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Martinique

cap. 11

Warning!!!

 

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Il primo giorno non ci fu altro che l’attesa.

Le ore scivolarono l’una dietro l’altra, senza che Oscar potesse ricordarne il contenuto, perché il tempo era solo tempo, che seguiva ad altro tempo e a cui seguiva altro tempo, indipendentemente da come veniva speso.

Gli scorci del nuovo mondo non risvegliarono la sua attenzione più di quanto non fecero lo sbarco burrascoso e il sistemare gli uomini nelle camerate dell’ampia caserma in pietra bianca, a ridosso del porto della florida cittadina di Saint Pierre.

Il giorno dopo ancora si diede da fare per organizzare i primi pattugliamenti lungo la costa con i soldati già di stanza e divise le reclute in squadre d’aiuto per la popolazione dei dintorni, duramente colpita dalla furia della tempesta fuori stagione, il tutto con un’efficienza tale che non ci fu spazio alcuno per i commenti sul sesso di quel comandante pragmatico, che ebbe tutti in pugno fin dal primo istante.

Non voleva fermarsi a pensare, ma ogni volta che inevitabilmente accadeva, un nodo di angoscia le serrava la gola, il respiro, il cuore. Dopo l’apnea, sospirava e ripartiva.

Il terzo giorno, Camille partì con un brigantino alla ricerca ufficiosa di indizi che spiegassero cosa fosse accaduto alla Destin; ufficialmente, per una ricognizione della costa est, in parte inaccessibile alle truppe da terra a causa dei contrasti in atto con il ricchissimo colono Garreau, che possedeva vasti appezzamenti terrieri nella parte nord del versante atlantico dell’isola. Altre navi furono inviate allo stesso scopo prima del tramonto.

Evitare il fiducioso Étienne e le sue rassicurazioni zelanti senza fondamento divenne tassativo, nello stato di tensione in cui versava Oscar, mentre l’orizzonte restava vuoto, spazzato da un vento forte che non accennava a calmarsi.

Il mattino del quarto giorno vennero ritrovati alcuni resti di un’imbarcazione compatibili con le dimensioni della Destin su una spiaggia sabbiosa poco più a nord di Saint Pierre, laddove il mar dei Caraibi si incontrava con le onde dell’oceano.

Oscar prese la mappa e un cavallo e si lanciò al galoppo, sola, per recarsi all’appuntamento angosciante che da giorni evitava, con la realtà.

 

 

Cap.11

Saint-Antoine

Le ombre delle nuvole rapide correvano sulla spiaggia deserta, dove i resti dello scafo misterioso riposavano sul bagnasciuga. Ma si trattava solo di legno; sciocco fasciame senza nome e senza voce, che non smentiva e neppure confermava le paure di Oscar.

Scese dal cavallo, che non era bianco, e lo assicurò ad una delle palme lì vicino. Percorse un lungo tratto di spiaggia senza pensare ad altro che a mettere un passo dopo l’altro, trovare il punto di appoggio, saggiare la battigia. Svuotata e stanca, chiudendo gli occhi si sentiva la testa leggera; un ronzio basso, assoluto, accompagnava il suo camminare incerto e debole, finché perse l’equilibrio sulla riva.

Si rialzò a fatica e lì rimase immobile, in piedi, con le onde allungate dal vento a lambirle gli stivali pesanti, soffermandosi per la prima volta ad osservare quella terra selvaggia e i suoi colori saturi di sole. Una sgargiante foresta tropicale scendeva dal pendio alle sue spalle, costeggiando la strada polverosa che l’aveva portata fin lì e invadendola in più punti, ribellandosi al confine imposto dall’uomo.

Il canto di una moltitudine di uccelli sconosciuti la disturbava.

“Pispilloria” si disse, ripescando una parola antica e rassicurante da chissà quale anfratto della memoria.

Ma c’era troppa luce.

Un inferno di luce e lei era sola.

La risacca lunghissima e trasparente le avvolse i piedi e Oscar sentì la forza trascinante della corrente scavarle attorno, come volesse risucchiarla.

La distesa blu dell’oceano si era forse richiusa sulla Destin, scegliendo di custodirne per sempre il segreto? Era così che era andata?

Entrò nell’acqua fino alla vita, arrivando al punto di rottura delle onde fredde, vestita così com’era.

 

E’ questo che hai sentito? E’ questo che è successo, André?

 

Si trascinò di nuovo a riva e cadde in ginocchio, immobile, nella disperazione di un pianto asciutto, lasciandosi ferire gli occhi stanchi dalle raffiche di sabbia.

 

Se fosse tornata indietro. Se lo avesse ascoltato. Se avesse capito prima.

Ebbe il presagio della sua vita di lì in avanti: svegliarsi in compagnia di quella attesa sorda e dolorosa, nascosta sotto strati su strati di rassegnazione, ma sempre presente.

La speranza era una condanna, per chi, come lei, non avrebbe mai accettato di arrendersi.

Si alzò di scatto e si rivolse al mare.

“RESTITUISCIMELO!!!” urlò, con quanto fiato aveva in corpo. “E’ MIO, HAI CAPITO? E’ MIO!!!”

Frshhhhhhhhhh…” fece l’onda, senza scomporsi più di tanto.

Era suo, lo era sempre stato. Così come lei gli apparteneva.

E adesso che tutto era crollato e lei sapeva, come poteva accettare quel vuoto? Quel bianco abbacinante. Tutta quella luce senza la sua ombra.

Tornò ad inginocchiarsi, dopo aver lanciato le parole nel vento con ciò che restava della sua voce arrochita. “Ti prego” sussurrò al mare indifferente.

“Ti prego” mormorava.

 

***

 

“Comandante?” chiese una voce vicina “…Vi sentite bene?”

Non sapeva dire quanto tempo avesse trascorso guardando immobile l’orizzonte, ma non si era accorta dei due soldati che l’avevano raggiunta a cavallo.

“Comandante, buone notizie!” Strepitò l’altro “L’hanno trovata! E’ incagliata nella baia di Saint-Antoine! L’ammiraglio de Périgord vi convoca alla caserma per coordinare al più presto le operazioni di recupero.”

 

***

 

 

Étienne la attendeva al portone principale dell’immensa caserma, come un soldato qualsiasi, come non fosse la carica militare più importante dell’isola. Sorrideva. E prima ancora che lei fosse scesa da cavallo le disse ciò che doveva sapere immediatamente.

“E’ vivo.”

E anche Oscar tornò ad esserlo, investendolo con una raffica di domande, quasi perdendo l’equilibrio nello slancio, pronta a partire anche all’istante per il recupero.

“Eccovi una lettera che manda Camille per voi con tutte le spiegazioni”, disse porgendole un plico, “l’hanno trovata loro, proprio dove non doveva essere: ancorata nella baia antistante la tenuta di quel miserabile di Garreau, dove se mettiamo un piede a terra gli forniamo la scusa di attaccarci con i suoi squadroni di schiavi armati fino ai denti. Scommetto che stanno già architettando il modo per impossessarsi dei cannoni a bordo della Destin.”

“Ma allora come…”

“Andremo per mare e dobbiamo fare in fretta, La Mistral è quasi pronta. Sto facendo imbarcare il necessario per le riparazioni e ho già assoldato i migliori carpentieri della zona e un eccellente mastro velaio per mettere al più presto la Destin in condizioni di affrontare il breve viaggio per Saint Pierre. E poi i viveri freschi e l’acqua; Camille mi ha chiesto espressamente della frutta, chissà cos’ha in testa… Ma vi prego, Oscar, leggete più tardi la lettera e adesso andate a fare i bagagli, ché leveremo l’ancora tra meno di un’ora e ho bisogno del vostro aiuto.”

 

 

 

***

 

 

Mia cara Oscar,

devo consegnare questa lettera al più presto, eppure è già da un po’ che esito a scrivere, perché non vorrei essere io a dovervi comunicare delle cattive condizioni di salute del vostro André.

Eppure, è necessario che io sia un medico e non un amico in questo frangente, perché la mia chiarezza adesso vi aiuterà ad essere forte per lui; so che lo farete.

E’ rimasto per più di un giorno incosciente dopo aver battuto la testa mentre veniva tirato su dal mare in tempesta in cui si era gettato coraggiosamente per salvare la vita a un suo compagno.

Nell’impresa ha rimediato una brutta slogatura ad una spalla, ma, soprattutto, al suo risveglio, André ha scoperto di aver perduto la vista anche dall’occhio destro. È cieco.

 

Rilesse per accertarsi di aver capito bene.

Camille scriveva di come André gli avesse confidato che l’occhio versava in cattive condizioni già prima dell’imbarco, pregandolo di mantenere il segreto con chiunque altro. Ma a lei Camille chiedeva conferma di quel particolare così insolito: davvero l’occhio destro già prima aveva dei problemi? Se n’era accorta?

No, era la risposta.

Ricompose scena dopo scena i momenti in cui avrebbe potuto capirlo, gli indizi ignorati, sentendosi più che mai egoista e sciocca. Cieca com’era, a cosa era servito sacrificarsi per i suoi occhi? Avrebbe voluto donarli a lui, se fosse stato possibile.

 

Lungi da me illudervi su questo punto, ma ho già visto persone perdere la vista per poi recuperarla in pochi giorni, dopo un trauma cranico come il suo. Non riesco invece ad afferrare la natura di ciò che potrebbe aver compromesso la sua vista prima di questo incidente.

Di certo questo viaggio ha messo a dura prova il suo corpo; appare smagrito, consumato da una febbre interiore che gli fa rifiutare i cibi solidi, complici le dolorose lesioni alla mucosa orale che tante volte ho visto nei marinai dopo molti mesi di mare e che gli inglesi ci hanno insegnato a curare col succo di limone. Mi chiedo, dato che nessuno dei suoi compagni manifesta questo e altri sintomi di debolezza che in lui ritrovo, se non abbia intrapreso la traversata già affetto dal male che ancora non riesco ad identificare; ma spero migliori con un’alimentazione corretta e un periodo di riposo assoluto. Voi ricordate di averlo visto stanco? Dimagrito?

 

“Sì...” le sfuggì a voce alta, ma nessuno dei marinai lì attorno sembrò farci caso.

André aveva già perso appetito e molto peso nei mesi precedenti, ricordò. La sua epica “fame costante” sembrava essersi spenta, sostituita da una tendenza ad esagerare con il vino e gli alcolici in generale che non si era sentita di biasimare, indulgendo lei stessa, e spesso, in quel vizio.

Poteva aver contribuito?

Camille parlava dell’argomento poche righe dopo:

 

Gli ho dovuto negare le bevande alcoliche, a cui ha scelleratamente fatto ricorso per placare sia la sete che la fame negli ultimi tempi, affaticando il fegato, che sento ingrossato alla palpazione. Gli ho imposto una dieta ferrea a base di frutta e attendo con ansia il vostro arrivo con le scorte anche per il resto dell’equipaggio, le cui proteste per il divieto di abbandonare la nave sono sempre più vicine ad un ammutinamento, temo.

Io li capisco. Sono esasperati dal lungo viaggio, a cui è seguita la tempesta e il naufragio. Come possono accettare di buon grado anche il confino a bordo di questo rottame per evitare un nemico di cui non hanno mai sentito parlare prima di oggi? E di cui sottovalutano le forze, come ogni bravo francese quando immagina che uno straniero voglia ribellarsi alla potenza della nostra nazione.

Correte. Volate a prenderci; evitiamo uno scontro armato a cui non siamo ancora preparati.

C.

P. s.

La prima cosa che mi ha chiesto è stata:”Sulla Mistral stanno tutti bene?”. Ho risposto in modo da rassicurarlo, ma senza nominarvi direttamente o fargli capire che io conoscevo lui e il vostro legame, così adesso sta a voi scegliere quando e come informarlo di ciò che mi avete confidato, ma vi prego, parlategli. Perdonate l’ardire, ma credo che André meriti di sapere che avevate intenzione di tornare da lui.

 

Ma a cosa poteva servire adesso quella confessione, pensò Oscar, ricadendo nel vecchio errore di decidere per entrambi ciò che poteva essere più o meno importante, non desiderando altro che essergli nuovamente vicina, vederlo con i propri occhi… stringerlo tra le braccia.

Era troppo felice di saperlo vivo per non sentirsi positiva, nonostante le parole sconfortanti del dottor d’Orsay. L’avrebbe condotto dai migliori chirurghi del globo, e se non ci fosse stato nulla da fare per la sua vista… allora avrebbero deciso insieme come impiegare il resto della vita, condividendo i suoi occhi. Due su quattro non erano pochi, sarebbero bastati.

 

***

 

La Mistral divorava le distanze solcando il mare di cristallo dei Caraibi a gonfie vele. Insenatura dopo insenatura, le poche barche di pescatori che dalle cale salutavano la grandiosa nave di passaggio sparivano veloci, e, come ogni altro segno di civilizzazione, si facevano sempre più rare, indizio di come si stessero avvicinando sempre più alla meta.

Il panorama incontaminato e lussureggiante, avvolto da una leggera coltre d’umidità sulla cima del vulcano che caratterizzava il profilo nord dell’Isola, appariva inviolato dall’opera dell’uomo, intatto e verde come una gemma grezza. Strapiombi rocciosi e giungle di mangrovie rendevano difficile l’approdo in buona parte del tratto costiero del territorio appartenente a Garreau, in modo di scoraggiare eventuali visitatori, se non fosse bastata la prospettiva di poter imbattersi nei suoi schiavi armati e poco amichevoli.

Tutto era cominciato durante la “Guerra d’America”, come la chiamavano in Francia, quando i proprietari terrieri avevano svenduto le proprie piantagioni per tornare in Europa, e chi era rimasto, come lui, aveva potuto acquistare immensi, fertili appezzamenti per una somma irrisoria.

Terreno dopo terreno, il territorio di proprietà di Pascal August Garreau era cresciuto a dismisura e con esso il suo potere. Grazie alla sua ricchezza illimitata, allo sfruttamento senza pietà della schiavitù e alla corruzione delle persone giuste (persino il governatore stesso, si vociferava a Fort-Royal), in pochi anni si era arrivati a questa situazione surreale di regno nel regno, e parte della popolazione, con l’aumentare delle tasse richieste dal re oltre l’oceano, cominciava anche a valutare concretamente la possibilità di preferire un tiranno vicino ad uno lontano.

Questo erano venuti ad arginare i soldati di Oscar.

A combattere, forse.

E la Destin, malmessa, ma ancora a galla nel vasto specchio turchese della baia di Saint-Antoine, poteva diventare la miccia che avrebbe acceso questo conflitto prima del tempo.

 

pubblicazione sul sito Little Corner marzo 2013

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