Toglimi il pane, se
vuoi,
toglimi l'aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l'acqua che d'improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d'argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d'aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell'ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se
d'improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d'autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell'isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l'aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.
(Cento sonetti d’amor, XLIX)
E' oggi: tutto l'ieri
andò cadendo
entro dita di luce e occhi di sogno,
domani arriverà con passi verdi:
nessuno arresta il fiume
dell'aurora.
Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
gli occhi dei tuoi sogni,
beneamata,
sei tremito del tempo che trascorre
tra luce verticale e sole
cupo,
e il cielo chiude su te le sue ali
portandoti, traendoti alle mie
braccia
con puntuale, misteriosa cortesia.
Per questo canto il giorno e la
luna,
il mare, il tempo, tutti i pianeti,
la tua voce diurna e la tua pelle
notturna.
(Venti poesie d’amore…, XIX)
Bimba bruna e flessuosa,
il sole che fa la frutta,
quello che riempie il grano, quello che piega le
alghe,
ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi
luminosi
e la tua bocca che ha il sorriso dell'acqua.
Un sole nero e ansioso si attorciglia alle
matasse
della tua nera chioma, quando allunghi le
braccia.
Tu giochi con il sole come un ruscello
e lui ti lascia negli occhi due piccoli stagni
scuri.
Bimba bruna e flessuosa, nulla mi avvicina a
te.
Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno
...
Sei la delirante gioventù dell'ape,
l'ebbrezza dell'onda, la forza della
spiga.
Eppure il mio corpo cupo ti cerca,
e amo il tuo corpo allegro, la tua voce
disinvolta e sottile.
Farfalla bruna dolce e definitiva
come il campo di grano e il sole, il papavero e
l'acqua.
(Venti poesie d’amore…, V)
Perchè tu possa
ascoltarmi
le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come
l'uva.
E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore
antico.
Così si aggrappano alle pareti umide.
E' tua la colpa di questo gioco
cruento.
Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo
riempi.
Prima di te hanno popolato la solitudine che
occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che io voglio
dirti
perchè tu le ascolti come voglio essere
ascoltato.
Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora
abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche
suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di
angoscia.
Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie
parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.
E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come
l'uva.
(Venti poesie d’amore…, XII)
Per il mio cuore basta
il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua
anima.
E' in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle
corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come
l'onda.
Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle
navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un
viaggio.
Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci
nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e
fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua
anima.
(Venti poesie d’amore…, XV)
Mi piaci quando taci
perché sei come assente,
e mi ascolti da lontano, e la mia voce non ti
tocca.
Sembra che si siano dileguati i tuoi occhi
e che un bacio ti abbia chiuso la
bocca.
Siccome ogni cosa è piena della mia anima
tu emergi dalle cose, piena dell'anima
mia.
Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola
malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
Sembri lamentarti, farfalla che
tuba.
E mi ascolti da lontano e la mia voce non ti
giunge:
lascia che io taccia con il silenzio tuo.
Lascia che ti parli anche con il tuo
silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un
anello.
Sei come la notte, silenziosa e stellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e
semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi
morta.
Poi basta una parola, un sorriso.
E sono felice, felice che non sia
vero.
(Venti poesie d'amore..., IX)
Ebbro di trementina e di
lunghi baci,
estivo, guido il veliero delle rose,
deviato verso la morte dell'esile giorno,
fondato sulla solida frenesia
marina.
Pallido e ancorato alla mia acqua divorante
passo nell'acre odore del clima
scoperto,
vestito ancora di grigio e di suoni amari,
e una creta triste di schiuma
abbandonata.
Vado, duro di passioni, a cavallo della mia unica
onda
lunare, solare, ardente, e freddo, repentino, addormantato nella
gola delle fortunate
isole bianche e dolci come fianchi freschi.
Trema nella notte umida il mio vestito di
baci
carico pazzamente di elettriche sollecitazioni,
in modo eroico diviso in
sogni
e inebrianti rose che si praticano in me.
Su per le acque, i nmezzo alle onde
esterne,
il tuo corpo parallelo si stringe alle mie
braccia
come un pesce infinitamente appiccicato alla mia
anima
rapido e lento nell'energia
subceleste.
(Venti poesie d'amore..., XIII)
Sono andato segnando con
croci di fuoco
l’atlante bianco del tuo corpo.
La mia bocca era un ragno che passava
nascondendosi.
In te, dietro te, timoroso, assetato.
Storie da raccontarti sulla riva del crepuscolo
bambola triste e dolce, perché non fossi
triste.
Un cigno, un albero, qualcosa di lontano e di felice.
Il tempo dell’uva, il tempo maturo e
fruttifero.
Io che vissi nel porto da dove ti amavo.
La solitudine attraversata dal sogno e dal
silenzio.
Rinchiuso tra il mare e la tristezza.
Silenzioso, delirante, tra due gondolieri
immobili.
Tra le labbra e la voce, qualcosa va morendo.
Qualcosa con ali d’uccello, qualcosa d’angoscia
e d’oblio.
Così come le reti non trattengono l’acqua.
Bambola mia, restano appena gocce che
tremano.
Tuttavia qualcosa canta tra queste parole
fugaci.
Qualcosa canta, qualcosa sale fino alla mia avida
bocca.
Oh poterti celebrare con tutte le parole della
gioia.
Cantare, ardere, fuggire, come un campanile nella mani di un
pazzo.
Triste tenerezza mia, cosa diventi d’improvviso?
Quando son giunto al vertice più ardito e freddo
il mio cuore si chiude come un fiore
notturno.
(Venti poesie d'amore..., VII)
Chino sulle sere tiro le
mie tristi reti
ai tuoi occhi oceanici.
Lì si distende e arde nel più alto fuoco
la mia solitudine che fa girare le
braccia come un naufrago.
Faccio rossi segnali ai tuoi occhi
assenti
che ondeggiano come il mare sulla riva di una
faro.
Conservi solo tenebre, donna distante e
mia,
dal tuo sguardo emerge a volte la costa del
terrore.
Chino sulle sere getto le mie tristi
reti
in quel mare che scuote i tuoi occhi
oceanici.
Gli uccelli notturni beccano le prime
stelle
che scintillano come la mia anima quando ti
amo.
Galoppa la notte sulla sua cavalla cupa
spargendo spighe azzurre sul
prato.
(Venti poesie d’amore…, XX)
Posso scrivere i versi più tristi
stanotte.
Scrivere, per esempio. "La notte è stellata,
e tremano, azzurri,
gli astri in lontananza".
E il vento della notte gira nel cielo e
canta.
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l'ho amata e a volte
anche lei mi amava.
In notti come questa l'ho tenuta tra le braccia.
L'ho
baciata tante volte sotto il cielo infinito.
Lei mi ha amato e a volte
anch'io l'amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.
Posso scrivere
i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l'ho più. Sentire che l'ho
persa.
Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza di lei.
E il
verso scende sull'anima come la rugiada sul prato.
Poco importa che il mio
amore non abbia saputo fermarla.
La notte è stellata e lei non è con
me.
Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
La mia anima non si
rassegna d'averla persa.
Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il
mio cuore la cerca, e lei non è con me.
La stessa notte che sbianca gli
stessi alberi.
Noi, quelli d'allora, già non siamo gli stessi.
Io non
l'amo più, è vero, ma quanto l'ho amata.
La mia voce cercava il vento per
arrivare alle sue orecchie.
D'un altro. Sarà d'un altro. Come prima dei miei
baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.
Ormai non
l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora.
E' così breve l'amore e così lungo
l'oblio.
E siccome in notti come questa l'ho tenuta tra le braccia,
la mia
anima non si rassegna d'averla persa.
Benchè questo sia l'ultimo dolore che
lei mi causa,
e questi gli ultimi versi che io le
scrivo.
(Cento sonetti d'amore, XVII)
Non t'amo come se fossi rosa di
sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si
amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.
T'amo come
la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sè, nascosta, la luce di quei
fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma
che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, nè quando nè da
dove,
t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio:
così ti amo perchè
non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non
sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si
chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
(Cento sonetti d’amor, XLIV)
Saprai che non t'amo e che
t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del
silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.
Io t'amo per cominciare ad
amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per
questo non t'amo ancora.
T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani
le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due
vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo
quando t'amo.
(Venti poesie d’amore…, IV)
E’ il mattino pieno di
tempesta
nel cuore dell’estate.
Come bianchi fazzoletti d’addio viaggiano
le nubi,
il vento le scuote con le sue mani viaggianti.
Cuore innumerevole
del vento
che palpiti sul nostro silenzio innamorato.
Ronzando tra gli
alberi, orchestrale e divino,
come una lingua piena di guerre e di
canti.
Vento che porti in ratto rapido il fogliame
e devii le frecce
palpitanti degli uccelli.
Vento che l’abbatte in onda senza spuma
e in
sostanza senza peso, e fuochi inclinati.
Si rompe e si sommerge il suo volume
di baci
combattuto sulla porta del vento
dell’estate.
(Venti poesie d'amore..., XVI)
Nel mio cielo al crepuscolo sei
come una nube
e il tuo colore e la forma sono come io li voglio.
Sei
mia, sei mia, donna dalle labbra dolci
e vivono nella tua vita i miei sogni
infiniti.
La lampada della mia anima ti fa rosa i piedi,
il mio acido
vino è più dolce sulle tue labbra,
oh mietitrice della mia canzone
d’imbrunire,
come ti sentono mia i miei sogni solitari!
Sei mia, sei mia,
vado gridando nella brezza
della sera, e il vento trascina la mia voce
vedova.
Cacciatrice del fondo dei miei occhi, il tuo furto
ristagna come
l’acqua il tuo sguardo notturno.
Nella rete della mia musica sei prigioniera,
amor mio,
e le mie reti di musica sono ampie come il cielo.
La mia anima
nasce sulla riva dei tuoi occhi a lutto.
Nei tuoi occhi a lutto inizia il
paese del sogno.
Nuda sei semplice come una delle tue
mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linee di luna, strade di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo.
Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,
hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,
nuda sei enorme e gialla
come l'estate in una chiesa d'oro.
Nuda sei piccola come una delle tue unghie,
curva, sottile, rosea finchè nasce il giorno
e t'addentri nel sotterraneo del mondo
come in una lunga galleria di vestiti e di lavori:
la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia
e di nuovo torna a essere una mano nuda.
Corpo di donna, bianche colline, cosce
bianche,
tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono.
Il mio
corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa saltare il figlio dal fondo della
terra.
Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccelli
e in
me la notte entrava con la sua invasione possente.
Per sopravvivermi ti ho
forgiata come un'arma,
come una freccia al mio arco, come una pietra nella
mia fionda.
Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di
muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! Ah gli occhi
dell'assenza!
Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo di
donna mia, persistero' nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza
limite, la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete eterna
continua,
e la fatica continua, e il dolore infinito.
Qui ti amo.
Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna
sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.
La nebbia
si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si stacca dal
tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una
nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona,
risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.
Qui ti amo e invano
l'orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A
volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso
dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I
moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s'affatica invano
affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
La mia noia
combatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a
cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più
grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel
vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo
metallico.
Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono.
Il
fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato.
Abbandonato come i moli
all'alba.
È l'ora di partire, oh abbandonato!
Sul mio cuore piovono fredde
corolle.
Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi!
In te si
accumularono le guerre e i voli.
Da te innalzarono le ali gli uccelli del
canto.
Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
Come il mare, come il
tempo. Tutto in te fu naufragio!
Era l'ora felice dell'assalto e del
bacio.
L'ora dello stupore che ardeva come un faro.
Ansietà di nocchiero,
furia di palombaro cieco,
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu
naufragio!
Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
Scopritore
perduto, tutto in te fu naufragio!
Tiattaccasti al dolore, ti aggrappasti al
desiderio.
Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!
Feci
retrocedere la muraglia d'ombra, andai oltre il desiderio e l'atto.
Oh carne,
carne mia, donna che amai e persi, te, in quest'ora umida, evoco e
canto.
Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza,
e l'infinito oblio
t'infranse come una coppa.
Era la nera, nera solitudine delle isole,
e lì,
donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.
Era la sete e la fame, e tu fosti
la frutta.
Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo.
Ah donna,
non so come hai potuto contenermi
nella terra della tua anima, nella croce
delle tue braccia!
Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto,
il
più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido.
Cimitero di baci, c'è ancora
fuoco nelle tue tombe,
ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli.
Oh
la bocca morsa, oh le baciate membra,
oh gli affamati denti, oh i corpi
intrecciati.
Oh la copula pazza di speranza e di vigore
in cui ci
annodammo e ci disperammo.
E la tenerezza, lieve come l'acqua e la
farina.
E la parola appena incominciata sulle labbra.
Questo fu il mio
destino e in esso viaggiò il mio anelito,
e in esso cadde il mio anelito,
tutto in te fu naufragio!
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva,
che
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca.
Di caduta in caduta ancora
fiammeggiasti e cantasti.
In piedi come un marinaio sulla prua di una
nave.
Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti.
Oh sentina
di rifiuti, pozzo aperto e amaro.
Pallido palombaro cieco, sventurato
fromboliere,
scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!
È l'ora di
partire, la dura e fredda ora
che la notte lega ad ogni orario.
Il
cinturone rumoroso del mare cinge la costa.
Sorgono stelle fredde, emigrano
neri uccelli.
Abbandonato come i moli nell'alba.
Solo l'ombra tremula si
contorce nelle mie mani.
Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni
cosa.
È l'ora di partire. Oh abbandonato!
Sento la tua tenerezza avvicinarsi alla mia
terra,
spiare lo sguardo dei miei occhi, fuggire,
la vedo interrompersi,
per seguirmi fino all'ora
del mio silenzio assorto, della mia ansia di
te.
Ecco la tua tenerezza d'occhi dolci che attendono.
Ecco la tua bocca,
parola mai pronunciata.
Sento che mi sale il muschio della tua pena
e mi
cresce tentoni nell'anima infinita.
Questo era l'abbandono, e lo
sapevi,
era la guerra oscura del cuore e tutto,
era il lamento sprezzato
di angosce commosse,
e l'ebbrezza, e il desiderio, e il lasciarsi
andare,
ed era questo la mia vita
era questo che l'acqua dei tuoi occhi
portava,
era questo che stava nel cavo delle tue mani.
Ah, farfalla mia e
voce di colomba,
ah coppa, ah ruscello, ah mia compagna!
Il mio richiamo
ti raggiunse, dimmi, ti raggiungeva
nelle ampie notti di gelide
stelle
ora, nell'autunno, nella danza gialla
dei venti affamati e delle
foglie cadute!
Dimmi, ti giungeva,
ululando o come, o
singhiozzando,
nell'ora del sangue fermentato
quando la terra cresce e
vibra palpitando
sotto il sole che la riga con le sue code d'ambra?
Dimmi,
m'hai sentito
arrampicarmi fino alla tua forma per tutti i silenzi,
per
tutte le parole?
Mi son sentito crescere. Mai ho saputo verso dove.
Al di
là di te. Lo capisci, sorella?
Il frutto s'allontana quando arrivan le mie
mani
e rotolano le stelle prima del mio sguardo.
Sento che sono l'ago di
una freccia infinita,
che penetra lontano, mai penetrerà,
treno di umidi
dolori in fuga verso l'eterno,
gocciolando in ogni terra singhiozzi e
domande.
Ma eccola, la tua forma familiare, ciò ch'è mio,
il tuo, ciò ch'è
mio, ciò ch'è tuo e m'inonda,
eccola che mi empie le membra di
abbandono,
eccola, la tua tenerezza,
che s'attorce alle stesse
radici,
che matura nella stessa carovana di frutta,
ed esce dalla tua
anima spezzata sotto le mie dita
come il liquore del vino dal centro
dell'uva.