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Nei panni di mia moglie

"Nei panni di mia moglie" pubblicato da Editrice Nuovi Autori

Imago mortis - un'esca per la regina nera

"IMMAGO MORTIS- un'esca per la regina nera" pubblicato da Il Filo


Memento: inciso nella pietra

di Andrea Saviano


Tra le dolci memorie della mia infanzia, un posto particolare nel mio cuore lo serbo ancora oggi per il ricordo delle passeggiate che facevo con il nonno.

C'era un momento che, nonostante si ripetesse con la stessa regolarità e sicurezza del tramonto e dell'alba, aveva una posizione più elevata all'interno di quello straordinario evento che erano quei quattro passi insieme al nonno. Ciò a causa delle sensazioni che mi provocava ogni volta, sebbene si trattasse di una momento che nonno mi proponeva lasciandolo sempre identico a se stesso, quasi si trattasse della messa in scena di un'opera teatrale. Non c'era nulla che lui cambiasse nell'espormi i fatti, la voce aveva sempre un tono drammatico, lo sguardo trasudava eroismo, le mani trasmettevano forza e coraggio.

Nonno era tutt'altro che un chiacchierone e men che meno un fanfarone. La sua dote principale era il saper ascoltare e, ogni bambino che si rispetti, non chiede altro da un adulto che la pazienza di essere seguito nei propri assurdi ragionamenti. C'era solo un momento in cui nonno non rispettava quel suo silente interesse ai miei discorsi ed era ogni qual volta arrivavamo in corrispondenza di una lastra commemorativa.

Incisa nella pietra c'erano una data e un segno orizzontale. Quella lapide era stata posta su quel muro dal nonno in persona per ricordare ai posteri fino a dove possa arrivare la furia della natura quando si risveglia. Infatti, quel tratto orizzontale segnava il livello dell'acqua durante l'alluvione del IV novembre 1966. Anzi, all'intero viale era stato assegnato il nome IV novembre, per rammentare a tutti che il fiume, a volte, si riappropriava di ciò che una volta era parte del proprio letto.

A quei tempi, la cosa che m'impressionava di più, era che la linea orizzontale era posta a un'altezza ben maggiore della mia statura. Anzi, persino di nonno sarebbero emersi solo i suoi bianchi capelli.

Dopo lo stupore, che si rinnovava ogni volta uguale a se stesso, provavo una sensazione di soffocamento, come se realmente stessi affogando seppellito sotto quel cumolo d'acqua e fango. Anche le gambe mi si paralizzavano, come se fossero imprigionate dentro la melma. Poi, a cancellare la paura, arrivava l'abbraccio di nonno, che sollevandomi mi portava oltre quella linea, cosicché al terrore creato da quei fatti sostituivo la certezza di poter sempre trovare protezione tra le sue forti braccia; il quale per confortarmi abbandonava la narrazione della furia delle acque per dedicarsi a descrivere quante persone lui e gli altri avessero tratto in salvo quel giorno.

Solo a quel punto la nostra passeggiata proseguiva e io, tornato tranquillo, tempestavo nonno di astrusi ragionamenti su come avrei potuto risolvere per sempre il problema delle alluvioni. Argomentazioni ovviamente prive di ogni fondamento, ma lui pazientemente restava in ascolto senza mai contraddire o obbiettare sulle mie affermazione, lasciando che loro e io restassimo in quel meraviglioso universo del fantastico e del possibile che è l'infanzia.

Solo dopo essere giunti a casa, per cancellare l'ultima ombra di timore dal mio cuore, quella che mi avrebbe privato di un sereno dormire tornando sotto forma di incubo, nonno estraeva dal cassetto una vecchia foto. Quell'immagine era in grado d'arginare il ricordo del fiume in piena impedendogli di straripare nei miei sogni.

In quell'immagine ingiallita dal tempo, che sapeva di passato perché in bianco e nero, c'era nonno nella sua divisa da ufficiale dei carabinieri intento a trarre in salvo sulle sue spalle un bambino. Era nel pieno del suo vigore fisico. Nella foto sembrava più alto, infatti, dall'acqua emergeva tutta la testa e parte delle spalle.

CONTINUA