Leonardo Del Turco
(1890-1978)
Chi scrive ha conosciuto e frequentato Leonardo Del Turco
per oltre cinquant'anni, sin da quando il dottore divenne titolare della condotta medica di Palese, ove arrivò
con la moglie Virginia e con i figli nel 1936.
Aveva alle spalle un servizio da Ufficiale di Fanteria nella I Guerra Mondiale e di ufficiale medico volontario
nella guerra di Spagna nel 1937-38.
Proveniva dai Comuni di Foligno (PG) e Passo di Troia (MC), ove aveva diretto le rispettive condotte mediche. Era
nato in Lucania nel 1890 a San Mauro Forte, in provincia di Matera.
A Palese, oltre che come medico attento e scrupoloso, lo conoscemmo subito come autorevole vice segretario politico
del Fascio locale e avemmo modo di apprezzarne l'equilibrio e il buon uso della ragione. Era circondato da uomini
che purtroppo montavano in cattedra orgogliosamente e spesso sconsideratamente, mentre egli mostrava di possedere,
oltre che cultura, anche un proprio cervello pensante e il senso della misura.
Finita la guerra, assolse con impegno e competenza al suo lavoro di medico. Specializzato in igiene pubblica, ricoprì
l'incarico di Ispettore Sanitario dell'Ufficio d'igiene del Comune di Bari e fino al 1969 fu medico di reparto
della FF.SS. per la tratta Palese-S.Spirito.
Amò frequentare un ristretto gruppo di amici, ma si apriva volentieri con garbo a tutti coloro che lo incontravano
e ne ascoltavano di buon grado i discorsi. Al gruppo ci aggregammo alcuni di noi giovani e ci intrattenemmo con
lui, di sera, nella casa di Palazzo Capitaneo, ove si era trasferito durante i bombardamenti dell'ultima guerra,
a pianterreno, oppure, anni dopo, nei locali del "Circolo Aurora". Gli incontri erano quotidiani, le
conversazioni piacevoli e gustose, la parlata accattivante e bonaria, quand'egli voleva, con grande interesse sempre.
Non abbandonò mai la letteratura, lesse di tutto e studiò sempre con diletto e mai spenta passione.
Chiuso nella sua ultima stanza, nella villa al n. 32 di Via Capitaneo, lo ricordo in mezzo ad una montagna di libri
di ogni genere, lettore instancabile e stimolato da interessi molteplici.
Aveva cominciato con il dilettarsi di storia antica, scrivendo, tra il 1920 e il 1930, per conto dell'Istituto
di Archeologia di Perugia: di quel periodo rimane un suo studio sulla battaglia di Plestia, combattuta nel 217
a.C. tra i Romani e i Cartaginesi di Annibale. Un altro studio, di carattere etnico-geografico, egli dedicò
al popolo eritreo dei Gallia-Sidamo; fu pubblicato dall'Istituto geografico militare di Firenze. Oltre ad alcune
pubblicazioni di carattere scientifico, Leonardo Del Turco curò pure, per conto della Casa Editrice Sansoni
di Firenze, nella Collana de "Il Melograno", la traduzione dal greco de "Il periplo di Annone cartaginese"
con interessante e dotta introduzione e con note di riferimento al testo. Nel 1959 sulla nuova "Antologia
dei Medici scrittori" comparvero la "Novella Lucana", scritta tra il 1948 e il 1959. Per conto dell'ERTA,
Palese di Bari pubblicò a rievocazione del folclore lucano, "La cantata di Zeza", che l'aveva
adattata a divertimento teatrale durante il carnevale lucano: Leonardo Del Turco ne fece pubblicare il testo con
una gustosa introduzione.
Qualche anno dopo, nel 1969, l'ERTA curò la pubblicazione dell'opera più notevole del Dr. Del Turco,
la "Storia di Palese", e poi, nel 1971, da ultimo, la "Storia di San Mauro Forte".
E' morto a Palese il 19 febbraio 1978, dopo oltre quarant'anni di residenza nella nostra Frazione.
Francesco Maiorano
(Tratto dal periodico "La Voce nella Circoscrizione", numero unico, 1999)
Il prof. Francesco De Palma ricorda con questi versi Leonardo Del Turco.
Venivi da un tempo quasi di favola,
da una rocca di Lucania a picco
sui calanchi, sui greti delle fiumare.
Strade d'esilio ti menarono ai lidi
dove, già anziano e padre, nei miei occhi
d'orfano precoce comprendesti
il pudore inerme, la volontà d'amare.
Dal tuo lavoro di medico apprendevo la vita.
Ma quando mi narravi
il pèriplo di Annone cartaginese
spalancava l'anima le vele
vergini di un oceano azzurro. E spesso,
alle tue parole, dietro l'orme
del lupo sacro con gli avi lucani,
scesi dai monti a depredare a valle.
Il tuo sarcasmo estroso straziava i vili,
i violenti, i vanitosi. Timidamente
saggiavo i versi dell'acido della tua pietra,
che distruggeva le scorie e lasciava
solo, a volte, una pura traccia d'oro.
Ottuagenario sedevi sedevi al tuo tavolo
tra libri e carte, con le parole esatte,
con gli occhi fermi e irridenti che solo
la morte ha chiusi, ormai sazi.
Così rimani in me, tu che, non mai legato
(come diceva il tuo Orazio) a giurare
sulle parole di nessun maestro,
non facesti fortuna, ma m'insegnasti
a pagare lo scotto - liberamente,
volenterosamente - d'essere uomo.
Francesco De Palma
(tratto dal periodico "L'Erta", ottobre - novembre 1979)