Cap. IV
Ciminna dai suoi primordi sino alla fine del sec. XV
1 .L'antico castello e sua distruzione— 2. Il nuovo castello.— 3. Sua pianta topografica. — 4. Sua fine e ruderi tuttora esistenti
Il castello, che ho accennato nel capitolo precedente e intorno al quale si andava formando la popolazione del nuovo paese, esistè nel luogo, ove sorgeva l'ex-monastero S. Benedetto. Infatti in un libro di conti, compilato dal Rev. Sac. D. Santo Gigante nel secolo XVII, a foglio 21, fra gli esiti del 1624 leggesi quanto segue: «In primis a diverse persone per sdirupare la Torre antica, quale era dentro il Monastero vecchio, et era impedimento per lo nuovo edificio. Onze novi tt tre gr. quattordici pagati dal procuratore D. Andrea Manfrè come suo credito ». Quel castello non durò molto tempo, poiché nel secolo XIV fu distrutto nel modo che sono per narrare.Per l'inimicizia, che esisteva fra il Re di Sicilia Federico II e il Re di Napoli Roberto, questi si era posto in mente di conquistar la Sicilia per mezzo di scorrerie, fatte ogni anno al tempo della mèsse. Or nell'anno 1326 mandò, al solito, in Sicilia il conte di Montescaglioso Beltrando del Balzo, detto il conte Novello, con 80 galee, e il 4 giugno questi sbarcò a Solanto e, menato l'esercito nel territorio di Termini, ne devastò le campagne e i dintorni. Indi si diresse colla sua flotta verso Messina, arrivò ad Aci, che incendiò e distrusse interamente, e di là fece ritorno in Termini.Fatto ivi sbarcare l'esercito, lo condusse in Ciminna, che mise a ferro e a fuoco, vi depredò quanto cadde sotto le sue mani, trattene tutto quello che potè trasportare a bordo, il resto incendiò e infine, arrecati pochi danni all'agro palermitano,fece ritorno in Napoli.1In quella sciagurata circostanza il paese fu grandemente danneggiato e il castello preso, saccheggiato ed incendiato, perché dovette forse opporre qualche resistenza.Sulle rovine del castello poi sorsero le case di certo Pietro Flodiola, segreto di questa terra e fondatore del primo monastero S. Benedetto, che fu edificato dopo la sua morte nel 1538, nel sito stesso delle dette case.Sembra che il sopradetto castello non abbia avuto una grande importanza strategica, né sia stato una vera fortezza, perché in una ratifica di concessione feudale, fatta nel 1300 in favore di Virgilio Scordia da Catania, il Comune di Ciminna fu ripetutamente detto casale, mentre quello di Vicari castello (castrum).
Non passò molto tempo che in quelle vicinanze fu costruito un altro castello di maggiore importanza, di cui si vedono tuttora gli avanzi rimpetto l'ex-chiesa S. Benedetto. Infatti nell'atto di permuta tra la terra di Ciminna con quella di Giuliana, fatto nel 1369 presso il notar Durano, si accenna chiaramente al castello, dicendosi permuta della terra e castello di Giuliana colla terra e castello di Ciminna.Per avere un'idea del nuovo castello, accenno al decreto di nomina fatto dal Re Martino il 18 luglio X ind. 1402 in persona di certo Villalba a castellano di esso, che qui invece è chiamato col nome di castello (castrum). In quel decreto si assegnano al detto castellano onze cinque all'anno per salario e nove persone a suo servizio.3
2. Archivio di Stato di Palermo, R. Cancelleria, a. 1401 e 1402, voi. 39, f. 104 retro. Vedi in appendice il documento II.
La pianta topografica del nuovo castello, fabbricato con calce, aveva la forma di un grande rettangolo, coi lati più lunghi esposti a mezzogiorno e a settentrione e quelli più brevi ad oriente e ad occidente. Il lato maggiore del rettangolo, come può osservarsi sui pochi ruderi che rimangono ancora, era lungo m. 40 e quello minore m. 15, e formavano una superficie totale di mq. 600, comprese le mura esterne.Il castello era formato da tre piani, compreso quello a pianterreno. Questo aveva la porta d'ingresso esposta a settentrione in corrispondenza del piano ancora esistente, ed essa metteva in un grande atrio scoperto, ch'era in comunicazione colla stanza del custode, colle carceri e con un lungo corridoio.Le carceri erano destinate agli uomini e alle donne, erano disposte lungo il lato settentrionale del castello, e ricevevano la luce per mezzo di alcune finestre; il corridoio invece si trovava lungo il lato meridionale, dal quale riceveva la luce pure per mezzo di finestre. Nel corridoio si trovavano le stalle e alcune stanze da riposto, da esso si scendeva nelle prigioni sotterranee, e per mezzo di una grande scala si accedeva al secondo piano. In questo erano le più belle stanze, adorne di pitture, che servivano di abitazione ai baroni o ai loro rappresentanti. Da esse si saliva all'ultimo piano, che era formato da stanza ad uso di depositi.Nel castello esistevano una cappella pel servizio religioso della famiglia baronale e un piccolo teatro che, col permesso del barone, serviva anche per rappresentazioni pubbliche.
Nel 1675 il castello aveva bisogno di riparazioni, per le quali occorrevano almeno seicento onze, come risulta da una relazione manoscritta esistente ancora nell'archivio del principe di Partanna. Però sembra che esse non siano state eseguite interamente, perché nel secolo seguente il detto castello presentava delle rovine. Finalmente nella metà del secolo scorso cominciò a diroccarsi e in un decennio si ridusse un mucchio di rovine, delle quali approfittò liberamente il pubblico per portarne via i materiali di costruzione. Nel 1907 fu anche distrutta gran parte del muro di nord, ridotto allora a fior di suolo, per farne breccia da stradale.Ora rimangono le basi delle mura esterne, che verso il lato di mezzogiorno s'innalzano a qualche metro d'altezza; ma io credo che neppure queste saranno rispettate e del castello non resterà che il solo ricordo. Il suolo appartiene alla famiglia Artale, alla quale pervenne dai signori Grifeo.