Alcuni festosi angioletti fanno da cornice alla Madonna, che rivela una certa
durezza di struttura. C’è uno stacco non ben equilibrato fra la parte
superiore e quella inferiore del dipinto; creato in
alto dal colore luminoso e dallo sfaldamento della pennellata, che ci ricorda
che Sebastiano Ricci fu maestro del Diziani, mentre nella parte bassa
predominano il chiaroscuro e il gusto dei dettagli. La Zugni-Tauro afferma
che nel S. Sebastiano l’autore rivela “un’esigenza di eleganze amigoniane” e nota che le armi, su cui è
appoggiato il delicato angioletto, le fronde ed altri dettagli richiamano le
tele del 1733 dello stesso autore di S. Stefano a Venezia mentre il serpente
è confrontabile con quello di Cividale. I colori sono chiari e levigati e
vanno dal rosa dei morbidi incarnati all’azzurro del paesaggio, al
bianco-ocra del cielo. Alla Zugni-Tauro va il merito di aver trovato al Museo
Correr di Venezia un disegno preparatorio per quest’opera. Esso
presenta ben poche varianti rispetto alla tela di San Vito a cui si accomuna
per l’atmosfera pacata e morbida.
Il
primo a pubblicare quest’opera fu il Rizzi e suggerì, in base ad
elementi stilistici, una datazione anteriore al 1753; la Zugni-Tauro indica
gli anni 1734-1750 come probabile periodo di esecuzione.
Il Metz e il Goi seguendo l’indicazione
ricavata da un documento da loro rinvenuto della Fraterna di San Nicolò
(Archivio di Stato di Udine), che segnala l’arrivo a San Vito della
pala nel 1750, e tenendo conto delle date di riedificazione della chiesa
sanvitese, propongono come datazione dell’opera il 1750. La Dorigatto esaminando il disegno preparatorio di questa
tela, il cui stile è affine ad altri del Diziani sicuramente databili fra il
1746 e il 1747, è propensa a circoscrivere la datazione della pala di San
Vito al quinto decennio del secolo.
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