare
rapporti.
Il primo amore
Gay lo è sempre stato, fin da bimbo. «Ricordo la mia infanzia a giocare con le
bambole e con le amiche del palazzo volevo sempre fare la mamma», racconta. Già
allora i genitori si erano separati, lui viveva in un monolocale a Milano con
la mamma «troppo affettuosa, a volte soffocante ma anche tanto indaffarata
nella lotta per la sopravvivenza». Andò a finire che in seconda media si
innamorò perdutamente del suo compagno di banco «bello, perfetto, forte e dolce
allo stesso tempo». Amore non corrisposto. E non solo: «Se ne accorse la prof,
anzi, praticamente tutti». Lo sospesero. «Rimasi a letto per giorni, gridavo il
nome del mio compagno nel sonno. Lo psicologo disse che ero il classico bambino
turbato per la separazione dei genitori e che un altro cambiamento sarebbe
stato dannoso».
Il sesso
Luca tornò in classe, riuscì anche a diventare amico del suo «bello». Ma
l'amore quello no. «Rimaneva in me un vuoto che mai riuscii a colmare, i miei
studi andarono a rotoli, abbandonai la scuola». Dopo un po’ arrivò il sesso,
forse anche l'amore, con un ragazzo più grande. Il mondo omosessuale si aprì
davanti a lui, «un mondo finalmente pieno di colori dopo tanta amarezza,
sentivo di poter finalmente camminare da vincitore e non da sconfitto».
La prima vittoria? Arrivare a Canale 5. Batteva le mani, faceva apparizioni
sporadiche, guadagnava quasi nulla ma intanto conosceva meglio l'ambiente. Il
passo successivo fu entrare nel giro delle discoteche. Quando anche le
discoteche iniziarono a stargli strette passò a occuparsi della sezione turismo
dell'Arci Gay. Organizzava viaggi per omosessuali. Gli piacque talmente che
pensò di aver finalmente trovato la via giusta. Mise su un'agenzia sua,
specializzazione i viaggi a tema, soprattutto negli Usa, ma anche feste ed
eventi come il Gay Pride di Napoli. «Ero amato, invidiato, avevo soldi, casa in
centro, bei vestiti, in tasca biglietti d'aereo per andare a fare shopping
negli Usa quando volevo». Il massimo, insomma. O forse no. «L'Aids marciava
trionfante, la vita di amici ventenni con i quali avevo diviso anni lieti, si
spegneva miseramente». Anche lui finì nella morsa dell'Hiv. Scomparve il suo
lavoro, un sieropositivo non può sottoporsi a una girandola di viaggi e
vaccinazioni. Si dissolsero le paillette, iniziò il periodo peggiore. «Tornai a
casa di mia madre, ormai risposata, e fu il mio deserto». Ovvero, il momento
delle darkroom, dei parchi, del sesso disperato, degli stupefacenti. «Poi ho
scoperto il buddismo, e sono arrivate le canzoni. Ho vinto un concorso con
testo dedicato a un Dio non ancora decifrato bene».
La svolta
La svolta avvenne per caso. Un giorno un amico omosex dimenticò a casa sua
alcuni appunti di filosofia. Luca li sfogliò per curiosità e s’imbattè nelle
teorie di Joseph Nicolosi. Spiega: «All'inizio ebbi voglia di prendere a pugni
questo signore e le sue idee. Però non riuscivo nemmeno a liberarmene. In fondo
che cos'era quell'andare in giro per parchi se non la conferma che anch'io ero
vittima di pulsioni, di nevrosi di cui dovevo liberarmi? E perché non riuscivo
a raggiungere la felicità con un ragazzo, uno dei tanti conosciuti in quegli
anni? Perché nei maschi mi guardavo come in uno specchio, ma era della
diversità di una donna che avevo bisogno».
Abbandonò il buddismo, ritrovò il cristianesimo e scoprì per la prima volta
l’identità di uomo. «Non dico che sia stato facile, devi saper rinunciare,
fermare la caccia al sesso compulsivo che prima praticavo istintivamente». Ci
sono voluti sei anni, qualche caduta qui e lì, molta volontà, anche - e un
tempo gli sarebbe apparso impensabile - tante preghiere. «Tre rosari al giorno,
i corsi del gruppo Chaire e quelli di Living Waters. Un anno fa ho conosciuto
la mia fidanzata. Di me sa tutto e ha accettato di starmi accanto». Stanno
mettendo da parte i soldi per sposarsi, conta di farcela nel giro di due anni.
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