Memorie e Documenti |
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Dr Vito Graziano |
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Pubblicato MCMXI |
PARTE II
Uomini illustri per dottrine scienze e arte
Nacque in Ciminna nel secolo XVI e fece parte del terzo ordine di S. Francesco, dove raggiunse le cariche piu onorevoli. Resse i conventi del suo ordine col grado di priore, fu definitore generale ed ebbe affidato anche il governo della provincia siciliana. Fu pure dotto nelle severe discipline e nelle amene lettere e maestro in sacra Teologia. E’ ricordato fra gli scrittori del suo tempo;1 infatti nell’anno 1601 stampò in Roma un libro in lingua italiana col seguente titolo: " Discorso dell’arte Metrica diligentemente osservata dal R. P. M. Giovanni Antonio Brandi siciliano di Salemi nel suo libro del Rosario " e lasciò molti lavori manoscritti sull’Immacolata Concezione, che non poté pubblicare, perché fu sopraggiunto dalla morte, avvenuta in Palermo il 31 agosto 1627. Ebbe solenni esequie e fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Misericordia.
Nacque in Ciminna il 3 novembre 1601 da Vito e Barbara Gigante, e divenne uno dei più illustri uomini del suo paese nativo. Fu dottore in sacra Teologia e vicario foraneo, e rifulse tanto per la sua dottrina e per 1’amore alle belle lettere, che meritò di essere elogiato nella citata Bibliotheca Sicula del Mongitore.2 Lasciò inedite in lingua italiana la " Relazione della vita, e felice morte di suor Elisabetta Trippedi di Ciminna monaca oblata di S. Benedetto ", da cui trasse e pubblicò, nel 1675, la vita e la morte della suddetta monaca Pietro Antonio Tormamira alcamese, e la " Historia della miraculosa imagine del SS. Crocifisso di Ciminna ".
Ma egli si distinse maggiormente nell’arte del disegno, di cui esiste un libro di Cantofermo descritto a pag. 108 e 109.
A queste doti della mente aggiunse la bontà dei costumi e lo zelo del suo ministero, mori compianto da tutti il 23 novembre 1673 e fu sepolto nella Matrice. Nella sagrestia della detta chiesa esiste un ritratto colla seguente iscrizione: " R. Sacerdos D. Sanctus Gigante ".
Nacque in Ciminna il 30 gennaio 1608 da Giuseppe e Chiara Urso, e si recò da giovane in Palermo, ove ottenne dal Cardinal Trivulzio, viceré di Sicilia, gli ordini sacri e la laurea in sacra Teologia. Divenuto familiare e cappellano di questo prelato, l'accompagnò in Sardegna nel gennaio del 1649, quando prese possesso del viceregnato di quell’isola.
Dopo quel viaggio andò a Roma, ove fu Camerlengo e Parroco di S. Maria di Costantinopoli appartenente ai Siciliani, e dopo essere stato eletto vescovo di Calabria mori nel 1660.
Si distinse nella predicazione e, prima di morire, pubblicò un discorso in latino con questo titolo: "Prolusionem in gratiarum actionem habitam pro laurea Sacrae Theologiae Doctoris suscepta, interventu Em. et Rev. D. Joannis Jacobi Theodori Cardinalis Trivultii, nec non Ill. et Rev. D. D. Bernardi de la Cabra Calaritani Archiepiscopi, Sardiniae et Corcicae Primatis. Calari ex typographia Doct. D. Antonii Galcerin 1650 in 4 ". E’ nominato dal Mongitore nella Bibliotheca Sicula.3
4. Vincenzo Amato (fratello di Paolo)
Nacque in Ciminna il 6 gennaio 1629 da Giandomenico e Laura Amato, persone di onesta ed onorata condizione. Da giovinetto entrò nel seminario arcivescovile di Palermo e, finito il corso degli studi, ottenne la laurea in sacra Teologia. Ma non fu per questo che egli si rese celebre e fece onore al suo paese. Iniziato negli ordini sacri si diede con tutto l'animo allo studio della musica secondando la sua naturale inclinazione, e in questo studio riusci espertissimo. Infatti nel 1656 pubblicò in Palermo alcuni lavori pregevolissimi, che sono giunti sino a noi:
1. Sacri concerti a 2, 3, 4 e 5 voci, con una messa a 3 e a 4 voci. Libro I. Opera I. Pan. apud Bisagnium 1656.
2. Messa e salmi di Vespro e Compieta a 4 e 5 voci. Libro I. Op. II. Ibid. 1656.
Oltracciò mise in canto a recitativo piu o meno allungato, secondo il senso delle parole che esprime con forza e con verità, la Passione scritta da S. Matteo e quella da S. Giovanni, che si cantano ancora in tutte le chiese di Sicilia; lo stile e semplice e assai devoto, allorché si eseguisce solo quello che vi ha notato l'autore. A Roma fu riguardato come un capolavoro di canto sacro, e l'Abbate Vito Amico, nel suo Dizionario topografico narra che, pochi anni prima della rivoluzione francese, gli fu richiesta dall’Abbate Zeril, ex-gesuita palermitano, che allora trovavasi stabilito a Mayenne, città della Francia, la musica di Amato del Vangelo secondo S. Matteo e che, eseguita sotto la sua direzione dai preti francesi, piacque moltissimo, come gliene scrisse lo stesso Zeril con sue note. Per questi meriti, nell’anno 1665, fu eletto maestro di cappella nella cattedrale di Palermo, ove espresse armonici concerti, uditi sempre con piacere e con lode dal pubblico.
Egli diede un grande impulso alla musica sacra nel secolo
XVII, e fece sentire in Palermo le sue Passioni piu di mezzo secolo prima,
che il celebre Giov. Sebastiano Bach, nel 1729, facesse eseguire, per la
prima volta a Lipsia, la sua Passione secondo S. Matteo.
Mori in Palermo il 29 luglio 1670 nella giovane età di 42 anni. Ebbe
solenni esequie, alle quali intervennero il corpo di tutti i musici, il
capitolo e il clero della cattedrale, e fu sepolto nella chiesa di S. Ninfa
dei chierici regolari addetti al servizio degli infermi, ora detta dei Crociferi.
E menzionato dal Mongitore nella Bibliotheca Sicula.4
Fratello di Vincenzo Amato, nacque pure in Ciminna il 24 gennaio 1634. Come il fratello maggiore si recò da giovane a Palermo per studiare nel seminario arcivescovile e farsi prete. Ma egli aveva ricevuto dalla natura una grande inclinazione per gli studi di matematica e d’architettura, e perciò, ordinato sacerdote, si diede ad essi e fece tali progressi che ebbe sempre il primato nella città di Palermo. Studiò gli antichi e classici autori d’architettura, non che le pure e miste matematiche, la fisica e particolarmente l'ottica, da cui quella non può disgiungersi. Allora conobbe che molto restava a fare sulla prospettiva e che pochi autori l'avevano trattata con quel metodo che si conveniva. Perciò l'erudito archi- tetto, dopo il 1701, si accinse a scrivere una nuova opera sulla prospettiva, appoggiandola sulla matematica, col seguente titolo: " La Nuova Pratica di Prospettiva, nella quale si spiegano alcune nuove opinioni e la Regola Universale di disegnare in qualunque superficie qualsivoglia oggetto. Opera utile e necessaria ai Pittori, Architetti, Scultori e Professori del disegno>>5. In questa opera con stile facile e lingua tersa sono esposte nuove regole del tutto prima sconosciute e apprezzate dai periti, giacche, cominciando dallo spiegare alcuni principi di geometria necessari alla pratica della prospettiva, indi passa ad esporre la maniera di disegnare le piante, l'alzate ed i profili degli oggetti solidi, delle superficie inclinate, angolari, concave, convesse, delle superficie delle palle, delle sfere, delle cupole ecc. Sonvi in essa nuove regole di disegnare, un nuovo modo di mettere in prospettiva un quadrato in una superficie piana, un cerchio in una superficie piana, un cerchio in un quadrato, ed un esagono in una superficie inclinata, ecc. e dichiara le prime e piu semplici idee della proiezione.
Questo lavoro importantissimo fu cominciato a stampare in Palermo nel 1714 dall’editore Vincenzo Toscano per pubblica utilità e per consiglio dato all’autore da persone e amici autorevoli, cioè Pietro Papaleo scultore ed architetto palermitano, dimorante a Roma, il Can. Antonino Mongitore, storico siciliano, D. Michele del Giudice, abbate Cassinese, D. Francesco Marchese, canonico della cattedrale di Palermo, e tanti altri. Ma, sentendosi vicino a morire e non potendo terminare la stampa del suo libro, l'autore nel suo testamento la raccomando alla congregazione dei sacerdoti sotto titolo della Carità di S. Pietro, eleggendo per uno dei suoi fidecommissari il superiore di essa. Questi ne affido la esecuzione alla cura dell’abbate D. Giuseppe Di Miceli, il quale insieme coll’altro fidecommissario Sac. Dr. D. Francesco Pellegrino, die compimento ai desideri dell’autore nel 1733 presso l'editore Onofrio Gramignani. Quest’opera, fregiata del ritratto e della vita di Paolo Amato, che ne scrisse il detto di Miceli, è ora rarissima ed in Ciminna ne esisteva una sola copia, fino a pochi anni addietro, nella biblioteca comunale dell’ex-convento dei Cappuccini. Un sì grande maestro tenne scuola d’architettura, e sotto la sua disciplina si perfezionarono non pochi individui che riuscirono insigni in essa e nell’arte del disegno, fra i quali furono notevoli D. Gaetano Lazzara e D. Carlo Infantolino. Insieme cogli studi d’architettura l'Amato si diede pure in Palermo all’esercizio del bulino, nel quale riusci non meno valente, avendo dato prove eccellenti della sua somma perizia in quest’arte, con diverse immagini e ritratti di santi e d’uomini illustri, e diverse figure fregianti i frontespizi di non pochi libri.
Accenno alle principali opere di architettura lasciate da Paolo Amato. Nella cattedrale di Palermo la macchina di marmi e pietre mischie nella cappella della Madonna Libera Inferni fatta da Mons. D. Giacomo Palafox nel 1684; il sepolcro dell’Arcivescovo di Palermo D. Giovanni Lozano, pur di marmi mischi nel 1672; il mausoleo di D. Ferdinando Bazan, anch’esso Arcivescovo di Palermo, fatto nel 1702 di vari marmi, e alcuni lavori di marmi per ornamento della cappella del SS. Crocifisso fatti in diversi tempi. Pel senato palermitano fece il disegno del teatro della musica fuori Porta Felice nel 1681; il tabellone per la coronazione di Vittorio Amedeo, avvenuta in Palermo con real magnificenza a 24 dicembre 1713, fregiato di vari e capricciosi ornamenti e collocato nella facciata settentrionale del Palazzo Pretoriano, e il fonte del Carraffo.
Nella chiesa del Monastero di Valverde le cappelle di S. Lucia e della Madonna del Carmine di marmi mischi, cominciate nel 1695 e portate a perfezione nel 1700.
Architettò la chiesa del SS. Salvatore, appartenente alle religiose Basiliane, nel 1682; la chiesa dell’ospedale dei sacerdoti nel 1697; il cappellone della Compagnia del sangue e volto di Cristo; la facciata della chiesa del Monastero di S. Giuliano nel 1679 lavorata a pietre d’intaglio, oggi distrutta per edificarvi il Teatro Massimo e la facciata del parlatorio dei Sett’Angeli, appartenente alle religiose Minime di S. Francesco di Paola.
Fuori Palermo modello la sontuosa cappella del SS. Crocifisso nella cattedrale di Monreale, per incarico di Mons. D. Giovanni Roano Arcivescovo di quella città, e la chiesa del SS. Crocifisso in Ciminna.
Tralascio le molte fabbriche, di persone particolari, da lui nobilmente disegnate, perché sarebbe lungo; tralascio pure i varii in occasione di feste solenni, di ponti nell’ingresso dei viceré, di sepolcri Pel giovedì santo, dei magnifici mausolei per regi funerali, come furono quelli del re Filippo IV nel 1666, del re Carlo II, di Ludovico Borbone, Delfino di Francia nel 1711, tutti celebrati nella cattedrale di Palermo, e di D. Teresa La Cerda, Marchesa di Solera, nella real cappella di S. Pietro; tralascio infine i disegni fatti in 42 anni per le feste di S. Rosalia, e i diversi carri trionfali e fuochi artificiali nella detta solennità.
Per questi ed altri meriti, il 22 agosto 1686 fu nominato ingegnere ed architetto dal Senato Palermitano e ottenne la cittadinanza palermitana, della quale egli si onorò tanto da nominarla nel frontespizio della sua opera.
Morì piamente in età di 80 anni, a 3 luglio 1714, onoratissimo da tutte le autorità e caro a quanti lo conobbero pei suoi costumi dolci e pel suo carattere ameno. Ebbe splendidi funerali e fu sepolto per sua disposizione nella chiesa dei Crociferi dentro la stessa tomba, ove riposavano gli avanzi del fratello e della madre, e sulla quale fu scolpito in marmo il seguente comune epitaffio:
"Musices, et Architectonicae peritissimos, fratres D. Vincentium, et D. Paulum Amato hic iacentes, et ipsa iacens deflet Mathesis, plorantem sublevat Lauria Amato eorum Mater: Quae etenim in felici urbe ad Cantorum, et Geometriae praefecturam ipsos genuit, pietati, et Sacerdotio cum eosdem educasset, beatae Patriae armonicam, et opticam ideam ediscere a filiis benem. magistram adhortatur, Obiit D. Vincentius Amato 29. Iul. ann. 1670, aetatis 42.
Lauria Mater 27 Ian. an. 1672. aetatis 72.
D. Paulus vero 3. Iul. 1714 aetati 80 ".
Fu lodato dal Mongitore nella Bibliotheca Sicula,6 mentre egli era ancora vivente, e ne scrissero lodi Giovan Battista lo Giudice nelle sue poesie, Girolamo Matranga nelle pompe liete e funebri, Giuseppe Ortolani nella sua Biografia degli uomini illustri della Sicilia, l'abbate D. Michele del Giudice nel Palermo Magnifico e nella Descrizione della festa di S. Rosalia del 1701, il P. Giacomo Spinelli nell’Eco festiva, il P. Giuseppe Maria Polizzi negli Orti Hesperidi, il P. Ignazio de Vio, D. Pietro Vitale e D. Francesco Strada nelle descrizioni di alcune feste di S. Rosalia, e il Dr. Vincenzo Auria nella Sicilia inventrice.
In Ciminna, patria dei fratelli Amato, esiste una via che porta il loro nome.
Nacque in Ciminna da Michele e Maria Bulgarino nel 1641, e apprese in Palermo le umane lettere. Nell’età di 17 anni fu conosciuto in Ciminna dal P. Gregorio de Areylza, visitatore generale dell’ordine domenicano in Sicilia, e per suo desiderio fu condotto in Napoli. Ivi nel dicembre dell'’anno 1658 vesti l'abito di S. Domenico nella congregazione di S. Maria della Sanità e nell’anno seguente, il giorno 19 del detto mese, fu prima della solenne professione ascritto al convento di Santo Spirito. Applicatosi agli studi delle scienze fece grandi progressi e raggiunse i gradi di Lettore, Baccelliere, Reggente e nell’anno 1690 anche quello di maestro in sacra Teologia, onde divenne uno degli uomini piu dotti del suo ordine.
Pubblicò la vita del p. m. Fra Domenico di S. Tommaso dell’ordine dei Predicatori, detto prima Sultan Osmann ottomano, figlio d’Ibraim imperatore dei turchi, preso bambino dai Maltesi in pugna navale, ed indi allevato nelle fede cattolica, battezzato e fatto diocesano. Vi e aggiunta la geneologia degl’imperatori ottomani, in – 4. Napoli, per Giuseppe Rosselli, 1689 ed ivi in – 12. presso Michele Luigi Muzio, 1698 e di nuovo ivi, in – 12. presso lo stesso, 1708. Questa vita venne lodata dagli atti eruditi di Lipsia, anno 1690 pag. 601, e gli valse l'onore d’essere nominato fra gli scrittori del suo tempo nella Bibliotheca Sicula di Mongitore.
Nell’ordine domenicano in Napoli raggiunse molte ed onorevoli cariche.
Fu dal suo protettore Areylza associato nel governo della provincia di Napoli, che d’allora in poi egli resse col grado di provinciale, e fece con lode da vicario generale dei frati e delle monache della congregazione di S. Maria della Sanità. Vi è chi crede che egli avesse governato la provincia di Sicilia, ma l'autorità dei piu vecchi padri dell’ordine, che vissero con lui, e ai quali tale particolarità fu ignota, diede motivo a Mons. Milante di dubitarne. Fu più volte superiore del convento di S. Spirito del Palazzo; ed era tanto stimato da quei frati, che più di una volta essendosene allontanato per affari, ne fu con vivissime istanze richiamato, come accadde nell’anno 1680 in cui torno a Ciminna per rivedere i suoi parenti. Per più anni diresse nel convento del Monte di Dio, il collegio, in cui fiorivano sempre le gare scolastiche. Diresse pure le monache di S. Sebastiano, le quali ne rimasero così contente da richiederlo a quel posto. Infine governò il monastero di S. Caterina, rinomato per nobiltà e disciplina lasciando esempi di prudenza e di virtù. Ritiratosi nel convento di S. Spirito per desiderio di pace, attese come confessore straordinario di alcune monache e come solerte rettore di sodalizii nobili, e nel 1698 mori ivi in rinomanza di dottrina e di bontà di vita.
Nacque in Ciminna il 10 luglio 1686 da Domenico Affrunti e Maria Lo Cascio e fu fratello dell’arciprete D. Onofrio Affrunti. Studiò nel seminario arcivescovile di Palermo, e, compito il corso degli studii. Ottenne la laurea in sacra Teologia. Fu professore nel detto seminario e 1’8 febbraio 1743 fu eletto canonico del Porto nella cattedrale di Palermo, per la rinunzia del canonico Bertone D. Stefano da Messina, che si fece frate cappuccino nel Novembre del 1742. Passo al canonicato centenario il 24 febbraio 1747, e a 18 maggio 1758 adottò la prebenda millenaria. Fu anche deputato di monasteri.
Ma egli si distinse in modo particolare nell’arte oratoria, per la quale divenne in grande stima presso i dotti del suo tempo. Predico la quaresima nel duomo di Palermo, nelle chiese dell’Olivella e della Magione e in quelle primarie della Sicilia, sempre con universale stima di tutti i letterati, dottori e capi di religione. Di questo oratore ci resta un’Orazione eucaristica in onore di S. Rosalia, recitata il 10 ottobre 1726 nel duomo di Palermo alla presenza dell'Eccellentissimo Senato per la liberazione del tremuoto del 1 settembre di quell’anno, e stampata nello stesso anno nella Regia Stamperia di Antonino Epiro, per cura del Canonico D. Paolo Pennisi, il quale la dedico all’Ecc. Senato con un sonetto in lode del Sac. Affrunti.
Mori in Palermo il 13 giugno 1763, e fu sepolto nella cattedrale. Nella sagrestia della Matrice di Ciminna esiste un suo ritratto colla seguente iscrizione: " S. T. D. D. Michaelangelus Affrunti Ciminnensis beneficialis Divae Rosoliae intus M. Ecclesiam, seminarii clericorum olim studiorum praefectus, et sacrosantae metropolitanae ecclesiae canonicus. orator disertissimus, qui ob ingenii acumen, et fandi copiam, in omnium praesertim praesulum, et magnatum summa fuit existimatione. In eadem metropolitana praedicans per quadragesimale curriculum, primoribusque ecclesiis regni, ita erat in thematum delectu mirabilis, in persuasione industrius, in allocutione gratus, et in animo- rum commotione, etiam usque in lacrimas efficax, ut eius sacra eloquia, ingenti populi frequentia, ac communi omnium plausu exciperentur. Occubuit Panormi anno sulutis 1763. Aetatis suae 77. eiusque corpus in eadem cathedrali tumulatum est ".
Nacque in Ciminna l'11 luglio 1738 da Francesco Brancato e Maddalena Pettineo, e fu decoro della sua patria e dell’ordine domenicano, al quale appartenne. Sin dalla piu tenera età vesti l'abito di S. Domenico nel convento di Ciminna, e, avendo ricevuti gli ordini sacri, si diede in particolare agli studii filosofici, specialmente di S. Tommaso, nei quali divenne presto sommo maestro. Nella giovane età di 27 anni ottenne il grado di Lettore in logica, che corrispondeva a quello di Baccelliere, e con lettera del provinciale dell’ordine domenicano Fr. Agostino Maria Corsaro, data in Noto il 27 agosto 1765, fu destinato all’insegnamento della filosofia e della teologia nelle scuole di S. Domenico, qui fondate dagl’illustri coniugi D. Alonso Spatafora e D. Antonina Ciminna. Dopo avere insegnato con molto plauso nelle dette scuole, fu maestro di filosofia in altri conventi del suo ordine, fra i quali quello di Girgenti, colla qualità di priore, ed anche nel seminario di Cefalù da semplice religioso. Perciò fu annoverato fra i dotti del suo tempo e citato come autorità dagli scrittori.
I severi studi della filosofia non lo distolsero dalle amene lettere e dalla sacra eloquenza, nella quale riusci pure valente. Salì quaranta dei migliori pulpiti della Sicilia e anche in Roma diede egli gran mostra delle sue dottrine e lasciò memoria di se stesso. Compose un’orazione funebre in onore dell’arciprete Dr. D. Antonino Graziano che egli praesente cadavere recitò nella madre chiesa di Ciminna il 12 gennaio 1786.
Fu anche uomo di ottimi costumi e morì compianto da tutti nel patrio chiostro a 24 marzo 1806 in età di anni 68. Il suo corpo fu sepolto nella fossa comune dei frati. Esiste ancora un ritratto, che si trova nella casa del notar Francesco Brancato, colla seguente iscrizione." A. R. P. F. Vincentius Brancato Bacc. reus ordinarius Vir omni scientia praeditus, et arduis virtutum Christianorum exemplis longe splendidior magno sui despectu, et invicta quodam asperitate in seipsum, spiritum poenitentiae Coelestium rerum contemplatione admiscuit in celebre Seminarium Cephaledis coaptatus Lectoris munus ita exercuit ut simul optatis studiis incumberet in sacris etiam concionibus assidue verseretur. Denique gravi morbo patienter tolerato, quo lente consumptus et Ecclesie sacramentis devotissime susceptis extremum diem clausit. Die 24 Martii, IX ind. 1806. Aetatis suae 68 ".
Nacque in Ciminna il 20 settembre 1826 da Filippo Sanfilippo e Maria Concetta Brancato. Fu uno degli uomini illustri, che onorano la patria e la fanno conoscere in altri paesi.. Studiò in Palermo e si rivelò subito un grande ingegno. Infatti come studente si distinse fra gli altri, per l'amore allo studio e pei progressi nelle lettere e nelle scienze. Nell’anno scolastico 1845-46 si presentò al concorso dei premii angioini di diritto di natura ed ottenne il secondo premio, e nell’anno seguente 1846-47 si ripresentò al concorso dei premii di economia politica, risultando il primo fra tutti. Si laureò in legge nel 1851, e nel febbraio del 1853 fu nominato giudice di terza classe e destinato al circondario di Santa Caterina e di là a quello di Racalmuto.
Per la profondità degli studii fatti e per l'onesta del suo carattere egli avrebbe certamente percorso una brillantissima carriera, se, quasi nel principio, non l'avesse troncata pei moti politici del 1860. Caduto quel governo, gli impiegati rimasero nei loro posti; ma alcuni, per non tradire la fedeltà giurata al proprio Re e forse anche per la speranza di una restaurazione, che allora fu di molti e in alcune provincie continentali de1 Reame di Napoli produsse una reazione repressa col nome di brigantaggio, preferirono abbandonare la carriera. Fra questi ultimi fu Giacomo Sanfilippo, che insieme con molti altri, emigrò in Malta. Non furono biasimevoli quelli che continuarono a servire il nuovo governo, sorto per volontà di popolo e per ragioni indipendenti dalla loro volontà, ma neppure gli altri che sacrificarono il loro avvenire ad un’idea, di cui s’erano fatta una religione. Giacomo Sanfilippo, il quale fu cattolico convinto e fervente e per non tradire il giuramento prestato tronco la sua brillante carriera, mostro avere un carattere fermo.
A Malta, senza beni di fortuna e senza mezzi, ma con un capitale intellettuale immenso, si mise subito al lavoro e vi riusci mirabilmente. Infatti insegnò lettere italiane e latine, filosofia, economia politica e legge, e non durò fatica ad affermarsi e crearsi un nome, ch’e tuttora ricordato con gran venerazione da una eletta schiera di allievi. Nel 1876 si presento al concorso per la cattedra di economia politica in quella R. Università; i suoi documenti furono mandati a Londra per essere esaminati con quelli degli altri. Gli esaminatori lo giudicarono il primo e lo qualificarono uomo eminente.
In seguito a quel concorso il governo di Malta lo nominò professore, ma anche questa carriera era destinata per lui ad essere breve. Infatti il 3 ottobre 1880, dopo una penosissima malattia, sopportata con vera rassegnazione cristiana, esalò l'anima in Dio, e il suo corpo in forma privatissima fu sepolto in quel cimitero monumentale.
Fu un dotto nel vero senso della parola ed un grande credente. Non venne mai a transazione colla propria coscienza, e morì qual visse. Latinista insigne lasciò scritta una Sintassi Latina pregevole per precisione, chiarezza e semplicità. Scrisse anche un opuscolo col titolo: Sull’ordine economico-politico, pubblicato in Malta nel 1875, e varii articoli scientifici sull’Economia Politica, inseriti nella Public opinion del 17 marzo, e nel Corriere mercantile del 3 e 19 giugno, del 5 e 28 luglio del detto anno. Lasciò anche un’opera inedita, che all’epoca della sua morte stava rivedendo, sulla " Scienza Politica in rapporto al Diritto Civile dei Romani ".
Nacque in Ciminna il 6 aprile 1828 da Giuseppe Sarullo e Anna Miceli.
Entrò ancor giovane nell’ordine dei Minori Conventuali, di cui osservò perfettamente le regole sino alla morte. Versato nelle scienze sacre ottenne il grado di Reggente e fu anche oratore facile e facondo, affabile e caritatevole con tutti onde si attirò l'ammirazione e la benevolenza di quanti lo conobbero a Palermo, dove visse quasi sempre. Ma la ragione principale per la quale egli ha tramandato la sua memoria ai posteri fu il suo grande amore alla pittura, nella quale riusci eccellente. Studio in principio sotto i valentissimi pittori Patania, Meli e Lo Forte, e avendo donato al re Ferdinando un quadretto della Vergine col bambino ne ottenne in premio una pensione annua di onze 48 per proseguire i suoi studi, come poi fece stando a Napoli, due anni e mezzo a Roma e sei mesi in altre città. S’ispirò allo studio dei nostri sommi artisti, il Raffaello, il Perugino, il Pinturicchio, il Beato Angelico e Giotto, e seguendo le loro orme apprese le grazie del Correggio, la grandiosità di Michelangelo e l'eleganze stupende di Raffaello, ma il maggior pregio delle sue pitture consiste nell’espressione eloquente del sentimento religioso, nella quale riusciva eccellente con la piu grande facilità, perché era uomo di sentimento squisito e di pietà profonda. Della sua perizia nell’arte del dipingere ci restano moltissime opere.
Coltivò con gran successo l'arte di ritrarre le persone, e ci lasciò pregevoli lavori di cospicui personaggi, cioè la venerabile Maria Cristina di Savoia (tre quadri), il marchese Forcelli morto nel 1858, il marchese Spedalotto padre, il questore Biundo, il Card. Celesia per la chiesa di S. Marco a Roma, 1’Arcivescovo La Vecchia, i Vescovi Daddi, Cozzucli e D’Alessandro, il vicario capitolare Mons. Cervello, e tanti altri, che appartennero all’ordine dei Minori Conventuali e furono il Card. Panebianco, P. Francesco Corlero da Palermo, P. Francesco Andronico da Catania, P. Benedetto Mule d’Alcamo, P. Norrito da Mazzara, P. Giuseppe Guarino da Partanna e P. Salvatore Sacco da Montevago, i cui ritratti si conservano nella sagrestia di S. Francesco in Palermo. Dei suoi compaesani ritrasse l'abbate D. Vito La Porta, gli arcipreti Cascino, Brancato e Citrano, il Can. Nicolo Guttilla, D. Francesco Landolina ed altri.
Nella pittura sacra, a cui si diede in modo speciale, lasciò un numero considerevolissimo di lavori, sparsi in tanti luoghi. In Palermo sono degni di menzione un quadro della Porziuncula, esistente nella cappella di Terziari in S. Francesco, un quadro del Cuore di Gesù nella detta chiesa, un quadro di S. Caterina da Siena a S. Chiara e un altro quadro del Cuore di Gesù con a destra l'anima in grazia e a sinistra il peccatore pentito a S. Antonio Abbate.
Nei paesi di Sicilia si notano: in Ciminna due dipinti nelle parti laterali della cappella dell’Immacolata nella chiesa di S. Francesco, uno raffigurante la promessa del Riparatore divino a mezzo di Maria e l'altro la solenne proclamazione dell'Immacolato Concepimento, un S. Alfonso dei Liguori, un S. Giovanni Evangelista e una S. Maria Maddalena nella detta chiesa, un quadro dell’Immacolata Concezione alla Matrice e un quadro dell’Addolorata a S. Giovanni; in Monte S. Giuliano un quadro del Crocifisso che nell’esposizione palermitana del 1865, al Palazzo Comitini, la medaglia d’argento; in Caccamo la Madonna di Spoleto; in Mezzoiuso il quadrone dell’Annunziata nella Matrice latina; in Terranova la Natività di nostro Signore; in Montevago tre grandi quadri, cioè Le Stimmate di S. Francesco, S. Antonio di Padova e S. Francesco di Paola; in Castrogiovanni i quadri del Cuore di Gesù e di Maria, e nel Santuario di Gibigiana presso Cefalù l'apparizione di S. Michele Arcangelo.
In Italia si ammira di lui un gran quadro di S. Francesco nell’atto di ricevere le Stimmate, nella chiesa dei Minori Conventuali di Foligno. All’estero un gran quadro dell'Addolorata col Cristo morto a Boniuk-dore in Turchia; un altro quadro di S. Francesco con S. Elisabetta e S. Ludovico di Francia in Costantinopoli; un gran quadro della Predicazione del Battista nel deserto, un S. Giuseppe col bambino in braccio e un quadro dell’Immacolata in Rumenia; un S. Francesco che riceve dalla Vergine col bambino in braccio l'indulgenza della Porziuncola, un altro di S. Bonaventura Dottore e Cardinale di S. Chiesa e un S. Francesco D’Assisi che riceve le Stimmate, in Friburgo nella Svizzera. Oltre alle pitture suddette vi sono la Natività della Madonna, un S. Giuseppe premiato in Bologna e sopratutte la Madonna del Carmelo con S. Girolamo e S. Antonio da Padova.
Ma la piu grande opera del P. Sarullo nell’arte della pittura sono i lavori in affresco della chiesa di S. Francesco di Palermo, misurandosi egli coi migliori artisti e superandoli. L’antica volta era di bellissimo disegno e dipinta da Pietro Novelli; ma per tante vicende posteriori di tremuoti e incendi era quasi interamente distrutta. Il P. Sarullo concepì il grandiso disegno di restaurare quel famoso tempio, di cui fu rettore per tanti anni, e a tale scopo ottenne sussidi da vari Sindaci della città e da privati. Egli dipinse in affresco nella volta principale di quella chiesa sette grandi soggetti: S. Rosalia, S. Francesco, S. Bonaventura, il domma dell’Immacolata Concezione e un mirabile gruppo di angeli di mossa raffaellesca, nei quali il misticismo e la disposizione soave e armoniosa dei colori attraggono sì l'occhio che riguarda, di tanta dolcezza l'inondano, che a disagio se ne ritrae, per fissarsi ad altri soggetti. Nelle pareti laterali della nave maggiore dipinse la nascita e la morte di S. Francesco, S. Alfonso dei Liguori, S. Camillo de Lellis, S. Ignazio di Loiola, S. Giovanni di Dio, S. Domenico, S. Agostino, S. Francesco di Paola, S. Filippo Neri, S. Gaetano di Tiene, S. Vincenzo dei Paoli, S. Benedetto, S. Mattia apostolo, S. Giacomo Maggiore e S. Giacomo Minore e nella cappella della Madonna di Pompei due piccoli gruppi di angeli, primissimo tentativo del Sarullo nell’arte speciale degli affreschi.
Tutte queste opere, adorne di tanti pregi, fecero del P. Sarullo uno dei piu grandi artisti, che avesse a’ suoi tempi l'Italia. Mori il 22 Aprile 1893, dolente di non aver potuto recare a compimento i lavori di decorazione in S. Francesco, in mezzo al compianto generale, ebbe solenni esequie nella detta chiesa e fu accompagnato da molto popolo al cimitero dei Rotoli, ove dal municipio ebbe gratuita ed onorata sepoltura.
Sulla sua tomba si legge la seguente iscrizione:
Pasquale Maria Sarullo
Sacerdote professo
Dei Minori Conventuali
Fortissimo
Nella fede e nelle opere
Zelò la gloria di Dio nel Culto
Vincendo
Infinite contraddizioni
Con indomita energia
Con perseveranza incrollabile
Esempio quotidiano preclarissimo
Di eroica virtù
Visse anni 65.
Dopo alcuni mesi dalla sua morte i palermitani gl’innalzarono nella chiesa di S. Francesco un monumento, in cui sono scolpite le seguenti parole:
Paschali Sarullo
A Ciminna
Ordinis Min. Conventualium
D. Francisci Assisiatis
Quod huius templi deiparam labis nesciam.
Cultum et decorem labis dilexerit
Et nil sibi parcens.
Pingendi arte praeclarus
Sacrae aedis alam et lunulas
Figuris insigniverit
Cives Pan. aere collato
Hoc monumentum merito P. P.
Anno MDCCCXCIII
Ortus est Cim. III Idus aprilis an. MDCCCXXVIII
Obiit Panormi X Karl. Maii an. MDCCCXCIII
R. Bagnasco f.. 1893
All’inaugurazione del detto monumento concorse tutta Palermo e il Rev. Angelo Colantoni, dei Riformati di S. Francesco, recito il discorso d’occasione, che fu poi pubblicato in Palermo nel 1894 e ripubblicato in Messina nel 1903 con l'aggiunta di un’orazione tratteggiante la vita del P. Sarullo.
Nella sagrestia della detta chiesa esiste il ritratto di questo, fatto a lapis nel 1893 da un certo Salvatore Cottone e molto somigliante al vero."
Nacque in Ciminna il 4 dicembre 1841 da Gioacchino Sganga e Maria Ignazia Badami. Divenuto adulto, imprese lo studio delle scienze mediche, alle quali sentivasi fortemente attratto, e il 17 agosto 1866 si laureo in medicina e chirurgia, ottenendo il massimo dei punti e il voto di lode. Ebbe fama di valente medico e la sua opera fu richiesta spesso nei Comuni vicini. Nel 1880 fu, in seguito a concorso, nominato medico condotto in Palermo, dove nel 1881 insieme con altri medici fondo un gabinetto di elettroterapia e delle analisi delle urine, diretto dal Prof. Federici, e l'anno seguente fece ritorno nel proprio paese. Fu Sindaco di Ciminna dal 1869 al 1873 e in tale qualità promosse il miglioramento morale e materiale del popolo. Mori in Ciminna il 16 dicembre del 1898 e sulla sua tomba si legge la seguente iscrizione:
Al
Cav. Dott. Giuseppe Sganga
Il popolo
Nato a dì 4 dicembre 1841
Morto a dì 16 dicembre 1898
Esiste una commemorazione del Dr Giuseppe Sganga, scritta dal di lui figlio Dr Pietro e pubblicata nel 1899 nello Stabilimento tip. G. Luminaria di Palermo.
Nacque in Ciminna il 21 febbraio 1838, e sin da giovanetto mostro grande inclinazione alle scienze meccaniche e alle invenzioni. Ma la sua famiglia volle farne un unto del Signore, e perciò il 19 maggio 1883 fu ordinato prete. Tuttavia egli continuo con grande ardore i suoi studii prediletti, di cui si videro presto i risultati. Poiché nello stesso anno 1883 invento due apparecchi: L’Avvisatore automatico e il Sorvegliatore elettro-automatico, coi quali sono scongiurati tutti i pericoli dei treni viaggianti, e particolarmente gli scontri. Infatti col primo il macchinista e avvertito di tutto quanto gl’interessa conoscere per la sicurezza del treno, e col secondo e sempre in comunicazione elettrica coi treni in viaggio. Per questa invenzione ottenne da S.E. il Ministro d’Agricoltura. Industria e Commercio la privativa industriale, ed ebbe attestati lodevoli dai Professori di Fisica e di Chimica della R. Università di Palermo, dal Professore di Fisica del R. Istituto Tecnico della detta città, della R. Accademia palermitana di scienze, lettere e belle arti, dalla commissione degl’Ingegneri delle ferrovie dell'Alta Italia, e da tanti giornali."
Pochi anni dopo, cioè nel 1888, il Leto inventò un’altra macchina chiamata col nome di Sillabatropio, che serve per facilitare l'insegnamento primario ai bambini, e anche quello delle lingue classiche, della tedesca ed altre. Essa Eu approvata ad unanimità dal Consiglio Scolastico di Palermo il 7 marzo 1890. La descrizione e il disegno della detta macchina e di quelle precedenti furono pubblicati dall'autore in un opuscolo col seguente titolo: " Apparecchi – per la sicurezza dei treni viaggianti – per – Vito Leto – con un’appendice sul Sillabatropio – Palermo 1891 ".
L’invenzione del Sillabatropio gli fu contesa dal Prof. G. Franco, col quale ebbe una polemica vivace nel giornale "L’Amico del popolo " di quell’anno, Senza entrare nel merito di essa, io trascrivo la seguente dichiarazione, riportata dal detto giornale nel num. del 3 dicembre 1888 e sottoscritta dai due polemizzanti: " Essendo venuta al professore Franco l'idea d’insegnare le lingue classiche con un metodo, cui vuol dare il nome teorico-meccanico, ne fece partecipe il Sac. Leto, affinché costui che ha dimostrato un’attitudine alle invenzioni meccaniche, potesse tradurre in atto il concetto del predetto prof. Franco, come infatti e riuscito con soddisfazione del medesimo, fornendo un apparecchio corrispondente al bisogno. G. Franco – Vito Leto ".
Quantunque il Leto non avesse ricavato alcun vantaggio dalle sue invenzioni, per le quali sostenne fatiche e spese, pure continuo nelle sue ricerche. Nel 1896 invento un apparecchio chiamato " Scrutinatrice Leto ", che con un congegno elettromeccanico serve agli elettori per votare i nomi di quei candidati ch’essi desiderano. Questa macchina ebbe lodi dalla stampa di quel tempo, come il " Cicerone ", 1’" Opinione liberale " ed altri giornali, e per ordine di S. E. il Ministro dell’Interno fu esaminata da una commissione composta dai Comm. Bodio, Bedendo, Negri e dal Prof. Comm. Favara, la quale approvo la macchina ed ebbe parole lusinghiere per l'inventore. Anche S. M. Umberto I si degno ricevere e lodare l'autore della macchina, la quale funziono alla sua presenza.
Ma neppure questa volta il Leto ottenne alcun compenso ai suoi studii e quindi scoraggiato, nell’anno 1898, emigrò nella lontana America, la terra promessa delle speranze e dei dollari. Ivi si stabilì in principio nella città di Newark, donde un giorno recatosi nella vicina città di New-York ed entrato nel piu grandioso negozio di quella città " il Siegel and Cooper Co: 14 Street ", resto sorpreso dalla quantità enorme di monete che affluivano nella cassa centrale. Riflettendo al tempo che occorreva per contarle tutte, concepì e attuo il disegno d’una macchinetta chiamata contamonete. Stabilitosi poscia nella città di New York, penso di modificare le sue prime invenzioni, cioè l'avvisatore automatico e il sorvegliatore elettro-automatico per adattarli ai treni americani, che hanno una velocità maggiore dei nostri. Egli fece anche questa nuova invenzione, della quale si occuparono estesamente i giornali " L’Araldo Italiano e il Progresso Italo-Americano ". Ne contratto la vendita; ma non poté raccogliere i frutti delle sue fatiche e del suo ingegno, perché pochi giorni prima della detta vendita morì il 1 settembre 1901 nell’ospedale Italiano Colombo (Columbus Hospital). Fu nominato beneficiale della R. Cappella Palatina di Palermo con decreto reale del 16 marzo 1891, e ottenne diverse onorificenze da accademie scientifiche.
Nato a Ciminna nel 1889 è morto a Palermo nel 1965, Filippo Meli per decenni ha insegnato storia dell’arte prima nei licei e poi all’Accademia di Belle Arti. A lui si devono pubblicazioni come "Matteo Carnalivari e l'architettura del Quattro e Cinquecento in Palermo" e "Costruttori e lapicidi del Lario e del Ceresio nella seconda metà del Quattrocento in Palermo". Fra il 1930 e il ’60 la sua ricerca negli archivi consente la ricostruzione della storia dell’arte siciliana.
Meli, oltre a essere autore della riscoperta di Matteo Carnalivari (architetto della chiesa di Santa Maria della Catena e dei Palazzi Aiutamicristo e Abatellis), è anche artefice della riproposizione della figura di Giacomo Serpotta, riconosciuto come il piu grande scultore del Settecento europeo. Al Meli si deve inoltre la difesa del dipinto del Caravaggio conservato a Palermo, contro il giudizio di Stefano Bottari, e la Custodia rigorosa, da cappellano dell’oratorio di San Lorenzo, della famosa "Natività)), rubata quattro anni dopo la sua morte.