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MASCALCIA:
Ferrati o scalzi?
Ferrati o scalzi? - Pro e contro la nevrectomia -
Una patologia di lenta risoluzione
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MASCALCIA - Ferrati o scalzi?
Tratto da: Cavallo Magazine
Abbiamo ricevuto diverse lettere con richieste di consigli su problemi concreti: dato l'interesse generale di alcuni quesiti, li pubblichiamo per fornire le relative, possibili soluzioni.

  Una signora di Castellmare di Stabia chiede se: «È possibile usare e far lavorare in determinate zone cavalli senza ferrarli? In pratica: in particolari zone estreme, dove non vi sono maniscalchi a portata di... piede, alcune razze di cavalli non hanno bisogno di ferrature, anche se vivono in montagna e in terreni aridi o umidi.
Ad esempio in Patagonia i cavalli argentini non si ferrano.
Così come non si ferravano i cavalli dei vecchi Indiani d'America e da noi i cavalli Avelignesi che hanno zoccoli duri e ampi. Quali sono, in Italia, le razze di cavalli che non

hanno bisogno di ferratura (lo zoccolo si consuma naturalmente) e che possono ugualmente lavorare, soprattutto fare trekking?» La signora solleva un argomento interessante che, per esempio in Germania, dove è nata recentemente la figura dell' "Hufpfleger" diplomato accanto a quella del maniscalco, è di estrema attualità. Gli Hufpfleger sono professionisti del piede del cavallo che si dedicano solo al pareggio ed eventualmente all'applicazione di protesi incollabili e allacciabili, ma non hanno il diritto di inchiodare ferri sugli zoccoli: non stupisce, perciò, che queste persone sostengano che la ferratura tradizionale abbia degli aspetti negativi per il cavallo ed è evitabile per la più parte dei soggetti.
La signora dà degli esempi storici, ambientali e di costituzione di razza e già con questo si intuisce che non esiste una facile e pronta risposta.
La ferratura ha come obiettivo primario quello di evitare un consumo eccessivo della scatola cornea quando il consumo stesso, dovuto all'impiego del cavallo, è maggiore della crescita dello zoccolo. Ma non solo. Altri motivi includono: aumentare la trazione e la sicurezza sui diversi terreni, correggere o prevenire conformazioni non idonee nei puledri in accrescimento, come terapia nelle zoppie e per influenzare l'andatura (ad esempio in caso di interferenze tra gli arti).


LA FERRATURA HA ANCHE UNO SCOPO TERAPEUTICO

Non sempre, dunque, si muniscono gli zoccoli di ferri solo per evitare un consumo eccessivo. Storicamente alcuni popoli non avevano la tecnologia disponibile e dovevano invece puntare su altri metodi: la selezione di cavalli con zoccoli duri e resistenti (le razze); la limitazione dell'uso (a questo proposito, i guerrieri Sioux Oglala delle praterie nordamericane avevano di norma tre cavalli ciascuno: uno per le necessità giornalieri, uno per la caccia e uno, il più pregiato, per la guerra, assicurandosi così che quest'ultimo non si trovasse con gli zoccoli consumati nel momento di necessità); l'applicazione di ipposandali di fibra o di metalli allacciabili (vedi gli antichi Romani) eccetera. Con il progredire della civiltà è nata la mascalcia tradizionale che ha permesso l'uso del cavallo domestico in modo intensivo e anche su fondi non adatti per cavalli "scalzi".
Un esempio estremo sono i cavalli carrozzieri. I fiaccherai di Vienna devono riferrare i loro cavalli anche ogni due settimane in alta stagione perché i ferri (grossi e ramponati) si consumano sugli asfalti e i lastricati della città. Come effetto della mascalcia, inoltre, è venuto a mancare il criterio di selezione in base alla qualità dello zoccolo. Dove più era praticata una mascalcia di qualità, peggiore poteva essere la qualità degli zoccoli. Perciò le razze di cavalli allevati in assenza di mascalcia hanno generalmente degli zoccoli migliori, adatti all'ambiente naturale tipico di quella razza: il piede del Criollo argentino è forte ma anche largo e piatto e non così adatto a terreni rocciosi come lo è, invece, il piede stretto e a pareti scure e grosse del cavallo orientale e anche, citando addirittura la specie, come lo è il piede dell'asino.
Concludendo, la possibilità di usare un soggetto senza ferri dipende da tre fattori in combinazione tra loro.
Primo: la costituzione del soggetto (qualità dello zoccolo, rapporto peso-dimensioni dei suoi piedi, velocità della crescita della muraglia ecc.) solo parzialmente legata alla razza. Un esempio di razza italiana con zoccoli resistentissimi è il Murgese, ma sono anche dei cavalli generalmente di notevole mole.
Secondo: l'ambiente. Infatti un cavallo che lavora solo su fondi morbidi e poco abrasivi può sicuramente andare scalzo anche se ha zoccoli non particolarmente resistenti. Così, ad esempio, i Lipizzani della Scuola Spagnola di Vienna lavorano tutti scalzi ma su uno dei più bei fondi immaginabili.
Terzo: l'impiego, poiché è chiaro che mezz'ora al giorno in rettangolo è una cosa ben diversa, ad esempio, dal quotidiano allenamento in pista da trotto o da un trekking di una settimana su terreno vario (pochi cavalli possono affrontare un tale viaggio senza un'adeguata ferratura).
Infine va detto che il cavallo domestico, anche se tenuto sferrato, raramente vive nell'ideale equilibrio naturale tra crescita e consumo della scatola cornea. Dunque necessitano periodici pareggi, per evitare che gli zoccoli troppo lunghi si scheggino.
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PRO E CONTRO DELLA NEVRECTOMIA
«Ho un Quarter Horse di 12 anni, per metà olandese, cui è stata diagnosticata radiograficamente una navicolite di grado medio. Attualmente non zoppica, grazie a ferrature correttive indicate per i trekking. Vorrei sapere qualcosa di più sulla navicolite e se i Quarter soffrono di questa malattia per eredità. Ho anche sentito parlare di un'operazione della quale non ricordo il nome».
F. Di Piero

La strana operazione si chiama nevrectomia dei nervi digitali palmari e consiste nell'interruzione chirurgica dei nervi che registrano il dolore nella parte posteriore del piede, quella dove si trovano l'osso e la borsa navicolare. Uno dei lati negativi di tale operazione è che desensibilizza gran parte dello zoccolo e perciò il cavallo non si accorge di una sobbattitura o di un chiodo piazzato vicino al vivo.
Perciò non è consigliabile in un cavallo che attualmente è "dritto" grazie alle ferrature e che viene usato sui percorsi misti del trekking. L'ereditarietà di razza per la sindrome navicolare è difficile da stabilire con certezza, visto che si tratta di una malattia multi-fattoriale, comunque la relazione tra dimensione dei piedi e mole/peso del cavallo è uno dei fattori riconosciuti come importanti, considerando anche che i Quarter Horses spesso hanno piedi piccoli in rapporto al loro peso.
Le cure mediche della navicolite includono la somministrazione di vasodilatatori per bocca (isossisuprina), infiltrazioni della borsa navicolare e/o dell'articolazione tra osso triangolare-coronario e navicolare con corticosteroidei (e/o acido ialuronico). Sembra che la magnetoterapia lenisca il dolore. Una ferratura terapeutica più che correttiva è importantissima, come lei ha potuto costatare, perciò tenga in dovuta considerazione il suo maniscalco e non lasci mai allungare lo zoccolo eccessivamente. In quanto al lavoro è molto meglio che sia regolare, frequente e non agonistico, come appunto il trekking: guai tenere il cavallo fermo in box durante la settimana per poi montarlo durante il sabato e la domenica!
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UNA PATOLOGIA DI LENTA RISOLUZIONE

«Il mio fedele compagno è zoppo a causa di una tendinite al tendine sospensore, che da accertamenti ecografici risulta leso. Chiedo informazioni sulle terapie possibili del caso. Avendo ricevuto dal veterinario il consiglio di trattare il cavallo col riposo e l'applicazione di biodurato di mercurio per "ustionare" la parte, favorendo la circolazione locale e la cicatrizzazione, ho qualche dubbio sulla tossicità e sugli effetti devastanti di tale terapia».
G. Cerretti - Roma

Innanzi tutto non esiste un tendine sospensore e mi immagino che si tratti di una lesione del legamento sospensore del nodello o dei tendini flessori delle falangi: il superficiale o il profondo. (vedere l'articolo "Salviamo i tendini", Cavallo Magazine n. 160, Marzo 2000, pag. 90).
La desmite del legamento sospensore del nodello è molto dolorosa per il cavallo (l'infiammazione di un legamento si chiama desmite, quella di un tendine tendinite) e di lenta risoluzione.
La difficoltà sta nell'ottenere una guarigione che permetta la totale e normale funzionalità della parte lesa.
La sostituzione delle fibre elastiche originali con una fibrosi cicatriziale (più dura e non allineata nel senso delle forze di tensione) può portare a ricadute. Nessuna delle terapie attuali può garantire una guarigione ideale. Queste terapie sono: riposo e riabilitazione controllata, riacutizzazione dell'infiammazione con vescicanti o focature a caldo o a freddo, lo "splitting" delle fibre (si praticano piccoli tagli longitudinali per favorire la guarigione delle fibre in quel senso), terapie laser e anche terapie con onde d'urto, impiegando macchine simili a quelle usate per "frantumare" i calcoli in medicina umana. Il processo di guarigione va seguito con periodici controlli ecografici.
Tutte queste informazioni le ha il suo veterinario che, conoscendo l'entità e la sede esatta della lesione, è la persona più indicata per consigliarla. In quanto alle ferrature di supporto per la riabilitazione è consigliata una ferratura leggera e coperta in punta, con talloni stretti che non alterino l'asse digitale.
Su terreno profondo (rettangolo in sabbia) questa ferratura permette una corretta "posata" del piede, evitando che il nodello si abbassi eccessivamente. La progressiva riabilitazione dovrebbe, anch'essa, stimolare il corretto allineamento delle fibre neoformate e riparate e viene programmata nel tempo in base ai reperti ecografici di controllo.

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