Incontro 08.05.10 con Astrofilì Napoletani
Lo scavo archeologico stratigrafico
Cos'è lo scavo archeologico
Questo incontro vuole fornire solo alcuni strumenti di comprensione sulla natura
di cosa sia oggi uno scavo archeologico, come lo sì pratichi e come lo
si intenda. Ma prima va fatta una sintetica premessa su cosa finora esso sia
stato, in quanto espressione di cultura storica oltre che di un metodo di lavoro
nel corso dei secoli.
Premesso che il fine di ogni indagine archeologica è un accrescimento
delle nostre conoscenze storiche, l'archeologia è una pratica
di ricerca storica, divenuta disciplina autonoma: per le sue metodologie
di ricerca, attraverso il metodo archeologico è oggi possibile affrontare
quesiti storici, che riguardano ogni epoca.
L'archeologia, infatti, non ha più oggi confini di spazio e tempo
e se ne sono moltiplicate le aree di competenza:
preistorica, protostorica, classica, medievale, post medievale, post rinascimentale,
industriale; delle civiltà mediterranee, del vicino Oriente (Egittologia,
Assiriologia, Biblica etc.), del lontano Oriente (Cina, Indocina, Giappone etc.),
dei paesi nordici, precolombiana etc..
Sono aumentati, dunque, gli ambiti e contesti di ricerca, che richiedono tecniche
e strategie diverse: procedure varie per insediamenti preistorici, necropoli,
siti subacquei, siti urbani pluristratificati, etc.
La metodologia comune è però unica: lo
scavo stratigrafico
Va prima a questo punto ricordato che:
-l'uomo ha sempre scavato per i più vari scopi:
sepolture, fondamenta di edifici, fosse per alberi, canali, aperture di strade,
estrazione dì materiali, etc., perchè lo scavo è antico
e dunque connaturato all'esistenza umana;
-si è scavato anche in epoca storica:
Tucidide (I, 8,1) testimonia lo scavo a Delo di tombe antiche in occasione della
purificazione del santuario;
Strabone (VIII,„ 6, 23) racconta che i Romani, tornando da Corinto al
tempo di Cesare, 100 anni dopo avere distrutto la città, ne scavarono
la necropoli in cerca dei pregiati vasi di bronzo;
in molte città antiche accade di constatare che vecchi e nuovi scavi
hanno messc in luce fasi più recenti di edifici poggianti, insistenti
o edificati su resti più antichi, parzialmente abbattuti e in parte scavati,
perchè usati come fondamenta dal nuovo edificio.
Mancava però, o non interessava, al mondo antico la consapevolezza di
potere trarre da quei resti notizie sulla più antica storia dell'uomo.
Nel Medioevo, a partire dall'Alto Medioevo (VI-IX d.C.), ma in particolare nel
XII-XIII sec., si scavò in Italia negli antichi insediamenti per recupero/reimpiego
di materiali nobili e non; meravigliavano in ogni caso le capacità artigianali
antiche e gli oggetti più disparati cominciarono a destare talvolta interesse
storico negli studiosi del tempo.
Col Rinascimento, nel XV sec., si sviluppò l'Antiquaria, che ebbe come
oggetto lo studio del mondo antico e dei suoi manufatti, riscoprendo anche gli
autori classici. Mancava però una dimensione storica della ricerca e
lo scavo fu solo lo strumento per recuperare oggetti da collezione.
Gli stessi Donatello e Brunelleschi si aggiravano a Roma per disseppellire strutture
antiche, da cui desumere non notizie storiche, bensì i canoni formali
dell'arte antica in pittura, scultura e architettura.
Nel XV-XVI sec. si realizzarono, perciò, scavi sotto forma di sterri,
in molte città italiane, tra cui Roma, per ricerca di marmi e oggetti
antichi de collezione, con l'istituto della concessione da parte delle autorità,
dividendo le quote spettanti allo scavatore, al proprietario e all'autorità
stessa.
Solo nel XVIII sec. s'impose lo studio sistematico delle testimonianze
del passato in concomitanza con lo sviluppo delle scienze esatte e della prospettiva
storica introdotta da Winckelmann nello studio dell'arte antica, sia
storicamente, che stilisticamente: la storia dell'arte fu però solo un
aspetto della nascente archeologia; lo scavo rimaneva ancora brutalmente sotto
la forma di sterro.
Nello stesso periodo, a fini collezionistici da parte dei Borbone, iniziarono
ne] Regno di Napoli e Sicilia gli scavi/sterri, in maniera disordinata, degli
antichi centri vesuviani: Ercolano 1738, Pompei 1748, Stabiae 1758. Questi,
come noto, si avvalevano dei metodi adoperati per gli scavi delle miniere, realizzando
pozzi minerari verticali e orizzontali per raggiungere in profondità
i resti non portati in luce_ Le tracce di questi pozzi sono ancora visibili
a Ercolano. Scavi iniziarono anche a Cuma tra XVII e XVIII sec., presto interrotti
perché pii infruttuosi.
Contemporaneamente nel Nord Europa si sviluppavano le antichità nazionali,
il cui studio, oltre alle scarne notizie desunte dai classici, poteva basarsi
solo sui resti materiali delle società, che le ,,avevano prodotte; in
particolare le testimonianze preistoriche meglio si prestavano all'osservazione
diretta dei manufatti, da cui ricavare notizie sulla successione Cronologica
delle relative etnie.
Nel frattempo le osservazioni della nascente geologia, in relazione agli strati
di terreno, ai fossili e agli oggetti antropici contenuti, aprirono il campo
alla nascita della stratigrafia archeologica, contraddicendo finalmente la fede
nelle Bibbia, che non consentiva di risalire più di 6000 anni indietro
per lo sviluppo delle civiltà, col ritrovamento di resti di specie umana
e materiali molto pii.' antichi.
Nel XIX sec., nel mondo delle antichità classiche si sviluppava, invece,
ancore un'archeologia romantica, ansiosa di cogliere con atteggiamento sentimentale
le rovine antiche; agli antiquari sì affiancavano esploratori entusiasti,
animati de spirito di avventura. Scarse, invece, le motivazioni scientifiche
degli scavi, usati come divertimento: ne fu testimone Giuseppe Fiorelli all'epoca
degli scavi delle necropoli cumane, effettuate per puro divertimento dal Conte
di Siracusa, che dei ritrovamenti faceva frequente dono alle dame del suo seguito;
nonostante ciò, la Collezione Cumana fu tuttavia dal Fiorelli studiata
e pubblicata.
Col suo arrivo a Pompei, dei cui scavi fu nominato Direttore, si pose fine all'indiscriminato
sterro dovuto a "scavi di corte", cui solo don Michele Arditi, durante
il regno di Murat, aveva posto un freno, con l'aiuto della regine Carolina.
Anche al Fiorelli gli scavi di Pompei si presentarono come un problema tecnico
e logistico: egli tentò, perciò, di razionalizzare gli interventi,
individuando mura, strade, isolati, edifici, senza pensare solo al recupero
di oggetti e/o opere d'arte, nell'intenzione di occuparsi del "contesto
archeologico", costituito da Pompei. Ciò poneva una riflessione
sulla necessità di uno scavo sistematico, che tenesse conto di strati
da scavare dall'alto verso il basso, annotando ogni elemento utile alla comprensione
delle vicende storiche.
Dopo la metà del XIX sec. iniziarono, motivati storicamente, ma anche
a scopo di realizzare grandiosi musei in Occidente, scavi sistematici da parte
di istituti
archeologici internazionali europei, in particolare Austria (per esempio Efeso),
Germania (per esempio Pergamo e Mileto), Francia e Gran Bretagna (per esempio
Egitto e Mesopotamia), quando ormai l'archeologia classica e orientale, sostenuti
da solide basi di natura storica e filologica, aveva assunto dimensione di scienza
storica.
'In Italia Giacomo Boni diede finalmente questa dimensione, interrompendo la
pratica degli sterri indiscriminati, agli scavi del Foro di Roma, con l'analisi
stratigrafica del suolo e quella dei materiali poveri, messi sempre da parte
in precedenza.
In Gran Bretagna il metodo stratigrafico, per i motivi sopra accennati, si andava
consolidando, grazie all'opera di Sir Mortireer Wheeler, che
dagli anni trenta del XX sec. formulò un sistema rigoroso di scavo: questo
privilegiava gli aspetti verticali dell'indagine, moltiplicando su ogni sito
archeologico il numero delle sezioni stratigrafiche, ottenute scavando quadrati
di 5 in di lato, le cui sponde, per la larghezza di I m, venivano risparmiate
(scavando così quadrati contigui di 4x4 m); si consentiva così
la conservazione e lettura delle stratigrafie, tenuti anche conto che ogni scavo
è prima di tutto distruzione. A Gerico la sua allieva, Katleen
Mc. Kenyon, perfezionò il metodo, guardando anche agli strati
orizzontali.
Negli anni '50 mutarono le strategie, introducendosi lo scavo per "grandi
aree", che meglio si adattava allo studio di antiche città nel loro
complesso. Ciò si deve, ancora una volta, agli archeologi britannici
(Philipp Barker, Martin Biddle). A questa
corrente si agganciarono in Italia Nino Lamboglia e Luigi
Bernabò Brea, e, dagli anni '70, Andrea Carandini (Scavo
della villa di Settefinestre, manuale "Storie dalla terra") e lo stesso
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Al 1979 risaliva la pubblicazione del volume di Edward C. Harris
"Principio di stratigrafia archeologica", base per gli studi futuri.
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- teoria della stratificazione stratigrafie murarie per l'età
medievale
- la documentazione grafica, fotografica e schedografica con tecniche computerizzate
redazione dì piante di fase
- la sequenza stratigrafica il matrix o diagramma stratigrafico (per assonometria
esplosa, in sezione e in forma schematica.
- Lo studio dei materiali.
- La geoarcheologia
Cosa non si fa:
le aree archeologiche, note da ricognizione, si segnalano agli organi competenti,
ivi compresi i ritrovamenti, che, nel caso, vanno segnalati alle forze dell'ordine,
che contatta la Soprintendenza.
questa può essere ovviamente contattata direttamente
si raccomanda di non muovere nulla, né a terra, né a mare
in visita a scavi archeologici si rispettano le regole, tra cui quella di non
sedersi su muri, strutture, sezioni, etc., si rispettano i percorsi, i divieti,
le norme di sicurezza, altrimenti le "fettine di storia" saltano!
Paolo Caputo e Cristina Regis
Archeoastronomia |