Con le stelle sulla pelle

 

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Nota: questo non è un racconto con un inizio, una trama che si svolge ed una fine, si tratta dell’ennesimo riferimento a “quella notte”, già trattata in innumerevoli versioni. Si parte dall’anime, e lo spunto è quel frame di cielo stellato che si rincontra anche alla fine, nulla di più.

 

 

 

CON LE STELLE SULLA PELLE

 

 

Com'è bella la notte, stanotte...

Guardo il cielo mentre cerco di fissarlo nella mente e vorrei ricordarlo per sempre questo blu, averlo negli occhi e nel cuore, stampato nell’anima fino alla fine. Vorrei poterlo richiamare alla memoria in qualsiasi momento desiderassi rivederlo, risentirlo, riviverlo.

 

La luna piena stanotte è una piccola comparsa dinnanzi allo spettacolo della notte.

Tonda, piccola e sgraziata non può nulla al cospetto del firmamento. È solo pallida luce riflessa, ferma e piatta di fronte alle stelle, briciole di luce infinita, fulgide schegge che vivificano l’immensa distesa di velluto scuro. Belle… come sono belle, brillano, pulsano di vita… sono vive, come noi.

 

Tutto scorre, e si muove e scappa e corre e tutto sembra fermo, vorrei che tutto si bloccasse in questo attimo, in questa frazione, in questo respiro. Ti stringo mentre mentalmente rivolgo a te questi pensieri. Sento il tuo cuore, il tuo respiro e stringo più forte, per paura che tutto possa scomparire, che tu possa non essere più…

Mi faccio piccola e serro con forza le tue spalle, tu mi proteggi, sotto la mia schiena c’è la tua giacca che mi separa dall’erba e sopra ci sei tu, con le stelle sulla pelle, che mi copri e scaldi.

Ti ho detto che quando siamo insieme sento di vivere[1], ed è vero che solo con te riesco a comprendere nuovi aspetti del vivere. Ho capito che ho vissuto a metà, che ho sciupato tempo prezioso nella mia ingenua presunzione di sapere come si doveva vivere. Il soldato non teme la morte, la rispetta perché è sua compagna… ma in realtà la morte è compagna di tutti. Ho perso giorni, mesi, anni senza rendermi conto che non sarebbero mai tornati, ho avuto addirittura la pretesa di aspettare, dopo che avevo raggiunto la certezza che sarebbe stato orribile perderti.

Mio. Ti ho scoperto mio… e non ho fatto nulla.

Sciocca.

Adesso che sei qui, e sento il caldo del tuo respiro vicino al viso, il calore della tua presenza, adesso che siamo una carne. Adesso, che ho paura di perderti… dopo averti ritrovato, scoperto… adesso, che ho solo sei mesi da darti.

Sciocca.

Se non fossi andata dal dottore e lui non mi avesse parlato con chiarezza… sarei qui, tu saresti qui con me? Temo che mi sarei inventata un’altra scusa per tergiversare, per attendere ancora all’infinito, come se fosse saggio aspettare ad amare.

Ma tu sei qui… ed adesso so quello che non avrei mai saputo se tu non fossi stato il cocciuto, testardo che sei.

So che siamo uomini e che abbiamo fiato e carne, che non ci sono solo le idee, i doveri, la compostezza, ma c’è un intimo scorrere di pensieri, pulsioni e passioni. C’è il timore, l’imbarazzo che si scioglie tra le braccia che si cercano, che c’è un dolore, ma è breve ed è come un salto, un pizzico e non regge dinnanzi alla corrente che ti trascina via, dove non ci sono pensieri razionali. Ed un tempo che non capisci quanto dura, perché si dilata e si restringe… perché continua a scorrere nonostante tutto, nonostante le mie paure.

 

Stanotte il cielo è immenso, ed è straziante per quanto è bello.

C’è solo lui.

Unico protagonista di questa notte splendida e tragica.

 

Mentre gioco con una tua ciocca di capelli, e sono qui che l’inanello tra le mie dita, ripenso o forse sarebbe meglio dire che penso; penso e basta. Non posso ripensare cose nuove, se sono nuove vuol dire che è la prima volta che arrivano a solleticarmi la corteccia celebrale. Rivedo il tuo viso, il tuo sguardo e devo ammettere che non mi sono mai permessa di pensare che fruga nell’anima, l’ho sempre saputo; così come ho sempre saputo che i tuoi occhi sono il tesoro nascosto dai pirati. Un forziere pieno di pietre di giada dai tagli tondi e morbidi, sfavillanti smeraldi dai tagli aguzzi, cangianti opali dai mille riflessi... Non solo, in quel forziere, ci sono anche le acerbe gemme primaverili e le mature e stanche foglie autunnali, già orlate d’oro, insieme all’acqua fredda del mare tra le rocce, con il riflesso dei pini piegati dal vento, e del profumato mirto.

Adesso che li sto perdendo, adesso che ti sto perdendo, proprio ora che…

Ingoio il sale del mio rimorso, non voglio rovinare questo momento, per fortuna che ci sei tu che mi distrai. Con la punta delle dita sfioro i contorni del tuo viso, la fronte, la linea decisa del sopracciglio, l’oro scuro delle ciglia, il profilo dritto del naso, la piega morbida delle labbra, lo zigomo ormai più affilato e la guancia più scavata, il mento regolare. Mi guardi con una forza tale che sento di arrossire e commuovermi al tempo stesso, mi scruti e leggi tutti i miei pensieri ma per delicatezza li lasci lì, tendi appena la mandibola e vedo quel guizzare di nervi sulla guancia, segno di preoccupazione. Sì, sarà dura…

L’ansia, il timore, il senso di colpa si sfanno davanti al tuo sorriso, non ne posso più fare a meno, anche se penso di non averne mai potuto fare a meno, è sempre stato il mio oppio.

Basta pensare, per fortuna che ci sei tu… che mi fai vivere.

Rivolgo l’ultimo sguardo in alto, ci sei tu con le stelle sulla pelle, tu e il cielo.

 

 

Piove, piove sulla città, piove sui vivi alla deriva e sui morti nelle chiese e per le strade. Piove ed il cielo non ha più stelle o luna, ma solo cirri sfilacciati e gonfi. L’acqua scivola sulla mia testa…

Il cielo è buio. Dov’è la notte di ieri, è passato solo un giorno e tu non ci sei, non ci sarai più…

Dove sei?

Stringo gli occhi e richiamo alla memoria quella sera, ma non ci riesco, è troppo forte il senso di colpa, e stavolta non ci sei tu a dipanare l’intricata matassa dei miei pensieri con un lieve stirare di labbra. Il forziere dei pirati ormai è perduto per sempre, giace sul fondo di un mare nero e denso, nessuno potrà rivederlo, riaverlo, mai più.

È tremendo il pensiero di non averti più... che non ti avrò più, che non ci sei e più ci sarai.

L’altra sera mi sono commossa solo guardandoti, nel saperti con me, tanto che ho avuto bisogno di stringerti più forte al solo pensare di perderti, ed adesso… adesso che non ci sei, non riesco a formulare nessun pensiero coerente. Solo ora, capisco quanto ho sempre avuto bisogno di te, solo ora.

Sciocca, come sempre. Credevo che tu mi saresti sopravvissuto, invece ho sbagliato… ancora.

Mi manchi da non riuscire a respirare.

Che devo fare? Cosa devo fare[2]? Dimmelo tu?

 

 

Sono stanca, sono tanto stanca[3]. Tutto questo fragore, questo fumo, la polvere e le urla non mi riguardano più.

Sparate soldati, vai tu Alain, va’.

Sono stanca, mi si chiudono gli occhi ed il mio pensiero vola leggero come quella colomba, che bianca ed immacolata si librava nell’aria incurante di tutto il resto.

Chiudo gli occhi e dal buio affiora un timido baluginare, è una lucciola che si specchia nell’acqua. Questo buio si accende ed è ciò che speravo. Ci sei tu ed è di nuovo notte[4].

 

La luna piena stanotte è una piccola comparsa dinnanzi allo spettacolo della notte.

Tonda, piccola e sgraziata non può nulla al cospetto del firmamento. È solo pallida luce riflessa, ferma e piatta di fronte alle stelle, briciole di luce infinita, fulgide schegge che vivificano l’immensa distesa di velluto scuro. Belle… come sono belle,  brillano, pulsano di vita… sono vive, come noi.

 

Il cielo è immenso, ed è straziante per quanto è bello. C’è solo lui.

Unico protagonista di questa notte splendida e tragica.

Ci sei tu con le stelle sulla pelle, tu e il cielo.

 

 

Ringraziamenti:

con tutta sincerità, non devo solo ringraziare una persona per queste poche righe, l’intenzione è quella di dedicargliele. Magari non sarà la cosa che preferisce, quella che la entusiasma o quella più avvincente, ma di certo senza di lei “tutto ciò” sarebbe rimasto il mio personale e banale film.

“Sarebbe stato meglio” potrebbe essere la risposta corale… non ne dubito.

A Luana con stima e gratitudine.

 

Grazie a  Laura, mente e cuore di questo angolo.

 

pubblicazione sul sito Little Corner del febbraio 2007

 

mail to: tania.t@inwind.it

 

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[1] Lady Oscar, la voce della libertà, episodio 37.

[2] Lady Oscar, Addio André, episodio 39.

[3] Lady Oscar, 14 luglio 1789, episodio 40.

[4] Piccola licenza, nell’anime compare prima il cielo ed alla fine la lucciola con André.