L'ultima,
proprio l'ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una goccia bianca
- così gialla, così gialla! -
l'ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere del castagno
nel cortile.
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell'altra volta fu l'ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Pavel Friedann,
Aprile
"Prova
anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice."
Anna Frank
Se questo è un
uomo".
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpiterle nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
Un paio di scarpette rosse
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco".
C'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l' eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C'è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu
Da domani sarà
triste, da domani.
Ma oggi sarò contento,
a che serve essere tristi, a che serve.
Perché soffia un vento cattivo.
Perché dovrei dolermi, oggi, del domani.
Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.
Da domani sarà triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento,
e ad ogni amaro giorno dirò,
da domani, sarà triste,
Oggi no.
Poesia di un ragazzo trovata in un Ghetto nel 1941
Assenza Fatale
Un giorno Dio si assentò dalla Terra
per trascorrere interminabili anni di vacanze…
lasciando che il disordine degli eventi si manifestasse.
Le nubi
oscurarono la luce dei cuori… e si scatenò l'inferno.
Campi di grano di spighe vuote inondati di sangue
di fiori morti… dai rigogliosi sprezzi e copiosi odi.
Coglievan le bestie a piene mani le vite innocenti
tra sordi e ciechi… e indifferenti macere coscienze.
Invano la Terra implorava pietà!
ma fu... la catastrofe dei popoli e dei valori umani.
Dio tornò e urlò alle genti… vergogna!
Marchiando l'uomo a bestia per sempre… e pianse.
Inondando la Terra da colpose lacrime per esser mancato…
e tornò alla luce, pian piano… la pace in Terra e nei cuori.
Marco Spyry
Per
Ricordare
Tante, troppe cose
l'uomo non deve dimenticare.
Per non dimenticare la Shoà,
per non dimenticare il fratello negro
schiavizzato torturato martoriato,
per non dimenticare la crudeltà dei cuori,
per non dimenticare il pianto innocente
di un bimbo fra braccia tenere inerti,
per non dimenticare lo sguardo della sofferenza,
per non dimenticare il vuoto dell'ignoranza
l'arroganza delle serpi...
Troppo l'uomo ha da ricordare:
Per non riviverlo
per non farlo rivivere
per non ricreare l'Inferno
né alimentarne le fiamme.
Furore del delitto
terrore della mente
ubriacatura del potere
miseria avvilente
paura di Essere!
Troppo l'uomo ha da disseppellire
da riportare in vita da una morte ingiusta:
La dignità il rispetto l'amore,
la fierezza di essere Uomini.
Letizia
Come si Muore
Come si muore,
quale preghiera rimane, quale forza nel cuore,
quali ancora parole se non lamenti.
Insieme e in fondo soli,
come si muore,
senza più ricordi, senza pelle e più ossa,
ombra della propria ombra di notte e col sole.
Calda la paura rende di fuoco l’aria
e di sangue le lacrime, di ghiaccio il sudore.
Come si muore a pochi passi dalla morte,
come si muore in piedi e ginocchia a terra,
con occhi randagi a cercare la fuga
non dalle anguste mura
ma dai cento altri sguardi,
sbarrati nell’orrore dell’addio alla vita
e spaccati dall’odio dell’odio
come un sasso nel cuore.
Mano nella mano col silenzio nelle parole
e il lamento nel cuore,
dal profondo si leva l’urlo
sotto le docce infami e assassine
che bagnano di morte le schiene e i nudi capi chini.
Come si muore insieme, spalla a spalla
nudi nel freddo e vuoti, ormai vuoti,
già morti nella vita, già nella vita oltre la morte.
Tutto rimane,
le braccia marchiate, le vite segnate,
le lacrime a spasso coi ricordi,
a torturare l’anima di chi ce l’ha fatta,
il ricordo di chi non è tornato e mai più tornerà.
Come la neve,
polveri bruciate e ceneri come la neve,
sputate fuori dalla fiamma carnefice,
che gli occhi segnò di giorno e di notte,
che mai tremò nel dare la morte,
legando il dolore e le fiamme, la vita alla morte.
Claudio V.
II A Liceo Scientifico Tecnologico
Cosa è Stato???
Cosa è stato
Ecco
Una delle tante domande
Poste dall’uomo
Il silenzio è la risposta .
Tante le immagini
Di volti stanchi e offesi;
Tanti i suoni
Di grida fanciullesche
Di pianti materni
Alla perdita del figlio;
Di colpi di fucili
Che riecheggiano del campo.
Il silenzio più totale
Cala sulle nostre bocche
Per una domanda banale;
Silenzio dovuto
Alla vergogna di ciò che è stato
Quel silenzio
Che non fa dormire la notte
Che fa pensare il giorno
Quel silenzio
Che un giorno si piegherà
Sotto il peso
Del rimorso per non aver fatto
NULLA!!
Sara T.
IB Liceo Scientifico Tecnologico
Vuoto Infinito
Infinito, come la morte
Infinito, come l’oblio
Infinito, come il crimine commesso
Infinito, il dispiacere
Infinito, il grido di chi non c’è più
Infinito, per non dimenticare.
Il grido d’odio del carnefice,
di dolore della vittima,
di coraggio del soldato,
di morte del soldato,
la domanda: cos’è accaduto?
La colpa di averlo permesso
Lo sconforto, com’è stato possibile?
La consapevolezza del mondo
Che non serve più a nulla.
Possiamo solo ricordare,
ma nessuno può rimediare,
alla più atroce delle colpe,
racchiusa nel grido del bambino.
Domenico T.
I B Liceo scientifico tecnologico
Il Giorno della Coscienza
Sono passate solo ventiquattro ore dal ventisette gennaio,
“giorno della memoria”,
e che cosa
sarà rimasto davvero nei cuori?
Sono state organizzate manifestazioni, spettacoli, film, partite
di calcio,
ma potrà
mai essere di aiuto una partita di pallone per una mamma che ha
visto spegnere
per
sempre il sorriso del suo bambino?
Potrà mai una poesia ed un palcoscenico risanare le ferite dell’
umanità?
Il “giorno della memoria” è, poi gli altri 364 giorni dell’
anno?
Cinque milioni di anime si ricordano in due ore in una sala del
cinema, certo,
e poi quando
si esce, che cosa si ricorda?
Che cosa si fa dopo? Ognuno ritorna alle abitudini quotidiane,
certo è anche giusto,
la vita
continua, ma la vita di milioni di persone perché non è
continuata?
Perché non avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri, perché
non erano tedeschi,
o per
meglio dire perché non facevano parte della razza ariana, la
razza superiore, ma mi chiedo io:
può essere
superiore una razza che ordina lo sterminio di milioni di
persone?
Ma chi è costui per farlo? Nessuno ha il diritto di togliere la
vita ad una creatura.
È impensabile che l’ uomo sia arrivato a questo, ma è ancora
peggio che sia riuscito a lasciarsi
tutto alle
spalle, perché così è stato; migliaia di ragazzi che hanno
assistito a spettacoli recitazioni,
ma
allora oggi è questo il significato che si dà alla vita, ma
specialmente alla morte?
Per quanto toccanti possano essere i versi di una poesia, sono
comunque delle parole di inchiostro
su un
pezzo di carta ,come questi pensieri d’ altronde, ma se ogni
persona, ogni giorno riflettesse
sugli errori
compiuti dall’ umanità, sarebbe già qualcosa.
È un peccato che alla memoria sia dedicato un solo giorno, anzi
secondo me è sbagliato
anche il
termine “giorno della memoria ”, in quanto non bisogna solo
meditare sugli errori,
ma è
indispensabile che si lavori per non commetterli.
Certo una nuova SHOAH non si dovrebbe ripetere più, ma la morte
proviene anche da attentati,
da
omicidi, dalla guerra!Sarebbe quindi più giusto intitolarlo “
giorno della coscienza ”,
al fine di
ricreare un forte senso di colpa, con il proposito di rimediare
alle ingiustizie.
Ma come si può cambiare il mondo in questo modo?
Non ci si impegna a risolvere ogni problema, ma la prima cosa è
trovare il colpevole,
secondo me,
questo è un modo di agire, ma soprattutto di pensare
sbagliatissimo, in quanto spesso
al
telegiornale si sente di persone che uccidono la propria
famiglia, certo l’ assassino viene arrestato,
ma l’ esempio,
l’ input, ormai è stato dato, la molla della morte è scattata e
il giorno dopo ci
sarà un nuovo
massacro da raccontare. E sono queste le basi per un mondo nuovo?
È su queste persone che dovremmo puntare per una società
migliore?
Sono convinto che il Signore ci ha creati tutti liberi di agire
e di pensare, ma man mano che
si va avanti
stiamo allontanando dalla nostra vita anche la religione, e
volete sapere quale sarà la fine?
Per capire la fine bisogna fare un passo indietro, in quanto
ogni evento è legato ad un altro: ieri
c’ era
la SHOAH, lo sterminio, oggi ci sono le guerre, gli attentati,
si uccidono persone come niente,
genitori
massacrano figli e parenti e viceversa, con questa realtà è
facilmente immaginabile il domani,
arriveremo ad
un’ autodistruzione. Il nostro oggi è basato sulla violenza e
sull’ odio,
sulla
ricchezza e sul consumismo, come si può supporre che
l’ uomo
rifletta sulla SHOAH, quando è circondato dall’ ignoranza e dal
non-rispetto.
La discriminazione razziale non si è di certo attenuata, ma è
intollerabile che esista ancora,
l’ uccisione
di una singola persona equivale, di fronte ai miei occhi, ad una
nuova SHOAH,
in quanto l’
odio di cinquant’anni fa è stato tramandato fino ad oggi in
tutte le sue brutali facce.
Ieri avevamo gli ebrei ed oggi abbiamo i clandestini, gli
stranieri, la gente di colore,
le persone con
handicap, ogni era ha la sua discriminazione, ieri bisognava
essere ariani,
oggi sani ed
italiani, purtroppo le differenze (inesistenti) ancora sono
forti nelle menti vuote di molti
soggetti
ed alta è la nocività delle loro idee. Il male del nostro mondo è
che va avanti per forza di inerzia,
l’ uomo si
scrolla facilmente le infamie dalle proprie spalle, semplice è
voltare la faccia a milioni di vite
spente per
sempre, ma sfido chiunque a fermarsi e alzarsi fin sopra la
bolgia dei nostri tempi,
voltarsi e
chiedere perdono di fronte all’ uomo e di fronte a Dio;
perché quel
coraggio trovato nel premere il grilletto non lo troviamo anche
per vergognarci?
Vorrei dire, quindi, che sicuramente non si dimenticherà il 27
gennaio,
ma
quanti altri 27 gennaio dovranno passare prima che qualcosa
cambi, prima che l’ uomo si vergogni
e si
impegni a non compiere più altre infamie, a seminare odio e
rancore, non ci dovrà essere più vendetta,
ma
perdono. Che si prenda come una preghiera, un buon proposito, o
forse solamente come un desiderio,
ma ardono
forte nel cuore di tanta gente l’ umiltà e l’ amore,
e che da
poche persone nasca o meglio rinasca quella voglia di un mondo
migliore.
Francesco S.
IV B Liceo scientifico tecnologico
Nel Bosco di Mauthausen
Mio nonno mi ha raccontato che nel bosco di Mauthausen non
cantano più gli uccelli.
“Perché?” Chiedo. Mentre guardo il suo viso imperlato di sudore.
”Perché”, risponde lui, ”nella notte ululati e grida si
disperdono nel cielo stellato ed
echeggiano
rudi i latrati dei cani che cercano chissà dove e chissà cosa”.
Una lacrima riga il viso ormai stanco di mio nonno, il suo
sguardo si perde nel lontano 1944
quando ancor
giovane, a diciotto anni fu preso dalle SS perché colpevole di
avere… uno strano cognome.
E lui
continuò...”A nulla valse lo sbracciarsi isterico di quella
leonessa, della tua Bisnonna.
Loro gli aguzzini, le sbarrarono il passo con i mitra in pugno,
e noi ragazzi lì a far promesse che
saremmo
tornati presto. E partimmo, alla ricerca di non si sa cosa e non
si sa dove.
Giunti nei campi capimmo di sentirci sempre meno sicuri e
protetti. I miei compagni cominciarono
a dare i
primi segni di squilibrio dopo un po’ di tempo, io cercai di
tener duro.
Marciavamo e guardavamo riflessi negli occhi dell’altro le
nostre facce scarne”.
Ogni tanto mio
nonno prende fiato come se gli mancasse l’aria. “Vedi Simone non
era i
l lavoro duro
che era insopportabile ma l’Umiliazione e il grido dell’anima
che ognuno di noi voleva
esternare e
non poteva. Nel bosco di Mauthausen c’era odore di morte, la
notte si sentiva il lamento
di migliaia di
deportati e la terra ribolliva del sangue di quelli che non
c’erano più”.
Poi mio Nonno si interruppe di colpo prese la mia testa tra le
sue mani e mi sussurrò all’orecchio con
un nodo alla
gola…”Io C’ero”. Mio nonno è morto a sessant’anni e una cosa non
dimenticherò
mai di quello
che mi ha detto:“nel bosco di mauthausen non cantano piu’ gli
uccelli”