CAPITOLO 11
(Aspetti particolari della materia).
11.1
Il problema della malvagità.
Il titolo di questo paragrafo dice
chiaramente che intendiamo occuparci della
malvagità e non del male.
Ma qual è la ragione che sta alla base della
distinzione che abbiamo operato
tra i due termini? Nel paragrafo 5.3 avevamo concluso la nostra
ricerca sostenendo che il bene
e il male sono concetti applicabili soltanto ai due
aspetti opposti
concernenti il fluire della vita in generale,
dove il bene indica
conservazione-incremento-miglioramento e
il male
distruzione-diminuzione-deterioramento. Tuttavia
il male, così
posto, più che all’opera dell’uomo fa pensare
alle conseguenze di cataclismi
naturali e soltanto secondariamente tale
negatività è “analogicamente”
riferibile a comportamenti umani criminosi.
È vero che un piromane può produrre
gli stessi effetti di un fulmine e che un
terrorista (il quale riuscisse a far
saltare una diga) quelli di un’alluvione,
ma questi fanno parte dei pochi casi
in cui esiste un’omogeneità di effetti tra
eventi naturali e atti umani.
Nella maggior parte dei casi la malvagità si estrinseca
più spesso con un danno psicologico prima che fisico
alla vittima
designata e soltanto nei casi estremi produce
danni fisici e morte. La crudeltà
(la specifica condizione mentale alla base
dell’azione malvagia) è una forma
mentis che si forma del tutto indipendentemente
dalla natura, in
quanto in questa tutto il danno che viene
arrecato da un animale ad un altro ha
“sempre” un sua ragion d’essere riposta nella
ragione biologica [149],
mentre tra gli uomini il male viene favorito
o inferto ad una vittima
soltanto per odio o disprezzo, con motivazioni
del tutto soggettive e
arbitrarie, fino a raggiungere un’autentica
gratuità priva di alcuna
giustificazione. Una forma naturale di crudeltà
(propriamente: la “ferinità”)
è diffusissima in natura (ne abbiamo anche
citati alcuni esempi al
paragrafo 2.4 a proposito dell’Argomento etico) e non ha assolutamente
nulla di riprovevole, neanche da un punto
di vista etico, poiché è strettamente
“funzionale” all’animale che l’esercita in
quel momento e in quella data
situazione. Ora, il punto cruciale sta nel
fatto che nel contesto sociale
contemporaneo vi è scarsissima giustificazione
biologica nell’esercizio della
crudeltà da parte dei nostri simili, per
cui bisogna utilizzare un diverso
concetto per definire l’esercizio gratuito
della crudeltà degli uomini, che è
appunto quello di malvagità. Ma se la malvagità umana è estranea
alla ragione biologica a che cosa può essere riferita?
L’accesso all’aiteria ha sicuramente costituito un fatto
straordinario dell’evoluzione biologica e
possiamo ritenerlo nel complesso
sicuramente positivo, senza bisogno di entrare
in superflue esemplificazioni. E
ciò non tanto perché le esperienze idemali
siano di per se stesse granché
significative da un punto di vista biologico
(di solito favoriscono la vita, ma
in modo non essenziale) bensì perché si può
ritenere con buona approssimazione
che abbiano aiutato gli uomini a stare meglio
insieme e a provare qualche
piacere in più, in compagnia o da soli, e
quindi a sopportare meglio l’ignoranza
e la sofferenza. Tuttavia, avviandoci verso la fine del
nostro
trattatello mi corre l’obbligo di confessare
che ad un certo punto delle mie
riflessioni sull’aiteria, ho dovuto affrontare un terribile dubbio:
quello
che essa potesse celare in sé una sorta di
“doppio” specularmente negativo.
Tale doppio avrebbe potuto contenere tra
i suoi caratteri anche quello della malvagità
umana, la quale, ambiguamente e spesso tragicamente,
riesce a coniugarsi
con una sorta di razionalità perversa, votata
alla distruzione e alla morte.
Questa razionalità negativa, d’altra parte,
esiste realmente e la si coglie nel
modo in cui i malvagi realizzano i loro progetti,
talvolta studiati
minuziosamente in ogni minimo dettaglio.
Per breve tempo ciò ha turbato i miei
sonni e paradossalmente ha configurato all’interno
di un dualismo che
vuol essere alternativo a un monismo ormai
sclerotizzato un secondo livello di
esso, con un secondario “dualismo oppositivo”
(bene-male) nell “altro” dalla materia.
Ciò prefigurava il rinascere di un manicheismo
ormai sepolto fin dal Basso
Medioevo [150],
ma tuttavia vitalissimo quale aspetto
collaterale di tutte le ideologie [151],
laiche o religiose che siano, di ieri, di
oggi e di domani.
Potrei sottolineare il fatto che il dubbio
è durato lo spazio
di una metaforica notte, rafforzando subito
dopo la convinzione che l’aiteria si dispieghi in modo assolutamente omogeneo
del tutto “fuori”
dell’ambito di negatività che ho indicato.
Tuttavia, l’ombra lunga di questo
dubbio ha continuato a ricomparire ad intervalli,
richiedendo ogni volta un
ulteriore approfondimento che alla fine è
sfociato nella conclusione che sia da
escludere ogni coinvolgimento dell’aiteria nei fenomeni umani riconducibili alla
malvagità. Debbo però precisare che a ben vedere vi
è il carattere
alfa (l’estetica), il quale, data la sua estrema
ambiguità, lascia spazio a ritenere talvolta
che una qualche forma di
perversità contribuisca a risultati estetici
di rilievo. Ma l’eventuale
perversità nell’estetica, (quantunque talvolta possa essere
effettivamente foriera di atti malvagi) per
lo più si esaurisce nel contesto
dell’arte e quasi mai in quello della vita
reale, sebbene il rischio che ciò
avvenga non va trascurato [152].
Possiamo pertanto ritenere con buone ragioni
che nell’estetica la malvagità
venga soltanto rappresentata e che alla maniera della tragedia greca
(secondo l’interpretazione aristotelica)
produca più spesso catarsi che
esempi da imitare. Si può ancora aggiungere
che molto spesso l’arte, nel
rappresentare la malvagità ne “pone il problema”, alzando la soglia
dell’attenzione sul fenomeno e provocando
quindi il dibattito su di essa. Che
esista tuttavia una certa categoria di prodotti
estetici che mettono in scena
la malvagità (e che persino ne sostengono la legittimità
[153])
rientra nella specificità di questa negativa
specificità antropica, la quale peraltro può presentare
anche aspetti non negativi, in quanto può
includere forti elementi di rottura
delle convenzioni del gusto o delle convenzioni
correnti, mettendo in scena una
trasgressività formale e talvolta provocatoriamente
spettacolare che può dare
luogo a delle retroazioni positive. Ma a
questo proposito ritengo assai più
pericolose alcune forme di saggistica storica
e filosofica di carattere
razzista miranti a stigmatizzare il “male”
del quale sarebbero portatori
categorie o razze di individui ritenuti pericolosi
per l’integrità di un
principio, di una comunità o di un’intera
nazione. Ne sono esempio i trattati
razzisti dell’inizio del ‘900, che hanno
poi portato ai terribili genocidi
culminati nella shoah ebraica del secolo appena scorso.
Tuttavia la questione non può essere lasciata
cadere e bisogna
domandarsi che cosa possa spingere personaggi
(tipo Hitler e Himmler), non specificamente
assoggettabili alla psichiatria convenzionale,
a studiare e pianificare la
distruzione di un popolo e promuovere tanta
efferatezza e crudeltà con una
razionalità non priva di raffinatezze.
D’altra parte, siccome è difficile pensare
che la malvagità, in
quanto produttrice di una sofferenza non legata alla necessità ma
eleuteriamente scelta (e quindi “innaturale”),
sia un elemento “naturale” del
comportamento umano (come voleva Sade) bisognerebbe
ipotizzare che essa sia del
tutto fuori da ogni schema riferibile alla
ragione biologica. Ma se è
così essa non sarebbe neppure soggetta alla
necessità, quindi
“eccederebbe” la materia stessa e finirebbe per diventare un analogo
“per opposizione” delle comportamentali categorie analogiche dell’aiteria.
È infatti indubitabile che la malvagità sia causa di effetti che si
dispiegano nell’ambito della materia, ma ad essa non sembrano
imputabili nella misura in cui la malvagità umana non è per nulla
assimilabile alla ferinità degli altri animali
se non altro per le sue modalità
di esercizio. Ora, se l’uomo ha accesso attraverso
l’idema soltanto all’aiteria
quale seconda realtà, ma i prodotti della
malvagità non sono ad essa
riferibili sorge una domanda ineludibile
che suona press’a poco così: se la malvagità
non è riducibile alla materia e neppure all’aiteria, quale ne può
essere l’origine e quale la realtà di riferimento?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo
fare un passo indietro
e riconsiderare la struttura della mente
nel suo complesso, riesaminando il
ruolo centrale ricoperto dalla psiche e la sua capacità di
condizionare e in qualche caso addirittura
di asservire ai suoi fini le altre
due organizzazioni materiali (intelletto e ragione). Ora,
se noi consideriamo che la struttura mentale
in generale, ma specialmente la psiche
(che è l’organizzazione più rigidamente predeterminata e meno
evolvibile e trasformabile ontogeneticamente),
è per lo più riferibile
all’eredità genetica, che è determinata dal
caso, ci dobbiamo chiedere
se non sia proprio una psiche di tipo particolare a fare sì che una
persona scambi il male col bene, o meglio, che identifichi il
proprio bene col male di qualcun altro. La cosa non deve
sorprendere, poiché lo scenario della psichiatria
e della psicoanalisi ci
mostra come un disagio che colpisce la psiche non coincida
necessariamente con l’atrofia o la degenerazione
delle altre organizzazioni.
Tanto è vero che ci sono personalità geniali
(o almeno genialoidi) in un certo
campo delle scienze o delle arti che ci rivelano
come straordinarie facoltà
intellettuali-razionali (nelle scienze e
nella matematica) o idemali (nelle
varie attività riconducibili all’estetica) possano accompagnarsi a
condizioni psichiche decisamente precarie,
o almeno piuttosto instabili. Se noi
consideriamo l’ampio ventaglio di questi
casi di disequilibrio mentale non ci
stupiremo più se una branca di questi disturbi
possa condurre a considerare
“nemica”, “da eliminare” o almeno “da far
soffrire” una certa categoria di
individui la cui esistenza contrasta con
la propria integrità o che si offrono
come vittime designate per la realizzazione
di se stessi. A questo secondo caso
è da ricondurre il cosiddetto sadismo (termine specificamente derivato
da Sade) che viene inteso come il piacere di far soffrire una
certa categoria
di persone considerate destinate ad offrirsi
come vittime delle proprie voglie,
ma utilizzato anche per indicare la più banale
e frequente violenza su chiunque
venga considerato “debole” o violabile da
chi si pone come “forte” in certi
frangenti o situazioni. A questa sottocategoria
di malvagità saltuaria
sono da ricondurre tutti i fenomeni di violenza
“di branco”, così frequenti nel
teppismo gratuito (che sfocia talvolta in
una vera e propria furia distruttiva)
e negli atti di violenza a carico di vittime
designate (di altro sesso, altra
razza, altra religione, altra condizione,
ecc.) terminati i quali l’individuo
può riprendere la propria personalità temporaneamente
trasformata da un raptus
negativo, mentre la psiche (che così si autoprotegge) può sottrarre
alle infrastrutture (coscienza e memoria) la registrazione del
fatto, provocando quel fenomeno di rimozione (ben noto in psicanalisi)
che accantona ogni senso di colpa per il
crimine commesso.
Nei fenomeni sopra citati (rientranti in
una casistica assai
più vasta) siamo nel campo dei fatti genetici
o degenerativi che possono
interessare la struttura mentale dell’uomo
assai più di quella di altri
animali, facendola deviare dalla ragione biologica quanto basta per
stravolgerne le regole che attengono la “naturale”
competizione per la
conservazione di sé e della propria progenie.
Ma per meglio comprendere il
fenomeno malvagità nel senso di irriducibile volontà di far
del male ad
altri esseri viventi basti pensare alla crudeltà
esercitata anche dai bambini
nei confronti di esseri viventi perlopiù
innocui considerati potenzialmente
pericolosi (come ragni o lucertole) o troppo
invadenti (mosche o formiche) e la
determinazione colla quale essi procedono
ad uno sterminio sistematico (a volte
incoraggiato dagli stessi adulti). Nel caso
degli adulti è significativo ad
esempio il fatto che alcuni cacciatori, in
assenza di prede commestibili,
esercitino la loro mira abbattento ogni tipo
di volatili capitino loro a tiro,
ritenendosi del tutto legittimati a farlo
senza la minima remora etica. È
evidente come anche in questo caso la psiche designa come pericolosi o
come vittime designate certe categorie di
esseri viventi senza che esista un
ragione logica per ritenerli tali. Ora, anche
se passare dagli insetti o dagli
uccelli a rappresentanti del genere umano
è un passo piuttosto lungo, tuttavia
la riduzione dall’uomo ad un insetto è proprio
ciò che storicamente ha potuto
traviare la psiche di più o meno numerose masse di persone ragionevoli
[154].
Abbiamo così sciolto il nodo e ricondotto
il fenomeno malvagità
nell’alveo della materia vivente ammalata o degradata e abbiamo
anche evidenziato come un cervello rischia
degenerazioni quanto più diventa
evoluto e complicato, in quanto la complessità
spesso determina vulnerabilità.
Questa è una sorta di norma generale che
non vale soltanto col cervello degli
uomini ma anche con le stesse loro opere:
è noto come il passaggio dalla
strumentazione meccanica a quella elettronica
abbia prodotto un aumento e un perfezionamento
delle prestazioni di
comando e controllo delle macchine dell’uomo,
ma che nello stesso tempo tali
congegni molto sofisticati risultino spesso
più vulnerabili e difficili da
riparare.
11.2) La sfera del paranormale.
Avendo già delineato la realtà
antropica in diversi suoi aspetti ed avendo esaminato
la struttura della
nostra mente ci occuperemo brevemente di
un argomento di notevole rilevanza
sociale che concerne in modo specifico la
più importante delle organizzazioni
mentali, vale a dire la psiche: esso è il cosidetto
“paranormale”(altrimenti detto anche, e forse
più propriamente, metapsichica).
Il campo esperienziale in questione costituisce
sicuramente un territorio
ancora in buona parte inesplorato e certamente
degno di approfondimenti, ma il
mondo del paranormale (che concerne le sue
possibilità di andare oltre i
confini della materialità in senso stretto
e accedere quindi ad un mondo
“parallelo”) è purtroppo inquinato da inganni,
malversazioni, superstizioni e
credenze irrazionali di ogni genere, che
non aiutano certo a chiarirne i
contorni e l’autentica realtà. Se la psicologia
e la psicanalisi hanno cercato
per lo più di razionalizzare lo studio della
psiche [155]
(ma forse con qualche incompletezza) esistono
da sempre approcci
irrazionalistici, ricchi di posizioni a favore
e di una rilevante
documentazione storica (anche se di parte),
che virano in tutt’altra direzione
e che si estrinsecano nella cosiddetta parapsicologia,
che si pone come una
scienza, ancorché di un tipo particolare.
Questa infatti (in linea di massima)
nega ogni validità all’approccio razionalistico
e oggettivistico nell’indagine
sul paranormale, in quanto improprio e inadeguato
ad occuparsi di aspetti di
una realtà occulta, che si offre soltanto
ad un approccio di tipo “sensitivo” e
in quanto tale non razionalizzabile. La sfera
del paranormale si manifesta
peraltro in un’ampia gamma di accadimenti
veri o presunti, che si collocano tra
mistificazione e autenticità e che recano
con sé sempre qualche elemento di
ambiguità. Indicativamente (e non esaustivamente)
i fenomeni paranormali si
collocano in diverse modalità esperienziali
che vanno sotto il nome di: a)
telepatia, b) chiaroveggenza, c) divinazione,
d) percezione extrasensoriale, e)
esperienze extracorporee, f) psicocinesi,
g) poltergeist (psicocinesi
involontaria), h) spiritismo (apparizioni
ectoplastiche).
L’argomento del paranormale è completamente estraneo all’assunto e alle
argomentazioni del DAR e tuttavia, dal momento
che ci occupiamo precipuamente della realtà e su di essa fondiamo i
nostri argomenti, ci corre l’obbligo di un
cenno su questa vasta sfera
esperienziale, che per molte persone indica
ed evoca un’affascinante e
misteriosa realtà nascosta e trascurata,
che si sottrae alle più comuni
valutazioni sensorie e che pertanto è refrattaria
ad ogni spiegazione od
indagine razionale che si basi esclusivamente
sui dati sensibili rilevabili
strumentalmente. Ora, va anche rilevato che
se pure i fenomeni paranormali
fossero totalmente privi di realtà oggettiva,
essi manterrebbero tuttavia una
loro effettualità soggettiva della quale si dovrebbe tenere
conto, nella
misura in cui essi rientrerebbero comunque
in quella vasta categoria di punti
di vista ed atteggiamenti psichici generalmente
indicabili come credenze,
che comprendono le superstizioni e le fedi
religiose, nonché alcune ideologie
socio-politiche apparentemente razionalistiche
ma che delle religioni
posseggono indubitabili caratteri.
Il mondo del paranormale, nel suo sottrarsi all’indagine della ragione, presuppone e difende un
approccio gnoseologico di tipo “sensitivo”,
possibile grazie ad eccezionali
facoltà innate e concesse ad alcune persone
(o comuni a molte, ma da
riconoscere e potenziare) le quali possono
poi condividere le loro esperienze
con altre. I fenomeni che tali persone sperimentano
o provocano si pongono (o
forse i razionalisti radicali preferirebbero
che si dicesse “si porrebbero”) in
una sorta di ambito super-fisico ed extra-sensoriale,
il quale rende quasi
impossibile ogni verifica e ogni traccia
testimoniale fisicamente concreta,
trasmissibile e documentabile oggettivamente.
Sull’argomento esiste da almeno due secoli
una feroce lotta tra chi nega ogni realtà
ai fenomeni paranormali e chi invece
la sostiene, la ribadisce e la rivendica
a spada tratta a volte con una
passione che rasenta il fanatismo. E in definitiva
occorre rilevare che, allo
stato attuale delle cose, la disputa prosegue
implacabile senza che vi sia una
netta e definitiva conferma della loro realtà,
ma neppure una loro negazione
inoppugnabile e sufficientemente convalidata
[156].
Va però anche aggiunto che la generalizzazione
a cui ci siamo finora attenuti
richiede qualche cenno in più, poiché, per
alcuni versi, alcuni aspetti del paranormale
tutto sommato risultano poi abbastanza “normali”
in molti animali [157] e in alcuni esseri umani che godono (e talvolta
soffrono) di tali qualità. La sua sfera d’azione
infatti, presa nei suoi termini “minimali”(
per esempio telepatia e chiaroveggenza) riguarda
certi fenomeni psichici che appaiono sorprendenti,
ma comunque abbastanza comuni e frequenti
ad esempio in cani e gatti. Essi riguardano
premonizioni o intuizioni di accadimenti
o di loro tempi e luoghi che sembrano abbastanza
accertati e credibili, senza che si rendano
assolutamente necessarie verifiche strumentali
peraltro difficili. Dal momento che le testimonianze
(e in qualche caso la documentazione) su
questo tipo di esperienze si riferisce più
spesso agli animali che agli uomini l’indagine
va spostata più verso facoltà che concernono
il cervello umano nelle sue componenti psichiche
primarie piuttosto che a fasi ulteriori dell’evoluzione
di esso, quando probabilmente emergono anche
le altre tre organizzazioni, le quali
possono offuscare in parte le prestazioni
della psiche. E non sarà
un caso che tali fenomeni siano testimoniati
anche da alcuni etnologi come
assai frequenti in popolazioni e gruppi che
hanno conservato alcune capacità
mentali probabilmente ancestrali, che noi
abbiamo verosimilmente perduto con lo
sviluppo della ragione.
Ribadendo però la nostra incompetenza e quindi
la nostra posizione
neutra al riguardo, riteniamo comunque di
poter sottolineare che i fenomeni
paranormali concernono in ogni caso effetti
che si dispiegano in generale
nell’ambito della materia con caratteri di “eccezionalità” (sia per le
premesse che per gli effetti) e che nello
specifico sono da attribuirsi alle
funzioni della psiche. Ciò anche perché le altre due organizzazioni materiali operano in
tutt’altra direzione e l’idema (che opera invece nella “normalità” umana) agisce in un ambito del
tutto estraneo al campo del
paranormale, che sembra riservato soltanto
a individui dotati di eccezionali
poteri psicocinetici o medianici (ma spesso
soltanto prestidigitativi!).
11.3) La
miracolistica religiosa e ascetica.
I miracoli della storia delle religioni e
i fatti prodigiosi riportati in tutta la
letteratura sacra e sotto tutte le latitudini
rendono il campo della miracolistica affine
a quello del paranormale. In
entrambi i casi infatti gli effetti si dispiegano
totalmente nella materia,
della quale verrebbero sospese le leggi fisiche.
Alcuni irriducibili
materialisti-razionalisti nel negare ogni
validità trascendentale ai fenomeni
paranormali e attribuendoli per lo più a
trucchi da prestigiatori (nonché a
mistificazioni e imposture d’ogni genere)
si trovano a definire in termini
analogici la miracolistica religiosa.
Ora, noi, che (coerentemente coi nostri assunti)
siamo aperti ad ogni
possibilità non negheremo a priori l’autenticità
dei cosiddetti “miracoli”,
storici o contemporanei che siano. Non abbiamo
infatti nessun buon motivo a
priori per pensare a mistificazioni e/o trucchi
e non riconoscere quindi la
buona fede di chi ne è protagonista, testimone,
relatore o interprete. Il
nostro “possibilismo” non è neanche un atteggiamento
opportunistico, ma
piuttosto una posizione “teorica” di apertura
e nello stesso tempo di ricerca
del reale autentico, la quale non esclude una certa
euristica attenzione
anche nei confronti del presunto e del fantasioso.
Con la premessa di cui sopra facciamo
adesso un passo avanti e vediamo di soffermarci
sui miracoli relativi alla
contemporaneità, poiché sono gli unici che
godono di testimonianze attuali e
sui quali è possibile in qualche modo esprimersi.
Constateremo allora che tra i
cosiddetti miracoli contemporanei largamente
citati e riportati, sono da
considerarsi decisamente interessanti (e
spesso anche più credibili) le rapide
guarigioni da malattie o infermità gravi.
Esse si realizzano attraverso un
felice processo grazie al quale una persona
(partendo da una condizione fisica
caratterizzata dalla compromissione di un’organo
o di un funzione) riacquista
improvvisamente la salute con una remissione
del danno o della malattia. Per
contro riteniamo molto meno interessanti
le ricorrenti immagini delle madonne
che piangono, i presunti poteri taumaturgici
delle reliquie (rientranti nella
più bassa superstizione) oppure, tanto per
esemplificare, la liquefazione del
cosiddetto “sangue di San Gennaro” [158].
Ora, senza negare l’autenticità di tali
accadimenti concernenti la salute fisica
(che “vogliamo” ritenere a priori degni
di fede) ci tocca anche osservare che essi
sono testimoniati abbastanza spesso
anche nell’ordinaria casistica medica, senza
che la guarigione venga attribuita
ad interventi soprannaturali. Esse infatti
sembrano ragionevolmente
attribuibili semplicemente ad un improvvisa
ed inattesa attivazione dei nostri
sistemi di difesa (per ragioni per lo più
di tipo psichico) grazie alla quale
le difese naturali riescono a fare quello
che precedentemente non era stato
loro possibile [159]. Il fatto
che di solito i “miracoli” accadano relativamente
a malattie dichiarate
inguaribili o ad evidenti handicap a nostro
avviso (che ammettiamo le
guarigioni straordinarie ma non le cause
soprannaturali) significa soltanto che
il sistema psico-somatico del soggetto considerato
passa da una condizione
negativa nel quale la malattia si manifesta
ad un'altra (positiva) nella quale
la malattia regredisce. Ribadiamo che questi
fenomeni di guarigione (per quanto
scientificamente se ne sappia) risultano
dovuti al sistema immunitario, il
quale, depresso nella precedente condizione
della malattia, viene attivato e
potenziato da uno stato psichico più favorevole
o decisamente rivoluzionato,
che è a sua volta conseguente ad un certo
tipo di esperienza o accadimento di
tipo particolare. Sono consapevole che questo
tipo di spiegazione sarà ritenuto
insoddisfacente da persone di fede, le cui
convinzioni vanno rispettate, penso
tuttavia che queste stesse persone non potrebbero
negare ciò che corrisponde ad
un evidenza scientifica ormai largamente
nota, relativa alle interazioni tra psiche
e corpo, le quali (sia in senso peggiorativo che
migliorativo dello
stato di salute) sono testimoniate continuamente
nell’ordinaria prassi medica, senza dimenticare (vedi nota
156) che statisticamente le regressioni spontanee
sembrano esser in numero
assai maggiore di quelle prodigiose. Il problema
riguarda semmai
l’eccezionalità di alcune guarigioni miracolose,
ma d’altra parte va’anche
tenuto conto che le esperienze religiose
sono per loro natura “eccezionali”
sullo stato psichico e che gli accadimenti
miracolosi sulla salute
costituiscono una parte infinitesima delle
continue richieste di guarigione
rivolte alla divinità o ai santi da parte
di milioni di ammalati.
Abbiamo qui avuto l’occasione di ribadire
la straordinaria
importanza della psiche sul nostro stato fisico, sia in senso
peggiorativo che migliorativo, e le enormi
possibilità (forse in gran parte
ancora sconosciute) che essa ha di condizionare
i comportamenti e le
prestazioni di una persona. Non soltanto,
ma è noto come una psiche “forte” (o ipertonica) riesca
ad influenzare in modo straordinario quelle
di persone dalla psiche fragile o
sintonica con essa. Ad esemplificazione di
ciò basti citare, per il primo
aspetto, il potere degli yogi di abolire
il dolore fisico e gli stimoli della
fatica, della fame o della sete, e per quanto
riguarda il secondo aspetto
ricordare il potere di alcuni personaggi
carismatici di ieri e di oggi
nell’influenzare e condizionare i loro adepti,
oltre ai non infrequenti casi di
plagio a loro carico. In altre parole, i
fenomeni miracolistici, per le
rilevanti componenti di autosuggestione ad
essi connesse, secondo noi sono da
ritenere strettamente connessi a quelli paranormali,
essendo entrambi infatti
riferibili allo stesso agente: la psiche appunto. Ciò ci consente di
ribadire l’assoluta “materialità” di tutti
i fenomeni che concernono il
paranormale e la miracolistica per contrapporvi
l “aiterialità”, che riguarda
esperienze per lo più avulse dal supporto
corporeo e che sono l’oggetto
primario di questo libro.
La psiche è l’organizzazione-base della struttura mentale, la quale presiede a tutto il sistema motorio-senziente-pensante di un uomo (ma forse anche di ogni mammifero superiore) e sta alla base di ogni stato mentale e fisico, nonché di ogni attività nella quale prevalgano gli elementi automatici od istintuali rispetto a quelli razionali, intellettivi o idemali. Ripetiamo che questo stato di cose riguarda presumibilmente (sia pure in misura ridotta) anche altri animali, ma è certamente nell’homo sapiens dove esso raggiunge un grado di ricchezza e complessità di grande rilevanza, anche e proprio in rapporto al corpo (che molto ne dipende), determinando quell’unità psico-somatica dalle cui condizioni dipende largamente il nostro stato di salute.
[149] Ritengo del tutto improprio e persino sviante
parlare di
crudeltà a proposito di animali diversi dall’uomo,
il felino e il rapace che
sbranano la loro vittima dopo la cattura
operano secondo la modalità
loro propria , cioè nell’unico modo afferente le loro possibilità
di
cibarsi.
[150] Il manicheismo è una religione fondata nel III
secolo d.C. da un nobile persiano di nome
Mani la quale immagina una realtà
nella quale agiscono, combattendosi e cercando
ognuno di prevalere sull’altro
due principi distinti e opposti, quello della
Luce (divino) e quello delle
Tenebre (demoniaco), ovvero il Bene e il
Male.
L’uomo, che possiede in sé i due principi
opposti deve riuscire a liberarsi di quello
demoniaco realizzandosi unicamente in quello
divino.
[151] Il DAR considera ideologia un “sistema” organico
di idee basato su principi ed assiomi (dichiarati od occultati), che in quanto tali non sono discutibili né
sottoponibili a critica
o revisione, ma semplicemente creduti in
base a presupposti irrinunciabili.
Essa può essere di carattere religioso, politico
o sociologico e implica una
totalizzazione di credenze, di atteggiamenti
e di comportamenti in base ai
quali l’individualità perde in parte
l’esercizio dell’eleuteria, aderendo a ciò che non deriva dal suo
esercizio ma da una “ragione” esterna. Caratteristica
di ogni ideologia è la mancanza di senso critico
e la chiara convinzione di ciò che è bene
e di ciò che è male. Ogni dubbio
è bandito sul piano teorico ed esso riguarda
solo i modi di agire e di
procedere per il trionfo di essa. I singoli
individui in quanto soggetti
ideologicizzati e omologati possono (nell’insieme)
diventare quella totalità
umana alla quale data spesso la denominazione
di massa.
[152] Il DAR, quantunque in linea di principio
fermamente contrario ad ogni tipo di censura,
ritiene che sia non solo opportuno ma indispensabile
proteggere i bambini e gli adolescenti da
pubblicazioni o spettacoli che mettano in
scena la violenza, tanto più se gratuita.
[153] Si possono
citare a questo proposito le opere di Sade
(Donatien-Alphonse de) il quale in
varie opere, molto noti i romanzi Le 120 giornate di Sodoma (1785), Gli
infortuni della Virtù (1791), La nuova Justine (1797) e il saggio La
filosofia nel boudoir (1795) sostiene che vizio e crudeltà sono
inerenti la
natura umana e che il singolo uomo non è
responsabile del loro esercizio in
quanto essi sono “necessitati” dalla dinamicità
della natura nella sua
globalità.
[154] Si ricorderà a questo proposito come la
propaganda
nazista qualificasse spesso gli ebrei come
“scarafaggi”.
[155] A tale rigorosa
razionalizzazione che si rifà prevalentemente
a Freud si è però contrapposto
Jung, che ha dato corso a un’approccio alla
psichicità di tipo largamente
irrazionalistico, sulla cui scia si è sviluppata
una vera e propria scuola
junghiana, ricca di sviluppi terapeutici
e con notevoli ricadute in diversi
campi culturali, specialmente nella letteratura
e nell’arte.
[156] Il CICAP (Comitato italiano per il controllo
delle
affermazioni sul paranormale) fondato
alla fine degli anni ’80 è costituito da
un gruppo di ricercatori che si sono
posti il compito di smascherare gli indebiti
accrediti che vengono popolarmente
fatti ai fenomeni paranormali rivelandone
i trucchi in maniera perlopiù
convincente.
[157] Su questo argomento è degno di nota il libro
di Rupert Sheldrake I poteri straordinari degli animali (Mondadori 2000). L'autore (teorizzatore
dei “campi morfici”) fornisce sull'argomento
una ricca documentzione testimoniale (ma
nessuna vera prova scientifica) di straordinarie
facoltà naturali delle quali sono dotati
molti animali e che consentono loro delle
notevoli performance nel campo della telepatia
e della preveggenza.
[158] Il presunto
miracolo della liquefazione di masse colloidali
è un fenomeno dovuto alla
tixotropia di queste sostanze, solide allo
stato di quiete ma liquide se
agitate nel loro contenitore. Una sostanza
dal comportamento fisico esattamente
uguale al cosidetto “sangue di San Gennaro”
è stato fabbricato da un
ricercatore dell’Università di Pavia negli
anni ‘70 utilizzando sostanze facilmente reperibili
in commercio.
[159] È noto come la depressione psichica e in
generale
l’ipotonia psichica favoriscano l’insorgere
delle malattie mentre, al
contrario, un buon tono psichico e una buona
condizione umorale ne evitino
l’insorgenza. Il sistema immunitario essendo
in un certo senso
psico-dipendente.