VISITA AL DUOMO |
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Interno del Duomo |
G. e G. Mattiussi: Le statue |
La
chiesa, a navata unica, è lunga complessivamente metri 44.30 (prima della
ristrutturazione del presbiterio, che non ha sostanzialmente alterato le
misure: navata metri 29.65, presbiterio metri 11.55, retro-coro metri 3.10),
è alta metri 17, larga metri 14.75. La pavimentazione della navata, secondo
il Metz in rifacimento nel 1858, è in pietra bianca e rossa, in parte
restaurata recentemente (anni 1960-70?). Sopra la porta centrale, è collocato
il busto del patriarca Daniele Delfino, opera degli scultori Giovanni e
Giuseppe Mattiussi. Iscrizione della lapide: DANIELI S. R. E. PRESB. CARD. DELPHINO PATRIARCAE AQUILEJENSI QUOD TEMPLUM HOC VETUSTATE LABEFACTATUM AERE SUO A FUNDAMENTIS EXTRUXIT MUNICIPES S. VITI TANTO BENEFICIO DEVINCTI P. P. 1749 Traduzione:
A Daniele Delfino Cardinale Prete della S.R. Chiesa che questo tempio rovinato da vetustà con proprio denaro costruì dalle fondamenta i cittadini di San Vito riconoscenti per tanta benevolenza posero (nell’anno) 1749. La
chiesa si presenta come “una delle più fastose della Diocesi”
(Giacinto) anche per la pesante, ma non spiacevole, decorazione delle pareti
e delle volte del tempio. Essa fu eseguita nell’Ottocento, in anni
imprecisabili (Metz), da un decoratore che ci è sconosciuto e spense in parte
quella luminosità che è caratteristica delle chiese venete del Settecento. In
grandi e carichi medaglioni ocra-dorati sono raffigurati il Padre Eterno
benedicente, San Vito, ricchi paramenti, stoffe preziose, fiori sparsi, vasi
con fiori recisi, trofei e simboli della chiesa. La chiesa ha, oltre al
Maggiore, sei altari, la cui impostazione è data da una doppia coppia di
colonne sormontate da capitelli corinzi. Il colore dei marmi impiegati varia
dal rosa al verde al giallo, per coppie d’altari contrapposti. I loro
fastigi sono ornati da statue di angeli e di putti. Due di questi, quello
delle Anime Purganti certamente e, forse, quello del Crocifisso, sono da
riconoscersi ne “li due miei altari” di cui parla il Delfino nei
Libri “de’ scossi e spesi”. Il primo è opera certa degli
scultori Giovanni e Giuseppe Mattiussi, la cui impresa ebbe l’appalto
delle opere scultoree del duomo di San Vito. I Mattiussi furono scultori o,
meglio, altaristi di grande operosità in Udine e fuori sempre al servizio del
Patriarca. Troviamo loro opere anche nelle chiese di San Vidotto, Auronzo,
Mereto di Tomba, Buttrio, Sedegliano, Azzano Decimo e Clauzetto. Le
loro personalità sono ancora poco studiate, ma si può dire che nelle loro
opere, di gusto un po’ di maniera e con ricordi massariani, essi hanno
sempre saputo dare ai loro committenti scenografici complessi, eseguiti con
buona tecnica e buone decorazioni, corrispondenti ai gusti
dell’ambiente in cui operavano (Rizzi). A loro si deve nel duomo di San
Vito anche il busto in marmo di Daniele Delfino, fatto erigere dai sanvitesi
per ringraziare il patriarca del munifico dono della costruzione della
chiesa, e le statue di San Vito e San Modesto per l’Altare Maggiore
commissionate loro dal Delfino. L’Altare Maggiore, di gusto barocco,
proviene dalla precedente parrocchiale, come si vede dalle iscrizioni
conservate. I Mattiussi con le loro opere lo resero solo più imponente,
mentre i graziosi putti del “Tabernacolo” furono eseguiti negli
anni dal 1724 al 1733, come si può arguire dal loro modellato, notevolmente
diverso da quello usato dai suddetti scultori (Goi). La chiesa era completamente
finita quando fu consacrata nel 1752. Era stato riutilizzato per ornare il
presbiterio quanto rimaneva delle opere per l’organo dell’Amalteo,
era stata riadattata la pala del Padovanino nel secondo altare a sinistra,
ricostruito dal Mattiussi fra il 1750 e il 1752 utilizzando il bel marmo
verde del precedente (Goi). Il duomo era stato dotato di un nuovo organo,
costruito dal Nacchini, veneziano, che era il miglior organaro del tempo. Il
patriarca aveva provveduto anche a farlo dipingere e dorare da Andrea Urbani.
Questo strumento, purtroppo, è andato perduto quando fu sostituito da uno più
moderno nel 1914 dell’organaro Zanin di Codroipo. Opere di pittori
contemporanei furono inserite nei ricostruiti altari, probabilmente sempre
per interessamento del Delfino. Sappiamo per certo che egli aveva pagato nel
1751 il pittore Francesco Zugno, cui si devono anche altre opere nel duomo di
San Vito, per la pala delle Anime Purganti, collocata sul secondo altare
della parete destra della navata. |
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