Bruno De Finetti

dal Bollettino della Unione Matematica Italiana, S. VII, vol. I-A (1 987), n. 2, pp. 283-308 (Luciano Daboni)

Nato a Innsbruck il 13 giugno 1906, è morto a Roma il 20 luglio 1985. Si era iscritto nel 1923 al Politecnico di Milano. Studente del 3o anno, avviò una ricerca di biologia matematica ispirata ai lavori del biologo Carlo Foà e sfociata in una pubblicazione su Metron. Nel 1925, per insistente suggerimento di Levi-Civita, passò all'appena costituito Corso di laurea in Matematica applicata di Milano. Conseguì la laurea nel 1927 discutendo con Giulio Vivanti una tesi di analisi vettoriale in ambito affine. Subito dopo la laurea lavorò all'Ufficio matematico dell'Istituto Centrale di Statistica e nel 1931 entrò a far parte - e vi rimase fino al 1946 - dell'Ufficio attuariale delle Assicurazioni generali a Trieste. Conseguita la libera docenza in Analisi (1930), tenne per incarico diversi corsi universitari fra Padova e Trieste finché, costituitasi nel 1946 la Facoltà di Scienze a Trieste, si dedicò esclusivamente all'insegnamento universitario ricoprendo la cattedra di Matematica attuariale. Nel 1951 si trasferì sulla cattedra di Matematica finanziaria e infine, nel 1954, passò all'Università di Roma, ove (dal 1961) insegnò Calcolo delle probabilità presso la Facoltà di Scienze fino al collocamento a riposo. Il fatto che per lungo tempo l'attività scientifica di De Finetti si sia svolta solo a tempo parziale non gli impedì di crearsi, sin da giovane, una solida fama di studioso internazionalmente noto per i suoi contributi al Calcolo delle Probabilità, alla Statistica, alla Matematica finanziaria e attuariale, all'Economia e all'Analisi. Molti - quasi un terzo e fra i più significativi - degli oltre 290 suoi scritti portano una data anteriore al 1946. Un periodo di prodigiosa attività creativa fu in particolare quello degli anni 1926-30 in cui, pur interessandosi a tematiche varie, diede avvio a quell'impostazione soggettiva del Calcolo delle probabilità che più di ogni altra sua opera lo ha reso famoso nel mondo della cultura scientifica e filosofica. Tale riconoscimento, seguito a un lungo periodo di indifferenza o di rifiuto delle sue concezioni, si deve principalmente a L. J. Savage che, a partire dal 1951, diffuse nel mondo anglosassone quegli aspetti della teoria che riguardano soprattutto il suo impiego nei problemi dell'inferenza statistica. Un cenno a parte merita, infine, il pionieiistico lavoro svolto da De Finetti nel campo del Calcolo automatico, lavoro certamente stimolato dall'esperienza maturata alle Assicurazioni Generali. Nel 1951, dopo un viaggio in U.S.A. compiuto - insieme a Mauro Picone e Gaetano Fichera - per visitarvi e studiame i Centri di Calcolo, De Finetti fu chiamato all'I.N.A.C. per collaborare al progetto di installazione di un calcolatore elettronico: da questa esperienza scaturì la Nota Macchine che pensano e che fanno pensare, ricca di notizie, suggerimenti e riflessioni, ove tra l'altro è sottolineato l'interesse nei confronti dell'impiego di metodi statistici (Metodi Monte Carlo) per la risoluzione numerica di diversi problemi matematici ed è preconizzato il ricorso al calcolo simulato. Non si può neppure dimenticare l'impegno di De Finetti nella Didattica della Matematica, testimoniato dalla pubblicazione di trattati, manuali, note didattiche e articoli divulgativi, nonché da una intensa attività organizzativa: egli fu Presidente della Mathesis, Direttore del Periodico di Matematiche e fondatore a Roma di un Club Matematico per attivare seminari su problemi di Didattica. Socio dell'Accademia dei Lincei, fu anche membro dell'Istituto Internazionale di Statistica, Fellow dell'Institute of Mathematical Statistics e socio degli istituti attuariali francese e svizzero.

PROBABILITA’

Bruno de Finetti, Enciclopedia Einaudi Voce: Probabilità

La probabilità: chi è costei?

Prima di rispondere a tale domanda è certamente opportuno chiedersi: ma davvero “esiste” la probabilità? e cosa mai sarebbe? Io risponderei di no, che non esiste. Qualcuno, cui diedi questa risposta ( ribadita, col motto in tutte maiuscole – PROBABILITY DOES NOT EXIST- nella prefazione all’inglese di Teoria delle probabilità [1970] ), mi chiese ironicamente perché mai, allora, me ne occupo. Mah! Potrei anche dire, viceversa e senza contraddizione, che la probabilità regna ovunque, che è, o almeno dovrebbe essere, la nostra ‘guida nel pensare e nell’agire’, e che perciò mi interessa. Soltanto, mi sembra improprio, e perciò mi urta, vederla concretizzata in un sostantivo, ‘probabilità’, mentre riterrei meglio accettabile e più appropriato che si usasse soltanto l’aggettivo, ‘ probabile’, o, meglio ancora, soltanto l’avverbio, ‘ probabilmente’.

Dire che la probabilità di una certa asserzione vale 40 per cento appare- purtroppo!- come espressione concreta di una verità apodittica. Non pretendo né desidero che tale modo di esprimersi vada bandito, ma certo è che l’asserzione apparirebbe assai più appropriatamente formulata se la si ammorbidisse dicendo, invece, che quel fatto lo si giudica ' probabile al 40 per cento', o, meglio ancora ( a parte che suona male ) , che ci si attende ‘ al 40 per cento- probabilmente’ che sia o che risulti vero.

Il guaio è che il realismo (come accuratamente osservò Jeffreys) ha il vantaggio che il linguaggio è stato creato da realisti, e per di più da realisti molto primitivi’, ed è perciò che ‘noi abbiamo larghissime possibilità di descrivere le proprietà attribuite agli oggetti, ma scarsissime di descrivere quelle direttamente conosciute come sensazioni’ [1939,p.394].

Da ciò la mania ( che forse per altri è invece indizio di saggezza, serietà, accuratezza) di assolutizzare, di concretizzare, di oggettivare perfino quelle che sono soltanto proprietà dei nostri atteggiamenti soggettivi. Non  altrimenti si spiegherebbe lo sforzo di fare della Probabilità qualcosa di nobler than it is ( sempre parole di Jeffreys), nacondendone la natura soggettiva e gabellandola per oggettiva. Secondo la spiritosa fantasia di Hans Freudenthal si tratterebbe di uno strano pudore per impedire di farci vedere la Probabilità ‘ come Dio l’ha fatta’: occorre una ‘foglia di fico’, e spesso la si riveste tutta di foglie di fico rendendola addirittura invisibile o irriconscibile.