Giuseppe De Felice Giuffrida

 Il mio ventiquattresimo carme è dedicato alla morte dell’uomo politico catanese Giuseppe De Felice Giuffrida (1859-1920), una personalità molto amata dalla cittadinanza di Catania, soprattutto dalle classi sociali più povere, per l’impegno profuso a favore della città quando esercitò la carica di sindaco, tanto da meritarsi l’appellativo di patri ranni, cioè “grande padre”. Sarebbe lungo esporre in dettaglio le varie tappe della vita politica di De Felice, per cui rimando a un recente saggio, Giuseppe Astuto, Il viceré socialista, Giuseppe De Felice Giuffrida Sindaco di Catania, Bonanno Editore, Acireale – Roma 2014, opera non utilizzata per il mio componimento che risale al 2007 e pubblico soltanto ora. Mi limiterò a ricordare che De Felice fu un personaggio di spicco del socialismo siciliano: ispiratore dei moti dei Fasci dei lavoratori, dopo la repressione della rivolta subì l’arresto e la detenzione per due anni fino alla concessione dell’amnistia; più volte eletto deputato del Regno, prese spesso posizioni molto scomode rispetto al socialismo italiano, dal momento che fu favorevole alla colonizzazione della Libia e all’intervento dell’Italia nella Grande Guerra, pertanto idealmente molto più vicino al socialismo riformista di Leonida Bissolati che a quello intransigente di Filippo Turati. Ma Giuseppe De Felice fu soprattutto un politico votato al progresso economico e sociale di Catania, sua città natale. Per ben due volte fu sindaco, dal 1902 al 1906 e dal 1912 al 1914, senza contare la vittoria alle elezioni municipali del 1889, da cui De Felice uscì soltanto assessore all’annona e ai dazi di consumo, anche se in realtà fu considerato lui il vero sindaco, quello effettivo, “in quanto vincitore morale della competizione elettorale” (Astuto, p. 53). In questi anni lottò contro l’establishment politico locale per assicurare alla città in un momento di crescita demografica i servizi necessari e consentire l’acquisto di pane a buon mercato per tutti attraverso l’istituzione di forni comunali, portò avanti una serie di opere pubbliche, ma valorizzò anche le risorse culturali di Catania con gli scavi dell’anfiteatro romano a Piazza Stesicoro. Il giudizio dell’uomo politico fu ed è oggetto di discussione, ma è sicuramente indiscutibile la grande popolarità di cui De Felice godette presso la plebe catanese. Dopo la guerra egli si preparava a rientrare in lizza per le elezioni comunali del 1920 quando improvvisamente morì il 19 agosto di quell’anno ad Acicastello per un attacco di cuore. La notizia si diffuse rapidamente e Catania si preparò ad accogliere la salma che ritornava in città con manifestazioni di pubblico lutto in cui venivano meno anche le ragioni della contesa politica. Il corteo che accompagnava il feretro impiegò diverse ore per giungere al salone più grande del Municipio dove fu allestita la camera ardente. Una grande folla accorse a rendere l’ultimo saluto all’illustre concittadino: solo per il ritorno delle spoglie di Bellini nel 1876 vi era stata una pari mobilitazione. Alcuni giorni dopo il funerale la vedova, mettendo ordine nelle carte del defunto, ritrovò un vecchio portafoglio in cui erano contenuti pochi soldi e il suo testamento spirituale. Al primo punto si leggeva: «Lascio i miei milioni che ho depositati presso la Banca d’Italia ai miei avversari politici». Si trattava di un’ironica risposta alle calunnie dei suoi nemici che lo avevano accusato di avere approfittato delle sue cariche pubbliche per accumulare ricchezze illecite, a dispetto dell’evidente frugalità nella quale era sempre vissuto. Per chi voglia saperne di più,

Lucio Sciacca, Lascio i miei milioni…, in Catania anni venti, Tringale editore, Siracusa 1990, pp. 39-47.

 

Giuseppe De Felice Giuffrida

Stamani un grido per le vie si spande:

«Fratelli, è morto il nostro padre grande:

intorno all’alba gli occhi suoi vivaci

si spensero per sempre al borgo d’Aci».

La triste voce corre dappertutto

insieme ai segni del comune lutto

e la città si ferma per omaggio

a chi lottò per essa con coraggio.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

lascio ai nemici tutti i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Già tutta egli mostrò la sua passione

all’epoca dei Fasci Siciliani,

da lui promossi contro l’oppressione

di chi viveva delle proprie mani,

contro la tirannia d’ogni padrone,

a pro di contadini ed artigiani,

né mai, pur condannato alla prigione,

la causa rinnegò dei popolani.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

agli avversari lascio i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

S’espongono a mezz’asta le bandiere

con nastri e fregi scuri e liste nere;

tutti gli affari, pubblici o privati,

ad altro tempo sono rimandati

ed è volere d’ogni Catanese

che le rivalità siano sospese;

per il defunto un’auto si prepara

per ricondurne il corpo in una bara.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

lascio ai nemici tutti i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Un paio d’anni e poi fu scarcerato,

ma tuttavia mantenne il proprio impegno

e, pur essendo stato condannato,

dai Catanesi fu stimato degno

d’andare a Roma, eletto deputato,

al fianco dei notabili del Regno,

né per gli onori si mostrò mutato

nei modi, nei costumi e nell’ingegno.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

agli avversari lascio i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Ritorna il padre al capoluogo etneo,

sfilando in un lunghissimo corteo;

l’accoglie una gran calca per la strada,

facendo sì che lentamente vada;

il feretro vïaggia fino a sera,

accompagnato da pietà sincera,

e giunge tra il cordoglio universale

in città nel palazzo comunale.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

lascio ai nemici tutti i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Fu volontario nella Grande Guerra

e combatté col grado di tenente;

Cadorna un giorno in carcere lo serra

per il suo ruolo di corrispondente;

con la vittoria poi nel dopoguerra

la mano disarmò, non già la mente

e senza indugio infatti alla sua terra

tornò per dare aiuto alla sua gente.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

agli avversari lascio i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Esposto a lungo giace in un salone

vegliato da migliaia di persone;

ciascuno, entrando, con un cenno muto

gli rende a turno l’ultimo saluto;

per lui Catania tutta si raccoglie

al funerale dietro le sue spoglie;

pari afflusso vi fu di cittadini

quando tornò la salma di Bellini.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

lascio ai nemici tutti i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Fu di Catania sindaco apprezzato

per volontà del popolo sovrano,

che gli si dimostrò per sempre grato

perché mai nulla prometteva invano,

dal pane offerto a prezzo ribassato,

fino ai lavori di rinnovo urbano:

per lui risorse in parte dal passato

l’anfiteatro classico romano.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

agli avversari lascio i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Addio, padre amoroso degli oppressi,

mai più saremo senza te gli stessi,

da noi ricevi adesso un lungo addio,

ma presto ti porremo nell’oblio

e, dopo averti reso quest’omaggio,

si volgerà ciascuno al suo vantaggio

né a cuore avrà l’utilità comune

chi ascenderà le pubbliche tribune.

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

lascio ai nemici tutti i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

La terra ne riceve il corpo spento

appena il morto al camposanto è giunto;

tre giorni dopo il suo sotterramento,

ritroverà la moglie del defunto,

rïordinando il vuoto appartamento,

un portafoglio logoro e consunto

con sei lire all’interno e un testamento

beffardo in cui si legge al primo punto:

 

Ora che dopo asperrime tenzoni

volse alla fine la mia vita stanca,

agli avversari lascio i miei milioni

depositati sul mio conto in banca.

 

Marco Tullio Messina