Scrivere questa pagina
sulla storia dei Carniti non è stato semplice, perché sulla
genesi e sull'evoluzione del marchio esistono in giro varie
versioni tra loro contrastanti che ne attribuiscono il merito
del successo a soggetti diversi.
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D'altra parte è noto che il
successo ha molti padri e, anche se conclusasi con un fallimento,
quella della Carniti è sicuramente una storia di successo.
- Successo dal punto di vista
tecnico, in quanto Carniti non si è limitata a seguire l'onda
dell'innovazione, ma l'ha cavalcata in contemporanea con
i più blasonati concorrenti ( vedi l'adozione delle capottine
in VTR, dei piedi con scarico nell'elica e dei carburatori
multipli) e a volte preceduta, come quando, nel 1975, autorizzò
per prima la miscela all'1% .
- Successo dal punto di vista
agonistico, come provano i numerosi titoli europei e mondiali
conseguiti nelle varie classi
- Successo commerciale, in quanto
fu l'unica outsider in grado di offrire una gamma estesa
quanto quella dei principali concorrenti e anche di più,
in grado di soddisfare le più diverse esigenze. (vedi i
motori jet e Diesel)
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Ma come è nata la Carniti?
Almeno su questo non c'è alcun
dubbio …Carniti è il frutto felice dell'incontro tra Arturo
Carniti, industriale del ramo tessile, e Pietro Vassena,
genio della meccanica già noto per le sue realizzazioni
in campo motociclistico (Rumi) e automobilistico (Volpe)
nonche per altre realizzazioni avveniristiche quali l'idroscivolante
grillo ed il batiscafo C3.
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Qualunque descrizione del genio
di Pietro Vassena e delle sue invenzioni in questa sede
sarebbe riduttiva e parziale, per cui, in attesa di mettere
in linea una pagina ad hoc, per i dettagli vi rimando al
sito gestito dagli stessi fratelli Vassena.
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Limitando il nostro racconto
al solo campo fuoribordistico, va premesso già dopo il primo
dopoguerra Pietro Vassena aveva prodotto nella sua officina
una serie di fuoribordo abbastanza originali e diversi dai
contemporanei che bene o male scimmiottavano i ROW BOAT
americani.
I Vassena, essendo destinati
all'utilizzo commerciale e non a quello puramente diportistico,
erano invece caratterizzati da soluzioni molto funzionali
quali la possibilità di rimuovere dalla barca il solo gruppo
termico, lasciando in balia delle intemperie ( e dei ladri)
la sola parte "povera", ovvero il gambale/piede.
Questa produzione fu successivamente
abbandonata per dedicarsi ad altre attività.
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Fu l'importatore degli Elto
(marchio del gruppo OMC-Evinrude), quando a seguito delle
sanzioni imposte al fascismo dalla Società delle Nazioni
fu sospesa la fornitura di fuoribordo stranieri, a chiedere
a Vassena di progettare un sostituto del celebre Elto CUB.
Nacque così l'ELIOS.
Sia il nome che la foggia delle
decal e dell'estetica in generale furono chiaramente dettate
da una scelta commerciale mirata a dare continuità con il
prodotto americano. Ad un occhio profano infatti i primi
Elios sono pressoché indistinguibili dagli Elto originali.
Tecnicamente, però, Vassena
non rinunciò a differenziare il suo prodotto, adottando
una differente tipologia di carburatore ( più efficiente)
ed un imbiellaggio radicalmente differente, con albero a
mannaie sovrapposte e bielle chiuse.
Nel frattempo però arrivò la
guerra, la Liberazione … l'aria cambiò ed i fuoribordo americani
furono di nuovo disponibili… bisognava innovarsi per rimanere
competitivi. La struttura Vassena era ancora di tipo artigianale,
poco adatta a confrontarsi con gli affermati marchi stranieri.
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Oltre a Pietro Vassena e ai
suoi operai, erano coinvolti nella produzione degli Elios
anche i figli Angelo e Mario.
Il primo,(a destra nella foto)
di spirito avventuroso e vulcanico, estremamente comunicativo,,
si occupava, oltre che della progettazione, anche dell'aspetto
agonistico… già, perché, per quanto assurdo possa sembrare,
per pubblicizzare motori "minimi" come gli Elios,
i Vassena avevano organizzato sul lago di Como una sorta
di "trofeo monomarca" , simile al "Seagull contest" che
ancora si corre con gli storici motori inglesi.
Mario, invece ( a sinistra),
più costante e preciso si occupava dell'aspetto commerciale…
raccolta ed evasione degli ordini… sino alla consegna, a
volte eseguita di persona, trasportando in treno il motore
imballato come bagaglio a mano!
Anche dopo la chiusura di Carniti
entrambi rimasero nel mondo della nautica, ricoprendo ruoli
di primo piano seppure in settori diversi.
Per una dettagliata biografia
di Angelo Vassena, vi rimando al
suo sito personale
E' in questa fase che la tecnica
di Pietro Vassena incontra la struttura industriale di Arturo
Carniti.
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Carniti era un marchio già affermato
nel campo delle macchine tessili, che produceva in uno stabilimento
di notevole potenzialità.
Poichè fa parte della cultura
di un buon imprenditore quella di cogliere al volo ogni
occasione per diversificare il proprio campo di attività,
in modo da non farsi cogliere impreparato da eventuali fluttuazioni
della domanda, Carniti fu ben lieto di produrre e distribuire
i progetti di Vassena, acquisendo nel 1952 il marchio Elios.
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Il primo Elios era un 33 cc
ed erogava una potenza analoga a quella del CUB. Erano però
stati studiati e realizzati motori di cilindrata e potenza
via via superiore, sino al filo dei 100 cc, nonché un bicilindrico.
Con pochi ritocchi, divennero
i primi Carniti … il Libellula.da 2,5 hp, il Calabrone da
4 hp ed il bicilindrico Storione da 10 hp, con caratterizzazioni
estetiche, nell'anello cromato con scritte rosse incise
nella fusione, ispirate a quelle dei Mercury.
La foto a fianco riassume, da
destra verso sinistra, "l'albero genealogico"
dei monocilindrici dal primo Elios al Calabrone...
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Potendo disporre di risorse
progettuali e produttive ben superiori, la gamma dei Carniti
ben presto si estese verso l'alto, dapprima con il 16 hp
da 300 cc e poi con il Diamant 30 hp da mezzo litro, per
poi comprendere blocchi tri e quadricilindrici
Il resto è storia… e primati.
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Non pochi sono infatti i campi
in cui i Carniti sono stati pionieri
Nel 1960 Carniti fu la prima,
con un solo anno di ritardo rispetto al gruppo OMC, ad adottare
le carenature in VTR, con quel design felicissimo ed inconfondibile
che diverrà il "marchio di fabbrica" di tutta la sua produzione.
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… Particolarmente curioso è
il 4hp, monocilindrico, derivato dal Calabrone, con cambio
avanti/folle di tipo "attivo", ovvero con innesti
meccanici come i fuoribordo più grossi e non con
una semplice frizione a molla ed acceleratore a manopola..
Il serbatoio incorporato del
carburante è inglobato nella capottina amovibile
di VTR, che per questo motivo è realizzata in modo da ribaltarsi
all'indietro, dando piena accessibilità al blocco senza
stressare i tubi di gomma di collegamento.
Con pochi ritocchi ed un "upgrade"
della potenza a 5 hp rimase in produzione sino alla fine
di Carniti.
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Quasi contemporaneamente apparvero
l'accensione a doppio stadio, con bobine di elevazione della
tensione separate dal gruppo di generazione sottovolano
e l'alimentazione pluricarburatore anche nel basso di gamma
(22 hp).
Il piede con scarico nell'elica
fu studiato in modo da poter essere applicato "as is" a
tutta la gamma tra gli 8 ed i 25 hp, senza modifiche o adattamenti.
Altra caratteristica dei Carniti
è la modularità di blocchi e gambali che li rende molto
simili l'uno all'altro. Ciò è particolarmente evidente nella
gamma intermedia che va da 10 a 28 cavalli con cilindrate
comprese tra i 200 e i 400 cm³.
Assolutamente rivoluzionario
è il boxer 6 cilindri 120 hp, della foto a destra,
di cui sopravvive un solo esemplare custodito gelosamente
da Angelo Vassena
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Negli anni '70 apparvero nei
cataloghi Carniti due gamme di fuoribordo assolutamente
sconosciute ai listini concorrenti:
Le versioni Jet, create accoppiando
ai motori standard i piedi a turbina della TisinJet, ed
i Diesel, ottenuti accoppiando ai gambali standard due blocchi
Lombardini e Ruggerini da 7,5, 12 e 16 hp.
Purtroppo i tempi non erano
ancora maturi ( e per i Jet da noi probabilmente non lo
saranno mai) e la diffusione fu molto marginale.
Gli stessi blocchi Diesel verranno
poi riproposti a più riprese in versione molto simile
con gambale Selva e vari marchi sulla calandra, ma senza
mai raggiungere il favore di mercato riservato, per esempio,
agli Yanmar, trattandosi di motori aspirati di vecchia concezione,
lenti e pesanti, .
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Ma il colpo di teatro commerciale
più significativo a mio avviso fu il lancio di un 3 hp…
IN SCATOLA DI MONTAGGIO, ..
.... episodio
rimasto senza seguito e che, probabilmente, oggi non sarebbe
più proponibile, contrastando con almeno una mezza dozzina
di normative comunitarie (Che Palle!)
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Il marchio Carniti fu particolarmente
impegnato anche nelle competizioni motonautiche.
Con i fuoribordo Carniti, sia
Angelo Vassena che Sergio Carniti gareggiarono in diverse
categorie, vincendo numerose gare,e conquistando anche campionati
mondiali.
La fama sportiva del marchio,
consolidata dalle prodezze dei gommoni Bisiluro di Pennati,e
Domar lo accompagnerà sino alla chiusura.
Nella foto sotto, Angelo Vassena
è ritratto vicino ad un Domar bisiluro da lui usato
negli anni '70
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Il declino della Carniti si
ebbe con la crisi petrolifera del 1974 e, ironia della sorte,
iniziò dal settore tessile, espandendosi a minare la solidità
finanziaria del settore nautico.
La produzione di fuoribordo
fu temporaneamente salvata dal fallimento scorporandola
ed affidandola al marchio OMAB SPA … Nonostante la gamma
di prim'ordine, il tentativo ebbe vita breve e anche OMAB,
dopo esser scesa da 1000 a 700 dipendenti, chiuse alla fine
del 1979…
Sui motivi di questa debacle
le opinioni che ho raccolto sono contrastanti e decisamente
acide… c'è chi accusa l'incompetente gestione commerciale,
chi quella tecnica, chi una concorrenza sleale da parte
di altri produttori…
L'unica cosa certa, è che con
Carniti è venuto a mancare un marchio che avrebbe sicuramente
ancora avuto molto da dire in campo fuoribordistico.
To be continued....
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By Camillo
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Last update 26.12.2011
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