Robin e Sean

 

Torna la coppia di Hollywood con "The Pledge" diretto da lui e interpretato dalla moglie Robin Wright e da Jack Nicholson

 

LOS ANGELES —Dal loro incontro nel 1990, sul set di "Stato di grazia", un film sui gangster americani di origine irlandese, Sean Penn e Robin Wright hanno girato insieme altri quattro film. Lui l’ha diretta in "Tre giorni per la verità" e, ora, in "The pledge" che uscirà il 19 gennaio in America. È la storia di un detective in pensione, Jack Nicholson, che vuole a tutti i costi risolvere l’omicidio di una bambina. I Penn, 40 anni lui, 36 lei, sono sposati dal 1996 e vivono fuori San Francisco con la figlia Dylan, 9 anni, e il figlio Hopper, 7.

Quanto tempo passate a discutere un progetto in comune?

Sean Penn: «Ne parliamo molto e lei è particolarmente critica».

Robin Wright Penn: «Parliamo la stessa lingua, andiamo subito al sodo».

E per "The Pledge"? In che termini avete parlato del ruolo di Robin, cameriera in un motel con una figlia piccola e un ex marito violento?

Wright: «Non abbiamo avuto molto tempo per parlarne… roba di cinque giorni prima delle riprese…».

Penn: «No, dai, ti prego…».

Wright: «Sì, cinque giorni prima… Della serie: "Ehi, t’interessa questa parte?"».

Penn: «Esagerata…».

Wright: «Proprio così! "Ehi, ti interessa questa parte" e io: "Ok, fammi trovare una baby sitter"».

Signor Penn è andata così perché pensava di dare il ruolo a qualcun’altra?

Wright: «Qualunque altra. Non dovevo assolutamente essere io».

Penn: «Ho deciso che mi serviva una persona che sapevo di poter gestire dal punto di vista emotivo e che reggesse il confronto con Jack Nicholson. Cioè lei, e sono contento che sia andata così, perché ha funzionato. Adesso, ovviamente, non riesco a immaginare nulla di diverso, ma non l’avevo pensata così all’inizio».

Robin, com’è lavorare con un regista che la conosce bene come suo marito?

Wright: «Liberatorio. Sollievo e paura insieme. Il fatto è che con lui voglio essere perfetta, non voglio sbagliare e invece si sbaglia sempre. Perché non afferro mai il personaggio, qualunque esso sia…».

Penn: «Si sente così per tutti i suoi film».

Wright: «È vero, ma in questo caso dieci volte di più perché è una cosa sua e vorrei rendere al 150 per cento. Lavorare con Sean vuol dire sentirsi completamente sicura, ma anche essere molto più tesa perché si tratta di qualcuno che rispetti e di cui vuoi il rispetto».

Parlate di questo sul set?

Penn: «Lei mi dice quanto è andata male, e io le dico quanto è stata brava».

Wright: «Lui è anche uno che ti dice " Vai! Fai qualcosa, qualunque cosa! La taglio se non mi piace, ma metticela tutta"».

"The Pledge" ha un cast sorprendente: Hellen Mirren, Jack Nicholson, Vanessa Redgrave, Benicio Del Toro. Come si mette insieme un cast così?

Penn: «Non lo so. Merito di Jack, mio, della sceneggiatura. Certo non dei soldi».

Quando dirige un film con un cast di star come queste non le viene voglia di essere di fronte alla camera da presa?

Wright: «È l’ultima cosa che desidera. Dietro la macchina da presa è molto più sereno, una persona migliore. Quando recita diventa una primadonna. Quando dirige, non importa dov’è o che cosa gli danno da mangiare. È felice di farlo, è tranquillo».

"The Pledge" lascia un tragico senso di vuoto. Ha influenzato l’atmosfera sul set?

Penn: «Quando giri una scena con i poliziotti intorno al corpo di una bambina, tutti sul set sono un po’ scossi, pensano alle loro paure».

Come avete spiegato gli aspetti più raccapriccianti di "The Pledge" ai vostri bambini?

Wright: «Gli abbiamo spiegato di che cosa parlava senza fargli vedere quelle scene».

Quali dei vostri film hanno visto?

Wright: «Dylan ha visto solo "Fuori di testa", ma ho mandato avanti il nastro in tutte le scene forti».

Penn: «La disturba soprattutto la violenza».

Wright: «"Dead Man Walking" l’ha messa in crisi».

Non era meglio "La storia fantastica"?

Wright: «Gli è piaciuto da morire, come "Toys". Hanno visto anche "Forrest Gump". E "In gara con la luna".

C’è un vostro film che non vorreste che vedessero?

Penn: «No... beh, sì, qualunque film brutto e mal recitato, e io ne ho fatti un paio. Le vere oscenità sono i brutti film! Sono cresciuto guardando Sam Peckinpah e non ho mai ucciso nessuno. È la cattiva recitazione a trasformare i bambini in killer!».

Com’è nato "The pledge"?

Penn: «Quando scrivo racconto le mie esperienze, la mia età. Ma per Jack Nicholson, che è più vecchio di me, ho creato un personaggio adatto a lui in "Tre giorni per la verità". Mentre giravamo pensavo al modo di lavorare ancora con lui. Sul set non faceva che leggere romanzi gialli. Quando ho letto il libro di Dürrenmatt l’ho trovato buono. C’erano un paio di cose che pensavo di riuscire a rendere bene».

Quali?

Penn: «Per esempio la crisi di chi va in pensione».

Parliamo del look di Robin in "The Pledge". Per gran parte del film appare con un dente in meno, i capelli scuri e stopposi, pressoché irriconoscibile.

Wright: «Per prima cosa ho dovuto sbarazzarmi dei capelli biondi: ci ho versato sopra una lozione che li ha fatti diventare color cenere. Orribili, ma andavano benissimo. Poi mi ha mandato dal dentista, ho provato una dentiera, ma era troppo: ho il viso piccolissimo, mi faceva sembrare Sammy Davis jr, così ci siamo limitati a un dente solo. Il trucco ha fatto il resto».

Penn: «La pelle butterata».

Wright: «La cicatrice».

Quanto spazio date nei vostri discorsi ai progetti futuri?

Wright: «Ne parliamo molto. Ma la verità è che dobbiamo sederci, prendere il calendario e iniziare: tu lavori per questi tre mesi, ok, io lavorerò per questi altri. In sequenza. Lavoro io, lavora lui, lavora lui, lavoro io. Non abbiamo mai avuto tempo di partire tutti e quattro, se non per un fine settimana o giù di lì. Eppure mi piacerebbe fare un po’ di vacanza in estate».

Che film guardate?

Wright: «Ci piacciono i film come quello di Gary Oldman, "Niente per bocca", ne parliamo ancora. Da consigliare a tutti anche "Le onde del destino"».

Penn: «L’ultimo film di Julian Schnabel in cui ho una piccola parte, "Before Night Falls", un grande film. A volte vado a vedere qualcosa e resto stupito. Tra i film commerciali americani, ad esempio, mi è piaciuto "Gioco a due". Meglio dell’originale. È un tipico film di Hollywood, ma ben fatto. Ogni tanto ci vuole, è divertente. Il problema è che spesso i film di Hollywood non sono incantevoli: quel modo che hanno di darti un ceffone e dirti "tu sei stupido, noi no" in genere mi manda in bestia».

Avete un altro progetto comune?

Penn: «Io ho scritto una cosa, ma a lei non piace».

Wright: «Un film che non sarà mai realizzato…». Sean ride.

Perché?

Wright: «È orribile». Sean ride.

Cosa è orribile: la sceneggiatura?

Wright: «L’autore è troppo tenero con se stesso, gioca a fare la primadonna».

Credete che l’industria cinematografica sia contraria all’idea di una coppia di attori che lavorano insieme?

Wright: «No, direi di no».

Penn: «Non se la coppia sembra solida e si dedica con passione al lavoro. Noi abbiamo gli stessi gusti, quindi ha senso fare cose insieme. In realtà per me contava soprattutto lavorare con lei, l’ho sposata per arrivare a lei senza passare per il suo agente».

La gente che ha a che fare con lei, signor Penn, la tratta da personaggio famoso?

Penn: «Sono sempre lo stesso: non sono mai cresciuto, non sono mai cambiato».

Wright: «Bugie».

 

Margy Rochlin

C New York Times / la Repubblica

traduzione di Emilia Benghi

                                         

                                        

 

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