A circa tre chilometri a est di San Marco in Lamis,
sull’antica “Via Sacra Langobardorum”,
si erge il convento francescano di San Matteo, uno dei più antichi
e rinomati santuari del Gargano. Fu fondato dai Benedettini col nome di
San Giovanni in Lamis e così è ricordato nei molti documenti
medievali. Non si conosce con esattezza la data della sua nascita. Si sa,
tuttavia, che all’inizio del Millennio era già una realtà
ecclesiastica e sociale importante.
La sua fondazione sulle pendici del Monte Celano fu
dovuta all’esigenza di accudire i pellegrini che dalla fine del sec. V
incessantemente salivano al Gargano diretti alla Grotta dell’Arcangelo
Michele a Monte Sant’Angelo.
Il santuario nacque, quindi, come ospizio dei pellegrini,
e come tale ha sostanzialmente continuato la sua funzione attraverso i
secoli fino ai giorni nostri.
I Benedettini di San Giovanni in Lamis, quindi, ben
prima che si sviluppassero sul Gargano e nella Puglia piana i monaci pulsanesi
e di quelli di Montevergine, avevano coniugato la vita contemplativa, tipico
del loro ordine, con quella apostolica che li metteva in stretto contatto
con una umanità, quella dei pellegrini, sempre varia ed esigente.
I Benedettini in seguito alla grave crisi in cui si
dibattevano nel sec. XIV, ma anche a motivo della politica dei papi avignonesi
e degli Angiomi di Napoli, nel 1311 furono sostituiti dai Cistercensi.
L’abbazia fu dichiarata casa filiale del monastero cistercense di Casanova
sito nei pressi di Penne in provincia di Pescara.
Nel 1578 ci fu un ulteriore cambio di guardia. Il monastero
fu affidato ai Frati Minori Osservanti della Provincia di 5. Angelo in
Puglia.
L’affidamento ai Frati Minori avvenne sulla scia della
vigorosa ripresa religiosa sviluppatasi per merito di una nuova generazione
di pellegrini che venivano ad aggiungersi a quelli che, dalla più
remota antichità, continuavano a fluire lungo la
“Via
Sacra Langobardorum”diretti alla Grotta dell’Arcangelo.
Da alcuni decenni la chiesa di San Giovanni in Lamis
ospitava una preziosa reliquia, un dente molare, che la tradizione diceva
appartenesse all’Apostolo ed Evangelista San Matteo. Questa reliquia aveva
suscitato in tutta la Capitanata uno straordinario interesse: il santo
Apostolo ed Evangelista veniva invocato specialmente in occasione di malattie
provocate da animali domestici; l’olio della lampada che ardeva nel suo
sacello era ritenuto miracoloso e veniva applicato con fede in occasione
di morsi di cani rabbiosi. Anche il nome dell’antico monastero fu, dalla
devozione popolare, cambiato da monastero di San Giovanni in Lamis in convento
di San Matteo.
Dal 1578 i Frati Minori hanno continuato l’opera dei
Benedettini e dei Cistercensi a favore dei pellegrini e ora il santuario
continua ad essere strettamente collegato con gli altri grandi santuari
del Gargano e della Capitanata, specialmente con la Grotta di San Michele
a Monte Sant’Angelo, la Tomba di P. Pio a San Giovanni Rotondo e l’Incoronata
a Foggia.
In questi ultimi decenni i frati, insieme, all’accoglienza
dei pellegrini, hanno sviluppato anche un’intensa attività culturale
con l’apertura di una grande Biblioteca, di un Museo, iniziative di ricerca
e di divulgazione, pubblicazioni e concerti.
Il santuario di San Matteo, agli interessi religiosi
e culturali, unisce anche un rilevante aspetto naturalistico che lo rende
una delle mete più complete e frequentate del Gargano: è
infatti inserito nel Parco Nazionale del Gargano.