L'altro giorno mi è giunta una proposta
editoriale, con la solita richiesta di
contributo in denaro.
Allegata ad essa vi era una poesia,
tanto per fornirmi un campione
della qualità delle loro Stampe. La
poesia si presentava, testualmente
così: (io ne ho trascritto solo
l'inizio per ovvii motivi)
L'INFINITO
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
........
Al che, ho risposto all'editore con la
seguente lettera, che ti
autorizzo a pubblicare, assieme alle
righe di spiegazione precedenti.
"Fare di necessità virtù."
Gentile Editore,
la Sua lettera mi ha fornito lo spunto
per una riflessione che sto
mettendo su carta e che, spero,
leggerà.
Sono un cultore della lingua italiana
(ho letto tantissimo, prima di
iniziare a scrivere) ed un esperto di
Comunicazione. Non so come Lei
sia giunto a conoscenza di me, ma sono
un gran "navigatore" e mi è
facile immaginarlo. Quando Le venisse
voglia di conoscermi meglio, può
dare un'occhiata al mio sito-portfolio
(non esente da un paio di
refusi), il cui indirizzo provvisorio
è:
www.fortunecity.com/business/plumbers/1334/index.htm
Ma torniamo alla mia riflessione.
Spesso incorriamo in errori, ed a volte
li adottiamo, ("perseverare
diabolicum"), perché non vi
facciamo mente locale, o perché nessuno
ci
mette sull'avviso.
E se qualcuno lo fa, non sempre ci sa
dire perché sbagliamo, o
indicarci il motivo per cui quel certo
errore di espressione si sia
instaurato in noi. (Mi riferisco ad
errori di comunicazione, scritta
od
orale.)
Voglio farle un paio di esempi in
proposito.
"Scrivere prima il cognome e poi il
nome."
È un errore cui incorriamo più al Sud
che al Nord. Ci viene inculcato
quando ascoltiamo l'appello giornaliero,
agli esordi nel mondo della
scuola. E veniamo rinforzati in esso
dalla consultazione di elenchi
telefonici, dalla compilazione di moduli
burocratici, ecc. .
Naturalmente, comprendiamo le esigenze
pratiche di archiviazione e
ricerca. Ma molti di noi vedono in ciò
solo l'autorevolezza delle
fonti, scambiano la necessità per
virtù e ... l'adottano. Facendo
assurgere a "magister"
un metodo dettato da necessità
pratiche
contingenti, ho visto, e sono rimasto
esterrefatto (perché si trattava
di una laureata, per giunta addetta al
Marketing di un sito) una
signora firmarsi così:
Bianchi dottoressa Ada.
Il colmo dell'aberrazione.
Altro esempio.
La necessità del computer di lavorare
su dati chiari (per lui .) ed
omogenei, ha indotto i programmatori a
prevedere, per le date, l'uso
di
6 caratteri (io ho lavorato per anni
nell'informatica):
2 per il giorno, 2 per il mese e 2 per
l'anno.
Anzi, dopo l'esperienza del "baco
del millennio", 4 per l'anno.
L'automa computer ha bisogno che gli si
dica, se si vuole indicargli
febbraio: "02". Se gli
si dice 2, potrebbe confondersi, o
meglio,
vuole riempite due caselle. Sennò,
sputa il dato. (O la data?)
Ma fuori dall'ambito della modulistica e
dell'informatizzazione,
scrivere in una lettera, in un
curriculum, ecc. , Palermo, 02/04/01 è
errato. Va scritto invece, per esempio,
2 aprile '01.
È molto più . umano.
È sperabile che qualcuno, nella
prossima generazione, non arrivi a
dire "Sono nato lo (o peggio:
"il") zero due, zero quattro,
zero uno."
Ma lo spunto per raccontarle ciò?
Word è stato progettato guardando più
all'ufficio che alla
Letteratura.
Quando, digitando, si forza un'andata a
capo, Word si predispone a
compilarci una lista della spesa,
piuttosto che i versi di una lirica.
Prima dell'avvento del PC, infatti, non
si vedevano mai poesie
scritte,
come quella da Lei allegata, con i
capoversi maiuscoli.
Io, comunque, non sono contrario alle
innovazioni positive, casuali o
meno che siano le loro origini.
Devo notare però che, questa novità,
non mi garba per almeno due
motivi.
a) Ogni volta che, leggendo una poesia
sconosciuta, mi imbatto
davanti al capoverso maiuscolo, mi viene
da chiedermi: "Può essere che
non abbia notato il punto, alla fine del
verso precedente?" Ciò mi
distrae dalla concentrazione e dalla
comprensione.
b) A volte il Letterato, per
sottolineare il rispetto per
una "parola" o per
enfatizzarne il significato, la scrive
con
l'iniziale maiuscola. (ES.: Patria,
Amore, Amicizia, Autore, ecc. .)
Adottando la grafia da Lei usata, se la
parola enfatizzata capita ad
inizio verso, le intenzioni del Poeta
vanno a farsi benedire.
Che vantaggi intravede Lei in questa
innovazione? Far capire che
inizia
un nuovo verso? Lo si comprendeva già.
A me sembra soltanto un'altra necessità
(di qualche versione di Word,
cui si possono modificare le opzioni, o
forzare le minuscole)
fatta ...
virtù.
Tanto Le dovevo, gratuitamente,
Stellario Panarello.
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