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Martinique

cap. 1 (Una ff nata senza camicia)

Warning!!!

 

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La trovò sveglia.

Stava aspettandolo davanti al camino dell’ala della servitù, sulla sedia dei pisolini pomeridiani  della nonna. La luce del fuoco morente bastava appena per fargliela distinguere, complici l’occhio malmesso e i fumi dell’alcool; non doveva essere stata una bella serata neppure per lei.

 

“Cosa c’è che non va, André? Nanny era preoccupata per te.“

“Anche tu, Oscar, cos’hai? Non riesci a dormire?“

 

Si osservarono, ognuno dal proprio piedistallo di dolore dignitoso. Da quanti mesi non si parlavano davvero?

Oscar sapeva che lui riusciva, in buona misura, ad indovinare cosa la tormentasse: era sempre stato così. Lei con lui non sapeva fare lo stesso ed era frustrante. Nello stato di pessimismo cosmico in cui si trovava, questa era l’ennesima riprova di quanto fosse deludente come essere umano, figuriamoci come donna. Sostenne il suo sguardo finché poté, poi tornò a fissare la brace.

 

“Il fuoco è quasi spento, non te n’eri accorta?“ glissò lui, dolcemente.

“André, ho deciso di lasciare la Guardia Reale.“

 

Questo forse non se l’aspettava, pensò, la mano di lui rimase a mezz’aria nel prendere l’attizzatoio. Ma non fu uno sguardo di sorpresa quello che le rivolse.

Aveva l’aria stanca, André, le spalle larghe in una piega di resa.

Era quasi l’alba e nelle ore precedenti aveva bevuto secondo criteri di quantità e non di qualità. La tristezza va affogata, non bagnata. Ma avrebbe dato fondo ugualmente alla riserva di energie che esisteva per lei sola, era pronto a ricevere ogni sua dolorosa confidenza… se Oscar non si fosse dileguata, lasciando dietro sé un frettoloso, sussurrato: “Buonanotte.”

 

***

 

“Perché? Perché, Oscar?“

“Vi prego, maestà, io sono pronta ad assumere qualsiasi altro incarico, anche ad andare in marina.“

“Dovete dirmi per quale motivo, Oscar!”

“Vedete, maestà, questa è la prima supplica che faccio a mio nome, così vi prego umilmente di accettarla.“

“Ascoltatemi, io sono pronta ad accettare ogni vostra richiesta, sono pronta anche nominarvi generale, ma pretendo che voi mi diciate il perché.“

“Vi prego di perdonarmi… non posso dirvi il motivo. Ma dovete credermi, io non dimenticherò mai la stima che mi avete accordato. E continuerò a servirvi lealmente anche dopo aver lasciato la guardia reale.“

“Siete testarda, Oscar. D’accordo, prenderò in considerazione la vostra richiesta.“

“Vi ringrazio molto, maestà. Vi ringrazio dal profondo del cuore.“

 

***

 

 

Raffiche instancabili spazzavano le nuvole del tramonto di febbraio, mentre tornavano a casa assieme. Lui si fermò con una scusa banale. Un ferro del cavallo da controllare, disse, ma intendeva: “Ti va di parlarne?”… Lei però non colse e senza proferir parola lanciò César in una corsa folle lungo l’argine del fiume. Con uno scarto tornò indietro passandogli accanto senza fermarsi, se disse qualcosa fu al vento.

Se fuggire servisse a qualcosa…

 

***

 

“Ti ricordi di quando facemmo queste?”

 

C’erano i loro nomi nel legno della parete, sotto segni sbilenchi tracciati da un temperino.

 

“Sì, ricordo. Era uno dei miei primi giorni qui, misuravamo la nostra altezza.”

“E’ stato ventitré anni fa, quando credevo ancora di essere un ragazzo. Allora non sapevo nulla dell’amore. “

Lo prese alla sprovvista. Era un’ammissione misera, che dava per scontato lui sapesse tutto il resto, ma era pur sempre un’ammissione.

Dell’amore.

“Sono stata cresciuta come un uomo, non c’è nulla di male se passo il resto della vita come un uomo. E’ per questo che ho lasciato la Guardia Reale! “

“Oscar… “

“ Voglio vivere come un uomo, voglio affrontare missioni maschili, qualcosa che mi faccia dimenticare che sono una donna o che non sono indipendente. Anche essere un soldato semplice va bene: imbracciare il fucile, marciare sul campo e combattere i nemici! Niente amore o sentimento, voglio vivere la mia vita nella battaglia. Voglio vivere come un uomo, ritroverò quei giorni in cui credevo di essere un ragazzo!”

 

La speranza che Oscar potesse far pace con il suo cuore di donna grazie ai sentimenti per Fersen, anche se non ricambiati, aveva mitigato ogni suo impeto di gelosia, negli anni. Escludendo recenti episodi da far le scarpe a Otello, aveva preso con filosofia l’interesse di Oscar per quell’insulso svedese, grazie a questa idea.

L’illusione finiva in questo istante, con lei che scuoteva i pugni stretti in una pena rabbiosa.

 

“Sicuro, io voglio vivere come un uomo!”

 

Davvero sei ancora così infantile, Oscar? Infuriata, gli è sempre parsa bellissima. E delicata. E tenera. Come doveva bruciare d’imbarazzo all’idea che Fersen l’avesse scoperta! La crepa sulla torre d’avorio di una vita all’insegna dell’impenetrabilità.

 

“Tu credi dunque che un uomo non soffra per amore? Che il soldato non vada in battaglia portando con sé le immagini dei suoi cari per riuscire a trovare la forza di sfidare la morte? Tu non vuoi diventare un uomo, Oscar, tu vuoi diventare un orologio. E anche in quel caso non riusciresti a portare indietro il tempo.“ Bloccò l’istinto suicida di una carezza al suo viso turbato. La trasformò in voce: “Non dimenticherai mai di aver amato.”

Lei scosse la testa. Aveva voglia di fare a pugni.

 

No... Tu non capisci. Io devo! Altrimenti che senso avrebbe avuto tutto questo?

Ho imparato solo ad essere così.

 

“Lo so che adesso sei ferita e non hai voglia di ascoltarmi, ma ti prego, rifletti su ciò che ti dico. Anche se lo negassi per tutta la tua esistenza, ogni giorno ti risveglieresti come donna. Tu SEI una donna; una donna che conduce una vita diversa dalle altre, ma lo sei. Una rosa non sarà mai un lillà, Oscar.”

 

Schivò il gancio sinistro finendo con l’occhio cieco sulla traiettoria del gancio destro, impossibilitato ad anticiparlo. Erano passati mesi dall’incidente con il cavaliere nero, eppure la zona era rimasta ipersensibile e il dolore sembrò trapassargli il cranio come uno stiletto rovente, fin dietro la nuca. Come se non bastasse, il mondo aveva preso a girare in un’unica vertigine. Era un’agonia.

“VORRESTI DIRE CHE… André?... André, cos’hai?”

Dopo un paio di passi incerti, finì a terra come un ubriaco, senza smettere di tenere la testa tra le mani. Ma era la paura di riaprire l’occhio destro e non vedere, la cosa peggiore.

Mortificata, Oscar si chinò su di lui, chiamando il suo nome con angoscia crescente. Provò a scostare la ciocca di capelli dall’occhio colpito, ma lui le allontanò la mano in un gesto istintivo; si vergognava di quella cicatrice. (1) Pentito di aver rifiutato il suo contatto quasi quanto lei di averlo preso a pugni, trovò la forza per sorriderle:

“Però picchi come un uomo, questo è certo. Dai, aiutami a rialzarmi.”

“Stai facendoti visitare dal medico come ti aveva consigliato, André? Ti aveva raccomandato di farti seguire con regolarità, ma non mi sembra tu ci sia tornato dopo…“

“Ho finito col dimenticarmene, hai ragione. Visto che sono ancora in fase di assestamento sarà meglio che vada a fare un rapido controllo stasera stessa. Vado adesso; sarò di ritorno prima dell’ora di cena.”

“Forse non è il momento migliore per farti visitare, l’occhio potrebbe gonfiarsi.” Fece lei, pragmatica, la furia di pochi istanti prima era scomparsa. Aggiunse: “Chiediamo a nanny qualcosa di fresco da tenerci su per stasera e nei prossimi giorni ti ci accompagno.”

“Finirei col rimandare, tu rientra in casa. Preferisco andare adesso e vantarmi col dottore del mio straordinario recupero che mi fa affrontare anche le risse nei bar… Ma vedrai che non si gonfierà, cosa puoi avermi fatto con quelle braccia mignon?”

 

Forzato. Decisamente forzato. Non l’aveva bevuta e aveva dovuto insistere, fingersi seccato per non farsi accompagnare. “Fa’ come ti pare” Aveva detto lei alla fine, amara.

Per quanto tempo avrebbero continuato a galleggiare su una marea di incomprensioni, loro due?

 

Scostò la mano dall’occhio destro. Non era ancora cieco.

 

 

***

 

Il responso incerto del medico non fece che innervosirlo.

Stanco. Che significa “stanco”?  E’ solo un occhio, non può vedere né più né meno di quel che faceva prima; come può stancarsi?

“La medicina ha ancora tanto da capire su questo argomento, André. Come i due occhi integrino le informazioni visive e le rendano percezione è ancora, fondamentalmente, un affascinante mistero. E non sono certo di quello che accadrà al tuo occhio destro; aspettiamo di vedere come va nei prossimi mesi, vieni a farti controllare spesso. Però prova a evitare di sbattere contro i pugni di Oscar… o contro le ante della cucina, come dici tu. Ormai siete due adulti, dovreste smetterla con certi atteggiamenti.”

Quest’ultima cosa l’aggiunse trattenendo un sorriso.

Aveva curato ogni sbucciatura di quelle piccole pesti, seguito il morbillo che si erano passati in tandem così come tutte le febbri che avevano fatto piangere di paura la loro cara nanny. Il dottor Lasonne era sempre stato affascinato dal loro legame: ne aveva osservato i rituali prima con interesse scientifico e poi con affetto. Sapeva che si amavano a loro modo e anche non comprendendone le dinamiche trovava rassicurante che André e Oscar fossero ancora inseparabili.

Fu solo per preservare questo riflesso di loro due intatti che André rispose: “E’ inutile, dottore… Oscar non cambierà mai.”

 

***

 

 

La nonna gli andò incontro agitata alla porta, il pianoforte in tempesta lo si sentiva fin dal vialetto.

Sta distruggendoli, quei tasti.

 

“André, Oscar mi ha detto che sei stato dal dottore. Come stai, va tutto bene?... Cosa hai qui? E’ un livido?”

“Calma, calma, nonna, non è niente. Sono andato dal medico proprio per accertarmi fosse tutto a posto, ho preso una botta oggi pomeriggio. Ha detto che l’occhio destro se la cava bene anche da solo.”

“Razza di sbandato, vuoi farmi venire un colpo! Potevi dirmelo prima!”

“Che avevo intenzione di sbattere…”

“Oooh, smettila, ragazzaccio! Hai capito benissimo! Adesso tu stai qui fermo e ti preparo qualcosa, dammi solo il tempo di portare questo vassoio a madamigella Oscar. Mi aveva chiesto di informarla quando rientravi, e di riferirle come stavi.”

“Dai a me il vassoio, nonna, glielo dirò di persona”

“Neanche per sogno! Resta tranquillo e riposati. Tornerò subito a vedere quel brutto livido.”

 

Solo la nonna sapeva far suonare le premure come una minaccia.

 

***

 

“Oggi, 13 febbraio 1785, Oscar François De Jarjayes riceve il grado di Capitano di Vascello. Il vostro compito, sarà quello di addestrare le reclute provenienti da armate di terra nella spedizione per la Martinica, che partirà alla volta delle Antille dal porto di Brest, il 19 del mese venturo. La compagnia è guidata dall’ammiraglio Etienne de Périgord. Siete assegnato alla sua nave, la maestosa Mistral, vanto della flotta reale.

C’è anche un messaggio personale della regina per voi:

Mia carissima Oscar, pur non avendo esperienza in marina, la missione che vi viene assegnata rientra perfettamente nelle vostre competenze. Vi è richiesto di impostare l’organizzazione della difesa dell’isola, sulla quale la presenza militare al momento si limita alle forze della spedizione inviata in autunno: uomini della fanteria marina a cui si andranno ad aggiungere le reclute che partiranno con voi per formare una vera e propria Guardia della Martinica. Per tutto ciò che vi sarà necessario apprendere in campo navale, l’ammiraglio Etienne de Périgord è tra i più stimati ufficiali della Marine Royale e non potrei affidarvi ad un maestro migliore. Ho provveduto ad informarlo con un messaggio della situazione, ma se avete obiezioni in merito comunicatemele immediatamente e invierò un contrordine. Abbiate cura di voi.”

 

“Vi prego di riferire alla regina che le sono profondamente grata per aver ascoltato la mia richiesta. Le sarò sempre grata.”

 

***

 

La Marine Royale. Le Antille. La Martinica.

...

Non riusciva a crederci.

Ma se non fosse passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva provato quella sensazione, giurerebbe di sentirsi eccitata all’idea di una simile avventura.

 

Era così presa dai suoi pensieri che quasi non si accorse di Fersen che arrivava a cavallo con alcuni dei suoi Royal Suédois, mentre André le porgeva le redini del suo César. Era ironico come, dopo avergli detto addio, negli ultimi giorni non facesse altro che incrociarlo. La cosa peggiore era che lo aveva notato affacciarsi più spesso dalle sue stanze di Versailles, quando ogni mattina lei passava in rassegna le truppe.

Per anni aveva osservato quei balconi con la speranza di trovarcelo. Iniziava le sue giornate spiando con la coda dell’occhio in quella direzione, persino quando lo sapeva lontano, nelle Americhe. Così poco a poco quel gesto le era diventato abituale e quella presenza immaginaria era diventata di compagnia; lo spettatore assente della sua messinscena dal titolo “Il soldato perfetto”.

Perché questa inversione di marcia, proprio adesso che lei si era liberata di quelle frivolezze?

Perché adesso le veniva incontro, come se nulla fosse accaduto? Si sentiva svelata, grottesca. E vigliacca, perché non desiderava che fuggire.

“Buonasera Oscar, come state?” provò lui.

“Buonasera, Fersen. Bene.”

la voce incolore e il piede già sulla staffa, chi vuol intendere intenda. Il timore che già sapesse del suo trasferimento le mise le ali e non si fece scrupolo di apparire scortese: “Vogliate scusarmi, ho molta fretta. André, andiamo.”

 

***

 

Saliva una nebbia gelida a inghiottire la campagna e la luce de l'heure bleue si spegneva nel grigio ovattato dei suoi banchi.

“Oscar, per la miseria! Rallenta, ti ammazzerai!”

Non lo sentiva neppure.

La perse di vista e proprio quando stava per tornare indietro a controllare che non si fosse fermata lungo il fiume, intravide la sua sagoma a cavallo, prima dell’ultimo bivio da cui si andava in direzione di Parigi o verso la tenuta Jarjeyes. Lo attendeva ferma nella foschia come si fosse appena materializzata dai suoi sogni.

 

“Cosa ti è preso? Avresti potuto farti male, o travolgere qualcuno!” Magari esagerava e ricordava la nonna, ma sfogare i turbamenti dell’animo correndo a cavallo non gli era mai sembrata una buona idea; peccato che Oscar la pensasse in modo diverso.

Sembrava sconvolta e infreddolita e se il suo occhio non lo ingannava si era morsa le labbra fino a un attimo prima. Ma la sua voce da comandante risultò impeccabile e misurata quando gli disse:

“Ho ricevuto il nuovo incarico. Addestrerò ancora delle reclute, ma per la Marine Royale. Organizzo l’insediamento delle truppe nella Martinica e parto il mese prossimo, il 19 marzo, dal porto di Brest”

 

Da un punto indefinibile della radura che costeggia il sentiero, una civetta levò un canto malinconico a spezzare il silenzio.

 

“… André …”

“Perché così lontano?”

“Perché no, invece?”  Contrattaccò rapida: “Non sono mai uscita dalla Francia, è l’occasione giusta per viaggiare, andare a vedere il mondo. La regina ha anche raccolto immediatamente la mia richiesta, non avrei mai potuto rifiutare. E poi perché, di grazia? Personalmente sono soddisfatta; l’unico dubbio che ho riguarda il grado che mi è stato conferito…” una nota di preoccupazione incrinò la sua spavalderia: “Capitano di Vascello! Senza avere alcuna esperienza di Marina… Ma me la caverò, stai tranquillo.”

 

 “TRANQUILLO? Ma cosa ti salta in mente??? Tu non hai la minima idea del guaio in cui ti stai cacciando! Hai pensato per un attimo ai rischi che comporta la traversata? E alla situazione… nelle colonie! Ci sono continue sommosse dei locali nelle Antille! Per non parlare di come Inglesi, Francesi e Olandesi passino il tempo a scambiarsi quelle isole come giocattoli!”

Aveva perso il controllo della voce, ormai stava gridando. Se non fossero stati a cavallo probabilmente l’avrebbe strattonata. Oppure l’avrebbe stretta tra braccia per non lasciarla andare più; mai più, non sapeva… “Come puoi pensare di avventurarti dall’altro lato del mondo… Non pensi alla tua famiglia? Cosa dirà tuo padre?”

 

Lei lo guardò come se non si aspettasse quella domanda; non da lui. E gli rispose: “Non è mia intenzione continuare a vivere per compiacerlo. Io partirò, con o senza il suo permesso.”

 

Sembrava già così lontana, come se la foschia indistinta volesse portargliela via.

 

E’ così che doveva finire, Oscar?

Possibile che dopo vent’ anni passati ad amarti in silenzio tutto si spenga con poche chiacchiere nella nebbia di febbraio? Che folle epilogo è mai questo?

 

 

***

 

Erano rimasti lì. Stava calando il buio e i cavalli cominciavano a dar segni di insofferenza.

Oscar sentiva le labbra gelate, sapeva senza vederle che avevano assunto una sfumatura blu.

Cosa stava aspettando che le dicesse?

Si sentiva sciocca ad aver pensato che le avrebbe fatto una stupida predica; aveva appena implicitamente denigrato la vita in cui lui era stato al suo fianco ogni singolo giorno, magari non desiderandolo, ma diventandone il sostegno. Sperava che lui lo sapesse questo, anche se non gliel’aveva mai detto.

Lo guardò.

Matasse di pensieri aggrovigliati impegnavano il vuoto rumoroso nella sua testa; se avesse potuto sfilarli dall’ intreccio uno alla volta e dar loro voce… Ma era paralizzata. Forse erano le labbra ghiacciate… o forse la consapevolezza di lui che si avvicinava senza lasciarle lo sguardo, come per riversare in lei tutta la tristezza che provava. Per la prima volta le sembrava di sentire i pensieri di André:

Non andare via, non andare via, non andare via…

 

***

 

Accostò i cavalli e portò il busto di Oscar contro il suo con un solo braccio, in una stretta instabile a cui lei non oppose resistenza.

Appoggiò delicatamente la fronte sulla sua, una preghiera, l’ultimo desiderio disperato.

Ti prego, ripensaci, è una follia. Non andare via. Non andare via…

L’aveva detto davvero o l’aveva solo pensato?

 

Bastarono pochi movimenti dei cavalli a spezzare quell’equilibrio.

E a far fuggire Oscar, come risvegliata da un incantesimo.

 

 

(1) Sydreana, grazie per avermi fatto pensare alla fragilità di un André che non

vuole mostrare la sua cicatrice. E ti prego, continua Unsafe!!!

 

pubblicazione sul sito Little Corner marzo 2012

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