Memorie e Documenti |
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Dr Vito Graziano |
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Pubblicato MCMXI |
1. Aspetto topografico di Ciminna nel principio del secolo XVI
Nei primordi del secolo XVI l'aspetto topografico del paese era diverso
da quello attuale, perché aveva l'esposizione generale rivolta a
sud-est. Nella parte inferiore si estendeva fino al sito, in cui la Via
Collegio finisce nella Salita Matrice, che allora si chiamava Porta Palermo.
Ed infatti nel primo vicolo, che s'incontra a destra di chi salisce e si
dice ancora degli Ostieri, vi erano degli alberghi e delle osterie. Nella
parte superiore il paese si estendeva tanto che la chiesa madre formava
ancora quasi il centro dell'abitato. I confini di questo si possono ora
rappresentare con una linea approssimativa, che, partendo dalla sopradetta
Porta Palermo passa per la Piazza Umberto I, la chiesa di S. Domenico, i
quartieri Canale e Folletto, la chiesa di S. Michele, la strada dei Cappuccini,
la Casazza, il colle di S. Anania, la Via Canonici e la chiesa di S. Giuseppe.
Nella parte, che rimane oggi fuori l'abitato, si trovano alcune tracce di
case, come basi di muri, forni, ecc.
La denominazione di piazza grande, e non piazza d'armi, che fu data a un
sito sottostante alla Matrice, indica chiaramente che il centro più
importante dell'abitato era anticamente vicino alla detta chiesa.
Ma da quel tempo in poi la topografia del paese cominciò a trasformarsi,
e nel corso di qualche secolo assunse la forma quasi attuale. Accenno ora
alle ragioni, che determinarono quella trasformazione.
Nell'anno 1503 morì un certo Nicolo La Priola, che lasciò
eredi universali del suo vasto patrimonio i Minori Conventuali, i quali
allora abitavano in un piccolo convento, posto a fianco della chiesa di
S. Gerardo. Fra i beni lasciati dal La Priola vi era principalmente un fondo
rustico, nel quale essi pensarono di costruire la chiesa e il convento di
S. Francesco d'Assisi e lasciare il resto per uso di orto, circondandolo
di mura. Ad evitare la manutenzione di queste ultime concessero il suolo
per fabbricare, imponendo agli enfiteuti un termine canone.
Nello stesso tempo cominciarono, nella parte orientale del paese, le frane
che coll’andar del tempo produssero la rovina delle case e delle chiese
sottostanti. Esse furono determinate dal diboscamento delle terre di S.
Anania, allora tenute incolte per erbaggio degli animali da macello e per
diporto dei comunisti.1 Anche in seguito continuarono le frane coi loro
effetti, e verso la metà del secolo XVI gran parte del Comune di
Ciminna, giaceva tra le rovine.2
Per queste ragioni gli abitanti del paese fecero a gara per ottenere i luoghi
di casa nell'orto di S. Francesco, e nel corso del detto secolo il convento
concesse per fabbricare tutte le case che oggi, formano le vie Amato, Alvano,
Alonzo Spadafora, Deputato La Porta, Anastasi, Pretura, Vicolo Trapani e
una porzione della salita S. Sebastiano.
1. Anticamente le dette terre appartenevano al Comune, ma i baroni le usurparono, le concessero ad enfiteusi e ne permisero la coltura.
2. Registro celle
deliberazioni decurionali ?8 agosto 1842.
2. Censimenti fatti nel secolo XVI.
2. Nel corso dello stesso secolo la popolazione del paese
andava sempre crescendo; infatti nel censimento del 1547
sotto Carlo V il paese risultò composto di 1030 case con 4346 anime,3
in quello del 1570 di 4600 abitanti e finalmente in quello del 1583 di 5905
abitanti.4
3.
VITO AMICO, Lexicon topograficum, Catania 1752, t. II, part. I, p. 194.
4. FRANCESCO MAGGIORE PERNI, La popolazione
di Siddlia 'e di Palermo dal X al XVIII secolo, Palermo 1892.
Nel 1624 Ciminna fu colpita da una grave epide&;mia,
che fu comune a tutta la Sicilia. Essa fu la celebre peste, che, portata
in Palermo da una nave proveniente dall'Africa e carica d'arazzi d'Alessandria,
si sparse per tutta l'isola e cessò poi, come si credette, per lo
scoprimento delle ossa di S. Rosalia.
Non si può indicare il numero delle vittime, perché i registri
dei morti in questi archivi non giungono fino a quell’anno. L'epidemia
cominciò nel maggio 1624 e durò fino al 4 sett. dell'anno
seguente 1625, nel quale giorno si pubblicò la Sanità e s'aprì
il commercio. Poco tempo dopo tutta la Sicilia rimase libera dalla peste,
onde S. Rosalia fu da molte città della Sicilia acclamata patrona
principale. Fu in quella circostanza che Ciminna elesse per sua celeste
compatrona la vergine palermitana, e D. Guglielmo Grifeo, allora barone
di Ciminna, fondò per sua devozione il beneficio di S. Rosalia dentro
la Matrice, con atto del 30 agosto Vili ind. 1625 presso not. Cataldo Campanella
da Ciminna.
4. Origine dei Comuni di Ventimiglia e Baucina.
Quantunque la popolazione fosse diminuita per la sopradetta
epidemia, pure in quell'epoca avvenne un'emigra&;zione d'abitanti nei feudi
di Calamigna e di S. Marco, che diede origine ai Comuni di Ventimiglia e
Baucina, che debbo brevemente accennare.
Nel 1617 la principessa Beatrice Ventimiglia, figlia di Giovanni, sposò
Girolamo del Carretto, conte di Racalmuto, e con atto del 28 giugno dello
stesso anno presso il not. Luigi Gandolfo da Palermo costituivasi in dote
il feudo di Calamigna, sito nel territorio di Ciminna e dell'estensione
di salme 332.5 Ma dopo pochi anni
la detta Beatrice rimase vedova senza prole, e riprese la sua dote col suddetto
feudo.
Questo era allora privo di coltura per mancanza di coloni e per la vicinanza
della montagna, ch'era un ricovero di masnadieri, e poco o nulla rendeva
alla proprietaria. Or questa, volendo ricavarne una rendita maggiore, ricorse
alla colonizzazione, ch'era molto comune in quei tempi di feudalismo. Perciò
chiese ed ottenne, col pagamento di onze quattrocento, un decreto reale
di Filippo IV in data del 2 settembre 1627, che le dava facoltà di
fabbricare e costruire abitazioni nel feudo di Calamigna. Essa allora cambiò
questo nome con quello di Ventimiglia, e diede tosto principio al nuovo
paese,6 facendo molte concessioni
di terre colla condizione di dimorare e fabbricare dentro il feudo.
La prima concessione fu fatta il 13 ottobre 1627, con atto presso il not.
Onofrio Bonannata da Palermo, a un certo Manzella Vincenzo fu Filippo, nativo
di Ciminna. Esso può considerarsi come il primo abitante di Ventimiglia,
ove esiste una via che porta ancora il nome di lui. A questa seguirono moltissime
altre concessioni di terre, fatte colle stesse condizioni, a individui di
Ciminna, ch'era il paese più vicino. La maggior parte di esse si
possono leggere negli atti del not. Filippo La Vignerà da Ciminna,
e bastano queste sole per dimostrare in modo assoluto la parentela dei due
Comuni.
Leggendo inoltre gli atti di matrimonio dell'archivio parrocchiale, che
rimontano al 1632, cioè ai primordi di Ventimiglia, si osserva che
quasi tutti gli sposi erano da Ciminna e rare volte da altri paesi; quindi
si spiega la frequente somglianza dei cognomi, che si trovano nei due Comuni.
Anche i primi due arcipreti di Ventimiglia furono nativi di Ciminna, cioè
D. Porfirio Sammarco e D. Flippo La Priola.
Nella stessa epoca ebbe origine il Comune di Baucina nel feudo di S. Marco,
che apparteneva pure al territorio di Ciminna. Infatti dal MS. del Muxia,
conservato nella Biblioteca comunale di Palermo e segnato Qq E 13, si rivela
che a 4 giugno 1608 il Sac. Girolamo Barone ottenne il beneficio di S. Marco
nel feudo di Baucina, territorio di Ciminna, fondato con atto del 16 gennaio
Vili ind. 1575 presso il not. Ant. Lo Vecchio.
Anche questo Comune fu in massima parte popolato da abitanti di Ciminna,
che vi trasferirono la loro residenza. Il numero di essi si andava aumentando
di anno in anno, e, come riferisce l'abbate Amico, nel 1653 si contavano
95 case e 368 abitanti. Essi aumentarono sempre più; infatti nel
censimento del 1714 risultarono n. 1285, in quello del 1748 n. 1674 e nel
1798 n. 2294. Il primo arciprete di Baucina fu nativo di Ciminna, e si chiamò
D. Vincenzo Monastero, morto il 19 sett. IV ind. 1635.
5. La famiglia Ventimiglia
era venuta in possesso del detto feudo per un atto di permuta, fatto il
5 maggio 1503 presso il not. Andrea Ponticorona, tra D. Blasco Lanza padrone
del feudo di Calamigna e D. Paolo Ventimiglia padrone del feudo di Santa
Venera.
6. Nel censimento del 1714, gli abitanti risultarono
n. 1.774, in quello del 1748 n. 2.029 e in quello del 1798 n. 3.043.
5. Elevazione di Ciminna a ducato nel 1634.
Non ostante queste emigrazioni, che diedero origine ai
suddetti Comuni, Ciminna non perde la sua importanza; perché nel
tempo che esse avvenivano, e precisamente nell'anno 1634,7
ebbe l'onore di essere elevato a ducato con privilegio dato a Madrid il
giorno 11 luglio da Filippo IV. Perciò i signori di Ciminna, che
ne avevano il dominio feudale e godevano il X posto nel Parlamento siciliano,
non più baroni ma duchi furono detti, e il primo di essi fu Mario
III dell'illustre famiglia Grifeo.
7. Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno, Processi d'investitura, filza 1582.
Nei tempi passati furono frequenti le carestie, che ora
la civiltà ha allontanato per la frequenza delle comunicazioni e
degli scambi tra le varie nazioni. Ma allora esse
erano terribili e colla peste e la guerra costituivano i tre più
grandi flagelli dell'umanità. Per lo più la fame, che si soffriva
nelle carestie, soleva andare accompagnata dalle malattie; poiché
la povera gente, che si pasceva di cibi malsani e inquinava l'aria col sudiciume,
faceva sviluppare delle infezioni, che per la mancanza d'igiene, duravano
molto tempo con orrende mortalità. La storia ha registrato in Sicilia
molte carestie, delle quali il maggior numero fu nel secolo XVII, cioè
negli anni 1634, 1647 e 1671, oltre a quelle minori.
Alcune delle dette carestie diedero luogo a gravi tumulti popolari. In quella
del 1647 si mosse prima Palermo e coll'esempio di questa quasi tutti le
altre città e terre di Sicilia. Ovunque la plebe bruciò gli
archivi, aprì le carceri, tolse le gabelle e incendiò le case
dei governanti.8
In Ciminna non avvennero tumulti, almeno di grande importanza, poiché
nel Diario composto da V. Auria essa non si trova citata fra le Terre che
fecero maggiori tumulti. La mortalità ivi prodotta fu nel 1647 di
309 morti e nel 1648 di 369 morti. Nell'uno e nell'altro anno la mortalità
maggiore fu nel primo semestre.
8. F. MAGGIORE PERNI, La popolazione di Sicilia e di Palermo dal X al XVI secolo, Palermo 1892, p. 214.
Nonostante tale mortalità nel censimento fatto pochi anni dopo, cioè nel 1653, la popolazione di Ciminna risultò di 5716 abitanti con 1449 case, numero poco inferiore a quello dell'ultimo censimento fatto nel 1583 e che fu di 5905 abitanti.9
9. E. Di BLASI, Storia del Regno
di Sicilia, Palermo 1864, voi. Ili, p. 206.
Pochi anni dopo avvenne un'altra grande carestia. Nel
1671 la raccolta dei grani fu sterilissima, e scorsi alcuni mesi si cominciò
a sentire in tutto il regno la fame più terribile, accresciuta dall'ingordìgia
dei ricchi, che avevano seppelliti i pochi frumenti raccolti per venderli
ad un prezzo gradissimo.9 Perciò
i Comuni non sapevano donde trarre i grani per sostentamento delle popolazioni.
Per evitare gli orrori della fame e delle malattie che ne seguono, come
anche per impedire i tumulti popolari, lamentati nella carestia precedente
del 1647, il viceré di quel tempo principe di Lignè diede
varie sagge disposizioni, che però non valsero a togliere il male.
Intanto in Messina successe un tumulto prodotto dalla carestia,e , per sedarlo,
il viceré si recò in quella città con una grandissima
quantità di frumento raccolto da varie terre e luoghi.
9. Rivolta di Ciminna nel 1672,
A Ciminna il viceré aveva fatto dare l'ordine di
estrarre a tale scopo 170 salme di frumento. Ma appena cominciata l'estrazione
di essa, il popolo si rivoltò e fece partire gli animali venuti per
caricarlo. Perciò il Sindaco e i giurati di quel tempo, con memoriale
dell'11 aprile 1672, supplicarono il viceré nel tenore seguente:
« Ecc. Signore
Per molte carte di V. E. ricevute da noi per via del suo Secretano riabbiamo
dimostrato la buona volontà da parte nostra di obedire all'ordine
di V. E. di fare estrarre salme 170 di fromento per servizio della Città
di Messina. Stando noi per eseguire detto ordine sabato prossimo successe
che essendo venuti a questo fine imposte di salme 100 ed riavendosi dato
principio alla estrazione di salme 64, come infatti si estrassero. Fu causa
che si commosse il popolo a fare revoluzione vedendosi togliere il Pane
della Bocca et insino le stesse Donne ni fecero risentimento et haveria
successo revolutione notabile, se non havessimo dato riparo con lo aggiuto
di persone Ecclesiastiche con fare diligenza che le chiavi delli magazeni
delli frementi del Dr. D. Antonino Maiorana Affittatore di questa, che tenea
detti fromentì estraendi, stessero in potere del Vicario foraneo,
per onde il Popolo si sedò l'animo, così si diede riparo a
questo primo inconveniente; ma doppo il popolo vedendo venire Hieri Domenica
nove imposti per seguitare l'estratione dello resto del fromento si commosse
a fare nova revolutione tanto che non si potte riparare che non si rivolgesse
contra il suddetto Affittatore quale apprendevano essere causa che si togliesse
il Pane. Et in questo si radunò il Popolo nella Piazza dicendo che
se ne vadano l'imposte altrimente ni volemo perdere, riparammo con dirli
che già si erano partiti come infatti li fecemo partire, et il Popolo
si sedò; ma poi ad hora mensa di notte si mosse susurro che l'imposti
non erano ancora partiti. Si rivolgìo in un punto d.° Popolo
contro d.° Affittatore, tentando d'aprire la porta del Convento di S.
Frane. d'Assise dove il sud. risiede e riportandosi da noi, e da persone
Ecclesiastiche a sedarli e a fare che non entrassero; non fu possibile raffrenare
totalmente la furia e lasciando d.a Porta del Convento, si rivolgerò
a dare sacco con foco alle Porte di due magazzeni di vino e di formaggio
di detto Affittatore Collaterali e detto Convento, e mentre facevano strage
di questa Robba; Altri se ne andarono dalla parte dell'orto di detto Convento,
et entrarono nell'Appartato di d.° Affittatare, e si presero quanto
vi trovare. Durò questo sacco insino ad hore 3 di notte senza poterci
da noi, ne da altri darci nessuno rimedio. Non ha successo altro danno tutto
per avviso di V. E. quale supplicano humilissimi stante le necessità
e pericoli che soprastano sia servita non permettere nova estratione di
detto resto di fromento mentre col fine Augurandoli ogni Grandezza prostrati
li baciano il Ginocchio.
Ciminna 11 Aprile 1672.
Ecc .mo Sig.re — Di V. E. Humilissimi Creati — Dr. Tomaso Caieta
Giurato eddomadario e vice cap.° — Giacomo Gioya Giurato —
Giuseppe Trabona Giurato — Gio. Battista Minara Giurato » .10
La mortalità di Ciminna nella detta carestia fu enorme.
La popolazione del paese, secondo l'ultimo censimento fatto
nel 1653, era allora di 5716 abitanti, e la mortalità per l'epidemia
che ne seguì fu nel 1672 del 9,20 per cento. Il numero totale dei
morti, forse non mai verificatosi in Ciminna, fu di 526 morti, così
divisi nei vari mesi:
Gennaio 15, Maggio 50, Settembre 68, Febbraio 33, Giugno 26, Ottobre 63,
Marzo 45 Luglio 55 Novembre 50, Aprile 66, Agosto 45, Dicembre 30.
10. Archivio di Stato di Palermo, R. Segreteria, Rappresentanze del Regno, busta n. 1.672.
Ora per l'ordine cronologico da me seguito debbo narrare
le vicende dell'infelice Antonino Canzoneri, che fu l'ultima vittima dell'Inquisizione
nella città di Palermo.
Egli nacque in Ciminna il 26 aprile 1673 da Pietro e Giuseppa Canzoneri.
Ebbe un fratello per nome Antonio, che esercitò la professione di
notaro in Ciminna e morì in età di circa 40 anni nel 1696.
La sua famiglia era una delle primarie del paese, ma Antonino preferì
di stabilire la sua dimora in Palermo, ove poteva meglio esercitare la sua
professione di procuratore legale. Egli la fece anche da filosofo e teologo,
e sebbene nulla lasciò scritto intorno alle sue opinioni scientifiche,
pure dalla natura delle eresie che gli furono imputate dall'Inquisizione
e dal numero dei teologi predicatori e maestri di spirito incaricati di
convertirlo con ragioni, si può argomentare che il Canzoneri doveva
avere una certa cultura.
Il 5 febbraio 1723 egli fu messo in carcere per ordine del Tribunale d'Inquisizione,
perché accusato di non pochi errori. Così per es. negava il
precetto pasquale, l'esistenza degli spiriti, dei miracoli e dei sacramenti,
e credeva che il ciclo e la terra fossero stati opera della natura e non
di Dio.
Tuttavia egli pretendeva salvarsi, si vantava di essere stato il primo,
a cui Dio avesse comunicato il lume di conoscere quanto asseriva delle cose
divine, e si doleva di essere sfortunato nel mondo, perché non aveva
seguaci della sua legge, come li ebbero Ario, Luterò, Calvino, Maometto,
ed altri.
Fu un filosofo? Fu un pazzo? Ai signori inquisitori, per tante e si diverse
opinioni, parve un demente; perciò lo fecero esaminare dai migliori
medici di quel tempo, che giurarono con pubblica attestazione essere il
medesimo di sana mente. Quindi il 19 dicembre 1729 si passò alla
consulta della sua sentenza definitiva, con la quale il Canzoneri fu dichiarato
eretico formale, eresiarca, apostata della fede, pertinace ed impenitente,
e come tale rilasciato al braccio secolare colla confisca de' suoi beni.11
Ma prima di dare esecuzione alla detta sentenza, gl'inquisitori lo fecero
visitare da innumerevoli teologi, predicatori, maestri di spirito e uomini
di santa vita, che si sforzarono di convertirlo a penitenza con ragioni,
con industrie e con tutti i mezzi, che poteva dettare lo zelo di un'anima,
sino a farlo esorcizzare dai più periti esorcisti.
Però il Canzoneri si mostrò sempre pertinace nelle sue opinioni,
anzi procurò di convertire ad essere gli stessi teologi. Laonde il
caso parve così grave al santo Tribunale, che questo credette necessario
mandare una relazione sommaria all'Ecc.mo Cardinal Sigismondo Kollenitz,
inquisitore generale, per riceverne gli oracoli. Questi rispose il 31 marzo
1731, ordinando con calore, che si desse esecuzione alla sopradetta sentenza.
Fu stabilito farlo nello spettacolo del sant'Ufficio, che si tenne nella
chiesa di S. Domenico il 2 ottobre del detto anno 1731, e tutto era pronto
per essere il Canzoneri bruciato nel piano di Sant'Erasmo, dove già
s'era preparato lo steccato a tal fine.
Ma sul mattino destinato allo spettacolo ed al rogo, alle ore 13 e mezza
d'Italia il povero curiale, sia per la spossatezza dei patimenti e delle
veglie, sia, come poi fu detto, per l'amore di riacquistare la libertà,
si pentì e alla presenza del Tribunale « si protestò
d'esser egli stato un superbo, scandaloso, temerario, eretico formale e
pertinace». Perciò non più come ostinato nei suoi
errori, ma come penitente, coll’abito giallo, uscì dal carcere
cogli altri rei e fu condotto nella sala del Tribunale a S. Domenico. Ivi,
mostrando esso segni di ravvedimento, fu cantato il Te Deum e la sua conversione
portò allegrezza a tutta la città; onde gli si perdonò
la vita e solo fu bruciata la statua: egli fu ricondotto cogli altri rei
nel santo Ufficio in carcere di penitenza.
Però scorsi appena venti giorni, scrive il Canonico Dr. D. Antonino
Franchina nel suo breve rapporto della S. Inquisizione di Sicilia, stampato
a Palermo nel 1744, con maggior perfidia di prima l'infelice ricadde nelle
sue detestabili eresie, né fu indotto a penitenza dai più
dotti e zelanti teologi, designati dal Tribunale, e dall'Ecc.mo Monsignor
Fra D. Matteo Basile Arcivescovo di Palermo. Perciò finito il secondo
processo, fu dal Tribunale rilasciato al braccio secolare come eretico impenitente,
e il giorno 22 marzo 1732, nello spettacolo pubblico in S. Domenico, fu
dai giudici condannato ad essere consegnato vivo alle fiamme. La sentenza
fu eseguita lo stesso giorno alle ore 19 e mezza d'Italia nel piano di S.
Erasmo.12
Tale fu la sorte dell'infelice Canzoneri, dopo una lunga prigionia di nove
anni, e da quanto è stato detto risulta che egli, oltre le scienze
legali, conobbe quelle filosofiche e teologiche. Per l'audacia delle sue
opinioni e per l'ardore con cui le sostenne parve un pazzo, ma i medici
lo giudicarono di sana mente, ed ora non si trovano ragioni per combattere
il loro giudizio. Ritrattò le sue opinioni, ma non lo fece per convinzione.
Egli fu giudicato diversamente, poiché alcuni lo ritennero un eretico
e un apostata della fede cattolica, altri un martire del libero pensiero
e dei pregiudizi della sua epoca.
Però è certo che egli fu l'ultima vittima
dell'Inquisizione e dell'austriaca severità,13
e colla sua morte si chiuse la lunga serie dei funesti spettacoli, che furono
chiamati Atti di Fede. Il suo nome era quasi dimenticato, perché
gli storici ricordavano come ultimo lo spettacolo solenne di Fra Romualdo
e Suor Geltrude, avvenuto nel 1724; ma nella sua Terra nativa vive ancora
la memoria della sua fine infelice. Quivi egli non lasciò alcun discendente
diretto e neppure forse in Palermo, ove passò gran parte della sua
vita.
11. A. MONGITORE, Compendioso ragguaglio dell'Atto generale di Fede celebrato in Palermo a 2 ottobre 1731 dal Tribunale del S. Uffizio di Sicilia, Palermo 1731. Inserito nella Biblioteca storica e letteraria di Sicilia di Gioacchino Di Marzo, Palermo 1856, voi. IX, pp. 181 e 186.
12. A. MONGITORE, op. cit., pp. 188 e 189.
13. V. LA MANTIA, Origine e vicende dell'Inquisizione in Sicilia. Inserito nella «Rivisto storica italiana», Torino 1886, voi. Ili, pp. 581 e 582.
Nel 1763 la Sicilia fu colpita dalla fame, a cui sopraggiunse
una micidiale malattia prodotta dalla cattiva esalazione di tanti accattoni
e « sarebbe stato questo l'ultimo esterminio della Sicilia, se la
divina provvidenza con abbondantissimo raccolto non avesse disfamati tanti
popoli infelici».14 Ciminna
fu colpita anche in quell'epidemia, e il numero dei morti fu di 338.
Prodotta pure dalla scarsezza dei viveri, pochi anni dopo, cioè nel
1793, avvenne un'altra epidemia, che si manifestava con vomito di materie
vischiose, con prostrazione immensa di forze e talvolta con violento delirio.
Ciminna ne fu pure colpita ed ebbe 327 morti, mentre nell'anno precedente
ne aveva avuto 149.
14. Compendio della Storia di Sicilia del Sac. Nicolo Maggiore, Palermo 1840, p. 276.
12. Censimenti fatti nel secolo XVIII.
Nel 1713 si fece un nuovo censimento, e Ciminna aveva allora 1442 case e 5419 abitanti,15 numero poco inferiore a quello del secolo precedente. Nell'opera citata di Maggiore Perni Francesco « La popolazione di Sicilia e di Palermo dal X al XVIII secolo » si parla di altri censimenti, nei quali Ciminna ebbe i seguenti abitanti: Nel censimento del 1714 n. 5430, in quello del 1748 n. 5139 e in quello del 1798 n. 6150.
15. V. AMICO, op. cit., in nota a p. 46.