ETOLOGIA
- Il
nobile linguaggio del cavallo
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Tratto
da: Cavallo Magazine |
Come
quella degli altri animali, la sua vita sociale si basa su odori,
segnali, atteggiamenti. Strofinarsi, leccarsi il mantello, mordersi
il collo. Un rituale che da tempo ha precisi significati.
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"Profumo
di donna", sussurrava un sornione Vittorio Gassman cieco all'avvicinarsi
di una ragazza interessante nell'omonimo film di Dino Risi. Lo stallone
che in primavera protende il collo e arriccia le nari fino a scoprire
i denti nell'atteggiamento definito "flehmen" dice la
stessa cosa, reagendo così a un forte stimolo olfattivo.
L'odorato è considerato il più primitivo dei sensi,
intimamente connesso alla sfera |
sessuale
e al riconoscimento del figlio da parte della madre, ma recenti studi
lo portano ad associarsi con qualsiasi tipo di comportamento. La vita
sociale degli animali si basa su odori, segnali e atteggiamenti che spesso
possono risultare di poco conto. Il cavallo è un grande erbivoro
gregario, che trova forza e sicurezza nel branco, tenuto sotto controllo
da uno stallone, ma all'interno del quale la scala gerarchica femminile
riveste notevole importanza.
L'arco
di tempo che intercorre dalla nascita alla prima poppata può variare,
in considerazione del tempo che il puledro impiega per raggiungere la
posizione eretta. In genere le femmine sono più rapide dei maschi
e riescono ad accedere al cibo, in media, in un'ora e mezza di tempo.
Ai maschi occorrono invece mediamente un paio d'ore. L'importante è
che in ogni caso la prima poppata avvenga entro le prime due ore e mezza
di vita.
Ne seguiranno altre, rapide e frequenti, per le quali il piccolo avrà
localizzato la mammella e vi si avvicinerà per apprendimento acquisito.
Per migliaia di anni è stato cacciato da ogni genere di predatori,
uomo compreso, e circa 6000 anni fa è stato addomesticato ma non
ha perso l'innata capacità di comunicare con i suoi simili.
Se mettiamo un gruppo di cavalli al prato, osserveremo come trascorrano
ore a strofinarsi l'un l'altro le groppe, a grattarsi, a leccarsi il mantello
o a mordicchiarsi il collo e i fianchi in una sorta di rituale che gli
etologi hanno chiamato "grooming".
I mammiferi ricoperti di pelo presentano sul derma un'infinita di cellule
sensibili a stimoli differenti e i cavalli si toccano per attivarle. Ne
traggono contemporaneamente piacere e benessere fisico, ma soprattutto
consolidano i legami tra individui e ribadiscono l'appartenenza alle diverse
fasce della scala gerarchica. Capita con frequenza di vedere fattrice
e puledro sfiorarsi tra loro il naso o altre parti del corpo, così
come succede che un piccolo smetta improvvisamente di giocare con i propri
coetanei e si vada a strofinare contro la madre per cementare il legame
che li unisce anche quando non sono a stretto contatto. Anche i componenti
di un gruppo si fiutano e si toccano a vicenda. Coppie di giovani di ambo
i sessi si toelettano l'un l'altro ponendosi affiancati e rivolti in opposte
direzioni, così che incrociando i colli ognuno possa mordicchiare
il fianco dell'altro.
LO STALLONE SALUTA L'INNAMORATA CON IL MUSO
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Anche
in fase di corteggiamento la stimolazione tattile è molto
importante. Lo stallone saluta la cavalla avvicinandosi con il muso
verso quello di lei mentre la femmina, si allunga con l'incollatura
in modo da rimanere lontana con il corpo, pronta a fuggire.
Risulta evidente che naso e narici, provvisti di lunghi peli che
corrispondono a cellule sensitive e a terminazioni nervose che inviano
messaggi al cervello, rivestano un |
significato
molto importante. Anche questi servono per esaminare e "sentire"
gli oggetti. Un sistema per stabilire l'importanza relativa delle differenti
zone del corpo riguardo alla sensibilità tattile consiste nel
verficare quanta porzione di corteccia cerebrale, la parte del lobo
anteriore del cervello che analizza le informazioni, le è destinata.
Nel caso del cavallo, sappiamo che naso e labbra sono ben rappresentati,
così come gambe e piedi. Forse non a caso i giovani stalloni
che ancora non si danno battaglia ma semplicemente si fanno trascinare
in un'incruenta scaramuccia, tentano di mordersi proprio gli arti.
Una delle motivazioni riguardo la lunghezza delle facce dei cavalli
contempla l'ipotesi, avanzata da alcuni scienziati, di dover ospitare
una estesa area ricoperta da mucosa olfattiva, una sottile membrana
in grado di captare i messaggi "profumati" provenienti dall'esterno
e inviarli al cervello. Una volta inspirata, l'aria viene convogliata
alle cavità nasali rivestite di cellule ricettive. Qui i messaggi
sono raccolti e convogliati attraverso il nervo olfattivo. Nel cavallo
esiste poi un organo detto vomeronasale o "di Jacobsen", che
si apre verso la parte posteriore della bocca. Studi recenti lo hanno
messo in relazione con il rilevamento dei feromoni, ormoni volatili
che possono contenere messaggi di vario tipo. Il flehmen non sarebbe
dunque soltanto una semplice reazione a uno stimolo olfattivo locale.
La particolare posizione assunta dall'animale permetterebbe infatti
all'aria di penetrare nell'organo per essere ulteriormente esaminate.
A proposito di flehmen va detto che non è prerogativa unica degli
stalloni: lo praticano sia i castroni sia le femmine anche se in misura
molto inferiore. I cavalli sono piuttosto dotati nel captare i suoni
nell'ambiente, interpretarli ed emetterne altri in relazione. Il loro
padiglione auricolare è sempre in movimento per cogliere anche
il più piccolo rumore sospetto. Per un erbivoro è estremamente
importante localizzarne la provenienza e questo si rende possibile esaminando
la differenza di suono recepito dalle due orecchie.
Tre sono gli elementi principali su cui
si basa l'osservazione. In primo luogo, la differenza dell'ampiezza
del suono e successivamente la differenza di tempo con cui giunge da
un orecchio all'altro. Il terzo elemento riguarda la peculiarità
del suono di muoversi a onde. Un rumore può arrivare a un orecchio
quando si trova nel punto più basso e all'altro quando è
sulla cresta. Questo si chiama differenza di fase. Dato che i cavalli
hanno orecchie molto mobili, possono ruotarle per sfruttare al massimo
l'onda sonora. Al prato, in condizioni di rilassatezza generale, le
orecchie di tutti i membri del branco saranno laterali o mollemente
abbandonate nella posizione più comoda mentre nei combattimenti
degli stalloni il gioco delle orecchie dei duellanti è molto
vivace.
Si passa dall'atteggiamento di massima aggressività con i padiglioni
portati indietro aderenti alla testa e con la bocca aperta, a estreme
verticalizzazioni per manifestare tutta la propria attenzione, sottolineata
magari anche da un alto nitrito. La fattrice con il puledro tiene generalmente
le orecchie in semiattenzione, le sposta e le ruota di lato, sempre
pronte a captare un minimo segnale di pericolo mentre il piccolo sperimenta
i suoi grandi padiglioni tenendoli nelle posizioni più strane
ed esaminando le diverse informazioni che ne derivano. Il bagaglio nozionistico
che ne ricaverà gli sarà di grande aiuto nella vita da
adulto. Anche nel cavallo le orecchie rivestono poi un significato gerarchico.
Lo stallone che insegue il sottomesso terrà i padiglioni dritti
e tesi mentre i fuggiasco li porterà bassi e all'indietro, ricordandosi
di presentarsi così anche al prossimo incontro con il suo capobranco.
Analogamente a quanto avviene in natura, anche nei confronti dell'uomo
la gestualità delle orecchie è importante. Un cavallo
da scuola accoglierà l'ennesimo maldestro cavaliere con le orecchie
completamente abbandonate o, in un attimo di stizza, appiattite all'indietro,
mentre il saltatore che affronta un compito impegnativo le terrà
puntate in avanti.
La vista è per gli equini un senso fondamentale, come testimoniano
gli occhi grandi e la visione binoculare che copre un eccezionale campo
visivo di 350 gradi. Maggiori sono infatti le dimensioni del globo,
più superficie è disponibile per i fotoricettori di cui
i cavalli sono assai dotati.
Senza neppure muoversi, i membri del branco si possono guardare e verificare
che non sia stato dato alcun segnale d'allarme. Al prato, anche quando
il branco si riposa, c'è sempre una sentinella di vedetta, pronta
a scatenare la fuga di tutti. L'espressività dell'occhio e la
sua mimica trasmettono serenità e paure. Con la palpebra rilassata
che scopre soltanto l'iride indicano fiducia mentre spalancati, roteati
e con il bianco del bulbo a vista sono il segnale che il cavallo ha
subìto un forte shock.
UNO SGUARDO BASTA PER CAPIRE L'ANIMO
Esser uomo di cavalli non significa possedere il dominio sulla tecnica
equestre classica, sapere a memoria dati e nozioni o essere in grado di
affrontare in perfetto stile anche gli ostacoli più impegnativi.
È un fatto molto più sottile, di pelle, di feeling che si
riesce a instaurare con questo animale timido e pauroso. In natura, un
cavallo solitario, specie se non si tratta di un soggetto predisposto
a ricoprire i ranghi alti della gerarchia del branco, è spaventato
dall'ambiente circostante.
Analogamente nel box, avremo cavalli timidi e altri estroversi.
L'uomo di cavalli è colui che sa leggere i segni minimali, interpretare
il muoversi delle orecchie, l'espressione dell'occhio e la postura per
comprendere lo stato d'animo dell'animale che deve avvicinare e si comporta
di conseguenza. |