~Dolore~

by Mysticmoon

 

 

Il Giorno del Dolore

- Ehi! Ehi Mitzui!- disse la signora Anzai, scotendo Mitzui, che si era addormentato, con la testa appoggiata sul letto d’Anzai.

Era il mattino dopo il terremoto, verso le sei del mattino, e Mitzui non era neanche rientrato a casa quella notte. Aveva preferito vegliare il cadavere del suo più gran punto di riferimento per parte della notte, ma poi, spossato, si era addormentato sul posto.

- Mitzui!- disse la donna, riuscendo finalmente a svegliare il ragazzo.

- Sì?- disse con voce impastata Mitzui, alzando la testa e guardandosi intorno, un po’ intontito.

- Mi hanno avvertito poco fa che finalmente l’operazione di Sakuragi è finita. Ora è ricoverato nel reparto Rianimazione. Perché non vai da lui? Ho saputo che non è venuto nessuno per lui, e la cosa mi pare molto sospetta. Sai dove abita?- disse la signora Anzai, preoccupata.

- Vado subito a sapere come sta, ma prima chiamerò Haruko per chiederle di farsi dire da Mito come mai i genitori di Sakuragi non sono ancora venuti a vedere come sta loro figlio- disse Mitzui, alzandosi e stiracchiandosi.

Mitzui uscì lentamente dalla stanza poi chiese informazioni alle persone di passaggio per trovare il reparto dove era ricoverato Sakuragi, il telefono e l’elenco telefonico della città.

Per prima cosa decise di chiamare Haruko, così compose il numero telefonico di casa Akagi ed attese.

Dopo tre squilli una voce profonda gli rispose dicendo:

- Qui casa Akagi. Sono Takenori Akagi. Chi sta cercando?

- Akagi, sono io, Hisashi Mitzui. Hanno finito di operare Sakuragi poco fa, ma non so ancora come stia. La cosa strana è che qui non c’è traccia né di genitori né di parenti d’altro genere. Sai per caso il perché di tutto ciò? La signora Anzai si comincia a preoccupare.

- No, mi dispiace.

- Potresti chiederlo a Haruko?

- Si è addormentata meno di un’ora fa. Era molto scossa e preoccupata per Hanamichi. Glielo chiederò appena si sveglierà, e se non lo sapesse neanche lei, lo chiederò ad uno dei suoi amici.

- Va bene, Akagi. Grazie.

- Mitzui, aspetta un attimo.

- Dimmi.

- Che ci fai all’ospedale a quest’ora del mattino?

- Diciamo che ho partecipato alla veglia funebre del signor Anzai.

- Allora sai a che ora è la funzione?

- Si, alle 16.00 in punto, da quel che mi ha detto la signora Anzai. Ancora non riesco a credere che presto il signor Anzai sarà seppellito sotto due metri di terra questo pomeriggio.

- Neanch’io.

- Oggi c’è la partita, vero?

- Sì.

- Non parteciperemo mai al campionato nazionale, vero? Io … non me la sento più di continuare a giocare.

- Non dobbiamo perderci d’animo, Mitzui. Anzai non avrebbe mai voluto che ci arrendessimo proprio ora che l’obiettivo è così vicino.

- Hai ragione tu, dobbiamo giocare. Con il lutto al braccio e nel cuore, ma dovremo giocare.

- Ti saluto, Mitzui. Fammi sapere come sta Sakuragi, appena puoi. Ci vediamo più tardi.

- A più tardi- disse Mitzui, riappendendo.

Giunto al reparto Rianimazione, Mitzui andò alla ricerca di qualcuno che gli potesse dare delle informazioni.

Per caso andò a sbattere contro un alto uomo di colore, lo stesso dottore che aveva curato Sakuragi.

- Ehi, sta più attento!- disse lui.

Mitzui si scusò, poi disse:

- Lei sa come sta Hanamichi Sakuragi?

- Chi? Quel ragazzo con i capelli rossi che è arrivato ieri pomeriggio?

- Sì, proprio lui.

- Tu sei un suo familiare? Vi stiamo aspettando da parecchie ore. Come mai non vi siete presentate prima?

- No, lei ha preso un grosso granchio. Io sono soltanto un suo compagno di squadra, Isashi Mitzui.

- Allora non posso dirti niente sulle sue condizioni cliniche visto che è ancora in prognosi riservata. Solo ai parenti posso dire come sta, e fin ora non ne ho incontrato nessuno, per cui ti conviene aspettare che arrivi qualcuno di loro ed informarti da loro.

- Per favore. Non ho idea di dove siano i suoi familiari e noi tutti siamo molto in pena per lui.

- Tu e chi altro?

- Gli altri componenti del club di basket e la signora Anzai, la moglie dell’uomo deceduto ieri a causa del terremoto.

- E va bene, come hai detto che ti chiami … ah, Mitzui. Seguimi nel mio studio. Tanto ho già finito il mio turno. A proposito, il mio nome è Theodor Smith e sono il dottore del Pronto Soccorso che era di turno quando è arrivato qui il tuo amico- disse l’uomo, facendogli cenno di seguirlo.

Lo studio del dottor Smith era piccolo ma confortevole, con una scrivania e due sedie, oltre ad uno schedario che occupava la maggior parte della parete opposta alla porta.

Si sedette e gli fece cenno di fare altrettanto.

Prese un respiro profondo, poi disse:

- Il tuo amico è giunto in condizioni critiche qui e quasi non respirava. Siamo stati costretti a fare una tracheotomia. Sai che cos’è?

- Non esattamente.

- Un taglio nella trachea per inserirvi un tubo e farlo respirare con uno specifico macchinario. Pochi secondi dopo ha avuto un collasso cardiaco, che fortunatamente si è risolto. Aveva anche parecchie lesioni interne. Sai, è rimasto intrappolato sotto i calcinacci e il cemento per circa mezz’ora e quando l’abbiamo cavato da lì sotto era ancora in uno stato di semicoscienza. Comunque, dopo aver individuato le varie lesioni e fatto le relative lastre, l’abbiamo mandato di sopra, in sala operatoria, e abbiamo ricucito le lesioni, ma non senza problemi. Abbiamo fatto parecchie trasfusioni di sangue e l’abbiamo ripreso un paio di volte per i capelli, come si dice in gergo. Aveva anche una commozione cerebrale, che non pare troppo grave rispetto alle altre lesioni, ma purtroppo non possiamo ancora sapere se potrà mai tornare a muovere gambe e braccia.

- Cosa?!

- C’è stata una compressione sulle terminazioni nervose e non sappiamo come andrà a finire.

- Come sta ora?

- Per ora, è in coma profondo. Non sappiamo neanche se si sveglierà, un giorno.

- Allora è in pericolo di vita?

- Sì, lo è, ma il suo cuore è giovane e forte. Non credo che mollerà la spugna così facilmente.

- Grazie mille dottore- disse Mitzui con tono meccanico, scioccato dalle brutte notizie, alzandosi.

- Aspetta un po’. Vorrei darti qualche altra informazione- disse lui, afferrandolo per un braccio.

- Dica pure- disse Mitzui, tornando a sedersi.

- Vorrei chiederti se vuoi vederlo. Non potrai entrare nella stanza, ma potrai vedere da fuori.

- La ringrazio, dottor Smith. Lei è davvero molto gentile.

- Giocate a basket, vero?

- Sì.

- Mi dispiace molto per quel ragazzo. Era bravo?

- Diciamo che lui si considera un genio, ma, per l’esattezza, è così inesperto da essere imprevedibile. Un giocatore di basket davvero fuori dal comune, glielo posso assicurare.

- Ti ringrazio per le informazioni che mi hai dato. Vogliamo andare a vedere come sta?

- Ok - disse Mitzui, anche se con tono malfermo, alzandosi.

Sakuragi era in una stanza abbastanza spaziosa, con una gran finestra sulla destra del letto. Era attaccato a diversi macchinari di monitoraggio ed al respiratore artificiale, e quasi completamente coperto da bende.

Mitzui rimase a fissarlo per un paio di minuti, sempre più traumatizzato dalla vista di quel tornado di Hanamichi, sempre così attivo e straripante, ora in stato di profonda incoscienza, immobilizzato su un candido letto d’ospedale da tubi e tubicini, attaccato a macchinari per sopravvivere.

Dopo quella visione Mitzui si voltò e disse:

- Ora devo andare ad informare delle sue condizioni anche la signora Anzai. Grazie di tutto.

- Torna presto e chiedi di me. Avvertimi se scopri qualcosa a proposito dei suoi genitori, e soprattutto, porta qualcuno dei tuoi amici quando verrai.

- Come mai?

- Ha bisogno del vostro aiuto, ora più che mai. Se non vi dispiace, desidererei che veniste spesso a trovarlo, per parlargli e dargli un’iniezione di fiducia. Di solito sentire che c’è qualcuno che gli vuole bene, aiuta il paziente a svegliarsi dal coma e a riprendersi prima.

- Grazie infinite. Riferirò ciò che mi ha detto anche agli altri, ma ora devo proprio scappare. Oggi abbiamo l’ultima partita del campionato prefettorio. Se la vinciamo, andiamo ai campionati nazionali. Avevamo lavorato moltissimo con il signor Anzai per essere preparati, e per lui noi lotteremo e cercheremo di vincere- disse Mitzui, andando verso l’obitorio, dove, la sera prima, aveva lasciato la sua borsa da ginnastica.

Prima di prenderla, un’unica, solitaria lacrima di dolore attraversò il volto del ragazzo, in ricordo del momento in cui Anzai gli aveva dato il primo insegnamento: il giorno dell’ultima partita del campionato studentesco delle medie. Quelle sue parole d’incoraggiamento gli sarebbero rimaste per sempre impresse nella mente, quel suo sorriso dolce ed allo stesso tempo così pieno d’energia, ma soprattutto, la sicurezza che gli aveva dato.

L’umore dei giocatori dello Shohoku era a dir poco pessimo. Erano tutti ancora molto scossi dal gravissimo lutto che li aveva colpiti, oltre che dalle brutte notizie sulla salute di Hanamichi, che erano state comunque molto generiche ed approssimative, per non rendere l’ambiente troppo teso.

Ayako aveva scure occhiaie sotto gli occhi e quasi non si reggeva in piedi sia dal sonno sia dal gran dolore, tanto che lasciava che Mijagy poteva comodamente starle vicino, abbracciarla ed aiutarla senza prenderle dal suo inseparabile programma degli allenamenti.

Mitzui era a terra, anche se non lo lasciava intravedere dal suo comportamento. Il suo sguardo era vacuo, assente.

Mijagy era molto nervoso e giù di tono, nonostante la vicinanza della sua adorata Ayako.

Rukawa, nel cuore, era in tempesta. Non aveva molta voglia di giocare, nonostante sul parquet l’aspettasse il suo più acerrimo rivale, il grandissimo Akira Sendoh del Ryonan.

Kogure era molto depresso, e con occhi languidi e ancora pieni di lacrime guardava i suoi compagni.

Akagi, con il suo sguardo penetrante, osservava la situazione e pensava:

- Non riusciremo mai a vincere con il morale così basso. Che cosa dovrei dire? Se solo ci fosse ancora il signor Anzai… la preoccupazione per la sorte di Hanamichi sarebbe minore se soltanto ci fosse lui. Haruko verrà a vederci solo per incontrare Mito, che a sua volta deve incontrare noi, dopo la partita, per parlare delle condizioni di salute di Sakuragi e chiarirci la storia dei suoi genitori. Come ci siamo ridotti! E pensare che meno di ventiquattro ore fa, ci preoccupavamo che i vetri della palestra non si fossero rotti!

All’inizio della partita ci fu un minuto di silenzio in memoria d’Anzai e per Hanamichi Sakuragi, in pericolo di vita. Tutti i giocatori dello Shohoku, Rukawa compreso (NdA: miracolo!) piansero (NdA: Rukawa, proprio come il mio amico Rikky-chan, verso solo una lacrima, ma è già un traguardo!) per il loro allenatore, poi si misero le fascette nere al braccio, in segno di lutto, e scesero in campo per giocare quella tristissima partita.

La previsione d’Akagi si rivelò esatta: lo Shohoku perse 103-60, una vera e propria disfatta per la grand’armata allenata dal grande Anzai, che giocò nervosamente e male.

- Allora volevate sapere come mai i genitori di Hanamichi non si sono ancora presentati all’ospedale, non è vero?- disse con calma Mito, che si era riunito con la squadra, Haruko e l’armata Sakuragi in un bar vicino al palazzetto dello sport a prendere qualcosa.

- Esattamente- disse Akagi.

- Voi non sapete niente di niente della famiglia di Hanamichi?Non mi sorprende che non ve n’abbia mai parlato- chiese Mito.

- N’avrebbe dovuto parlare?

- Se fossi stato in lui mi sarei confidato a qualcuno, ma c’è problema, ve ne parlerò io. Tutto cominciò una calda giornata di quest’estate, quando la scuola era appena finita. Hanamichi litigò con quattro tizi, che naturalmente ne presero di santa ragione. Prima di andare via, giurarono che si sarebbero vendicati, ma Hanamichi non ci fece caso, erano state talmente tante le minacce che gli erano state rivolte! Comunque sia, Hanamichi tornò a casa e lì trovò il padre a terra. Aveva avuto una crisi cardiaca. Subito Hanamichi andò a cercare aiuto, ma venne attaccato dagli stessi sgherri, che avevano chiamato altri quattro tipacci di rinforzo. Venne pestato di brutto e quando riuscì ad andarsene purtroppo per il padre non c’era più niente da fare.

- Il padre di Hanamichi è morto per una crisi cardiaca e lui non ha potuto fare niente per salvarlo?!- disse Haruko.

- Esatto. Inoltre tutta la famiglia se la prese con Hanamichi, incolpandolo di essere un poco di buono ed un bastardo. Sono arrivati al punto di trasferirsi in Europa, pur di non vederlo mai più. Hanamichi ora vive da solo, in un appartamentino che paga grazie al suo lavoro.

- Quale lavoro?- chiese Kogure – Noi non ne sapevamo niente!

- Raccoglie cartoni per la strada, a notte fonda, e li rivende ai rigattieri. E’ con quel po’ di soldi riesce a sopravvivere.

- Ma … ma ha comprato quelle nuove scarpe da basket, qualche tempo fa. C’ero io quando l’ha fatto- disse Haruko, molto sorpresa.

- Erano tutti i suoi risparmi. Sai, i soldi messi da parte prima e dopo il giorno della disgrazia. Lui ci teneva veramente a giocare a basket e senza scarpette non avrebbe potuto - disse Mito.

Gli altri rimasero stupiti da queste rivelazioni. Non avrebbero mai immaginato che Hanamichi Sakuragi, il più gran piantagrane del liceo, potesse mai essere, una volta ogni tanto, un tipo serio, figurarsi portare sulle spalle il peso del rimpianto, vivere da solo, lavorare di notte e spendere tutti i suoi risparmi per un paio di scarpette da basket!

Quello era proprio un giorno molto triste per la squadra di basket del liceo Shohoku!

Le lacrime per il sogno svanito si unirono a quelle di dolore quando, quel pomeriggio, vi fu il triste funerale.

Erano presenti parecchi colleghi d’Anzai, Taoka compreso, che immediatamente fece le sue condoglianze anche ad Akagi.

La funzione non fu molto lunga, così come l’omelia al cimitero.

Per tutto il tempo Mitzui rimase fedelmente al fianco della signora Anzai, conscio del gran dolore che provava la donna, nonostante, come lui, non lo dimostrasse apertamente.

Durante l’omelia, come gli aveva chiesto quella mattina la signora Anzai, Mitzui prese la parola.

- Per me il signor Anzai è stato molto più di un allenatore di basket. Lui era come un guru, una specie di giuda spirituale che m’illuminava il cammino. Non faccio mistero che io provavo moltissimo affetto per lui, lo consideravo quasi come il mio secondo padre. Io non lo dimenticherò mai, così come sono sicuro che non lo dimenticheranno mai gli altri compagni ed il povero Hanamichi Sakuragi, che sta lottando tra la vita e la morte. Vorrei mandare un pensiero speciale anche a lui, sfortunata vittima nel tentativo di salvare il suo allenatore.

Uno scroscio d’applausi seguì per molti minuti quelle parole, poi, dopo la rituale preghiera, tutti se n’andarono verso le rispettive abitazioni, tranne Mitzui, che andò con la signora Anzai.

Lui, poco prima della funzione, aveva fatto una promessa rivolta ad Anzai, cioè che lui sarebbe rimasto al fianco della moglie fino a quando non fosse giunta per lei l’ora di ricongiungersi al marito, ed era quello che aveva intenzione di fare.

- Signora Anzai- esordì Mitzui.

- Sì?

- Le dispiace se l’accompagno a casa?

- No, figurati. Ma io credo che sia molto meglio se vai all’ospedale a trovare Sakuragi.

- Dice che dovrei andare a controllare come sta?

- Io dico che sarebbe molto meglio. Scusa se mi permetto di chiamarti per nome, Hisashi, ma per me sei come un figlio, per cui …

- Non si preoccupi.

- Hisashi, ormai mio marito non c’è più e questo non può essere cambiato, ma Hanamichi Sakuragi è ancora vivo e tu devi aiutarlo. Lo so che è difficile, più per te che per gli altri giocatori, farti una ragione di questo fatto, ma devi continuare a vivere la tua vita, così come tutte le altre persone che hanno conosciuto ed amato mio marito. Hanamichi ora ha bisogno di tutte le persone che gli sono accanto di solito, ha bisogno del vostro aiuto, del vostro appoggio, e dovete stargli vicino il più possibile. Mitzui, so che ti parrà un paradosso detto ora come ora da una vecchia donna che ha appena perso il marito, ma la vita è bella! Anche in un momento del genere, la vita è sempre, sempre molto bella. Io non ho un bisogno costante di te, ci sono persone che vogliono stare con me, che sentono il bisogno di consolarmi in questo momento così difficile, ed io non sarò mai sola in questo periodo, ma lui lo è, è completamente solo in quell’ospedale, oggi l’ho visto. Da lui non c’era nessuno, neanche un familiare al suo capezzale. Ha bisogno dell’amore dei suoi amici e dei suoi familiari per riprendersi, per tornare alla vita di tutti i giorni, e tu dovresti occuparti di lui per un po’, questa sera. Fallo per me. Domattina, andrò anch’io da lui, ma non posso, a casa ci saranno parecchie persone che mi attendono. Ora tocca a te stare un pochino con lui. Ne ha molto bisogno, Hisashi.

Le parole della signora Anzai toccarono il cuore di Mitzui, così come lo avevano colpito le parole del marito tre anni prima.

Mitzui annuì, poi disse:

- Andrò subito da lui, a fargli sentire che non è solo, e non lo sarà mai. Grazie tante signora Anzai. Sa, lei è una persona straordinaria almeno quanto lo era suo marito, gliel’assicuro.

- Mi fa piacere che tu mi dica tutto ciò, ma ora devi andare- disse la signora Anzai sorridendo.

- Permette una cosa?

- Certo.

Mitzui, istintivamente, abbracciò la signora Anzai, poi andò di corsa verso l’ospedale, per aiutare il suo amico Hanamichi.

- Come mi pare strana questa parola, riferita a quello sciocco del Pel di Carota. Non siamo mai andati d’accordo, eppure, sono molto preoccupato per lui. Devo ammettere che nonostante sia fatto così, è impossibile non volergli bene- si disse Mitzui, diretto verso l’ospedale.

Appena giunto nel reparto di Rianimazione, chiese ad un’infermiera del dottor Smith, la quale gli disse di andare al Pronto Soccorso e attendere che venisse a parlare con lui.

Mitzui si diresse verso il Pronto Soccorso (NdA: quella parte dell’ospedale la conosceva fin troppo bene!) e chiese ad un’infermiera di avvertire il dottor Smith che Hisashi Mitzui lo attendeva.

Mitzui, pazientemente, si sedette su una sedia e, dopo aver atteso per circa venti minuti giunse il dottore.

- Salve Mitzui.

- Salve dottor Smith.

- Com’è andata la partita?

- Purtroppo male.

- Mi dispiace molto.

- L’importante è che Hanamichi si riprenda. Allora, ci sono nuove notizie?

- Da quel che mi hanno riferito, la situazione è stabile, ma non so con esattezza come stia.

- E’ un buon segno?

- Sì. Non è certamente un gran bene, ma non è neanche un male.

- Capisco.

- Notizie sui genitori?

- Sì.

- E come sono?

- Pessime, purtroppo.

- In che senso?

- Suo padre è morto all’inizio di quest’estate e tutti gli altri familiari non ne vogliono più saperne niente di lui. Sono addirittura espatriati perché non volevano mai più vederlo.

- Perché?

- Lo incolpano di essere la causa della sua morte.

- Perché mai?

- Non è riuscito ad avvertire in tempo i soccorsi perché fu coinvolto in una rissa. Purtroppo il signor Sakuragi aveva avuto una crisi cardiaca.

- Capisco. Allora non c’è nessun familiare reperibile.

- Purtroppo, no. Dottore, permette che lo vada a trovare?

- Per me va bene, basta che tu ti metta i vestiti asettici per entrare.

- Cosa?

- La mascherina, i guanti ed il camice.

- Sì, li indosserò.

- Allora seguimi, così ti farò conoscere il medico che sta curando ora il tuo amico.

Il dottor Smith accompagnò Mitzui in una stanza dove, su alcuni tavoli coperti con una tovaglia di semplice carta da cucina, stavano impilati camici, guanti e mascherine.

- Lavati le mani, poi infilati il camice, la mascherina ed i guanti. Nel frattempo avverto il dottor Komatsu di venire qui. Aspettami. Sarò di ritorno in pochissimi minuti.

Mitzui annuì e si diresse verso il lavandino. Si lavò meticolosamente le mani e gli avambracci, poi, come aveva visto fare in una serie televisiva, chiuse la cannella dell’acqua con un movimento di gomito.

S’infilò con cura il camice e i guanti, poi si mise attorno al collo la mascherina ed attese.

Pochi minuti dopo il dottor Smith tornò nella stanza, seguito da un uomo un po’ stempiato e brizzolato, con occhi celesti molto chiari ma ricchi di calore e naso aquilino. Non era alto ma molto magro, quasi scheletrico, ed indossava piccoli occhiali dalle lenti rotonde. Nel camice bianco che indossava, sembrava quasi galleggiarci.

- Se fosse quasi completamente calvo e con i capelli più chiari, potrebbe sembrare Gandhi - si disse Mitzui, mentre quell’ometto avanzava verso di lui, sorridendo amichevolmente.

- Così tu sei Hisashi Mitzui, un amico del paziente arrivato ieri pomeriggio- esordì l’uomo.

- Sì- disse Mitzui, sorridendo amichevolmente. Era strano, ma il calore emanato da quel sorriso riuscì a riscaldare il cuore di Mitzui.

- Io sono il chirurgo che ha operato il tuo amico, il dottor Hamaru Komatzu.

- Piacere di conoscervi.

- Il piacere è tutto mio, Mitzui.

- Mi scusi se sono così frettoloso, ma potrebbe dirmi come sta il mio amico. Vorrei avvertire gli altri, per stasera.

- Gli altri?

- Gli altri componenti della nostra squadra di basket.

- Ah già, il basket! E’ vero, il dottor Smith mi aveva accennato al fatto che il giovane Sakuragi giocasse in una squadra di un liceo cittadino. Mi ha detto che siete dello Shohoku, se non sbaglio.

- Sì, è esatto.

- Allora Mitzui, vuoi sapere tutta la verità nei minimi dettagli, vero?

- Sì, signor Komatsu.

- Posso dirti che il tuo amico se l’è cavata per un pelo. Pochi minuti dopo e non ce l’avrebbe fatta. Ora è in coma, come ti avrà già detto il mio collega, e nelle sue condizioni di salute sono ben pochi quelli che riescono a svegliarsi e riprendersi.

- Cosa!?

- Aspetta prima di impallidire, Mitzui. Fortunatamente è un ragazzo giovane e molto forte, ed ha qualche possibilità in più di farcela.

- Allora è meno grave del previsto.

- Non fraintendermi, Mitzui. Non ho mai detto che è meno grave del previsto. E’ ancora in condizioni critiche, non lo dimenticare, inoltre, nonostante le nostre trasfusioni, ha poco sangue e noi non sappiamo se riuscirà a sopravvivere per questa notte.

- Allora perché non gli fate altre trasfusioni?

- Non abbiamo più sacche di B negativo.

- E del gruppo zero?

- Neanche, purtroppo. Ieri non c’è stato bisogno di sangue soltanto per lui, ed ora la maggior parte delle sacche sono finite. Ne abbiamo richieste altre, ma non arriveranno prima di domattina.

- Io sono gruppo zero negativo. Magari, per aiutarlo a superare la notte, potrei donargli parte del mio sangue, sempre che possa- disse di getto Mitzui, sorpreso dalle sue stesse parole.

" E’ incredibile! Io … io mi sono offerto volontario per donare il mio sangue a quel pollo di Sakuragi. Se me l’avessero detto un paio di mesi fa non avrei neanche saputo chi era Hanamichi" - si disse.

Komatsu e Smith si guardarono, poi Smith sorrise e disse:

- Vado a chiamare subito l’infermiera.

Quando il dottore fu uscito, Komatsu disse:

- Mentre attendiamo che Smith torni, ti parlerò un altro po’ di lui. Sarà duro per lui accettarlo, ma molto probabilmente non tornerà più ad essere il ragazzo di un tempo. Smith ti ha accennato alle lesione della colonna vertebrale?

- Molto vagamente.

- Ti ha detto che forse resterà tetraplegico?

- Sì, mi ha accennato questo.

- Purtroppo devo dirti che dopo gli ultimi esami fatti, le probabilità che si riprenda anche sotto questo punto di vista sono molto basse. Come hanno preso la notizia i tuoi amici?

- Non lo sanno ancora.

- Come mai?

- Avevo deciso di non accennargli niente prima della conferma, per non rischiare di perdere il campionato nazionale, ma ora che il nostro sogno si è infranto…vale la pena di informarli.

- Quando lo farai?

- Non lo so ancora. E’ un compito piuttosto difficile da portare a termine. Soltanto ieri mattina eravamo felici e spensierati, completamente immersi nel nostro grande sogno, mentre ora il nostro allenatore è morto ed abbiamo perso di brutto la partita contro il Ryonan. Il dolore è già stato più che sufficiente, per ora. Preferisco aspettare ancora qualche altro giorno.

- Se la prenderanno con te.

- Non m’importa più di tanto che se la prendano. Preferisco non dargli ulteriore dolore. Ne parleremo quando Hanamichi si risveglierà.

- Sempre che si risvegli, ricordalo- lo ammonì il chirurgo.

- Lo so che non è ancora fuori pericolo, ma, come avete detto voi, Hanamichi è forte, ed io sono sicuro che ce la farà.

- Hai molta fiducia in lui.

- No, al contrario, non mi sono mai fidato di lui, ma conosco perfettamente quanto il suo carattere sia fumantino, per cui, diciamo che non ho dubbi sulla sua forza di volontà- disse Mitzui, concedendosi un altro mezzo sorriso.

- Ehi Mitzui, noi di là siamo pronti- disse il dottor Smith, facendo capolino dallo stipite.

Mitzui, si tolse il camice, i guanti e la mascherina, poi seguito da Komatsu si diresse verso il piccolo ambulatorio di fronte alla stanza di Hanamichi.

Lì una bella infermiera, forse di un anno più grande di lui, gli mise il laccio emostatico, poi prese l’apposito macchinario e cominciò a trasferire parte del sangue del ragazzo in alcune sacche asettiche di robusta plastica.

Era una bella ragazza dai capelli biondo scuro, profondi occhi blu e sorriso rassicurante.

- Dottor Smith, ne prendiamo due sacche, vero?- chiese la giovane infermiera.

- Sì Angy. Domattina dovrebbero arrivare delle altre sacche dall’ospedale dall’altra parte della città.

Komatsu fece cenno a Smith di seguirlo perché doveva parlargli di un altro paziente, poi si rivolse a Mitzui:

- Non preoccuparti, Mitzui. Angy sa perfettamente come fare il suo lavoro. Finché sei nelle sue mani non corri nessun rischio.

Poi uscirono entrambi, lasciandoli soli.

Tra i due regnò il silenzio per un paio di minuti, poi i loro sguardi s’incontrarono e l’infermiera sorrise.

- Come ti chiami?- chiese lei.

- Mitzui, sono Hisashi Mitzui. Ed il tuo?

- Io mi chiamo Angelyka Roustemberg, ma tutti mi chiamano con il diminutivo, Angy.

- Sei straniera?

- Ti parrà strano, ma sono nata qui. Mio padre è originario della Svezia.

- Capisco.

- Tu sei amico di quel ragazzo, non è vero?- disse Angy, indicando, oltre il vetro, la stanza di Hanamichi.

- Sì.

- E’ stato molto fortunato, nonostante tutto. Poteva andargli molto peggio.

- Dici sul serio?

- Sì. C’ero io di turno sull’ambulanza, ieri, ed ho visto in che condizioni era. Mi ha detto anche qualche parola, sull’ambulanza.

- Era ancora sveglio quando l’hanno estratto, perciò.

- Non esattamente, era quasi come se vaneggiasse. Ripeteva continuamente una strana frase.

- Quale?

- Diceva …- disse lei prima di arrossire violentemente.

- Che c’è? Quale frase diceva?

- Diceva … diceva " baciapiselli m’ammazza"- disse lei, vergognandosi del termine.

Mitzui divenne viola come una melanzana.

- Che ti prende? Ti senti male? Oppure ti da fastidio il temine usato?- disse lei, guardandolo stupita.

Mitzui divenne ancora più violaceo, ed Angy comprese.

- Sei tu la persona a cui si riferiva, non è vero Mitzui?- disse lei.

- Sì, sono proprio io.

Lei lo guardò e lui ricambiò lo sguardo, poi scoppiarono entrambi a ridere nervosamente, troppo imbarazzati per continuare la conversazione.

Quando Komatsu e Smith tornarono nella stanza, i due stavano ancora ridendo. I due medici si guardarono, poi Komatsu si schiarì la voce e disse:

- Vi state divertendo parecchio, a quanto sembra.

I due si calmarono, e pian piano smisero di sghignazzare come due iene.

- No dottore, stavamo solo chiacchierando ed io gli ho riferito le parole dette dal paziente prima di perdere conoscenza.

Komatsu li guardò di nuovo, poi alzò le spalle e decise di sorvolare.

- Allora, è pronta la prima sacca?

- Sì dottore, ed anche la seconda è quasi piena.

- Bene, allora finisci poi prepara un lettino per Mitzui.

- Coma mai?- chiese il ragazzo.

- Ti sentirai un po’ debole e non è saggio per te sforzarti troppo.

- Mi dispiace, ma non posso restare ancora per molto. Sono quasi due giorni che non rientro a casa.

- Lo posso accompagnare io. Tra meno di un’ora finisce il mio turno e mio padre ha detto che stasera sarebbe venuto a prendermi con la macchina. Una piccola deviazione non credo che possa disturbarlo- disse Angy.

- Ne sei sicura, Angy?- disse Mitzui.

- Certamente.

- Allora va bene. Mitzui, puoi restare qui con lei fino a quando non avrà finito il turno. Ti sta bene?- chiese Smith.

- Va bene.

- Allora, io devo andare. Non posso lasciare il mio posto così a lungo. Nel caso non dovessimo rivederci più tardi, arrivederci Mitzui, e buona fortuna per domani- disse Smith, uscendo dalla stanza.

- Ti saluto anch’io, ragazzo. Devo andare a fare il mio giro di visite. Ci vediamo domattina?

- No, domattina no. Forse dopo l’all… dopo la scuola- disse Mitzui, rimangiandosi immediatamente il lapsus fatto. Non aveva più una palestra in cui allenarsi, anzi, forse non aveva più neanche un club di basket, da quel che aveva intuito quella mattina.

Komatsu lo salutò, lasciando di nuovo soli i due giovani.

Pochi minuti dopo la ragazza staccò Mitzui dal macchinario e gli medicò il braccio con della garza.

Dopo aver appoggiato in una scatola piena di ghiaccio secco la sacca, si avvicinò di nuovo a Mitzui.

- Prima volevi dire dopo l’allenamento, vero?- disse Angy, poggiandogli una mano sulla spalla.

- Sì.

- La vostra palestra verrà riparata nel giro di tre settimane al massimo. Sai, mio padre ha l’impresa di riparazione a cui sono stati affidati i lavori- disse Angy, sorridendo dolcemente.

- Non so se servirà. Non abbiamo più l’allenatore- disse Mitzui.

- Il vostro capitano non potrebbe allenarvi finchè non troverete un altro allenatore?- chiese Angy.

- Sì, potrebbe.

- Allora?

- La verità è che …non credo di voler continuare a giocare a basket, e ho la sensazione che la stessa cosa valga anche per gli altri- disse Mitzui, piano e con tono depresso.

- Non dovete mollare così. Se giocate a basket è perché voi amate questo sport. Non dovete mollare.

Mitzui sorrise mestamente, guardando gli occhi blu della dolce ragazza che gli stava accanto.

- Gliene parlerò domani pomeriggio, nel caso ci fosse l’eventualità che il club venga sciolto- disse Mitzui.

- Bene. Io vado a controllare come sta Hanamichi – disse Angy.

- Potrei … venire anch’io?- disse Mitzui.

- Va bene, se te la senti. Seguimi, dobbiamo andare a prepararci- disse lei, aprendo la porta.

Mitzui la seguì e si preparò, nuovamente.

Mentre Angy cambiava la sacca di sangue, Mitzui si sedette accanto a Hanamichi e disse piano:

- Ehi, pel di carota, non preoccuparti, non ti ammazzo. Tu ci hai provato ed hai fatto del tuo meglio. Non è colpa tua se è andata come è andata. Si vede che era destino. Fatti forza, mi raccomando. Abbiamo bisogno di te, per tenere in piedi la squadra. In fondo, sei o non sei il re dei rimabalzi?

Hanamichi non si mosse né diede segno di aver sentito.

- E’ bello che tu gli faccia forza, ma credo che sia meglio andare, ora- disse Angy, alle sue spalle.

Mitzui si alzò e seguì Angy.

Il signor Roustemberg rimase sorpreso quando vide un ragazzo in compagnia della figlia.

- Papà, lui è Hisashi Mitzui, un giocatore di basket del liceo Shohoku. Ha donato il sangue a quel ragazzo rimasto sotto le macerie ieri. Ti dispiace accompagnarlo a casa?

- Piacere di conoscerti. Io sono Ralf Roustemberg. Non c’è problema per me- rispose l’uomo, anche lui biondo e con gli occhi blu come la figlia, stringendo calorosamente la mano a Mitzui.

Mitzui fece altrettanto, poi gli diede l’indirizzo di casa sua.

- Ho capito, so dov’è- disse l’uomo- Dimmi Mitzui, giochi bene a basket? Ho sentito dire che siete molto forti!

- E’ vero, la nostra è una buona squadra, ma purtroppo siamo stati eliminati proprio oggi dal Ryonan. Era l’ultima partita disponibile per qualificarci al campionato nazionale.

- Mi dispiace.

- L’importante è che la squadra resista a questa catastrofe.

- Sai, anch’io giocavo a basket, quando ero ancora in Svezia – disse l’uomo sorridendo.

- Mi piace molto il basket - disse Mitzui, nonostante fosse una cosa scontata.

- E’ molto bravo- intervenne Angy.

- Siamo quasi arrivati a casa mia- disse Mitzui, vedendo che era vicino alla propria abitazione- Può anche lasciarmi qui, non si preoccupi.

- Ne sei sicuro, Mitzui?- disse Ralf.

- Certo.

- Va bene- disse l’uomo, accostando.

- Ci vediamo domani pomeriggio, allora?- disse Angy, maledicendosi all’istante per quelle parole davanti a suo padre, che pareva un po’ offeso dalla spigliatezza della figlia.

All’improvviso, ebbe un’illuminazione.

- Se passi all’ospedale, potrò informarti meglio sulle condizioni del tuo amico Hanamichi, e se lo saprà per allora, anche su quando cominceranno i lavori, non è vero papà?

- Certo- disse lui con tono poco convinto.

Si salutarono e Mitzui s’incamminò verso casa.

Nota esplicativa: le scritte NdA sono le mie note personali.

Vi avviso che non so quanto spazio prenderà ogni personaggio (non era prevista una parte molto articolata su Mitzui, mentre, vi sarete resi conto, in questa parte è quasi il protagonista assoluto!) ma cercherò di dedicare abbastanza spazio per rendere giustizia a tutti questi eccelsi personaggi, nonostante ce ne sia uno che non sopporto(non faccio nomi, ma nome:Rukawa).

Scusate se farò qualche strafalcione culturale, ma sono ancora in fase di documentazione per quanto riguarda i minimi particolari di usi e costumi giapponesi!