FIP - Peritonite Infettiva Felina

 

E' una patologia molto subdola, dopo oltre tre decenni di studi resta ancora misteriosa; al momento sembra sia la maggior causa di mortalita' tra i soggetti che vivono in comunita'.
L' agente infettante e' un coronavirus. Vi sono diversi ceppi di coronavirus felini (FCoVs), la maggior parte di essi vive nell'intestino e pertanto sono stati denominati "coronavirus enterici felini" (FECV). Questi coronavirus felini (FCoVs) del tratto intestinale causano enteriti (diarree) frequentemente autolimitantesi, i soggetti che presentano episodi enterici ricorrenti sembra svolgano un importante ruolo nella diffusione della FIP. Il virus della FIP (FIPV) e' una mutazione virulenta dei piu' tranquilli FCoVs, che anziche' rimanere nell' intestino si diffonde per l' organismo interagendo con il sistema immunitario. Tutti i gatti possono venire colpiti, ma sembrano piu' predisposti i gatti di razza, i soggetti dai 5 mesi ai due anni e gli ultraquindicenni.
I quadri clinici si dividono in forma secca e forma essudativa.

La forma secca presenta lesioni (granulomi) al fegato, rene, polmoni, pancreas, encefalo, occhio, si ha perdita di peso e sintomatologia correlata all' apparato colpito.

La forma essudativa e' caratterizzata da febbre, inappetenza, dimagramento, apatia, distensione addominale per grande accumulo di liquidi, respirazione difficoltosa per raccolta di liquidi nello spazio pleurico, vomito e/o diarrea.
La diagnosi e' sempre difficile, si basa sul quadro clinico ed esami di laboratorio ne esistono anche di specifici ma non sempre sono attendibili, anzi .....

Il perche' e' presto detto: gli antigeni virali, cioe' quelle strutture proprie del virus che scatenano la risposta dell' organismo del micio, sono uguali tra FIPV e FCoVs; quindi i test non sono in grado di distinguere se l' infezione in atto e' dovuta ai virus cattivi, che portano a FIP, o a quelli piu' tranquilli che danno enterite.  
Si e' tentato allora di valutare la risposta anticorpale (titolazione anticorpale) nella presunzione che i virus "cattivi" determinassero un titolo anticorpale piu' elevato (visto che se ne vanno a spasso per tutto l' organismo del povero gatto), tuttavia anche questa suggestiva ipotesi si e' dimostrata infondata.

Quindi, in buona sostanza, la diagnosi certa di FIP sul soggetto vivo e' assai ardua, deve essere comunque supposta, e direi data per quasi certa, piu' riferendosi al quadro clinico (sui sintomi) che basandosi sulla laboratoristica. La certezza diagnostica si puo' avere mediante esame istopatologico effettuato su campioni bioptici o necroscopici. Quando per un soggetto si ha conferma della diagnosi di FIP si deve purtroppo sapere che anche tutti gli altri soggetti del clan sono contagiati. Va precisato tuttavia che solo al massimo il 16% dei soggetti sicuramente contagiati manifestera' poi la malattia. I soggetti contagiati presentano titoli anticorpali per 6-12 mesi, bisogna quindi effettuare piu' test per valutare il superamento della malattia. Prima di inserire un nuovo soggetto nella comunita' e' necessario che nessun soggetto risulti ancora positivo. E' consigliabile testare un soggetto due volte a distanza di 4 settimane prima di immetterlo in comunita'. Anche un micio di ritorno da una monta o da un' esposizione dovrebbe venir tenuto in quarantena per due settimane e poi venir testato prima di essere reintrodotto nel gruppo. I gatti sieronegativi se immessi in una comunita' dove vi sono dei soggetti sieropositivi hanno maggiore probabilita' di contrarre la malattia (da 1 a 6 volte). Se un soggetto muore per FIP prima di inserire un altro micio bisogna aspettare alcuni mesi, l' ambiente, e tutti gli accessori del gatto deceduto, devono venire lavati e disinfettati (va bene ipoclorito di sodio - candeggina - diluita 1:32. L' uomo veicolando saliva o feci di animali ammalati puo' contribuire efficacemente alla diffusione della malattia. La terapia si basa sulla somministrazione di farmaci per migliorare le condizioni di vita, la mortalita' e comunque elevatissima circa il 95%. La profilassi si basa sulla somministrazione di un vaccino, per ora non commercializzato in Italia e che conferisce un' immunita' non totale, circa del 75%, e sull' isolamento dei soggetti ammalati. Fondamentale, come sempre quando si tratta di vaccinazioni, e' che la somminisatrazione del vaccino venga praticata ad un soggetto clinicamente sano.