I collaboratori della Rivista: Zeta-zeta

(di Mario Borio)

 

 

Con questo curioso pseudonimo, sul numero 26 del giugno 1958 l’ing. Bruno Bonazzelli iniziava la sua collaborazione con la rivista H0 Rivarossi determinandone un deciso salto di qualità.

 

Infatti, nei venticinque numeri precedenti, solamente su sei erano già comparsi brevi articoli a carattere ferrotranviario.

La collaborazione si protrarrà nel tempo su molti numeri della stessa rivista, tutti con argomenti storici e tecnici esposti con competenza, passione e sempre corredati da numerose fotografie delle quali, la maggior parte, scattate personalmente dall’autore.

Questo suo primo articolo è relativo alle locomotive denominate “Mastodonti dei Giovi”.

Il testo non si limita ad una descrizione tecnica della locomotiva, ma comprende anche le ragioni storiche della linea ed altre realizzazioni che ne hanno portato alla costruzione.

L’articolo che ritengo il più impegnativo ed, a mio avviso, il più interessante è quello sulla storia delle locomotive che, tra l’altro, portava un titolo decisamente inconsueto per la sua lunghezza:

”LA STORIA DELLE LOCOMOTIVE A VAPORE E DELLA LORO EVOLUZIONE IN ITALIA SI INTRECCIA SPESSO CON QUELLA CIVILE E MILITARE DELLA NOSTRA PATRIA”.

Questo argomento fu ripartito su ben otto numeri dal 27 al 36 ad eccezione del 32 e 33 nei quali, sempre a cura di Zeta-Zeta, sono intercalati altri argomenti storici, tra cui quello, poco noto ma molto importante, relativo allo scartamento largo inglese.

La parte che mi ha colpito di più è quella di chiusura che si trova sull’ultimo numero (il 36 del 1960) relativo a “LA STORIA DELLE LOCOMOTIVE …” che ricordo ancora chiaramente dopo tanti anni e che riporto integralmente.

A fine aprile del 1945 sulle cento e più locomotive che costituivano la dotazione del Deposito di Milano Centrale, solo quattro o cinque erano in condizioni di marciare, le altre essendo state ridotte dai bombardamenti e dai mitragliamenti alle condizioni di “colabrodo”. Quelle quattro cinque come marciavano? Che cosa avevano sul tender? Marciavano perché si voleva farle marciare e sul tender, al posto del carbone, c’era, per alimentare i loro focolai, un carico di vecchie traverse in legno fuori uso!

In quei giorni la trazione elettrica si era ridotta, nell’Italia settentrionale, ad una rappresentanza, in Milano,dei diversi sistemi in uso: terza rotaia, trifase e corrente continua 3000 Volt, delle automotrici con motore a combustione interna non ce ne era alcuna che potesse camminare al servizio degli Italiani, e ad ogni modo, il carburante alla fine dell’aprile 1945, era praticamente inesistente, solo andavano le locomotive a vapore animate da due degli elementi fondamentali della natura: l’acqua ed il fuoco, anche se attivato dalla combustione di vecchie traverse …

Con un migliore elogio delle locomotive a vapore io non potrei certo concludere, ed anche se negli anni susseguenti al 45, si è proceduto ad ulteriori trasformazioni di locomotive 740 e 625 munendole di preriscaldatori Franco-Crosti e rovinandole nelle armoniose linee iniziali, anche se, nei primissimi anni dopo il 45 sono intervenute in buon numero le locomotive a vapore americane a dare una mano alle nostre, per me la storia della locomotiva a vapore in Italia si conclude nel ricordo di quelle quattro o cinque 685 che, utilizzando come combustibile il legno delle traverse, ripresero coraggiosamente a viaggiare in partenza da Milano a fine aprile 1945 e quando tutto era ancora in rovina!

Addio vecchia, cara e buona locomotiva a vapore! Ti saluta chi ti ha visto all’apogeo della tua carriera, non ancora centenaria, chi ha visto e conosciuto i tuoi macchinisti che, amandoti, ti tenevano spesso da conto come una giovane sposa!”

 

La sua collaborazione con la rivista H0 continuò, sempre con svariati argomenti storici, fino al termine della pubblicazione autonoma.

A partire dal numero 47 fu inoltre introdotta la rubrica “ALBUM DI FAMIGLIA” che durò quasi ininterrottamente fino al numero 66. In essa erano pubblicate alcune fotografie di locomotive a vapore con una dettagliata descrizione sempre a firma Zeta-Zeta.

Nel breve periodo di inserimento nella rivista ITALMODEL, la qualità complessiva di “H0” si ridusse drasticamente.

Solamente nei due ultimi numeri (il 74 ed il 75 del 1966) si trova nuovamente un testo dell’ing. Bonazzelli.

Successivamente, anche se con minor frequenza, i suoi articoli furono pubblicati sulla nuova rivista “I TRENI” che nel frattempo era subentrata alla vecchia ITALMODEL di Italo Briano forse meglio noto come Ranio Lobita.

Credo di ricordare che intorno al 1990, ma non esattamente quando, una rivista feramatoriale comunicò ai lettori la sua scomparsa.