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Iniziamo subito con una domanda complessa sparata a bruciapelo: Secondo l'influente Simone Lucciola che cosa rende il "punk atavico" di gran lunga migliore rispetto al "punk contemporaneo"? E poi... Ascoltando principalmente cose vecchie (come faccio io) non si contraddice l'ideale del "No future", cardine della nostra musica, finendo per essere più simili agli antiquari che ai ragazzi di strada?

Simone: Allora: secondo l'influente personaggio da te citato, che poi in realtà conta quanto il due di spade quando la briscola è a coppe, il punk dei bei tempi che furono è in effetti di gran lunga migliore rispetto a quello odierno, e su questo non c'è dubbio, credo. I motivi sono molteplici e variegati, soprattutto se si esula dal punto di vista strettamente musicale per passare all'apparente mutazione del contesto storico, umano e sociale di base. Per farla breve, il punk, con il  trascorrere inesorabile degli anni, ha probabilmente perso buona parte del proprio mordente, legato in fondo proprio alla connotazione avanguardistico-disturbante e vagamente neo-dadaista che aveva un tempo. Già il semplice fatto che oggi si possa andare in libreria e comprare un manuale di stronzate precotte su 'sto benedetto "No future", o sulla rilettura crassiana del messaggio messianico di punk-rivolta, di per sé può costituire una perfetta manifestazione di questo disagio culturale del punk, travisato e imbastardito da troppe lotte intestine e da troppi tentativi donchisciotteschi di trovare un senso nel nonsense, o di dire oggi le stesse cose che si dicevano dieci, venti o venticinque anni fa, con l'infondata pretesa che poi suonino pure attuali.
È logico, date le premesse sopracitate, che si corra frequentemente il rischio di scadere nel piattume e nel pattume punk-musicale o punk-ideologico, o, più genericamente, nell'omologazione culturale occultata da una debolissima patina pretestuale (vedi l'emblematico "punk for fun"). Io non so se il punk sia poi morto, ma sono certamente convinto che i punx di oggi non possano essere altro che dei filologi del genere, eccezion fatta per coloro i quali ne abbiano vissuto in prima persona la nascita e l'evoluzione (cosa tra l'altro difficile, anche solo perché, com'è logico, vivere di trascorsi e sentirsi ancora punk è una scelta abbastanza rara tra i quarantenni).
In definitiva, la differenza tra il punk di ieri e quello di oggi, secondo me, è proprio da ricercarsi nel maldestro sgamberamento che ci ha portati dall'espressione irrazionale e nichilista del disagio al vangelo, anzi, ai vangeli del disagio. Del resto, il destino di tutti gli eroi è quello di essere idealizzati, adorati, fraintesi e poi buttati via, e lo stesso vale per gli antieroi.


Tu hai solo qualche anno più di me, quindi neanche tu hai vissuto in prima persona l'età d'oro del punk/hardcore. Non senti mai la sensazione che i dischi degli anni '80 siano bellissimi, anche più veloci e potenti di quelli contemporanei, ma che non ti riguardino in prima persona? Come hai recuperato l'aspetto del coinvolgimento emotivo?


SL: Allora, io sono nato precisamente nell'agosto del 1978, cioè più o meno in contemporanea con il celeberrimo e strombazzatissimo omicidio Spungen (poi prontamente diventato fiction), quindi tutto quello che ricordo del punk degli anni '80, negli anni '80, è la maniera in cui la TV e i giornali lo presentavano allora (curioso fenomeno da baraccone associato alla moda e al look trasgressivo dei giovani…). Ricordo anche che personaggi del mondo dello spettacolo nazionale come Donatella Rettore o addirittura come Anna Oxa erano associati allora al punk, così come ricordo che a carnevale i mocciosi si travestivano "da punk" combinandosi più o meno come dei piccoli barboni, e che nei cartoni animati e negli spettacoli di cabaret della Fininvest (non sono sicuro che esistessero già i tre canali del dannato biscione) c'erano continui riferimenti al punk, sempre a titolo di esplicita presa per il culo rivolta contro un branco di rumorosi scalmanati giovinastri senza cervello.
Ogni tanto poi li vedevo pure dal vivo, questi curiosi e famigerati punk, nonostante a Formia sicuramente non pullulassero. Li avvistavi in giro per la strada e rimanevi per due minuti fisso a guardarli, mentre tua madre ti teneva per mano e il più delle volte se la rideva. Mi piace pensare che se allora non fossi stato, per ragioni puramente anagrafiche, il soggetto dello sguardo infantile, ne sarei stato certamente l'oggetto. Quando ascolto quei vecchi dischi (sono comunque già oltre dieci anni che lo faccio) sento che in fondo appartengono anche a me, perché gli anni ottanta fanno sicuramente parte del mio vissuto, e tutto quello che appartiene al mio vissuto, seppur remoto o mediato, è inevitabilmente mio.


Nelle recensioni di Lamette ci sono ovviamente anche molti dischi di gruppi emergenti o comunque dei giorni nostri... Ho notato però che ci sono più note positive per le bande oi! che per quelle hardcore. E' solo una questione numerica? Oppure la musica oi! è rimasta più fedele alle proprie origini? Oppure i gruppi HC che circolano adesso non hanno saputo portare innovazioni consistenti?

SL: Sì, in linea di massima credo che si tratti solo di una questione numerica, dal momento che le Oi! bènds praticamente pullulano, in questi ultimi tempi. Forse bisognerebbe anche dire che l'hardcore è per sua natura più soggetto a politicizzazioni e a contaminazioni varie, quindi spesso sconfina oltre il seminato del punk vero e proprio, con risultati variabili dal meraviglioso (prendi i Panico) al vomitevole (prendi un sacco di robaccia che trovi in rete). L'hardcore è quasi sempre meno schematico e probabilmente anche più innovativo dell'Oi!, diciamocelo francamente, ma questo raramente può essere considerato un pregio. Così come,  per contro, se ascolti Oi! sai quasi sempre cosa bevi, ma a volte ti fai pure due palle con messaggi triti e ritriti accompagnati da una base scontata e monocorde. Insomma, per me la morale è sempre quella: i buoni gruppi sono buoni solo in relazione alla musica e ai testi, indipendentemente dal genere.


Per quanto ho visto nelle città dove vivo (Parma e Milano) e purtroppo a volte anche su certi siti, mi sembra che si tenda a promuovere le cose fatte dai gruppi amici o prodotte dalla propria etichetta, indipendentemente dal fatto che sia buona musica o no... Questa logica "clientelare" nuoce alla musica punk? Esisteva già negli anni 80 o è un altro prodotto dei nostri tempi?

SL: La logica clientelare è tipica delle associazioni a delinquere e di tutte le cose ai margini della legalità, e a pensarci bene fanzines e webzines rientrano certo più in quest'ultima categoria che in quella dei periodici mensili. Promuovere piuttosto che stroncare, dare spazio piuttosto che negarlo, dare voce a ciò che altrimenti nessuno si inculerà mai dovrebbe essere, nel 90% dei casi, l'unica parola d'ordine, nonché l'unica aspirazione delle fanzines. Al tempo stesso, è poi logico che ognuno tirerà sempre (ma non solo) l'acqua al proprio mulino. Credo che sia stato così fin dalla notte dei tempi, e non ci vedo niente di male, anche se personalmente sono convinto che certi evidenti snobismi, da parte di alcune fanzines nazionali, non facciano affatto bene alla scena italiana. Preciso che su "Lamette", tanto per non predicare bene e razzolare male, non ho ancora mai rifiutato di recensire alcunché, eccezion fatta per un paio di cose che non avevano alcuna attinenza né con me né con il punk né con il sito.
Ok, poi potrei anche parlarti delle varie fanzines che a metà anni '90 rifiutarono di darmi spazio per la Gioventù Bruciata perché non eravamo abbastanza politicizzati e socioimpegnati per loro (della serie "siete cafoni, ignoranti e nichilisti, non ci interessate"), ma qui temo di sconfinare e di sparare pure sulla croce rossa.


Pensi che tutta questa curiosità che si è creata in questi anni attorno al punk fà bene o nuoce alla nostra musica?

SL: Penso che la curiosità sia quasi sempre sinonimo di intelligenza e insieme causa di enormi problemi. Tutta questa curiosità sul punk è un bene quando ci porta a conoscere nuovi amici o quando crea nuove bènds, così come è un male quando ci porta una marea di coglioni subumani che vengono ai concerti a fare i pagliacci o a cercare alternative tossiche alla ben più consueta discoteca. Comunque sia, a nessuno si può impedire di essere curioso, ovvio. Dunque sta a noi accettare o rifiutare di volta in volta dischi, persone e situazioni che ci si propongono tra capo e collo.


Una componente fondamentale dell'hardcore sono la velocità e gli stacchi... Io penso che siano proprio questi aspetti che lo rendono un genere molto aggressivo e di rottura... Tuttavia ci sono alcuni gruppi, specialmente degli ultimi anni, ma anche più vecchi, che pur essendo veloci e potenti risultano, dopo poche canzoni, molto noiosi.
Secondo te qual'è il limite tra velocità e noia?


SL: Questa è una domanda difficile. Forse è la velocità fine a se stessa che sconfina nella noia. Un gruppo punk o anche hc, a mio avviso, dovrebbe comunque curare molti altri aspetti, prima della velocità. Testi, arrangiamenti, tecnica, intelligenza, violenza, originalità, impatto, sono tutte cose che a mio avviso contano molto di più della semplice velocità, anche quando quest'ultima rappresenta una componente fondamentale del genere. Altrimenti non ti spiegheresti come mai cose cronologicamente antiche e relativamente molto lente (prendi "Kick out the jams" degli MC5, per esempio) spacchino ancora letteralmente il culo ai passeri, superando in potenza il 90% dei pezzi delle bands punk e hc attualmente in circolazione nel circuito mondiale.


Un'altra componente essenziale è la protesta e la voglia di riscatto... Pensi che questo debba essere per forza legato a una ideologia politica? Ciò riguarda anche la Webzine che sto creando: non vorrei che affrontasse solo l'aspetto musicale (odio il punk for fun), ma secondo me dire "Fotti Berlusconi!" o altri slogan, non aiuta a cambiare la situazione sociale... Io penso che si debba cambiare la mentalità della gente comune, invece... Un po' come "White Riot" dei Clash... Tu cosa ne pensi?

SL: Io penso che la politica non faccia altro che creare utopie, confusioni e divergenze: pertanto non me ne interesso affatto. Quello che dico, faccio, penso o scrivo non è mai legato alla politica o identificabile con un'ideologia precisa, o con uno stile preciso. Sono io e basta, senza slogan, senza fissi ideali, senza alcun interesse per la società o per la massa. 100% di individualismo finalizzato al piacere volatile e irrinunciabile: prendere o lasciare. Non voglio né fare il nazzareno della situazione né indottrinare nessuno, né tantomeno cambiare la situazione sociale. Forse questa risposta ti deluderà, ma in fondo è proprio così per me: la mia maniera di non soccombere e non sottostare a niente e a nessuno è cercare di sfruttare e ribaltare ogni cosa a mio vantaggio, persistendo orgogliosamente nei vizi di cui sono schiavo.


Veniamo a te e al tuo gruppo, Gioventù Bruciata, mi sembra che suoniate un genere che ingloba elementi oi! ed elementi punk/hardcore. All'inizio della vostra carriera avevate difficoltà a trovare posti dove suonare? Siete mai stati osteggiati da qualcuno? Avete qualche nuova uscita in programma? "Formia" è una canzone bellissima! E mi sembra che abbia un testo per niente retorico...

SL: Mah, all'inizio della nostra carriera, nonostante i numerosissimi concerti nel sud pontino, avevamo difficoltà sia nel trovare posti dove suonare fuori casa che nell'essere supportati, distribuiti o recensiti dalle fanzines. Difficile la vita in quel periodo per un gruppo apolitico provinciale stile settantasette, che non si colorava i capelli, che cantava quasi esclusivamente in inglese, e che oltretutto manco marcava tanto bene a vedersi: a questo proposito, devo dire che ricordo ancora benissimo l'orrore che provarono una sera alcuni vegani del nord Italia nell'accorgersi che indossavo con nonchalance un lunghissimo impermeabile di vera pelle.
Quando ripenso ai non pochi osteggiatori (per quanto occulti) che avevamo allora, sia a Formia che fuori, sono sempre felice quando, a distanza di sei anni, mi chiedono ancora una copia di "Gioventù Bruciata", e penso inevitabilmente che al di là di tutto, nel nostro piccolo glielo abbiamo proprio messo in culo.
Oggi noi ci siamo ancora, e loro no, e abbiamo in programma un nuovo, breve cd, di cui non sappiamo ancora il titolo, anche se i pezzi ("Circolo vizioso", "Sessantotto=merda" e altri di cui non ti anticipo i titoli) sono quasi tutti pronti e già li suoniamo in parte dal vivo. Abbiamo anche una nuova cover di punk italiano anni '80, che includeremo sicuramente.
Per quanto riguarda "Formia", invece, sono lieto che tu l'abbia apprezzata, anche perché è stata scritta per ultima, giusto qualche giorno prima che fosse registrata sul demo. Non pochi formiani hanno criticato quel testo: è scontato e offende il loro campanilismo, dicono. Bah. 


Tu ascolti anche musica non punk, ovviamente, e ti occupi di forme espressive diverse dalla musica... C'è sempre un filo conduttore tra quello che fai e ascolti o fai anche cose diverse solo perchè ti interessano in quel momento?

SL: Tutto quello che faccio è motivato da un mio impulso (o desiderio) del momento: pertanto può essere legittimato o rinnegato con facilità a posteriori. Il filo conduttore che lega tra loro le varie cose di cui mi occupo, o che fagocito (musica di vario genere, letteratura di vario genere, cinema di vario genere, figuratività di vario genere) sono ovviamente io stesso: il mio gusto personale e il mio desiderio determinano sempre e comunque i legami tra me e le cose. Chiaramente, il risultato è che tutto si amalgama in un guazzabuglio ideale il cui senso non è mai predeterminato. Una logica precisa la ritrovo solo dopo, se e quando mi serve come pretesto esplicativo, ma non la prendo mai in considerazione come punto di partenza. Forse mi piace costruire i palazzi senza le fondamenta, ma in fondo mi va bene così.


Un'ultima domanda! Molti musicisti di hardcore anni '80, come Zazzo dei Negazione, dicono di non seguire la scena punk attuale... Pensi che il punk debba passare il testimone della protesta ad un altro genere? Che finiremo per ascoltarlo così come i "vecchi" ascoltano il jazz???

SL: Non ne ho idea: in una realtà futuribile tutto è possibile. Certamente ci saranno revival musicali degli anni '10, '20, '30, '40, '50, '60, '70, '80, '90 e oltre, così come ci saranno contaminazioni assurde e tuttora completamente imprevedibili. Forse nasceranno nuovi generi, anzi, sicuramente accadrà, e magari faranno pure schifo, anzi, sicuramente accadrà. Si tornerà sul punk mille volte, e mille altre volte tutti se lo dimenticheranno di nuovo, come del resto è già successo.
Se ci pensi bene, poi, non tutti i vecchi ascoltano il jazz, così come non tutti i giovani ascoltano il punk. Per me la protesta è innata nella nostra natura e da sempre vive e vegeta nella mente dell'homo incazzatus, anche senza bisogno di accompagnamento musicale alcuno.

Un grazie enorme per il tuo supporto e per la piacevole serie di domande
Mi sembrava doveroso cominciare questa rubrica con un intervista a Simone Lucciola, frontman dei Gioventù Bruciata ed editor di Lamette. A lui, che ha riavvicinato i giovani al punk atavico, poniamo la prima serie di domande irriverenti sulla natura e sulla degenerazione della nostra amata musica!
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