162. FRITTO DI PASTA RIPIENA
Prendete la pasta n. 212 oppure la pasta sfoglia n. 154, distendetela alla grossezza di uno scudo, tagliatela a dischi smerlati della grandezza all'incirca di quello qui segnato [figura04], ponete nei medesimi il ripieno del numero antecedente, copriteli con altrettanti dischi della stessa pasta, bagnandoli all'ingiro affinché si attacchino insieme, friggeteli e serviteli caldi.
163. FRITTO DI RICOTTA
Ricotta, grammi 200.
Farina, grammi 40.
Uova, n. 2.
Zucchero, due cucchiaini scarsi.
Odore di scorza di limone.
Sale, un pizzico e due cucchiaiate d'acquavite.
Ogni qualità di ricotta è buona purché non abbia preso il forte; ma adoperando quelle di Roma e di Maremma, che sono eccellenti, sarete sicuri di farvene onore.
Lasciate il composto in riposo per parecchie ore prima di friggerlo. Colle dosi suddette il composto riescirà sodettino e questo è bene onde il fritto prenda la forma di bombe della grandezza di una noce all'incirca. Spolverizzatele di zucchero a velo e servitele calde per contorno a un fritto di carne. Dello zucchero dentro, come vedete, ce ne va poco, perché esso brucia e il fritto non prenderebbe allora un bel giallo dorato.
Per dare a queste e simili bombe la forma possibilmente rotonda, va preso su il composto con un cucchiaio unto col liquido bollente della padella, dandogli la forma coll'estremità di un coltello da tavola, intinto esso pure nell'unto medesimo.
164. FRITTO RIPIENO DI MOSTARDA
Questo fritto si può fare in Romagna ove d'inverno è messa in commercio la mostarda di Savignano o fatta all'uso di quel paese, che una volta era molto apprezzata; ma non saprei dirvi se siasi mantenuta in credito.
Mancandovi questa, potete servirvi di quella fatta in casa, descritta al n. 788.
Formate una pasta piuttosto tenera coi seguenti ingredienti, lavorandola molto colle mani sulla spianatoia.
Farina, grammi 220.
Burro, grammi 30.
Sale, un pizzico.
Latte, quanto basta per intriderla.
Lasciatela in riposo mezz'ora, poi tiratela col matterello alla grossezza di uno scudo scarso.
Tagliatene tanti dischi con lo stampino del n. 162, ed ammesso che ne riuscissero 80, ponete sopra a 40 un po' di mostarda e cogli altri 40 copriteli bagnandone prima gli orli con un dito intinto nell'acqua per appiccicarli insieme.
Friggeteli e spolverizzateli di zucchero avanti di mandarli in tavola.
165. FRITTO DI MELE
Prendete mele grosse, di buona qualità, non troppo mature; levatene il torsolo col cannello di latta fatto a quest'uso, che lascia il buco in mezzo, sbucciatele e tagliatele a fette grosse poco meno di un centimetro. Mettetele nella pastella n. 156 quando siete per friggerle e se non vi dispiace l'odor degli anaci, che qui sta bene, mettetene un pizzico.
Spolverizzatele di zucchero a velo e servitele calde.
166. FRITTO DI CARDONI
Dopo aver tolto i filamenti ai cardoni, lessateli in acqua salata, tagliateli a pezzetti e fateli soffriggere nel burro salandoli ancora un poco. Poi infarinateli, poneteli nella pastella n. 156 e friggeteli. Possono far comodo per contorno a un fritto di carne o a un umido.
167. FRITTO DI FINOCCHI
Tagliateli a spicchi, nettateli dalle foglie più dure e lessateli in acqua salata. Prima di metterli nella pastella n.156 asciugateli e infarinateli.
168. CAROTE FRITTE
Queste carote possono servire di contorno a un fritto, quando non ci sono più gli zucchini.
Senza sbucciarle tagliatele a filetti sottili lunghi un dito, salatele e dopo qualche ora, prese su così umide, passatele nella farina e, scosse da questa, mettetele nell'uovo, rivoltatele nel medesimo e, presi con le dita i filetti a uno a uno, gettateli in padella.
169. FRITTO DI PESCHE
Prendete pesche burrone non tanto mature, tagliatele a spicchi non troppo grossi e, come le mele e i finocchi, avvolgetele nella pastella n. 156 e spolverizzatele di zucchero dopo cotte. Non è necessario sbucciarle.
170. FRITTO DI SEMOLINO
Semolino di grana fine, grammi 70 a 80.
Latte, decilitri 3.
Uova, n. l.
Zucchero, tre cucchiaini.
Burro, quanto una noce.
Sale, un pizzico.
Odore di scorza di limone.
Ponete il latte al fuoco col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco, girando in pari tempo il mestolo. Salatelo e scocciategli dentro l'uovo; mescolate e quando l'uovo si è incorporato levate il semolino dal fuoco e distendetelo sopra a un vassoio unto col burro o sulla spianatoia infarinata, all'altezza di un dito. Tagliatelo a mandorle e mettetelo prima nell'uovo sbattuto poi nel pangrattato fine e friggetelo. Spolverizzatelo di zucchero a velo, se lo desiderate più dolce, e servitelo solo o, meglio, per contorno a un fritto di carne.
171. PALLOTTOLE DI SEMOLINO
A me sembra che questo fritto riesca assai bene e che compensi la fatica che si fa a pestarlo.
Semolino, grammi 120.
Burro, grammi 15.
Farina di patate, una cucchiaiata colma, pari a gr. 25.
Uova, uno intero e due rossi.
Zucchero, un cucchiaino colmo.
Odore di scorza di limone.
Latte, decilitri 4.
Cuocete bene il semolino nel latte col detto zucchero, aggiungendo il burro, l'odore e una presa di sale, quando lo ritirate dal fuoco. Quando sarà ben diaccio pestatelo nel mortaio con le uova, prima i rossi uno alla volta poi l'uovo intero. Versate per ultima la farina di patate, lavorando molto col pestello il composto. Versatelo poi in un piatto e gettatelo in padella a cucchiaini per ottener le pallottole alquanto più grosse delle noci, che servirete spolverizzate di zucchero a velo quando avranno perduto il forte calore.
È un fritto leggiero, delicato e di bell'aspetto.
172. FRITTELLE DI POLENTA ALLA LODIGIANA
Latte, mezzo litro.
Farina gialla, grammi 100.
Fatene una polenta e, prima di ritirarla dal fuoco, salatela; così a bollore versatela sulla spianatoia e con un coltello da tavola intinto nell'acqua distendetela alla grossezza di mezzo dito scarso. Diaccia che sia, servendovi dello stampino della ricetta n. 182, o di altro consimile, tagliatene tanti dischi che riusciranno 30 o 32 se vi aggiungete i ritagli impastandoli e stiacciandoli con le mani. Questi dischi appaiateli, mettendovi in mezzo una fettina di gruiera, per ottenere così da 15 a 16 frittelle.
Frullate ora due uova, ché tante occorrono per poterle dorare con queste e col pangrattato, e friggetele nello strutto o nell'olio.
Servitele calde per contorno a un arrosto.
173. FEGATO DI MAIALE FRITTO
Gli animali superiori sono forniti di una glandola biancastra (il pancreas) che, collocata fra il fegato e la milza, sbocca col suo condotto escretore nel duodeno. L'umor pancreatico, di natura alcalina, vischioso come l'albumina, contribuisce con la bile, a sciogliere le sostanze alimentari; ma la sua azione è più specialmente rivolta a convertire le sostanze grasse in una emulsione che le rende più digeribili. Codeste secrezioni, i succhi gastrici e la saliva contribuiscono poi tutti insieme a compiere una digestione perfetta. Per la sua somiglianza alle glandole salivari (le comuni animelle) e pel suo delicato sapore, il pancreas è conosciuto da molti col nome di animella del fegato; in Toscana, quello del maiale, vien chiamato stomachino.
A mio parere, per sentire il vero gusto del fegato di maiale bisogna friggerlo naturale, a fette sottili, nel lardo vergine e mescolato collo stomachino a pezzetti. In questa maniera va levato dalla padella con un poco del suo unto, condito con sale e pepe e mentre è ancora bollente gli va strizzato sopra un limone, il cui agro serve a smorzare il grassume. Le fette sottili di fegato si possono anche infarinare prima di friggerle.
174. GRANELLI FRITTI
Ho sentito dire che quando nella Maremma toscana viene il giorno della castratura dei puledri, s'invitano gli amici ad un pranzo ove il piatto che fa i primi onori è un magnifico fritto di granelli. Del sapore di quelli non posso dir nulla non avendoli assaggiati, benché del cavallo, ed anche dell'asino, chi sa quante volte, senza saperlo, voi ed io ne avremo mangiato.
Vi parlerò bensì di quelli di montone che per bontà non devono valer di meno, perché offrono un gusto come di animelle, ma più gentile ancora.
Lessateli in acqua salata, poi fate loro un'incisione superficiale per il lungo onde togliere l'involucro esteriore che è composto, come dicono i fisiologi, della tunica e dell'epididimo.
Tagliateli a filetti sottili, salateli ancora un poco, infarinateli bene, passateli nell'uovo sbattuto e friggeteli.
175. FRITTO COMPOSTO ALLA BOLOGNESE
A questo fritto si potrebbe più propriamente dare il nome di crocchette fini. Prendete un pezzo di magro di vitella di latte stracottata, un piccolo cervello lessato o cotto nel sugo, e una fettina di prosciutto grasso e magro. Tritate ogni cosa colla lunetta e poi pestatela ben fine nel mortaio. Dopo aggiungete un rosso d'uovo o un uovo intero, secondo la quantità, e un poco di balsamella n. 137. Mettete il composto al fuoco e rimestando sempre lasciate che l'uovo si cuocia.
Aggiungete per ultimo parmigiano grattato, l'odore della noce moscata, dei tartufi tritati finissimi e versatelo in un piatto. Quando sarà ben diaccio fatene tante pallottole rotonde della grossezza di una piccola noce e infarinatele. Poi mettetele nell'uovo e dopo nel pangrattato finissimo, ripetendo per due volte l'operazione e friggetele.
176. FRITTO ALLA ROMANA I
Mettete al fuoco un battutino di cipolla e burro, e quando sarà ben colorito cuoceteci un pezzo di magro di vitella di latte condendolo con sale e pepe. Allorché la carne sarà rosolata bagnatela con marsala per tirarla a cottura. Pestatela nel mortaio e per rammorbidirla alquanto servitevi dell'intinto rimasto, e se questo non basta aggiungete un gocciolo di brodo e per ultimo un rosso d'uovo; ma badate che il composto deve rimaner sodettino.
Ora prendete delle cialde, ossia ostie, non troppo sottili, e tagliatele a quadretti consimili a quelli che usano i farmacisti per le presine.
Frullate un uovo e la chiara rimasta; poi prendete su con le dita un'ostia, intingetela nell'uovo e posatela sopra uno strato di pangrattato; sulla medesima ponete tanto composto quanto una piccola noce, intingete nell'uovo un'altra ostia, fatela toccare il pangrattato da una sola parte, cioè da quella che deve rimanere all'esterno, e con essa coprite il composto appiccicandola all'ostia sottostante, panatela ancora, se occorre, e mettete il pezzo da parte, ripetendo l'operazione fino a roba finita.
Friggetelo nell'olio o nel lardo e servite questo fritto come piatto di tramesso. Con grammi 200 di carne senz'osso, otterrete una ventina di questi bocconi.
177. FRITTO ALLA ROMANA II
Questo fritto potrete farlo quando avrete d'occasione un petto di pollo arrostito e, per una quantità all'incirca eguale all'antecedente, eccovi le proporzioni:
Petto di pollo, grammi 50.
Lingua salata, grammi 40.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Parmigiano, una cucchiaiata.
Un piccolo tartufo o, mancando questo, odore di noce moscata.
Al pollo levate la pelle e tagliatelo a piccolissimi dadi e così pure la lingua e il prosciutto; il tartufo a fettine.
Fate una balsamella con:
Latte, decilitri 2;
Burro, grammi 30;
Farina, grammi 30.
Quando questa sarà cotta versateci gl'ingredienti suddetti e lasciatela diacciar bene per servirvene usando le ostie come nel precedente.
178. FRITTELLE DI RISO I
Latte, mezzo litro.
Riso, grammi 100.
Farina, grammi 100.
Uva sultanina, grammi 50.
Pinoli tritati alla grossezza del riso, grammi 15.
Uova, tre rossi e una chiara.
Burro, quanto una noce.
Zucchero, due piccoli cucchiaini.
Rhum, una cucchiaiata.
Odore di scorza di limone.
Lievito di birra, grammi 30.
Un pizzico di sale.
Preparate il lievito di birra come pei Krapfen n. 182, intridendolo con grammi 40 della detta farina.
Cuocete il riso nel latte in modo che riesca sodo e però lasciate da parte alquanto latte per aggiungerlo se occorre; ma per evitare che si attacchi, rimestate spesso e ritirate la cazzaruola sopra un angolo del fornello.
Tolto dal fuoco e tiepido che sia versateci il lievito già rigonfiato, le uova, il resto della farina, cioè i 60 grammi rimasti, i pinoli, il rhum, e un altro po' di latte se occorre; dopo averlo lavorato alquanto, uniteci l'uva e rimettete la cazzaruola vicino al fuoco onde lieviti a moderatissimo calore tutto il composto. Quando avrà rigonfiato, gettatelo in padella a cucchiaiate per formar frittelle che riusciranno grosse e leggiere. Spolverizzatele di zucchero a velo quando avranno perduto il primo bollore e servitele calde.
179. FRITTELLE DI RISO II
Queste sono più semplici delle descritte al numero precedente e riescono anch'esse buone e leggiere.
Cuocete molto, o meglio moltissimo, in mezzo litro circa di latte, grammi 100 di riso dandogli sapore e grazia con burro quanto una noce, poco sale, un cucchiaino scarso di zucchero e l'odore della scorza di limone. Diaccio che sia aggiungete una cucchiaiata di rhum, tre rossi d'uovo e grammi 50 di farina. Mescolate bene e lasciate riposare il composto per diverse ore. Allorché sarete per friggerlo montate le chiare quanto più potete, aggiungetele mescolando adagio e gettatelo in padella a cucchiaiate. Spolverizzatele al solito di zucchero a velo e servitele calde.
180. FRITTELLE DI SEMOLINO
Latte, mezzo litro.
Semolino, grammi 130.
Burro, quanto una noce.
Rhum, una cucchiaiata.
Odore di scorza di limone.
Sale, quanto basta.
Uova, n. 3.
Cuocete il semolino nel latte, salatelo quando è cotto e, diaccio che sia, aggiungete le uova e il rhum. Friggetele nell'olio o nel lardo e mandatele in tavola spolverizzate di zucchero a velo.
Questa quantità può bastare per quattro o cinque persone.
181. FRITTELLE DI TONDONE
Se non sapete cosa sia un tondone, chiedetelo a Stenterello che ne mangia spesso perché gli piace.
Farina, grammi 250.
Uova, n. 6.
Acqua, decilitri 3.
Un pizzico di sale.
Odore di scorza di limone.
Stemperate la farina con la detta acqua versata a poco per volta e salatela. Gettate questo intriso in padella per cuocerlo in bianco con burro, olio o lardo e quando è assodato da una parte voltatelo con un piatto dall'altra, ed eccovi il tondone.
Ora pestatelo nel mortaio con l'odore suddetto e rammorbiditelo con le uova: due a un tratto, le altre quattro una alla volta con le chiare montate, lavorando molto il composto. Friggetelo a cucchiaiate per ottener le frittelle che, gonfiando molto, prendono l'aspetto di bombe. Spolverizzatele di zucchero a velo.
Al composto potete unire, piacendovi, grammi 100 di uva malaga, ma allora questa tenetela prima in molle per ventiquattr'ore nell'acqua fresca e dopo toglietele i semi. Potranno bastare per sei persone, o per quattro se fate la metà della dose.
182. KRAPFEN I
Proviamoci di descrivere il piatto che porta questo nome di tedescheria ed andiamo pure in cerca del buono e del bello in qualunque luogo si trovino; ma per decoro di noi stessi e della patria nostra non imitiamo mai ciecamente le altre nazioni per solo spirito di stranieromania.
Farina d'Ungheria, grammi 150.
Burro, grammi 40.
Lievito di birra, quanto una grossa noce.
Uova, uno intero e un rosso.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, una buona presa.
Prendete un pugno della detta farina, ponetela sulla spianatoia e, fattale una buca in mezzo, stemperateci dentro il lievito di birra con latte tiepido e formatene un pane di giusta sodezza, sul quale inciderete un taglio in croce per poi conoscer meglio se ha rigonfiato. Ponete questo pane in un tegamino o in una cazzarolina nel cui fondo sia un sottilissimo strato di latte, copritela e lasciatela vicino al fuoco onde il pane lieviti a moderatissimo calore: vedrete che basterà una ventina di minuti. Lievitato che sia mettetelo in mezzo alla farina rimasta ed intridetela colle uova, col burro liquefatto, collo zucchero e col sale. Se questo pastone riesce troppo morbido, aggiungete tanta farina da ridurlo in modo che si possa distendere col matterello alla grossezza di mezzo dito. Così avrete una stiacciata dalla quale con un cerchio di latta taglierete tanti dischi della grandezza di quello soprassegnato [figura05].
Ammesso che ne facciate 24, prendete un uovo o altro arnese di forma consimile e colla punta del medesimo pigiate nel mezzo di ognuno dei dischi per imprimergli una buca [figura06]. In 12 di detti dischi ponete un cucchiaino di un battutino tirato col sugo e la balsamella, composto di fegatini, animelle, prosciutto, lingua salata, odore di tartufi o di funghi, il tutto tagliato a piccoli dadi.
Bagnate i dischi all'intorno con un dito intinto nell'acqua e sopra ciascuno sovrapponete un altro disco dei 12 rimasti vuoti; quando saranno tutti coperti premete sopra ai medesimi un altro cerchio di latta di dimensione eguale a quello qui delineato, onde si formi un'incisione tutto all'ingiro.
Ora che avete questi 12 pasticcini ripieni bisogna lievitarli, ma a lieve calore, e ciò otterrete facilmente ponendoli vicino al fuoco, o dentro a una stufa. Quando saranno rigonfiati bene friggeteli nel lardo o nell'olio in modo che sieno ricoperti dall'unto e serviteli caldi come fritto o piatto di tramesso, il quale, per la sua apparenza e bontà sarà giudicato piatto di cucina fine.
Se volete che servano per dolce non avrete altro a fare che riempirli di una crema alquanto soda o di conserva di frutta, spolverizzandoli, dopo cotti, di zucchero a velo.
Per un'altra ricetta di questi Krapfen, vedi il n. 562.
183. BOMBE E PASTA SIRINGA
Questa ricetta che può servire ugualmente bene per le bombe e per la pasta siringa, è un po' faticosa, ma non è di difficile esecuzione.
Acqua, grammi 150.
Farina d'Ungheria o finissima, grammi 100.
Burro, quanto una noce.
Sale, una presa.
Odore di scorza di limone.
Uova, n. 2 e un rosso.
Mettete al fuoco l'acqua col burro e il sale e quando bolle versate la farina tutta a un tratto e rimestatela forte. Tenete la pasta sul fuoco fino a che la farina sia ben cotta (10 minuti) rimovendola sempre; poi levatela dalla cazzaruola e stiacciatela alla grossezza di un dito perché si diacci bene.
Cominciate a lavorarla per tempo da prima con un rosso d'uovo e quando l'ha incorporato aggiungete una chiara ben montata, poi un altro rosso e, lavorandola sempre col mestolo, un'altra chiara montata e così di seguito se la dose fosse doppia o tripla della presente. A forza di lavorarlo il composto deve riuscire in ultimo fine come un unguento. Se si tratta di bombe gettatelo in padella a cucchiaini dandogli la forma rotonda; se desiderate la pasta siringa fatelo passare per la canna a traverso a un disco stellato, come la figura riportata qui sopra [figura07], e tagliatelo via via alla lunghezza di 9 a 10 centimetri. Quando avrà perduto il primo bollore spolverizzatela di zucchero a velo. Il doppio di questa dose potrà bastare per otto o dieci persone.
Queste bombe possono anche servire come fritto composto praticandovi una piccola incisione quando son cotte per introdur nell'interno un poco di battuto delicato di carne; ma allora non vanno spolverizzare di zucchero.
184. BOMBE COMPOSTE
Queste bombe devono essere scoppiate la prima volta a Bologna. La carica che contengono di cacio e mortadella me lo fanno supporre. Comunque sia, aggraditele perché fanno onore all'inventore.
Acqua, grammi 180.
Farina, grammi 120.
Formaggio gruiera, grammi 30.
Burro, quanto una noce.
Mortadella di Bologna, grammi 30.
Uova, n. 3.
Un pizzico di sale.
Mettete l'acqua al fuoco col burro e col sale e quando comincia a bollire gettate in essa il formaggio a pezzettini e subito la farina tutta in un tratto rimestando forte. Tenete la pasta al fuoco 10 minuti circa rimuovendola sempre, poi lasciatela diacciare. Lavoratela moltissimo ed a riprese col mestolo gettandovi un uovo per volta, prima il rosso poi la chiara montata, e quando sarete per friggerla aggiungete la mortadella a dadi larghi un centimetro e grossettini. Qualora l'impasto riuscisse un po' troppo sodo per la qualità della farina, o perché le uova erano piccole, aggiungetene un altro e ne otterrete tante che basteranno per sei persone. Se queste bombe sono venute bene, le vedrete gonfiare e rimaner vuote dentro, ma ci vuol forza in chi le lavora.
Servitele calde per contorno a un fritto di carne o di fegato, oppure miste a qualunque altro fritto.
185. BOMBE DI SEMOLINO
Latte, 3 decilitri, pari a grammi 300.
Semolino di grana fine, grammi 130.
Burro, quanto una noce.
Zucchero, un cucchiaino.
Sale, quanto basta.
Odore di scorza di limone.
Uova, n. 3.
Mettete al fuoco il latte col burro e lo zucchero e quando comincia a bollire versate il semolino a poco a poco onde non abbia a far bozzoli. Tenetelo sul fuoco fino a che non sia ben sodo, agitandolo sempre col mestolo perché non si attacchi al fondo. Ritiratelo dal fuoco, salatelo e subito scocciategli dentro il primo uovo, poi quando sarete per friggerlo, gli altri due, uno alla volta, montando le chiare e lavorandolo sempre molto col mestolo. Quando lo gettate in padella dategli la forma di pallottole le quali rigonfieranno per divenir bombe leggerissime che vanno spolverizzare di zucchero a velo, perduto che abbiano il forte calore. Usate fuoco leggiero e dimenate la padella.
186. CARCIOFI FRITTI
Questo è un fritto molto semplice; ma pure, pare incredibile, non tutti lo sanno. fare. In alcuni paesi lessano i carciofi prima di friggerli, il che non va bene: in altri li avvolgono in una pastella la quale non solo non è necessaria, ma leva al frutto il suo gusto naturale. Eccovi il metodo usato in Toscana che è il migliore. Colà, facendosi grande uso ed abuso di legumi ed erbaggi, si cucinano meglio che altrove.
Prendete, per esempio, due carciofi, nettateli dalle foglie coriacee, spuntateli, mondatene il gambo e tagliateli in due parti; poi questi mezzi carciofi tagliateli a spicchi o per meglio dire a fette da cavarne 8 o 10 per carciofo anche se non è molto grosso. Di mano in mano che li tagliate, gettateli nell'acqua fresca e quando si saranno ben rinfrescati, levateli ed asciugateli così all'ingrosso o spremeteli soltanto, gettandoli subito nella farina perché vi resti bene attaccata.
Montate a mezzo la chiara di un uovo, ché uno solo basta per due carciofi, poi nella chiara mescolate il torlo e salatelo. Mettete i carciofi in un vagliettino per scuoterne la farina superflua e dopo passateli nell'uovo, mescolate e lasciateceli qualche poco onde l'uovo s'incorpori. Gettate i pezzi a uno a uno in padella con l'unto a bollore e quando avranno preso un bel colore dorato levateli e mandateli in tavola con spicchi di limone perché, come ognun sa, l'agro sui fritti che non sono dolci dà sempre grazia ed eccitamento al buon bere.
Se desiderate che i carciofi restino bianchi, è meglio friggerli nell'olio e strizzare mezzo limone nell'acqua quando li mettete in molle.
187. COTOLETTE DI CARCIOFI
Certe signore si dolevano di non trovare nel mio libro questo fritto, ed eccole appagate.
Prendete due carciofi grossi, nettateli dalle foglie dure e raschiatene il gambo, poi lessateli, ma non troppo, e così bollenti tagliateli per il lungo in cinque fette ciascuno, lasciandoci un po' di gambo, e conditeli con sale e pepe.
Fate una balsamella così:
Farina, grammi 30.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Latte, decilitri 2.
Tolta dal fuoco mescolateci un rosso d'uovo, il parmigiano e una presa di sale, e prese su ad una ad una pel gambo le fette dei carciofi immergetele nella balsamella, distendetele su un vassoio e, con un cucchiaio, ricopritele con la balsamella rimasta. Dopo diverse ore, quando saranno ben diacce, doratele con un uovo frullato, impanatele e friggetele nell'olio o nello strutto.
188. ZUCCHINI FRITTI I
Gli zucchini fritti bene piacciono generalmente a tutti e si prestano a meraviglia per rifiorire o contornare un altro fritto qualunque.
Prendete zucchini di forma allungata della dimensione di un dito e più; lavateli e tagliateli a filetti larghi un centimetro o meno, levate loro una parte del midollo e salateli non troppo. Dopo un'ora o due da questa preparazione scolateli dall'acquosità che hanno gettata e, senza asciugarli punto, buttateli nella farina e da questa nel vagliettino, scuotendoli bene dalla farina superflua; subito dopo gettateli in padella ove l'unto, olio o lardo che sia, si trovi in abbondanza e bollente. Da principio non li toccate per non romperli e solo quando si sono assodati rimuoveteli colla mestola forata e levateli quando cominciano a prendere colore.
Si possono anche cucinare come i carciofi in teglia del n. 246, ma allora bisogna tagliarli a fette rotonde e prepararli come quelli da friggere.
189. ZUCCHINI FRITTI II
Questi riusciranno migliori e più appariscenti di quelli della ricetta antecedente. Prendete zucchini grandi e grossi da non potersi abbrancare con una mano. Sbucciateli per rendere il fritto più bello, apriteli in due parti per il lungo e levate loro il midollo in quella parte che mostrano i semi. Poi tagliateli a strisce lunghe e sottili, larghe un dito buono e poneteli col sale a far l'acqua lasciandoveli per qualche ora. Quando sarete per friggerli prendeteli su con ambedue le mani e stringeteli forte per ispremerne l'acqua che ancora contengono, poi gettateli nella farina sciogliendoli colle dita, indi nel vagliettino e buttateli subito in padella con molto unto.
190. CIAMBELLINE
Anche questo piatto, se non si vede manipolare, è difficile che riesca bene; mi proverò a descriverlo, ma non garantisco di farmi capire. A me queste ciambelline furono insegnate col nome di beignets; ma la loro forma mi suggerisce quello più proprio di ciambellíne, e per tali ve le offro.
Mettete al fuoco in una cazzaruola grammi 180 di acqua, un pezzetto di burro quanto una grossa noce, due cucchiaini di zucchero e un pizzico di sale. Quando il liquido bolle, stemperateci grammi 120 di farina gettandola tutta a un tratto onde non si formino bozzoli e dimenate subito col mestolo. Levatela presto dal fuoco e mentre è così a bollore scocciate nella medesima un uovo e mescolate forte finché sia bene incorporato; poi ad intervalli, quando il composto è diaccio, aggiungete altre due uova lavorando sempre e molto col mestolo finché sia ben mantecato; e ciò si conosce dall'azione del mestolo stesso, il quale, nei vuoti che lascia, si tira dietro un sottil velo di pasta. Datele l'odore di vainiglia e preparate sulla spianatoia una certa quantità di farina sulla quale verserete la detta pasta. Allora cominciate a palparla colle mani imbrattate nella stessa farina e avvoltolatevela entro in modo che della farina se ne appropri tanta da rendersi maneggevole, ma però morbida alquanto.
Dividete questo pastone in 16 o 18 parti, formando tante pallottole che riusciranno grosse poco più di una noce: ad ognuna di queste pallottole fate un buco in mezzo premendole colla punta di un dito contro la spianatoia e girandole sopra sé stesse; rivoltatele e fate altrettanto dalla parte opposta onde il buco diventi largo ed aggraziato; così queste pallottole prenderanno la forma di ciambelline. Ora mettete al fuoco un vaso d'acqua di bocca larga, e quando l'acqua sarà ben calda, ma non bollente, gettatevi le ciambelline a tre o quattro per volta. Se si attaccano al fondo sollevatele leggermente colla mestola forata, voltatele ed allorché vengono a galla levatele asciutte e ponetele sopra un pannolino, poi colla punta di un coltello, fate ad ognuna giro giro, tanto dalla parte esterna che interna, un'incisione od anche due a una certa distanza, perché possan rigonfiar meglio.
In questo stato potrete lasciarle anche per delle ore se vi fa comodo. Friggetele con molto unto, lardo od olio che sia, a fuoco lento, dimenando spesso la padella; se saranno venute bene le vedrete crescere a un volume straordinario, restando asciutte. Calde ancora, ma non bollenti, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, siano gustate da bocche gentili e da belle e giovani signore; e così sia.
191. DONZELLINE
Farina, grammi 100.
Burro, quanto una noce.
Latte, quanto basta.
Un pizzico di sale.
Formatene un intriso né troppo sodo, né troppo morbido, lavoratelo molto colle mani sulla spianatoia e tiratene una sfoglia della grossezza di uno scudo. Tagliatela a piccole mandorle, friggetela nel lardo o nell'olio, e la vedrete gonfiare, riuscendo tenera e delicata al gusto.
Così avrete le donzelline, che vanno spolverizzare con zucchero a velo quando non saranno più bollenti.
192. FRITTO DI CHIFELS
È un fritto di poco conto, ma per contorno a un fritto di carne può servire da pane.
Chifels, n. 2.
Latte, decilitri 2.
Zucchero, grammi 20.
Levate le punte ai chifels e tagliateli a rotelline grosse un centimetro che collocherete sopra un vassoio. Ponete il latte al fuoco col detto zucchero e quando sarà a bollore versatelo sulle medesime per inzupparle non molto. Diacce che sieno bagnatele in due uova frullate, panatele e friggetele. Per signore facili a contentarsi possono servire come piatto dolce, se date loro l'odore della vainiglia spolverizzandole, dopo cotte, di zucchero a velo.
193. AMARETTI FRITTI
Prendete 20 amaretti piccoli, bagnateli leggermente, onde non rammolliscano troppo, di rhum o di cognac, involtateli nella pastella del n. 156, che è dose bastante, e friggeteli nello strutto, nel burro o nell'olio. Spolverizzateli leggermente di zucchero a velo e serviteli caldi.
Non è fritto da fargli le furie e da andarlo a cercare; ma può servir di compenso quando capiti il caso.
194. CRESCENTE
Che linguaggio strano si parla nella dotta Bologna!
I tappeti (da terra) li chiamano i panni; i fiaschi, i fiaschetti (di vino), zucche, zucchette; le animelle, i latti. Dicono zigàre per piangere, e ad una donna malsana, brutta ed uggiosa, che si direbbe una calía o una scamonea, danno il nome di sagoma. Nelle trattorie poi trovate la trifola, la costata alla fiorentina ed altre siffatte cose da spiritare i cani. Fu là, io credo, che s'inventarono le batterie per significare le corse di gara a baroccino o a sediolo e dove si era trovato il vocabolo zona per indicare una corsa in tranvai. Quando sentii la prima volta nominare la crescente, credei si parlasse della luna; si trattava invece della schiacciata, o focaccia, o pasta fritta comune che tutti conoscono e tutti sanno fare, con la sola differenza che i Bolognesi, per renderla più tenera e digeribile, nell'intridere la farina coll'acqua diaccia e il sale, aggiungono un poco di lardo.
Pare che la stiacciata gonfi meglio se la gettate in padella coll'unto a bollore, fuori del fuoco.
Sono per altro i Bolognesi gente attiva, industriosa, affabile e cordiale e però, tanto con gli uomini che con le donne, si parla volentieri, perché piace la loro franca conversazione. Codesta, se io avessi a giudicare, è la vera educazione e civiltà di un popolo, non quella di certe città i cui abitanti son di un carattere del tutto diverso.
Il Boccaccio in una delle sue novelle, parlando delle donne bolognesi, esclama:
"O singolar dolcezza del sangue bolognese! quanto se' tu sempre stata da commendare in così fatti casi! (casi d'amore) mai di lagrime né di sospir fosti vaga; e continuamente a' prieghi pieghevole e agli amorosi desiderio arrendevol fosti; se io avesse degne lodi da commendarti, mai sazia non se ne vedrebbe la voce mia".
195. CRESCIONI
Perché si chiamino crescioni e non tortelli di spinaci vattel'a pesca. So che si lessano degli spinaci secondo l'uso comune, cioè senz'acqua e, spremuti bene, si mettono, tagliati all'ingrosso, in umido con un soffritto di olio, aglio, prezzemolo, sale e pepe; poi si aggraziano con un po' di sapa e con uva secca, a cui siano stati levati gli acini. In mancanza della sapa e dell'uva secca si supplisce con lo zucchero e l'uva passolina.
Poi questi spinaci, così conditi, si chiudono nella pasta matta n. 153 intrisa con qualche goccia d'olio, tirata a sfoglia sottile e tagliata con un disco all'incirca di quello segnato in questa pagina [figura08]. Questi dischi si piegano in due per far prender loro la forma di mezza luna, si stringe bene la piegatura e si friggono nell'olio. Servono come piatto di tramesso.
196. CROCCHETTE
Si possono fare con ogni sorta di carne avanzata e si preparano come le polpette del n. 314, senza però l'uva passolina e i pinoli. Invece si può dar loro, piacendo, l'odore dell'aglio unendovi anche qualche foglia di prezzemolo. A queste crocchette convien meglio dare la forma a rocchetti e generalmente si mangiano soltanto fritte.
197. CROCCHETTE DI ANIMELLE
Prendete grammi 150 di animelle, cuocetele nel sugo oppure con un battutino di cipolla e burro, e conditele con sale, pepe e l'odore della noce moscata. Poi tagliatele a piccoli dadi e mescolatele a due cucchiaiate di balsamella piuttosto soda aggiungendo un rosso d'uovo e un buon pizzico di parmigiano. Prendete su il composto a piccole cucchiaiate, versatelo nel pangrattato dandogli la forma bislunga ad uso rocchetto. Dopo immergetele nell'uovo sbattuto, poi un'altra volta nel pangrattato e friggetele. Potrete renderle di gusto più grato se nel composto aggiungete prosciutto grasso e magro, lingua salata a piccoli dadi e se, invece della noce moscata, date loro l'odore dei tartufi a pezzettini.
Col suddetto quantitativo di animelle otterrete dieci o dodici crocchette le quali potete unire ad altra qualità di fritto per fare un piatto di fritto misto.
198. CROCCHETTE DI RISO SEMPLICI
Latte, mezzo litro.
Riso, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, n. 2.
Cuocete molto sodo il riso nel latte, e a mezza cottura aggiungete il burro e salatelo.
Levatelo dal fuoco, versateci il parmigiano e così a bollore scocciateci dentro un uovo mescolando subito per incorporarlo. Quando sarà ben diaccio prendetelo su a cucchiaiate ed involtatelo nel pangrattato dandogli forma cilindrica; con questa dose otterrete dodici crocchette. Frullate l'uovo rimasto, gettateci dentro le crocchette a una a una, involtatele di nuovo nel pangrattato e friggetele.
Si possono servir sole; ma meglio accompagnate con altra qualità di fritto.
199. CROCCHETTE DI RISO COMPOSTE
Servitevi della ricetta antecedente e mescolate framezzo al riso, quando sarà cotto e dosato, le rigaglie di un pollo tirate a cottura con burro e sugo, e se questo vi manca, supplite con un battutino di cipolla.
Le rigaglie tagliatele dopo cotte alla grossezza di un cece.
200. CROCCHETTE DI PATATE
Patate, grammi 300.
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Rossi d'uovo, n. 2.
Zucchero, un cucchiaino.
Odore di noce moscata.
Le patate sbucciatele e se sono grosse tagliatele in quattro parti e mettetele a bollire in acqua salata per passarle dallo staccio asciutte quando saranno cotte ed ancora bollenti. Al passato aggiungete il burro, sciolto d'inverno, e tutto il resto, mescolando.
Lasciate che il composto diacci bene, dividetelo in dieci o dodici parti e, sopra uno strato leggiero di farina, date loro la forma di rocchetto per ottener le crocchette. Frullate un uovo e nel medesimo immergetele ad una ad una, panatele e friggetele in olio o lardo onde servirle per contorno a un fritto di carne o ad un arrosto.
201. PALLOTTOLE DI PATATE RIPIENE
Patate, grammi 300.
Parmigiano, due cucchiaiate ben colme.
Uova, n. 2.
Odore di noce moscata.
Farina, quanto basta.
Lessate le patate, sbucciatele e passatele calde dallo staccio sopra a un velo di farina. Fate una buca sul monte delle patate, salatele, date loro l'odore della noce moscata e versateci le uova e il parmigiano. Poi, con meno farina che potete, formatene un pastone morbido e lungo che dividerete in 18 parti e ad ognuna di queste, con le dita infarinate, fate una piccola buca per riempirla con un battuto di carne. Tirateci sopra i lembi per coprirlo e, con le mani infarinate, formate palle rotonde che friggerete nello strutto o nell'olio, mandandole in tavola per contorno a un fritto di carne.
È un piatto appariscente, buono e di poca spesa perché il ripieno potete formarlo anche con le rigaglie di una sola gallina, quando vi capita, se vi comprenderete la cresta, il ventriglio lessato prima e le uova non nate tirate a cottura con un piccolo battutino di cipolla e burro, unendovi dopo una fettina di prosciutto grasso e magro tagliato a dadini e tutto il resto tritato.
Se non avete la gallina formate il ripieno in altra maniera.
Riso, grammi 100.
Latte, mezzo litro.
Burro, poco più di una noce.
Parmigiano, un buon pizzico.
Uova, n. l.
Cuocete il riso ben sodo nel latte aggiungendovi il burro e, quando è cotto, salatelo ed aspettate che abbia perduto il forte calore per scocciarvi l'uovo e mettervi il parmigiano. Tirate poi a cottura due fegatini di pollo e due animelle di agnello, facendone un umidino delicato, e dategli l'odore della noce moscata; tagliatelo a pezzetti grossi meno di una nocciuola e uniteci dei pezzetti di prosciutto, di tartufi o di funghi che gli donano molta grazia.
Per dare a questo riso ripieno la forma di perette fatevi fare un imbutino di latta del quale vi disegnerei la forma e la grandezza, se ne fossi capace, ma non conoscendo il disegno contentatevi del cerchio già delineato che ne rappresenta la bocca [figura09], la parte opposta della quale termina col suo cannoncino che ha due centimetri di lunghezza. Ungetelo col burro liquido e spolverizzatelo di pangrattato fine, poi riempitelo per metà di riso, poneteci due o tre pezzetti dell'umido descritto e finite di riempirlo con altro riso. Formata la pera, per estrarla soffiate dal cannoncino, ripetendo l'operazione finché avrete roba. Già s'intende che per friggerle queste perette bisogna dorarle con uova e pangrattato.
203. FRITTO NEGLI STECCHINI
Fegatini grossi di pollo, n. 2.
Lingua salata, grammi 40.
Gruiera, grammi 40.
I fegatini cuoceteli nel burro e conditeli con sale e pepe. Dopo cotti tagliateli in 12 pezzetti e lo stesso fate del gruiera e della lingua. Prendete 12 stecchini da denti ed infilate nei medesimi i suddetti 36 pezzi; prima la lingua, in mezzo il gruiera e in cima il fegatino a una certa distanza tra loro. Poi, servendovi della balsamella del n. 220 intonacate con la medesima i tre pezzetti in modo che restino ben coperti; indi passateli nell'uovo frullato, panateli e friggeteli.
Potete ai detti ingredienti aggiungere, volendo, pezzetti di animelle cotte come i fegatini e pezzetti di tartufi crudi.
204. AGNELLO IN FRITTATA
Spezzettate una lombata d'agnello, che è la parte che meglio si presta per questo piatto, e friggetela nel lardo vergine; poco basta, perché in quel posto la carne è piuttosto grassa. A mezza cottura condite l'agnello con sale e pepe e quando sarà totalmente cotto versateci quattro o cinque uova frullate e leggermente condite anch'esse con sale e pepe. Mescolate, badando che le uova assodino poco.
205. POLLO DORATO I
Prendete un pollastro giovane, vuotatelo, levategli la testa e le zampe, lavatelo bene e tenetelo nell'acqua bollente per un minuto. Poi tagliatelo a pezzi nelle sue giunture, infarinatelo, conditelo con sale e pepe e versategli sopra due uova frullate. Dopo mezz'ora almeno di infusione involtate i pezzi nel pangrattato, ripetendo per due volte l'operazione se occorre e cuoceteli a brace in questa maniera: prendete una sauté o una teglia di rame stagnata, ponete in essa olio, o meglio lardo vergine, e quando comincia a grillettare buttate giù i pezzi del pollo facendoli rosolare da ambedue le parti a moderato calore onde la cottura penetri nell'interno. Serviteli bollenti con spicchi di limone. L'ala di tacchino, che lessa è la parte più delicata, si presta egualmente bene per essere tagliata a pezzetti e così cucinata.
La punta del petto e le zampe dei polli, compreso il tacchino, possono darvi una norma della tenerezza delle loro carni perché, quando invecchiano, la punta del petto indurisce e non cede alla pressione delle dita, e le zampe, da nere che erano, si fanno giallastre.
206. POLLO DORATO II
Dopo averlo trattato come il precedente, tagliatelo a pezzi più piccoli, infarinatelo, immergetelo in due uova frullate e salate a buona misura; friggetelo in padella, conditelo ancora un poco con sale e pepe, e servitelo con spicchi di limone.
207. PETTI DI POLLO ALLA SCARLATTA
Da un petto di cappone o di una grossa pollastra potrete cavare sei fette sottili, che in un pranzo basteranno per quattro o cinque persone. Cuocetele col burro e conditele con sale e pepe.
Fate una balsamella con: burro, grammi 20; farina, grammi 40; latte, decilitri 2.
Quando è cotta uniteci grammi 50 di lingua salata tritata fine con la lunetta e, diaccia che sia, spalmate con la medesima i petti di pollo da tutte le parti. Tuffateli poi nell'uovo frullato, un solo uovo sarà sufficiente, panateli e rosolateli nel burro o nel lardo alla sauté, e serviteli con spicchi di limone
208. POLLO ALLA CACCIATORA
Trinciate una grossa cipolla e tenetela per più di mezz'ora nell'acqua fresca, indi asciugatela e gettatela in padella con olio o lardo. Quando è cotta mettetela da parte. Spezzettate un pollastro, friggetelo nell'unto che resta e, rosolato che sia, uniteci la detta cipolla, conditelo con sale e pepe e annaffiatelo con mezzo bicchiere di San Giovese od altro vino rosso del migliore e alquanto sugo di pomodoro e, dopo cinque minuti di bollitura, servitelo. Vi avverto che non è piatto per gli stomachi deboli.
209. POLLO FRITTO COI POMODORI
Ogni popolo usa per friggere quell'unto che si produce migliore nel proprio paese. In Toscana si dà la preferenza all'olio, in Lombardia al burro, e nell'Emilia al lardo che vi si prepara eccellente, cioè bianchissimo, sodo e con un odorino di alloro che consola annusandolo. Da ciò la strage inaudita, in quella regione, di giovani pollastri fritti nel lardo, coi pomodori.
Nelle fritture di grasso io preferisco il lardo perché mi sembra dia un gusto più grato e più saporito dell'olio. Il pollo si taglia a piccoli pezzi, si mette in padella così naturale con sufficiente quantità di lardo, condendolo con sale e pepe. Quando è cotto si scola dall'unto superfluo e vi si gettano i pomodori a pezzetti dopo averne tolti i semi. Si rimesta continuamente finché i pomodori siensi quasi strutti e si manda in tavola.
210. FEGATO COL VINO BIANCO
Il vino, come condimento, non è molto nelle mie grazie, ammenoché non si tratti di vino da bottiglia e di certi piatti in cui è necessario pel carattere loro speciale. Ma poiché i gusti sono tanti diversi, che quel che non piace ad uno potrebbe piacere ad altri, eccovi un piatto col vino.
Tagliate il fegato a fette sottili e così naturale friggetelo in padella con olio e burro. Frullate in un pentolino un cucchiaio di farina con vino bianco ottimo ed asciutto, per formare un intriso molto liquido; quando il fegato sarà a due terzi di cottura versateglielo sopra. Finite di cuocerlo e conditelo con sale e pepe.
211. FEGATO ALLA CACCIATORA
Se il fegato fosse grammi 300 circa, trinciate tre grosse cipolle e tenetele in molle nell'acqua fresca per un'ora o due. Sgrondata dall'acqua, gettate la cipolla in padella per asciugarla; asciutta che sia versateci il lardo per friggerla, e quando avrà preso il color marrone uniteci il fegato tagliato a fette sottili. Lasciatelo soffriggere alquanto, frammisto alla cipolla; versate poi nella padella poco meno di mezzo bicchiere di vino rosso buono e dopo cinque minuti, movendolo sempre, servitelo condito con sale e pepe. Non è piatto per gli stomachi delicati.
212. CASTAGNOLE I
Questo piatto particolare alle Romagne, specialmente di carnevale, è, a dir vero, di genere non troppo fine, ma può piacere.
Intridete sulla spianatoia una pasta soda con farina, due uova, una cucchiaiata di fumetto, odore di scorza di limone e sale quanto basta. Lavoratela molto e con forza colle mani come fareste del pane comune, facendole a poco per volta assorbire una cucchiaiata di olio fine. Per ultimo tiratela a bastoncini, tagliateli a pezzetti del volume di una noce e gettateli subito in padella a lento fuoco dimenandola continuamente. Cotte che sieno le castagnole, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele diaccie; ché sono migliori che calde.
Se invece di fumetto vi servirete di cognac o di acquavite, il che sembra lo stesso, vi prevengo che non otterrete il medesimo effetto e che rigonfieranno poco.
213. CASTAGNOLE II
Eccovi una seconda ricetta di castagnole. Provatele tutt'e due ed attenetevi a quella che più vi garba.
Uova, n. 2.
Acqua, due cucchiaiate.
Fumetto, due cucchiaiate.
Burro, grammi 20.
Zucchero, grammi 20.
Un pizzico di sale.
Mettete in un vaso i rossi d'uovo, lo zucchero, il fumetto, l'acqua e il sale. Mescolate, montate le chiare e con questi ingredienti e il burro intridete tanta farina sulla spianatoia da formare un pastone che si possa lavorar colle mani. Dimenatelo molto perché si affini, poi fatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce e friggetele come le antecedenti a fuoco lento e in molto unto.
214. CREMA FRITTA I
Amido, grammi 100.
Zucchero, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, decilitri 4.
Uova, due intere.
Odore di scorza di limone.
Sale, una presa.
Lavorate le uova collo zucchero, poi aggiungete l'amido ridotto in polvere, la scorza di limone grattata, il latte versato a poco per volta e il burro. Mettete il composto al fuoco rimestando continuamente come fareste per una crema comune e quando sarà condensato da non crescer più, gettate la presa di sale e versatelo in un vassoio o sopra un'asse, distendendolo alla grossezza di un dito.
Tagliatelo a mandorle quando sarà ben diaccio, doratelo coll'uovo e pangrattato, friggetelo nel lardo o nell'olio e servitelo caldo per contorno ad altro fritto.
215. CREMA FRITTA II
Farina, grammi 100.
Zucchero, grammi 20.
Uova intere, n. 2.
Latte, decilitri 5.
Odore di vainiglia o di scorza di limone.
Per la cottura tenetela sul fuoco finché la farina non abbia perduto il crudo. In quanto al resto regolatevi come quella del numero precedente. Metà dose, mista ad altro fritto, potrà bastare per quattro o cinque persone.
216. TESTICCIUOLA D'AGNELLO
La testicciuola d'agnello, quando non si voglia mangiar lessa, io non conosco che due modi di cucinarla; fritta e in umido (vedi n. 321). Per friggerla tanto sola che col cervello, vedi la Pastella per fritti di carne, n. 157.
217. CORATELLA D'AGNELLO ALLA BOLOGNESE
Tagliate il fegato a fettine e il pasto a pezzetti e così naturali buttateli in padella con del lardo. Quando la coratella sarà quasi cotta scolatela da tutto l'unto e gettatevi dentro un pezzetto di burro; continuate a friggere e poco dopo versate in padella sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua o nel brodo. Conditela con sale e pepe, mandatela in tavola con questa sua salsa, e state sicuri che sarà lodata.
218. FRITTO D'AGNELLO ALLA BOLOGNESE
Il meglio posto dell'agnello per friggere è la lombata: ma può servire benissimo anche la spalla, compreso il collo. Spezzettatelo e friggetelo come la coratella del numero precedente.
219. CONIGLIO FRITTO
La ripugnanza che molti in Italia sentono pel coniglio (Lepus cuniculus) non mi sembra giustificata. È una carne di non molta sostanza e di poco sapore al che si può supplire coi condimenti; ma è tutt'altro che cattiva e non ha odore disgustoso, anzi è sana e non indigesta come quella d'agnello. Si offre poi opportuna per chi non avendo mezzi sufficienti a procurarsi carne di manzo, è costretto a cibarsi di legumi ed erbaggi. Il miglior modo è di friggerlo come la coratella del n. 217.
Dicono poi che il coniglio lesso fa un brodo eccellente.
La domesticità del coniglio rimonta ad un'epoca assai antica, giacché Confucio, 500 anni avanti l'era cristiana, parla di questi animali, come degni di essere immolati agli Dei, e della loro propagazione.
220. COTOLETTE IMBOTTITE
Formate delle cotolette di vitella di latte oppure di petti di pollo o di tacchino, tagliate sottili e, se tenete a dar loro una forma elegante, tritatele e riunitele dopo, schiacciandole. Se trattasi di vitella di latte basteranno grammi 170 di magro senz'osso, per ottenerne 6 o 7. Soffriggetele, così a nudo, nel burro, salatele e mettetele da parte.
Fate una balsamella con grammi 70 di farina, 20 di burro e 2 decilitri di latte e appena tolta dal fuoco, salatela, gettateci una cucchiaiata di parmigiano e un rosso d'uovo mescolando bene. Quando sarà diaccia spalmate con questa le cotolette da ambedue le parti alla grossezza di uno scudo pareggiandola colla lama di un coltello da tavola intinto nell'olio, poi immergetele nell'uovo frullato, panatele e rosolatele friggendole nell'olio o nello strutto.
Servitele con spicchi di limone.
221. BRACIOLINE DI VITELLA DI LATTE ALL'UCCELLETTO
Prendete carne magra di vitella di latte, tagliatela a bracioline sottili e battetele bene con la costola del coltello. Ponete al fuoco in una cazzaruola o nella sauté olio e burro in proporzione con alcune foglie intere di salvia e quando queste avranno soffritto un poco gettateci le bracioline, conditele con sale e pepe e quando avranno bollito a fuoco vivo per cinque o sei minuti spremeteci del limone e mandatele in tavola.
È un piatto da servire per colazione.
222. SALTIMBOCCA ALLA ROMANA
Li ho mangiati a Roma, alla trattoria Le Venete, e perciò posso descriverli con esattezza.
Sono bracioline di vitella di latte, condite leggermente con sale e pepe, sopra ognuna delle quali si pone mezza foglia di salvia (una intera sarebbe di troppo) e sulla salvia una fettina di prosciutto grasso e magro. Per tenere unite insieme queste tre cose s'infilzano con uno stecchino da denti e si cuociono col burro alla sauté; ma vanno lasciate poco sul fuoco dalla parte del prosciutto perché questo non indurisca. Come vedete è un piatto semplice e sano.
Con 300 grammi di magro ne otterrete 11 o 12 e potranno bastare per tre o quattro persone.
Le bracioline tenetele alla grossezza di mezzo dito, e prima di prepararle bagnatele e spianatele.
Potete servirle con un contorno qualunque.
223. BOCCONI DI PANE RIPIENI
Se scrivessi in francese, seguendo lo stile ampolloso di quella lingua, potrei chiamare questi bocconi: bouchées de dames; e allora forse avrebbero maggior pregio che col loro modesto nome.
Prendete un fegatino o due, di pollo, qualche animella e, se lo avete, un ventriglio di pollo o di tacchino, che non guastano; ma quest'ultimi, che sono duri, lessateli prima a metà e levatene il tenerume. Tritate il tutto colla lunetta, mettetelo al fuoco con un battutino di cipolla, prosciutto, un pezzetto di burro e conditelo con poco sale, pepe, e odore di noce moscata o di spezie. Quando comincia a grillettare versate un cucchiaino scarso di farina, mescolate perché s'incorpori e poi bagnatelo con sugo di carne o col brodo. Fate bollire e quindi versateci dentro a poco per volta un uovo frullato e, rimestando sempre, lasciate che il composto assodi. Ritiratelo dal fuoco, aggiungete un pizzico di parmigiano e versatelo in un piatto.
Ora prendete una pagnotta di pane raffermo, tagliatela a fette grosse un centimetro scarso, levatene la corteccia e fatene dei dadi larghi come un pezzo da 10 centesimi o poco più. Mettete abbondantemente il composto sopra ai medesimi da una sola parte, e questa, mezz'ora prima di friggere, infarinatela, e distendete i pezzetti di pane sopra un vassoio. Versate loro sopra dell'uovo frullato in abbondanza onde il pane s'inzuppi e il composto resti coperto e ben dorato: gettateli in padella dalla parte del composto stesso.
Vi prevengo che questo fritto fa molta comparita, talché colle rigaglie di un pollo, e due o tre animelle di agnello, potrete ottenere una ventina di bocconi i quali misti a un fritto di cervello o d'altro piaceranno molto. Si può fare anche a meno delle animelle; l'odore dei tartufi, se li avete, non potrà far che bene.
224. FRITTO ALLA GARISENDA
Signore che vi dilettate alla cucina non mettete questo fritto nel dimenticatoio, perché piacerà ai vostri sposi e, per gl'ingredienti che contiene, forse sarete da essi rimeritate. Prendete pane raffermo, non troppo spugnoso, levategli la corteccia e tagliatelo a mandorle o a quadretti di quattro centimetri circa per ogni lato, tutti di un'eguale misura. Distendete sopra ad ognuno prima una fetta di prosciutto grasso e magro, poi fettine di tartufi e sopra a questi una fetta di cacio gruiera. Coprite il ripieno con altrettanti pezzetti di pane che combacino premendoli insieme perché stieno uniti; ma tagliate ogni cosa sottile onde i pezzi del fritto non riescano troppo grossolani.
Ora che lo avete preparato, bagnatelo leggermente col latte diaccio e quando lo avrà assorbito tuffate ogni pezzo nell'uovo frullato indi nel pangrattato ripetendo due volte l'operazione onde anche gli orli restino dorati e chiusi. Friggetelo nel lardo o nell'olio e servitelo solo o misto a qualche altro fritto.
225. CERVELLO, ANIMELLE, SCHIENALI, TESTICCIUOLA, ECC.
Per questi fritti, vedi la Pastella per fritti di carne, n. 157.