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Tu che vivi,
figlio d'Urania,
sol colle
d'Elicona e affidi
all'uomo la tenera
vergine
rapita, o Imeneo
Imen,
o Imen Imeneo,
cingi le tempie
con i fiori
di maggiorana
profumata,
prendi il velo di
fiamma e qui
lieto, qui vieni
col tuo piede
bianco fasciato
d'oro:
eccitato
dall'allegria
del giorno, con
voce squillante
canta gli inni
nuziali, batti
coi piedi la terra
e impugna
la fiaccola di
pino.
Oggi Vinia a
Manlio va sposa,
bella come la dea
di Cipro
quando andò al
giudizio di Paride,
vergine che si
sposa
con gli auspici
migliori,
splendente come
nella Misia
ramoscello di
mirto in fiore,
che le dee degli
alberi nutrono
con gocce di
rugiada
per poterne
godere.
Vieni dunque e
senza fermarti
lascia le grotte
delle Muse
sulla montagna di
Tespie,
bagnate dalle
fresche acque
della fonte
Aganippe,
e chiama a casa la
padrona,
stringendo in un
nodo d'amore
il desiderio dello
sposo,
come intorno al
tronco si avvinghia
con la sua forza
l'edera.
E anche voi,
candide vergini,
che avrete un
giorno come questo,
seguendo il ritmo
cantate
in coro 'o Imeneo
Imen,
o Imen Imeneo',
perché piú
volentieri,
sentendosi
chiamare al rito,
lui che ispira
onesti piaceri,
che ogni amore
onesto annoda,
accorra qui fra
noi.
Nessun dio è piú
implorato
da un amante
riamato,
nessuno è piú
onorato in cielo
da noi, o Imeneo
Imen,
o Imen Imeneo.
Per i figli
t'invoca il padre
tremando, in tuo
onore sciolgono
le vergini la loro
veste,
col timore del
desiderio
ti ascoltano i
mariti.
E tu, strappandola
dal grembo
della madre,
abbandoni a un giovane
brutale una
fanciulla appena
in fiore, o Imeneo
Imen,
o Imen Imeneo.
Nessun piacere che
sia lecito
può prendere senza
di te
l'amore: solo se
tu vuoi
è possibile. Non è
facile
essere come te.
Senza di te nessuna
casa
può dare figli che
sostengano
il padre: solo se
tu vuoi
è possibile. Non è
facile
essere come te.
Una terra senza i
tuoi riti
non avrà difensori
ai suoi
confini: solo se
tu vuoi
potrà averli. Non
è facile
essere come te.
Spalancate le
porte: vieni,
fanciulla, e
guarda come splende
la fiamma delle
torce al vento.
. . .
. . .
. . .
. . .
Il suo pudore la
trattiene e,
sentendone il
richiamo, piange
ora che deve
andare.
Non piangere, non
c'è pericolo
che una donna piú
bella
di te,
Aurunculeia,
veda sorgere
dall'Oceano
i bagliori del
giorno.
Bella come un
giacinto
fra i mille colori
dei fiori
in uno splendido
giardino,
dove sei? il
giorno se ne va:
esci, sposa
bambina.
Esci, esci
bambina. Ascoltami,
se credi che sia
giunto il tempo.
Guarda come s'è
fatta d'oro
la fiamma delle
torce al vento:
esci, esci
bambina.
Non hai un marito
irrequieto
che per cercare in
qualche avventura
il piacere del
tradimento,
voglia riposare
lontano
dal tuo giovane
seno.
E come la vite
flessuosa
si avvince agli
alberi vicini,
lui dal tuo
abbraccio sarà
vinto. Ma il
giorno se ne va:
esci, esci
bambina.
O letto, letto
dell'amore
. . .
. . .
. . .
letto bianco
d'avorio,
quanta gioia
procurerai
al tuo padrone e
quanta lui
ne godrà nel volo
di notti e
giorni. Ma il
giorno se ne va:
esci, esci
bambina.
Alzate le torce,
fanciulli,
ecco, viene il
velo di fiamma.
Cantate, cantate
con noi
'Io Imeneo Imen
Io,
Io Imen Imeneo'.
Scoppieranno tutti
gli scherzi
pungenti del canto
di nozze
e tu, ragazzo,
lascia, lascia
le noci ai
bambini: l'amore
del padrone è
finito.
Su, dà queste noci
ai bambini,
languido amico:
hai giocato
fin troppo con le
noci: ora
dovrai adattarti a
Talasio.
Dai le noci,
ragazzo.
Sino ad oggi,
ragazzo mio,
disprezzavi le
contadine:
ora chi ti faceva
i riccioli
te li taglia.
Povero, povero
ragazzo, dà le
noci.
Si dice, sposo
profumato,
che tu non sappia
rinunciare
ai ragazzi; ma
devi farlo.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
Certo, solo
piaceri leciti
erano i tuoi, ma
ad un marito
nemmeno questi
sono leciti.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
E tu, sposa, non
rifiutare
a tuo marito ciò
che chiede,
mai o andrà a
cercarselo altrove.
lo Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
Ecco la casa del
tuo uomo,
cosí potente e
fortunata:
lascia che sia
come desideri,
lo Imeneo Imen lo,
Io Imen Imeneo,
finché la candida
vecchiaia
con il tremito
delle tempie
dica di sí a
tutti, a tutto.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
Varcando questa
porta liscia,
per augurio, oltre
la soglia
posa il tuo
piedino dorato.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
Vedi, in casa c'è
tuo marito
sdraiato sul letto
di porpora
e ti tende le
braccia.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
Anche dentro il
suo petto brucia
la stessa fiamma
che ti brucia,
ma piú
profondamente.
O Imeneo Imen Io,
o Imen Imeneo.
Lascia libero il
braccio morbido
di questa bambina,
ragazzo:
il letto nuziale
l'attende.
Io Imeneo Imen Io,
Io Imen Imeneo.
E voi che siete
state amate
solo dai vostri
vecchi sposi,
coricatela nel suo
letto.
Io Imeneo Imen lo,
Io Imen Imeneo.
Ora può venire lo
sposo:
tua moglie è nel
letto nuziale
e il suo viso in
fiore risplende
bianco come una
margherita,
rosso come il
papavero.
E tu (mi assistano
gli dei)
sei ugualmente
bello: Venere
non si è certo
dimenticata
di te. Ma il
giorno se ne va:
avanti, non
tardare.
No, tu non hai
tardato molto:
sei qui. Venere
sarà dolce
con te, perché ciò
che tu vuoi
lo vuoi al sole e
il tuo amore
non nascondi a
nessuno.
Si provi a sommare
i granelli
di sabbia nei
deserti d'Africa,
le stelle che
brillano in cielo,
chi vuol contare i
vostri mille e
mille giochi
d'amore.
Godetevi il
piacere e presto
fate figlioli. Una
famiglia
cosí antica non
può vivere
senza figli, ma
dal suo sangue
sempre deve
rinascere.
Voglio che un
piccolo Torquato,
tendendogli le
mani
dal grembo della
madre,
dolcemente, le
labbra schiuse,
al padre suo
sorrida.
E somigli tanto a
suo padre,
a Manlio, che
senza fatica
tutti lo
riconoscano,
e rispecchi nel
volto
l'onestà della
madre.
E per virtú di
madre
abbia sempre lode
il suo sangue,
come eternamente a
Telemaco
per la purezza di
sua madre
rimane onore raro.
Sprangate le porte, fanciulle:
lo scherzo è
finito. Ma voi,
dolci sposi, siate
felici:
godetevi la
giovinezza
nei piaceri
d'amore.