Stigmate
Per cinquant'anni, padre Pio portò sul suo corpo le stigmate, cioè i segni visibili della passione e morte di Cristo. Con il termine "stigmate" (dal greco "stigma" che significa "marchio") vengono indicate certe piaghe che si formano spontaneamente sulle mani, sui piedi, al costato e sono simili alle piaghe di Cristo crocifisso. In genere si manifestano in soggetti dediti a una vita intensamente spirituale e altamente mistica, ma si possono riscontrare anche in altri individui. Nella storia della Chiesa si conoscono oltre 350 stigmatizzati. Settanta di essi sono stati dichiarati santi. Nel corso del processo della loro canonizzazione, però le stigmate non sono state prese in considerazione, come segni soprannaturali. Il Tribunale ecclesiastico, nel valutare la santità di quelle persone, non ha tenuto conto delle stigmate, considerandole soltanto una manifestazione inspiegabile. Padre Pio ricevette l'impressione delle stigmate nel 1918, a 31 anni. La data precisa a cui si fa risalire il fatto è il 20 settembre. Ma in realtà, il fenomeno si "completò" lentamente e per tappe successive...
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Le prime manifestazioni risalgono al 1910, quando il religioso, a causa della sua inspiegabile malattia, aveva lasciato il convento e viveva a casa sua a Pietrelcina. Ogni giorno, dopo aver celebrato la Messa, se ne andava in una località della campagna detta Piana Romana, dove suo fratello Michele aveva costruito una capanna, accanto a un grosso olmo, per permettergli di pregare e meditare restando all'aria aperta, che giovava molto ai suoi polmoni malati. Ricordando quei tempi, padre Pio diceva: "Nessuno sa quello che accadeva in quella capanna". Ma al suo confessore rivelò che il fenomeno delle stigmate cominciò a manifestarsi proprio in quel luogo, nel pomeriggio del 7 settembre 1910. Stava pregando sotto l'olmo di Piana Romana. Gli apparvero Gesù e la Madonna e poi sulle sue mani vide le piaghe di Cristo. Tornato a casa riferì tutto a monsignor Pannullo. "Zi Tore," gli aveva detto "fatemi la carità: chiediamo a Gesù che mi tolga questa contusione. Voglio soffrire, morire di sofferenza, ma tutto nel nascondimento." Avevano pregato insieme e Dio li aveva ascoltati: i segni visibili delle stigmate erano scomparsi, lasciando però fortissimi dolori. Il fenomeno si manifestò con maggiore intensità un anno dopo, nel settembre 1911. Allora il Padre scrisse al suo direttore spirituale: "In mezzo al palmo delle mani è apparso un po' di rosso, grande quanto la forma di un centesimo, accompagnato da un forte e acuto dolore. Questo dolore è più sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore".Nel marzo del 1912, scrisse ancora: "Da giovedì sera fino a sabato e poi martedì è stata una tragedia dolorosa per me. il cuore, le mani, i piedi sembrami che siano trapassati da una spada, tanto è il dolore che sento". Il 23 agosto 1912, sempre scrivendo al direttore spirituale, padre Pio parlò anche di una ferita al costato. "Me ne stavo in chiesa a ringraziare il Signore dopo la Messa, quando tutto a un tratto mi sentii ferire il cuore da un dardo di fuoco vivo e ardente, e mi sembrò di morire." Il prodigio delle stigmate procedeva lentamente nella sua manifestazione. Era destino che dovesse completarsi nel 1918, a San Giovanni Rotondo, il piccolo centro sul Gargano dove il Padre avrebbe poi trascorso il resto della sua vita. Padre Pio era stato mandato nel convento di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo quasi per punizione. Su di lui gravava il sospetto che non amasse molto la disciplina conventuale in quanto era vissuto a casa sua per diverso tempo, rifiutandosi di tornare in comunità come volevano i superiori. Ma poiché i medici non riuscivano a diagnosticare con precisione la natura di quella malattia, i superiori pensavano fosse solo una scusa. I1 18 marzo 1918 padre Pio era stato congedato dal servizio militare per malattia. Questa volta la diagnosi era grave:"Broncoalveolite doppia". "Mandiamolo a casa a morire in pace" avevano detto i sanitari. il giovane frate voleva tornare a Pietrelcina. Ma i suoi superiori gli avevano imposto di andare a San Giovanni Rotondo. A quei tempi San Giovanni Rotondo era un paese che nessuno conosceva. Francesco Morcaldi, amico di padre Pio fin dal 1918 e che per anni fu sindaco di San Giovanni Rotondo, mi raccontava: "Allora il nostro era un paese piccolo, che la mancanza di vie di accesso e di rapidi mezzi di comunicazione teneva pressoché isolato dal mondo. Le condizioni di vita erano addirittura primordiali: mancava la luce, l'acqua potabile, i servizi igienici più elementari. Famiglie numerose erano costrette a vivere in promiscuità col bestiame, in tuguri tenebrosi sotto il livello stradale, privi di aria e di sole. Le malattie infettive mietevano vittime. Frequenti erano le rapine e i reati di sangue, che terrorizzavano la popolazione". Nel convento, padre Pio aveva il compito di direttore spirituale dei ragazzi che studiavano per diventare religiosi, e di confessore dei fedeli. I ragazzi del collegio erano pochissimi e al Padre restava molto tempo libero che trascorreva in chiesa a pregare. Il giorno 5 agosto 1918, mentre stava confessando i collegiali, padre Pio ebbe una straordinaria esperienza mistica, che così decrisse al suo direttore spirituale: "Mentre stavo confessando fui preso dal terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presentava dinnanzi all'occhio dell'intelligenza: teneva m mano una specie di arnese, simile a una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata, e sembrava che da essa uscisse fuoco. Il personaggio scagliò con tutta violenza quell'arnese sulla mia anima. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che stavo confessando, di andarsene perché mi sentivo male e non avevo più forza di continuare. Questo martirio durò senza interruzione fino al mattino del giorno 7. Cosa io soffrii in questo periodo non so dirlo. Mi sembrava che mi strappassero le viscere. Da quel giorno mi sono sentito ferito a morte. Sento nel più intimo dell'anima una ferita sempre aperta e mi fa spasimare assiduamente". Il dolore provocato da quella esperienza mistica durò intenso fino al 20 settembre. In certi momenti raggiungeva punte così alte da costringere il giovane religioso a invocare la morte. Sempre al suo direttore spirituale egli scrisse in quei giorni: "La ferita è così dolorosa che da sola basterebbe a darmi mille e più volte la morte. O mio Dio, perché non muoio. Sei pur crudele, tu che rimani sordo ai clamori di chi soffre e non conforti? Perdonatemi padre, sono fuori di me, non so quello che dico. L’eccesso di dolore mi rende furibondo contro il mio volere". Le ferite che si erano manifestate in forma mistica il 5 agosto, divennero visibili il 20 settembre. Così padre Pio descrisse quell'incredibile evento. "Mi trovavo seduto in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, quando venni sorpreso da un torpore simile a un dolce sonno. Tutti i miei sensi interni ed esterni, come anche le stesse facoltà dell'anima, si trovarono in una quiete indescrivibile. Mentre ero in quello stato, vidi dinnanzi a me un misterioso personaggio simile a quello visto la sera del 5 agosto con la differenza che questo aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Provai delle sensazioni che non saprei descrivere. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore che sobbalzava nel petto. "Quando il misterioso personaggio se ne andò, mi ritrovai con le mani, i piedi e il costato traforati che grondavano sangue. Immaginate lo strazio che provai allora e che provo continuamente tutti i giorni. La ferita del cuore getta assiduamente sangue, specie dal giovedì sera fino al sabato. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i miei gemiti e non toglie da me queste ferite. Mi lasci pure il dolore e lo strazio, ma mi tolga questi segni esterni che mi sono di confusione e umiliazione indescrivibili e insostenibili."Dalle testimonianze dei confratelli che in quel tempo vivevano a San Giovanni Rotondo, si è saputo che padre Pio, dopo la stigmatizzazione, si trascinò faticosamente dal coro alla sua cella, che allora era quella contrassegnata con il numero 5, lasciando per il corridoio macchie di sangue. Giunto nella sua cameretta, tentò di fermare l'emorragia fasciandosi le mani e i piedi, e tamponando il tutto con dei panni. Le fasciature non sfuggirono allo sguardo dei confratelli e il superiore del convento, padre Paolino, volle sapere. Padre Pio fu costretto a mostrargli le ferite. Padre Paolino informò subito il superiore provinciale, il quale diede ordine di tenere nascosto il fatto fino al suo arrivo. Esaminò anch'egli le ferite e non sapendo cosa fare, scrisse al superiore generale, affermando tra l'altro: "Non sono macchie o impronte, ma vere piaghe perforanti le mani e i piedi. Quella del costato è un vero squarcio, che dà continuamente sangue o sanguigno umore". Nonostante il rigoroso riserbo di padre Pio e il prudente silenzio dei suoi superiori, la notizia del "frate con le stigmate" si sparse a macchia d'olio. Prima nelle Puglie, poi in tutta Italia e quindi all'estero, dando il via all'afflusso di pellegrini desiderosi di vedere il prodigio con i propri occhi e anche alle polemiche tra chi troppo precipitosamente gridava al miracolo e chi, senza aver visto, negava il fatto. Arrivarono i primi giornalisti, ci furono le prime conversioni e i primi "miracoli" attribuiti al "santo con le stigmate".