Associazione Italiana Maestri Cattolici

Comunicato stampa

(con preghiera di diffusione)

La scuola è di nuovo al centro dell’attenzione: dato apprezzabile purché sia attenzione costruttiva, sostenuta da vera volontà di ricercare, pur nelle oggettive difficoltà proprie di ogni "passo" in sé complesso, la via più adatta per mettere basi promettenti al nuovo sistema.

Due i "fatti" recenti da registrare. Il primo, di segno decisamente positivo, vede finalmente siglato il contratto dei dirigenti. Un atto dovuto a professionisti che, dopo la fatica compiuta per "riconvertire" le proprie competenze, erano ancora in attesa di un doveroso adeguamento contrattuale. Il dirigente scolastico, nella scuola dell’autonomia, è chiamato a nuove e più ampie responsabilità a cui deve corrispondere un inquadramento coerente, pur lasciandolo pienamente inserito nel sistema delle professioni di scuola.

Il secondo "evento" di questi giorni è la presentazione al Consiglio dei Ministri, da parte del Ministro Moratti, di un Ddl di riforma. Senza entrare nel gioco delle parti che, inevitabilmente, rischia di fare della scuola un terreno di tiro alla fune per motivazioni che spesso le sono estranee, l’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) legge la proposta secondo il proprio specifico: associazione di professionisti di scuola che ha seguito e si è impegnata nel processo riformatore unicamente con spirito di fattiva ricerca delle migliori soluzioni possibili. Animata da questo intendimento, registra nel recente articolato alcuni passi di avanzamento ma, nel contempo, ritrova nodi ancora non sciolti e scelte non chiare, generative di perplessità. Fra i primi è senza dubbio da annotare la "caduta" dell’ipotesi del credito, spendibile come carta di scambio, derivante dalla frequenza della scuola dell’infanzia. L’Associazione a suo tempo già aveva segnalato come l’esperienza di tale scuola (fortunatamente rimasta triennale ed unitaria) costituisce in sé opportunità formativa di rilievo, "credito" per la vita, ma non barattabile per sconti successivi. Come pure degna di nota, relativamente al ciclo secondario, è la possibilità di passaggi fra il percorso di istruzione scolastica e quello di formazione professionale; passaggi inizialmente non previsti, tanto da parlare di "percorsi paralleli" obbliganti un pericoloso precocismo nella scelta. Lo stesso ritornare del termine "ciclo" come indicatore dei "segmenti" in cui si articola il percorso scolastico-formativo può aprire la possibilità di un recupero di criteri di largo respiro, di itinerari in progress, il più possibile attenti ai ritmi di apprendimento di ciascun alunno. Certamente non basta recuperare un termine come etichetta di un tratto di cammino; si tratterà di vedere, nella normativa secondaria, quali condizioni di esercizio verranno assicurate a processi veramente continui e graduali. Resta l’interrogativo, che da quando si è cominciato a parlare di riforma non trova risposta, del perché la scuola dell’infanzia sia espunta dal ciclo primario.

Motivi di preoccupazione e di perplessità nascono o si confermano, ad esempio, dalla mancanza di chiarezza circa la possibilità di raccordo, all’interno del terzo biennio del primo ciclo, fra elementare e media (che restano, di fatto, scuole distinte e… distanti per organici separati, per finalità assegnate e per appartenere a due "giri" diversi: l’una al primario e l’altra al secondario). Alcune indicazioni ed alcune condizioni favorenti l’integrazione vanno offerte per evitare uno iato.

La novità che ha fatto più discutere ed il cui significato non risulta di solare evidenza è la possibilità offerta di iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia e/o a quella elementare. Forse è l’ennesimo tentativo di soluzione al problema derivante dal collocare, necessariamente, l’uscita dal percorso di istruzione al 18° anno. È il problema della "coperta corta" che comunque si cerchi di risolverlo pone questioni non da poco. Non si tocca il quinquennio elementare, non il triennio della media, non è praticabile la strada di ridurre a quattro anni la secondaria superiore, si tenta allora un recupero verso il basso. Ogni soluzione ha posto problemi e anche questa non è da meno: rischio di anticipazionismo, possibile legittimazione delle "primine", indebolimento della scuola dell’infanzia che, pur da tutti dichiarata fondativa, sarebbe per l'ennesima volta capro espiatorio, segnale questo di incoerenza tra il detto e il fatto. Essendo poi tale anticipo una "possibilità", è prevedibile una sorta di nuova onda anomala di difficile gestione. Può essere una strada da indagare meglio, ma ad una prima lettura non pare particolarmente promettente.

L’Aimc si augura, ed è disposta ad offrire il proprio contributo di ricerca e riflessione, che si addivenga ad un’ipotesi ordinamentale veramente favorente, come dichiarato nel primo articolo, la valorizzazione di ciascuna persona e garante di pari opportunità per raggiungere elevati livelli culturali. È però necessario, da un lato, che il mondo politico tenga presente che la scuola ha bisogno di convergenze più ampie possibili e, dall’altro, che non venga ridotto il ruolo del Parlamento (cosa che accadrebbe con un'eventuale legge delega) perché esso è la sede propria per l’assunzione di responsabilità nel processo riformatore di un’istituzione che è investimento di futuro per tutto il Paese.

Roma, 16 gennaio 2002 La Presidenza nazionale AIMC

 

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