Tanto per essere chiari: Sconsigliamo
vivamente la visione di questo sito a: Frikkettoni, Diessini, Hippie, arci,
preti, arcipreti, politicanti, al punk for fun, ai mini blink 182 e a coloro che
non hanno più niente da dire e per favore: Fuori dalle palle i
disobbedienti!
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Vi ricordate il punk?
Blink
182, Offspring, Punkreas, ... In quale genere musicale sono inquadrabili
questi gruppi? Personalmente avrei qualche dubbio nel definirlo, ma giornali,
radio e pubblico li hanno subito acclamati come capisaldi del nuovo punk. Del
resto, la breve durata delle canzoni, la durezza e aggressività delle musiche,
il look trasgressivo fatto di borchie, tatuaggi, capelli colorati, magliette o
jeans strappati e piercing, oltre a testi spesso irriverenti, farebbero pensare
solo al punk. Ad una nuova ondata punk di fine anni '90-inizio nuovo millennio.
Alla rabbia e ribellione dei giovani di oggi, che si esprime con questa musica
"cattiva". In realtà, se si guarda con più attenzione il fenomeno,
si scopre che questi gruppi e questo "nuovo" tipo di musica, con il
punk hanno davvero poco a che fare. Le ragioni vanno ricercate nelle differenze
sociali e musicali tra gli anni '90-2000 e gli anni '70, quando il punk vide la
luce. Differenze che mi portano a concludere che un vero fenomeno punk, adesso,
non avrebbe fondamento. Vediamo perché.
Tanto per cominciare, i Blink 182 stessi hanno dichiarato di non ritenersi come
i gruppi punk degli anni '70, perché nei loro testi non c'è nessun impegno
politico, nessuna protesta, nessuna rabbia, ma i giornalisti hanno continuato
imperterriti a catalogarli nel filone punk e a guardarli come un vero fenomeno
nuovo. Sul look credo che siamo tutti d'accordo che ci sia effettivamente
somiglianza con il vecchio punk. Un altro punto in comune è che molti dei
gruppetti del nuovo punk spesso non sanno suonare dal vivo. C'è differenza tra
suono, inteso come melodia, come armonia tra ciò che esce dai vari strumenti, e
rumore, o meglio confusione, cioè insieme di suoni sovrapposti senza filo
conduttore. Questo paragone, però, è valido se ci si riferisce al gruppo a cui
comunemente si pensa quando si parla di punk: i Sex Pistols, senza contare gli
altri, che invece avevano una certa qualità musicale ed espressiva.
I Sex Pistols stessi, del resto, sono stati a lungo considerati il gruppo punk
per eccellenza e il loro (unico) album "Never Mind The Bollocks"
compare ora ai posti alti delle classifiche dei migliori album del secolo appena
trascorso. In realtà, i Sex Pistols non erano altro che un gruppo messo insieme
a tavolino da un sapiente e intraprendente stilista nonché proprietario di un
negozio di abbigliamento punk, Malcom McLaren, che scelse i futuri componenti
del gruppo tra i giovani più sbandati di Londra, che frequentavano la sua
boutique. I quattro eletti non sapevano suonare, né cantare, né scrivere
canzoni: alcuni non avevano mai fatto niente di tutto questo. In breve tempo,
però, riuscirono a realizzare canzoni provocatorie tali da suscitare scandalo e
indignazione presso l'opinione pubblica generale e la critica, anche se i
giovani iniziarono ad incuriosirsi sempre più e ad appassionarsi al nuovo
genere, portando rapidamente il gruppo ad un successo enorme. Rimarranno ormai
alla storia la loro versione sputafuoco di "God Save The Queen",
l'inno inglese, cantato su un battello che passava davanti a Buckingham Palace
durante il Giubileo della regina, oppure "Anarchy in The UK", che, con
le parole : "Sono un anticristo, sono un anarchico, non so cosa voglio, non
voglio ciò che ho", incarnò perfettamente il disagio sociale dei giovani
dell'epoca e la loro voglia - o necessità - di scontrarsi con il resto del
mondo, con le istituzioni, la polizia, le regole.
Ma perché nacque il punk e dove esattamente e, soprattutto, cosa vuol dire
"punk"?
Il vocabolario definisce come "punk" un movimento giovanile nato nella
seconda metà degli anni Settanta che dimostra la propria protesta contro la
società tramite un comportamento anticonvenzionale e un abbigliamento fatto di
spille, borchie, capelli tinti di colori vivaci. Ma non è solo questo. Il
termine "punk" fu coniato da Lenny Kaye, giornalista e storico del
rock, un tempo chitarrista del Patti Smith Group, riferendosi ai complessi
minori e sconosciuti che suonavano nelle cantine e nei garage negli anni '60.
Componente fondamentale del punk vero e proprio degli anni '70 fu, infatti, il
cosiddetto Do It Yourself, cioè il fai da te di gruppi che suonavano e
registravano in casa propria o in studi poveri, sfuggendo così al music
business e alle regole del sistema discografico.
A partire dal 1973, in un locale malfamato di New York chiamato "Country
Bluegrass Blues & Other Music For Urban Gourmets" abbreviato in CBGB's,
sulla Bowery Street nella Lower East Side, iniziarono ad esibirsi, per un
pubblico di emarginati, alcolizzati e bande di teppisti, i primi gruppi poi
definiti punk, che si ispiravano principalmente ad artisti come i New York Dolls,
i Velvet Underground e Iggy Pop. Un giorno capitarono nel locale Richard Hell e
Tom Verlaine, che avevano appena fondato i Television, chiedendo di potersi
esibire; fu concesso loro il sabato sera, ma senza molta fiducia. Il gruppo
catalizzò invece l'attenzione dei giovani freaks, incuriositi da quel nuovo
rock e dal nuovo look dei musicisti, che dimostravano la loro estraneazione dal
sistema vestendo magliette sporche, jeans lacerati, spille da balia per chiudere
gli strappi. Il successo dei Television fu contagioso e, in breve tempo,
salirono sul palco del CBGB's altri nuovi complessi come i Ramones, tipica
garage band americana, Mink De Ville, che introdusse elementi di musica latina e
blues, i Blondie con Debby Harry, che virarono poi verso il pop quasi dance,
David Byrne, geniale leader dei Talking Heads e la poetessa Patti Smith. Lei in
particolare, sarà sempre la musa del punk, Nostra Signora della Bowery, come la
chiamavano; una donna piena di talento ed energia che, fuori dai sentieri del
music business, ha solcato il terreno dell'underground scrivendo poesie e
preparando canzoni che diventarono il suo primo fortunato album, Horses, nel
1975, benedetto da Bob Dylan che, dimostrando la sua ammirazione per Patti alla
sua prima esibizione live, simboleggiò un passaggio di testimone dal vecchio
rock al nuovo.
La nuova scena musicale consisteva in suoni graffianti, in un modo di esprimersi
nudo e crudo, primitivo. La parola d'ordine era distruggere, andare contro al
sistema che aveva ormai imprigionato il rock: la musica si ritrovò guidata
dalle leggi del denaro e il mondo del rock velato di ipocrisia e vanità da
star. Se molti approfittavano di questo e sottostavano volentieri alle regole e
agli schemi imposti dai fenomeni commerciali, altri, invece, non erano d'accordo
ed erano stanchi di tutta quella falsità. Per questo nacquero gruppi come i
Television e gli altri del CBGB's, per sabotare il sistema dall'interno, dare
uno scossone, riportare il rock ad un'energia primitva e spogliarlo di tutti i
fronzoli e le maschere di cui si stava coprendo. In questo modo, non si
riscattarono solo i musicisti che volevano riaffermare un'identià più genuina
e vera del rock, ma anche il loro pubblico, i miserabili, i rifiuti della società,
che trovarono nel punk un mezzo d'espressione della loro rabbia verso una società
che non li rappresentava e verso regole precostituite che non volevano
accettare. La "generazione vuota" cantata da Richard Hell nel suo
album "Blank Generation" riuscì, così, a farsi sentire.
Il punk esordì in un periodo in cui il rock stava iniziando una fase
discendente, una volta esauritasi la spinta creativa e rivoluzionaria della
generazione hippy, dopo che la droga aveva ormai depresso e intrappolato molte
menti, dopo che anche il progressive si era sofisticato a tal punto da essere
troppo complicato per i giovani. Anche per questo serviva una svolta. L'effetto
della bomba del punk si diffuse rapidamente anche oltreoceano dove, una sera del
settembre 1976, al 100 Club di Londra, si tenne il "Punk Rock
Festival", che vide esibirsi gruppi esordienti come i Damned, i Clash, i
Buzzcocks, Siouxie and The Banshees, il cui batterista era un certo Sidney
Beverly, poi chiamato Sid Vicious. Da quel momento tali debuttanti iniziarono a
firmare contratti e a pubblicare album, tanto che, se il punk era nato per
sovvertire le regole dell'industria discografica, questa non si lasciò fregare,
anzi approfittò del nuovo fenomeno trasformandolo poi in moda.
C'era un gruppo, però, che riuscì a restare sulla cresta dell'onda più a
lungo degli altri e a tenere testa al music business imponendo, ad esempio,
prezzi politici per i propri dischi o rinunciando, in certi casi, ai proventi
per i diritti d'autore. Si tratta dei Clash, che erano anche il gruppo punk più
politicizzato, ma dimostrarono di avere vero talento, idee nuove e la
sfrontatezza di cantare sempre ciò che pensavano, senza mezzi termini. Il loro
album "London Calling" del 1979 unì al punk i suoni del rockabilly,
del rhythm and blues, del reggae, divenendo una vera enciclopedia musicale e fu
superato dal triplo "Sandinista!" del 1980 in quanto a complessità e
coraggio nel mixare il punk-rock questa volta con funky, soul e jazz. Dopo
"White Riot", inno della rivolta dei londinesi, sempre a sfondo
politico erano i testi delle loro canzoni, come l'antiamericana "Koka Kola",
o "Lost in the Supermarket", contro il crescente consumismo, oppure
come "London Calling", contro un'Inghilterra conservatrice che
continuava a vivere nel passato. Nonostante questo, già dai primi anni '80 i
Clash si addomesticarono e ammorbidirono i toni; realizzarono brani ormai
tipicamente commerciali, per un pubblico che ormai vedeva anch'esso il punk come
una moda e non più come una rivolta, così i membri del gruppo si divisero e
tentarono insoddisfacenti carriere soliste.
Il punk, dunque, come genere musicale scoppiò e morì in Inghilterra, dopo
essere nato nell'underground americano. Negli Stati Uniti, però, non si affermò
mai decisamente e non ebbe molto seguito, soppiantato dall'hard rock.
Evidentemente, il disagio giovanile era anche sentito di più a Londra, ma fu di
nuovo negli Stati Uniti che i suoni e l'anima punk tornarono ad emergere alla
fine degli anni'80-inizio '90. Quello che fu in seguito definito come "grunge",
in realtà aveva preso molte sonorità e metodi espressivi dal punk. Fu lo
stesso Kurt Cobain a dichiarare di essersi ispirato a questo genere. Cambiava un
po' il look tipico, cambiava la città di provenienza - non più New York o
Londra, ma la minore Seattle - ma il concetto era molto simile. Le nuove giovani
band del Nord Ovest americano - tra cui spiccavano Nirvana, Mudhoney, Pearl Jam,
Soundgarden - cantavano la noia e il disagio di vivere in un luogo che non
offriva niente, la delusione di una gioventù che non vedeva prospettive davanti
a sé, il tutto accompagnato da un rock ruvido, depresso e arrabbiato, nelle
musiche come nei testi. Di nuovo. Di nuovo è una bomba che scoppia e sconvolge
il mercato musicale e i canoni rock del momento. Anche i Nirvana non
sopportavano gli schemi del music business, volevano sfuggirvi ma ne rimasero
anch'essi segnati, tanto che il peso del successo fu una causa della crisi
personale di Kurt Cobain, che preferì "bruciare piuttosto che svanire un
po' per volta" come scrisse, citando Neil Young, nel suo biglietto di
addio. Questa è un'altra storia, ma si nota comunque che anche la tendenza
all'autodistruzione era una caratterstica comune ai personaggi del punk degli
anni '70 e quelli del grunge di oltre dieci anni dopo.
Di fronte alle storie personali di uomini diventati mito come Sid Vicious o Kurt
Cobain, di fronte al vero tormento interiore che i personaggi del punk e di
quello che ne è stato il vero erede - il grunge - urlavano, gruppi come i Blink
182 o gli Offspring e le loro musichette, ora, fanno ridere. Hanno preso dal
punk giusto il minimo necessario per farsi notare, per essere diversi dalle boy
band pop che dilagano in questi anni e attirare quella parte di adolescenti che
non si fanno incantare dai vari Backstreet Boys e Britney Spears ma cercano
qualcosa di più trasgressivo e aggressivo che li rappresenti. Quindi, via con i
tatuaggi, il piercing e la tipica moda punk nell'abbigliamento, via con i suoni
cattivi, via con tutto ciò che fa esternamente scalpore, ma guardandosi bene
dallo scrivere canzoni impegnate o almeno di un certo spessore.
Questo non può essere nuovo punk, perché, se è nato al CBGB's per andare
contro la falsità di un sistema discografico governato dal dio denaro e per
dare voce anche ai miserabili giovani senza speranze, oggi è qualcosa di
ipocrita. Il punk sembra essere stato anch'esso risucchiato dall'industria
discografica ed è tornato un genere di moda, nella musica come
nell'abbigliamento, tanto che viene spesso definito addirittura pop-punk - cosa
già di per sé contraddittoria. Non mi sembra che questi nuovi gruppi punk
cerchino molto di sabotare il sistema del music biz dall'interno, anzi lo
sfruttano e ne sono sfruttati, facendo credere ai giovani che li ascoltano che
questo nuovo punk sia un genere alternativo, senza che questi, dal canto loro,
si accorgano che anch'esso è manovrato dall'alto e che ciò che era ribelle
negli anni '70, oggi è stato trasformato in fenomeno commerciale.
Stefania
Montanari
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